
– Che cos’è stato?
– Immagino la signorina della compagnia telefonica.
– E perché aveva quella voce?
– Quale voce?
– In falsetto, stridula. Quasi come quella di un Gioviale.
– Quella è la voce che hanno le donne sulla Terra. Le vostre no?
– No. Fortunatamente abbiamo altri modi per riconoscerle e non scambiarle per maschi.
– Posso immaginare.
– Bravo: dal grosso pomo d’Adamo, ovviamente.
– Sa una cosa? Ho il sospetto che non vi troverete granché bene sulla Terra.
– Lei dice?
– Mi riferisco specialmente all’interazione con gli umani.
– Beh, questo non è più un problema.
– No?
– Siete spariti tutti.
– Ha ragione anche lei.
– Il che ci porta al problema che ci illustrava poco fa quella signorina. Un grosso problema.
– Ovvero?
– Io non ho altri dischi di metallo da inserire in questo telefono.
– Monete. Non ha altre monete?
– No.
– Siete lì in tre miliardi e nessuno le può prestare una moneta?
– Tre miliardi e centosessantottomilioni…
– …quattrocentoundicimila e qualcosa, lo so.
– …e settecentoventinove. E comunque no: come poteva facilmente dedurre quando le ho spiegato che da noi non esistono i soldi, nessuno di noi porta con sé piccoli dischi di metallo.
– Bip Bip. TerraCom è lieta che i suoi servizi stiano riscontrando il suo gradimento…
– Rieccola.
– …Al punto da ignorare che il tempo a sua disposizione per questa TimeCallTM con opzione Genesi è ormai quasi scaduto. Per continuare la conversazione in corso è necessario che lei inserisca altre monete nei prossimi 5 minuti, altrimenti la chiamata verrà interrotta. Come già poco fa, la ringraziamo per la preferenza accordataci.
– Abbiamo un grosso problema. E cinque minuti sono troppo pochi.
– Perché parla al plurale? E cinque minuti sono troppo pochi per fare cosa, esattamente?
– Mi sembra logico pensare che il problema sia tanto nostro quanto suo, o sbaglio?
– Sbaglia. Per quanto abbia gradito questa lunga conversazione, quando la chiamata cadrà sa che cosa farò?
– No.
– Riaggancerò la cornetta del telefono; mi toglierò le pantofole senza chiedergli il permesso; mi allaccerò le scarpe; prenderò le chiavi di casa; aprirò la porta con le chiavi di casa; uscirò dalla porta; scenderò le scale; camminerò per trecento metri; girerò l’angolo; mi siederò al tavolo del mio pub preferito e ordinerò il solito branzino.
– Che cos’è un branzino?
– E’ un pesce.
– Perché, è venerdì?
– Lo ordinerò anche se non è venerdì, come del resto faccio tutti gli altri giorni della settimana.
– Lei mangia solo branzini?
– Preferibilmente.
– Posso chiedere perché?
– Perché mi piacciono. E perché dove vado a mangiarli li fanno squisiti alla brace.
– Indipendentemente dalla loro volontà?
– In che senso, scusi?
– Da noi è l’animale che viene cucinato a scegliere la modalità di cottura: ci sembra giusto che possa morire mettendo in mostra le sue potenzialità, sapendo di dare il meglio di sé.
– Poi si suicida lui una volta che si è tuffato sulla padella o continua a dettarvi la ricetta fino a che ce la fa?
– Questa è ironia, se ho ben capito, giusto?
– Bravo.
– Mi compiaccio. Il fatto è che però lei non farà niente di tutto questo.
– No?
– No. Le spiego: io la sto chiamando da un futuro che è non molto lontano da dove si trova lei adesso.
– Esatto. O almeno così sostiene lei.
– …E in questo futuro voi non ci siete più. Di lì a quarant’anni sarete spariti. Probabilmente – e dico “probabilmente” perché non ne ho la certezza – vi sarete estinti, cosa che avreste potuto evitare se non aveste questo brutto vizio di non leggere che cosa c’è scritto sotto i tappi dei succhi di frutta. Significa che lei sarà lì a estinguersi. Tra parentesi: ha figli, è sposato?
– No.
– Questo non cambia le cose: lì a estinguersi assieme a lei ci saranno anche i suoi futuri figli, la sua futura moglie, i suoi amici del pub, tutti i branzini che avrebbe potuto mangiare, e la sua intera specie. L’unica probabilità che tutto questo non accada – mi corregga se sbaglio – è che noi, da qui, si riesca a capire che cosa vi è successo e quando, in modo che possiate evitare di arrivarci, a quel momento.
– E io sarei quello che dovrebbe avvertire tutti gli altri?
– Mi sembra ovvio. Lei, d’altro canto, rappresenta la nostra unica speranza di salvezza: capire se dopo quello che è successo questo pianeta è ancora abitabile o, in alternativa, avvertire qualcuno perché possa tornare a prenderci e riportarci a casa.
– Ma io non sono assolutamente in grado! Non sono uno capace di farsi notare. E nemmeno di farsi ascoltare. Non conosco nemmeno il nome della cameriera del pub che mi serve tutte le sere, e quando è lei a parlare a me riesco a malapena a deglutire.
– Se posso permettermi un consiglio – e dal momento che è in gioco il destino di due intere specie credo di potermelo permettere -, risolviamo un problema alla volta: senza che lei pensi che sia mia intenzione sminuirlo, quello della timidezza può passare al momento in secondo piano.
– Bip Bip. TerraCom continua a ringraziarla per la fedeltà che sta dimostrando, tuttavia è obbligata a ricordarle che ignorare gli avvertimenti non allungherà la durata della presente TimeCallTM con opzione Genesi oltre i 4 minuti che le restano a disposizione. Se ha delle altre monete le inserisca, altrimenti riagganci. Una chiamata è un’emozione: non ci costringa a interromperla. Con immutata stima.
– Ho quattro minuti. Quattro minuti per salvare la Terra!
– Cominciamo col non farci prendere dal panico.
– Lo dice come se avesse in mente una soluzione.
– A dire la verità, un modo, forse, c’è.
Tutte le puntate
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abbandonata la critica religiosa salvifica, ora un uomo solo salva i destini di due specie?
bruce willis!
chiamata a carico del destinatario?
don’t panic!
“Whatever happened, happened” (Daniel Faraday)
beh, ero venuta a scrivere la stessa cosa di luzmic ma a questo punto mi limiterò a un semplice: complimenti, è un lavoro stupendo che spero esca in libreria al più presto. Mi fionderei a comprarlo! :)
Scritto molto bene.
L’idea del mesaggio dal futuro per salvare il mondo mi ricorda, tra l’altro, il video virale intitolato “Save the text, save the world”.
Resto in attesa dell’epilogo.
Scusate l’errore: “words” non “world”
…Mi sa che mi son perso qualcosa.