“The App”: una recensione cinematografica che la prende alla larga, sobria, che dice e non dice

Ieri, 26 dicembre, è uscito un nuovo film italiano originale Netflix. Si chiama “The App”. Regia di Elisa Fuksas.

Ora: io non è che possa parlare male di Netflix: quando ha debuttato in Italia ho detto alla radio, testuale: “Questo è il giorno che, in futuro, in Rai, Mediaset e Sky ricorderanno come l’inizio della fine”. Alcuni risero. Ora ridono meno.

E, allo stesso modo, non è che possa parlare male di Indiana, la casa produttrice italiana che l’ha finanziato, perché ha molto spesso prodotto cose italiane per cui essere grati.

Però, venendo al punto: “The App”.

Non possiamo limitarci a dire che “The App” è brutto.

Dobbiamo dire quanto è brutto. Serve una quantificazione, una scala di valori, un metro di giudizio da tramandare ai posteri che fissi su “The App” il limite estremo del brutto.

Ecco, “The App” è talmente brutto che la Cineteca Nazionale ha deciso di iniziare a restaurare i film di Boldi e gli ultimi di Aldo, Giovanni e Giacomo.

“The App” è talmente brutto che nell’altro film in anteprima su Netflix in questi giorni, invece che dimettersi, i due Papi si suicidano entrambi.

“The App” è talmente brutto che gli ultimi film di Scorsese sembrano durare 15 minuti.

“The App” è talmente brutto che “Roma” di Cuaron sembra a colori.

“The App” è talmente brutto che nella prossima stagione di “Stranger Things” lo fanno vedere ai ragazzi al posto del Demogorgone.

“The App” è talmente brutto che Greta Thunberg si è vista costretta a chiedere: “Lasciamo da parte un attimo questa cosa del riscaldamento globale e parliamo piuttosto di questa merda?”.

“The App” è talmente brutto che qualcuno è riuscito a perdonare Jar Jar Binks a George Lucas.

“The App” è talmente brutto che il Premio Tenco ha scelto di fondersi col Festival di Sanremo.

“The App” è talmente brutto che Luigi Tenco l’aveva previsto.

“The App” è talmente brutto che Gino Paoli ha iniziato a prendere lezioni di tiro.

“The App” è talmente brutto che la gente, a Roma, ha smesso di lamentarsi della spazzatura con la Raggi.

“The App” è talmente brutto che nel remake live-action di Bambi della Disney, alla notizia della morte della madre per mano di un cacciatore, Bambi dice: “Dai, un po’ se l’è cercata”.

“The App” è talmente brutto che se il produttore avesse fatto avere quegli stessi soldi all’Isis, avrebbe fatto meno danni.

“The App” è talmente brutto che Adam Driver e Scarlett Johansson alla fine fanno pace. Seguiti a ruota dal signore e la signora Kramer, e il signore e la signora Roses.

“The App” è talmente brutto che la versione cinematografica del musical “Cats” sembra prodotta dal National Geographic.

“The App” è talmente brutto che sono gli stessi titoli di coda a chiedere di saltarli.

“The App” è talmente brutto che invece che proporti qualcos’altro, l’algoritmo di Netflix ti chiede se piuttosto non preferisci costituirti.

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