Marchette da bollo.

Un bel giorno, il 20 febbraio 1958, il Parlamento votò una legge che abolì la regolamentazione della prostituzione e trasformò il suo sfruttamento in un reato. Di conseguenza furono chiusi 700 casini dove lavoravano circa 3000 donne, ma la prostituzione non divenne illegale, anzi, è ormai diffusissima e muove cifre da capogiro. Non c’è persona normale e non troppo moralista, da allora, che non si sia posta almeno una volta un quesito logico.

Il quesito è questo: se ci sono delle persone che esercitano un mestiere non illegale, mestiere remunerato e collaudato, per quale ragione queste persone non pagano le tasse? Ecco: la mancata risposta a questa domanda, l’anno prossimo, festeggerà i cinquant’anni.

Da allora c’è chi ha proposto di proibire la prostituzione o di legalizzarla alla vecchia maniera, ma restano propsettive improbabili. Se ne deduce, e mi si corregga se sbaglio, che la classe politica e la società civile non si occupino di questo problema perchè semplicemente li imbarazza.
E’ per questo che il sottostante articolo di Michele Perla, pubblicato martedì sul Giornale, dove si racconta di una prostituta milanese che spontaneamente e persino ingenuamente si è messa a rilasciar ricevute per le sue prestazioni, più di lei, mette nudi noi.

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Non vuole avere grane con il fisco e, in fondo, spera anche che la scelta fatta possa un giorno servire a farle maturare un minimo di pensione. Così ha deciso di dedicarsi al mestiere più vecchio del mondo, ma con un approccio moderno. Rilasciando ad ogni cliente tanto di ricevuta fiscale con la necessaria marca da bollo e dichiarando, al momento di pagare le tasse, gli introiti incassati. Al netto, ovviamente, delle spese sostenute per poter lavorare in strada.

La protagonista della curiosa vicenda è una signora ultra quarantenne che, messa con le spalle al muro perché non trovava lavoro, ha deciso qualche mese fa di vendere il proprio corpo in un boschetto ai margini di una trafficata arteria stradale, che da Milano porta fino a Vigevano. Si chiama Francesca Nossisia e tutti i giorni, escluso i festivi, dalle 10,30 alle 16,30 attende i suoi clienti senza vergogna, col sorriso sulle labbra e con blocchetto di ricevute nella borsa, dove conserva quant’altro le serve per svolgere la propria attività. «Ad ogni cliente, dopo l’incontro, ne rilascio una per la somma a me pagata – racconta -; gli importi variano fino a 40 euro a seconda della prestazione effettuata, e su ogni ricevuta fiscale applico tanto di marca da bollo». Ovviamente niente intestazioni per il cliente e neppure la specifica del tipo di «prestazione» effettuata. «La legge – dice – non prevede ancora che noi prostitute possiamo rilasciare fatture per gli incontri intimi che abbiamo con i clienti. Ma si parla di una nuova normativa che potrebbe regolarizzarci. Quando arriverà, come già succede in altri posti del mondo, voglio farmi trovare in regola».

Francesca ha anche provato ad aprire una Partita Iva per emettere fattura, anziché limitarsi semplicemente a staccare la ricevuta dal bollettario. Si è anche informata all’Agenzia delle Entrate, ma quando le è stato chiesto per quale tipo di professione intendeva richiedere i registri Iva, non ha saputo indicare quella giusta, fra le tante contemplate per lo svolgimento del lavoro autonomo. «Mi sono informata anche da un commercialista, ma non c’è stato verso – prosegue -. Alla fine mi è stato consigliato di acquistare le marche da bollo, e di applicarle su ogni ricevuta rilasciata al cliente, così da mettermi al sicuro da controlli e accertamenti». Il prossimo anno di questi tempi, tirerà le somme degli incassi alla luce dei bollettari che conserva. E sul fatturato pagherà le tasse dovute. «In altre nazioni europee chi fa il mio mestiere paga sì le tasse ma ha anche la possibilità di versare i contributi che fanno poi maturare la pensione sulla base di quanto versato. Sarebbe ora che anche in Italia imponessero alla nostra categoria il dovere di denunciare al Fisco i guadagni, ma al tempo stesso il diritto di tutelarci per quando non potremo più rimanere in strada». Alle spalle Francesca si è lasciata un passato da piccola imprenditrice della Brianza, caratterizzato da lusso e divertimento. Ma anche un matrimonio fallito e un burrascoso divorzio. Poi sono passati gli anni e la vita è diventata grama, soprattutto se la si affronta da donna sola e disoccupata. Prima di fare la drastica scelta, aveva lavorato in un bar per un anno e mezzo con la speranza di essere messa in regola, sgobbando anche 16 ore al giorno, e respingendo ogni volta le avance dei clienti, soprattutto di quelli ubriachi che cercavano di approfittare di lei. «Se questa doveva essere la mia strada, mi son detta dopo il licenziamento e la fine dei risparmi, allora è meglio che mi faccia pagare come tutte le altre». Così dalla fine di febbraio, si è trasformata in lucciola. Senza vergogna e senza voler infrangere la legge. Lei infatti non adesca i clienti con moine o abiti succinti; sono loro, giovani e pensionati che la scelgono proprio per quel suo modo di essere diversa dalle altre, e per quel suo modo di fare gioioso che rende meno squallido anche il mestiere più vecchio del mondo.
«Non sapevo neppure da dove cominciare, anzi è stato il primo cliente a darmi indicazioni concrete – conclude -. Ho comunque delle regole alle quali non transigo: niente cose strane, niente alberghi, e nessun protettore». Fino ad oggi dai bollettari che conserva con cura insieme alla lista delle spese sostenute, ha staccato oltre trecento ricevute e gli affari vanno bene. «È vero, la mia clientela è cresciuta in fretta, ma non ho affatto intenzione di esagerare. Alle 16,30 stacco e torno ad una vita normalissima, come tutte le altre donne».

