Fumo negli occhi /6

Filippo FacciÈ perché fa bene, perché vi vogliamo bene, che continuiamo a somministrarvi a piccole dosi il libro “Fumo negli occhi. Le crociate contro il tabacco e altri piaceri della vita“, Biblioteca di via Senato Edizioni, ben 14 euro (ma se cliccate qui lo pagate solo € 11,20 e ne risparmiate 2,80). Con cresta da parte del libraio o meno, va comprato. Un lettore scroccone di Macchianera che ha ignorato questo avviso si è svegliato una mattina e il suo volto aveva acquisito i tratti di Gabriele Paolini.
Chi avesse perso le puntate precedenti può portarsi alla pari e reperire tutti i capitoli nella tabella gialla qui sotto. (g.n.)


Cap. 1Vietato Puzzare
Cap. 3Vietato Fumare (parte I)
Cap. 4Vietato
Append.Ottoemezzo sul fumo (puntata trascritta)
Cap. 2Vietato Mangiare
Cap. 3Vietato Fumare (parte II)
Cap. 5Requisitoria

VIETATO

Ci si potrà chiedere se non stiamo paventando una sorta di complotto planetario solo perché non sappiamo smettere di fumare: potrebbe anche essere. Da parte nostra possiamo solo riproporre la convinzione che la campagna contro questo vezzo in sé poco significante – per i non-fumatori – sia solamente la pomposa ouverture di un’opera che prevede ben altri movimenti, insomma sia l’inizio di un qualcosa che certo non riguarda solo i tabagisti. Tanto i fumatori si estingueranno comunque: pipa e sigaro e sigarette appartengono a un altro tempo, a un’altra umanità, il tabacco andrà a secolarizzarsi o emigrerà nel Terzo Mondo come tutte le retroguardie novecentesche. E infatti il discorso non è questo: se a una parte stiamo pur sempre parlando della più colossale campagna salutista che il mondo abbia mai conosciuto, dall’altra, tuttavia, è pressochè certo che altre campagne già bussano: chiedete a vostri amici americani o inglesi o canadesi quale forma sinistra stiano già prendendo le crociate contro l’obesità, contro gli alcolici e, come visto, persino contro gli odori. Finito l’elenco? Ecco: temiamo di no.
Ci ha molto colpito, da questo punto di vista, quanto ha scritto un manuale americano di recente pubblicazione: “La sanità pubblica ingloba le dimensioni sociali e comportamentali della vita per le quali lo stress, le malattie da dipendenza e l’instabilità affettiva rappresentano una minaccia”.
Lo stress. Le dipendenze. Persino l’affettività. Nel secondo capitolo abbiamo già citato una ricerca in cui si sostiene che i fumatori non sposati morirebbero prima, e va da sé che noi l’abbiamo riportata così per ridere: ma i ricercatori erano dello stesso avviso?
Se davvero il pensiero unico e igienizzato dovesse inglobare le dimensioni comportamentali della società, in primo luogo, dovrebbe forse maggiormente soffermarsi – ma qui andiamo fuori tema – sulla spaventosa diffusione della depressione in Occidente: ne soffrono un europeo su tre e un americano su due, e la tendenza sanitaria mondiale è curarla a suon di pillole sin dalla tenera infanzia: negli Usa, in particolare, s’intravede come patologica ogni malinconia, e indubbiamente s’avanza una tendenza a interpretare la natura umana in chiave solo biologica, dunque a prendere per malattia ciò che un tempo fu solo l’umano mal di vivere o talvolta il capriccio del genio. Avemmo già a scrivere, altre volte, che oggi il pessimismo di Leopardi sarebbe liquidato come un mero problema di neurotrasmettitori; un problema sanitario, dunque. Nuove ricerche del resto hanno evidenziato come persino il sodalizio madre-neonato si instaura sotto l’effetto di droghe naturali (le endorfine) mentre i meccanismi chimici che sottostanno all’innamoramento sono a loro volta noti da tempo. Oggi la somma di tutte le voci dei dizionari psichiatrici forma praticamente la natura umana, e da una parte tutto questo è perfettamente normale: da un altra no. In mezzo alla contraddizione, quella che vede coincidere devianza e mancanza di salute, in ogni caso ci siamo noi. Ma non dovevamo andare fuori tema, e l’abbiamo appena fatto.