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16 Commenti

  1. Che domande Carlo.
    E’ ovvio che vada legalizzato.
    Fisco.
    Controlli medici.
    Meno sfruttamento (o sfruttamento meno cruento, in poche parole pagheranno il pizzo invece di dover dare tutto).
    Basta o devo continuare?

  2. io non condanno le prostitute né quelli che ci vanno, penso solo che come al solito le donne sanno trarre beneficio da qualsiasi cosa e l’uomo invece spende e spande per una cosa che è gratis, voglio però sentire un pò ‘sta tizia di milano se riesce a farsi dare la partita iva che a 50 anni, ernia al disco permettendo, vorrei iniziare pure io…intanto sto preparando l’identikit del mio cliente tipo.

  3. ecco, maria josè è esattamente quel tipo di donna che mi evita di servirmi dei servizi delle prostitute

    simpatica, intelligente, disposta a capire le ragioni altrui, non dogmatica

    secondo me, è anche belloccia

  4. troppa grazia.
    sarebbe troppa grazia piti.
    “simpatica, intelligente, disposta a capire le ragioni altrui, non dogmatica” e pure gnocca?

  5. seguo da anni gli interventi di maria josè in giro sui blog, la stimo intellettualmente e la desidero carnalmente

  6. Piti, non ci sperare. I tuoi complimenti non bastano. Se vorrai concludere, con me,ne dovrai spendere di soldi. Cinema, teatro, tempo.., ristorante…mica te la caveresti così…Sono una donna, io, mica una prostituta;)

    ( thanks, darling )

  7. Martaaa! Giuliaaa! Avete capito adesso perchè un uomo va a puttane? ;D

    (please, honey)

  8. …son operaio metalmeccanico, e lo piglio in culo da 30 anni. e ci pago pure le tasse.
    e non è detto che tutto ciò mi garbi, eh…

  9. Piti, sei tu che non hai capito granché di quello che ho detto. Buon weekend in ogni caso, con o senza la Maria Josè :D

  10. Molto interessante questo articolo.

    Io sono un’accesa sostenitrice della regolarizzazione della prostituzione.
    Dopotutto non possiamo tapparci gli occhi e fare finta di niente, le prostitute ci sono e ci saranno sempre.

    Ed è stupido dire che è colpa degli uomini che ci vanno o delle donne che lo fanno. E’ un servizio, e c’è chi ne usufruisce. Tocca allo stato fare in modo che tutto ciò vada nel modo giusto.

    Quali sono i problemi della prostituzione?
    Principalmente tre.
    -lo sfruttamento
    -le malattie
    -la “decenza”, (detto anche “mamma cosa fa quella signorina là in mutande?” “aspetta il pulman…”)

    Tutte e tre cose risolvibili con la regolarizzazione.
    Se i bordelli fossero denunciati, avremmo visite mediche, controlli periodici per vedere che non ci siano minorenni o straniere senza visto, e non ci sarebbero donen in mezzo alla strada.

    Però qua in italia, si preferisce far finta di non vedere.
    Meglio dimenticarsi che esistono le prostitute, dare la colpa agli uomini che ci vanno, invece che ammettere che è un mestire che esiste da sempre, che esisterà sempre e che non fa nulla di male!

  11. Ecco, Pratolina, il tuo e’ uno dei pochi interventi sensati. Condivido a pieno.

    Per me lo scandalo maggiore della prostituzione non e’ che esista: dopotutto e’ uno scambio tra adulti consenzienti. Lo scandalo maggiore e’ lo sfruttamento: ottenere pochi euro per dar via il proprio corpo perche’ il grosso se lo prende il pappone.
    Facendo i conti a braccio, prendendo dal racconto riportato, immaginiamo 6 ore al giorno per 5 giorni, media di 20 euro l’ora. Fanno 20x5x6=600 euro a settimana lordi. Non male. Molte ragazze che adesso sono costrette a lavorare sulla strada per niente, potrebbero, se tutelate, aiutare le loro famiglie di origine o comunque mettere da parte dei soldi per poi un giorno smettere di prostituirsi.
    Si chiama mercato. Ma in Italia siamo marxisti o cattolici; mai, neppure un po’, capitalisti.

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