E allora daccapo: che sta succedendo? Non abbiamo una verità in tasca: ne abbiamo due o tre.
C’è la lettura politica e libertaria di Antonio Martino ministro ed economista:

“L’impiego di argomentazioni pseudo scientifiche volte a distogliere la percezione del rischio, terrorizzare l’opinione pubblica e indurre le autorità politiche all’adozione di misure restrittive delle libertà individuali… l’uso spregiudicato di argomentazioni pseudo scientifiche (junk science) rappresenta nient’altro, nella quasi totalità dei casi, che uno strumento nella lotta che gli statalisti di ultima generazione conducono ai danni delle nostre libertà… Ma la battaglia è molto dura: per poter smantellare l’enorme mole di fasità propalate dagli eco terroristi bisogna riuscire a interessare l’opinione pubblica a argomentazioni non sempre intuitive, che presuppongono talora anche conoscenze specifiche non sempre largamente diffuse”.

Poi c’è la lettura di un certo Sigmund Freud, breve e folgorante:

“L’uomo moderno ha rinunciato alla possibilità di essere felice in cambio di un po’ di sicurezza”.

Che cosa intendeva? Forse che una delle minacce più serie alla libertà, oggi, proviene da una declinazione della libertà stessa: ossia un diminuito margine di autonomia individuale a fronte della proliferazione, paradossalmente, proprio dei diritti individuali: la società occidentale è ormai divenuta un insieme di minoranze che a turno sono oppresse da sempre nuove maggioranze; una moltiplicazione di carte dei diritti del cittadino, del consumatore, del bambino, dell’alunno, dell’anziano, del malato, del pedone, dell’automobilista, del turista, dello sportivo, del disabile, del militare, del teleutente, dell’ascoltatore, del lettore: senonchè a un certo punto tutti i diritti finiscono per elidersi a vicenda in un dedalo di tribunali e garanti e corti e authorities. Sul tavolo, frustrati e legittimi, rimangono dunque i diritti per esempio degli ambientalisti e dei cacciatori, dei giovani e degli anziani, di chi per sicurezza vuole essere armato e di chi per sicurezza esige che la gente sia disarmata, di chi vuole fumare e di chi non vuole il fumo altrui.
Michele Ainis, docente universitario e notista, sull’argomento ha scritto un saggio davvero interessante e che segnaliamo al pari di un suo timore: che tutti questi diritti, alla fine, offrano pretesto a ogni egoismo e rivendicazione individuale.
Non è un buon segno che alcuni monitoraggi abbiano rilevato una crescita notevolissima dei contenziosi per cosiddetta lesione della personalità, da intendersi come denunce sporte da cittadini contro altri cittadini: primeggiano alcune categorie contro altre (in primis magistrati contro giornalisti) mentre anche il cosiddetto dibattito culturale tende a cedere il passo alla carta bollata: senza che, peraltro, la cosa faccia granchè notizia.
Niente di strano che anche in Italia abbiano esordito cause penali e civili contro fumatori accusati d’aver causato delle malattie mortali. In quest’ottica, benchè siano quattordici milioni, i fumatori restano semplicemente una minoranza. Ne consegue che ogni singola questione – fumare, appunto – può sembrare trascurabile o magari importante solo per i fumatori stessi, così come può sembrare non troppo oppressivo uno Stato che in fondo ti chieda solo di rispettare delle regole: e, come detto, fumare non è certo proibito. Eppure, dal fumo in poi, lentamente, nel loro insieme, queste regolamentazioni finiscono per imbrigliarci come le cordicelle che bloccavano Gulliver:

“Un po’ alla volta stanno trasformando l’intero emisfero occidentale nell’immagine ingrandita di Singapore, città-Stato supertecnologica e opulenta governata per decenni dal re-filosofo Le Kuan Yew, dove tutto è prescritto, controllato, sanzionato. Dove manca ogni spazio di discussione pubblica e non v’è cittadinanza per le ideologie politiche. Dove fioccano i divieti, a cominciare dalla proibizione assoluta di sputare in pubblico”.

E non vorremmo uscir di tema un’altra volta: ma in questo quadro ci si può immaginare quanto l’emergenza dell’11 settembre abbia reso tutto più complicato. Siamo tutti un po’ meno liberi di prima, e sarà anche vero che in cambio di un po’ di sicurezza – tornando a Freud – l’uomo ha davvero rinunciato alla possibilità di essere felice: in compenso, in qualche caso, è rimasto vivo. Resta da capire se lo sia rimasto nella consapevolezza che il bisogno di sicurezza genera sempre – sempre – anche delle forme di un autoritarismo, la tendenza a regolamentare ogni cosa.
Anche le sigarette? Non direttamente. Il marasma dei diritti individuali brulica dal basso, ma le decisioni circa le priorità cui dare la precedenza – per la nostra salute, per nostra sicurezza – sono pur sempre prese dall’alto. E l’Organizzazione Mondiale della Sanità, in accordo coi governi occidentali, come stra-detto, ha deciso che la prima causa di morte rimovibile – per la nostra salute, per la nostra sicurezza – sono proprio le sigarette. Non un’altra cosa: le sigarette. Poi, nell’ordine, verranno il cibo e gli alcolici. Poi altre cose, si vedrà.
Anche i libri? Piano. Diciamo che la proliferazione dei diritti individuali e la crescente richiesta di sicurezza hanno creato qualche problema anche alla libertà più ufficialmente tutelata in Occidente: quella di opinione,
E’ da decenni che che una Commissione per l’educazione dello Stato di New York edulcora ogni testo letterario per non offendere la sensibilità dei giovani. Tutto: dai romanzi di Hemingway alle biografie su Miles Davis, dalle memorie di Elie Wiesel ai discorsi di Kofi Annan. E poi naturalmente nei vari testi vecchio diventa anziano, grasso diventa sovrappeso, gay diventa omosessuale e solite cose. In nota qualche esempio di queste censure letterarie.
Più di recente, dopo l’11 settembre 2001, gli scrittori Michel Houellebecq e Oriana Fallaci sono stati denunciati da quattro associazioni musulmane con l’accusa di aver istigato all’odio razziale e offeso la religione islamica. Di altri due libri imputati invece di pedofilia – Rose bonbon di Nicolas Jones-Gorlin e Il entrerait dans la légende di Louis Skorecki – si stava occupando invece il ministero dell’Interno francese per valutare l’opportunità di censurarli: e questo per restare alla Francia, dove naturalmente il dibattito è sempre molto complicato e dove la Lega per i diritti dell’uomo, per dire, da una parte appoggiava le accuse contro Houellebecq e la Fallaci, per gli altri due casi invece invocava la libertà d’espressione. Nel marasma vi è da da sperare che sfugga all’attenzione generale la Divina Commedia, laddove Dante mette Maometto nientemeno che all’Inferno.
Resta che la voglia di sicurezza e la lotta al razzismo e la correttezza politica possono incrociarsi con esiti quantomeno ambigui. Romano Prodi, da presidente della Commissione europea, aveva sollecitato il governo italiano perchè superasse la propria opposizione alla direttiva comunitaria che voleva equiparare razzismo e xenofobia a dei reati penali: terreno alquanto scivoloso che avrebbe lasciato campo a conflittualità pressochè infinite; oltrechè l’Italia, anche la Gran Bretagna si era già detta scettica circa la possibilità di sanzionare, come teorizzava la proposta di legge, anche delle semplici affermazioni. Occorre tener conto, nell’impazzimento complessivo, che a Praga, nell’agosto 2003, un ragazzo moldavo era stato accusato di apologia del comunismo perché su un giornaletto aveva scritto che l’unico rimedio all’ingiustizia sociale è la dittatura del proletariato . Questo il clima.
Non meno disgraziata, tempo prima, tornando asll’Italia, era apparsa una proposta di legge parlamentare che sollecitava l’insaprimento del reato di bestemmia, peraltro già depenalizzato nel 1999 assieme ad altre norme ritenute anticostituzionali. La proposta era di multare sino a 5000 euro chiunque bestemmiasse contro dio, con la lieve complicazione che l’Italia è uno stato laico e una religione di Stato non esiste più: sicchè il dio, per dirla malissimo, non è più uno solo. Ne sarebbe conseguito un probabile ginepraio reso più inquietante dall’immagine di un giudice che difende la parola di dio in tribunale, come appunto avviene nelle teocrazie.
Poi – fuorviante o meno che appaia – vi è appunto la questione del semplice parlare. Non c’è da lagnarsi dei pruriti di chi dice estremità al posto di piede, o sacerdote al posto di prete: e neppure da fare le pulci al giornalese che si reca nei posti anzichè andarci, o ancora si spegne al posto di morire. Dire benestante anzichè ricco, o di modeste condizioni sociali anzichè povero, è questione più di pruriginosa educazione borghese che non di correttezza politica, così come – nonostante il burocratese impazzi – nessuna persona normale dirà mai non vedenti per ciechi e non deambulanti per paralitici, o addirittura verticalmente svantaggiati per nani.
Ma per altri aspetti non si sa più come parlare, e si sfiora il cretinismo. Ci sono dignitosissimi termini di lingua italiana – povero, zoppo, spastico – che sono stati requisiti, e non è ben chiaro perché. Non si tratta di fare gli ottusi: è chiaro che dire immigrati afroasiatici, per quanto sia espressione lunga e brutta, sia meglio che dire vu cumprà oppure i marocchini. Ma extracomunitari? Esiste ancora? Si può dire? E va da sé che froci suona brutto e volgare: ma che cosa bisogna dire? Gay va bene oppure no? Bisogna dire omosessuali? E lesbiche va bene? Gli è che bisogna tenersi continuamente aggiornati.
Gli esempi sarebbero tanti, ma l’attorcigliarsi del politicamente corretto ha pur sempre un’origine da cui vorremmo ripartire per render l’idea: la parola negro. Questa bellissima espressione – nostro parere – prima divenne nero (black) che a sua volta poi divenne scorretta, e allora divenne afroamericano (sette sillabe) che a sua volta adesso sta diventando scorretta: e allora forse diverrà – pare – people of color. Bene. E poi?
Si sa che in America non sono tutti normali. C’è tutto un movimento femminista ribattezzato gender feminism che tra mille aberrazioni protomarxiste – come il rigetto del rapporto sessuale, ignobile sopraffazione maschile – vorrebbe abolire il suffisso man da ogni parola americana: persino woman (donna) diverrebbe womyn. Da immaginarsi i problemi con mankind (umanità) e chairman (presidente, direttore) e addirittura history (la Storia, perché his è aggettivo possessivo maschile).
Sull’argomento, oltre al solito Robert Hughes, va segnalato anche un saggio di Giorgio Bianco che il riassume le velleità del suddetto apparato come un obiettivo in fondo non particolarmente originale: in fondo – dice – è il vecchio incubo della ri-creazione dell’esistente, la pretesa intellettuale di plasmare la realtà nella convizione di avere un punto di vista privilegiato sulla vita e sul mondo. In quest’ottica anche il termine guerra ne ha fatto le spese: è stato quasi soppresso. Di volta in volta è missione di pace, intervento umanitario, operazione di polizia internazionale: l’unica guerra rimasta in piedi è quella delle parole, tanto che in Italia è sufficiente che una giornalista vanesia dica “resistenza irachena” o “cosiddetta resistenza irachena – anziché terrorismo, come altri vorrebbero – e si scatena una discussione infinita.
Infinita come la nostra divagazione, invero. Mangiare, bere, profumarsi, leggere, parlare. ora la guerra: e siamo partiti dalle sigarette. Tutto perché non vogliamo smettere di fumare? Vero e non vero.
Potevamo far di peggio, in fondo. Se realmente la sanità pubblica ingloba e vede come una minaccia le dimensioni comportamentali e sociali della vita – dunque lo stress, le malattie da dipendenza, l’instabilità affettiva – avremmo avuto gioco facile nel ricordare che il benessere di un popolo stabilito dall’alto, e il potere delle corporazioni professionali, e il primato del collettivo sull’individuo, e la glorificazione dell’intervento statale, beh, sono tutte cose che hanno dei precedenti considerati poco illustri. Una sanità che ti tratta come un bamboccio da terrorizzare, e che senza una base scientifica seria ti accusa di ammazzare il prossimo e dei bambini non ancora nati, una società del genere, va da sé, meriterebbe una risposta di pari livello culturale: meriterebbe che fosse ricordato che i primi a combattere la nicotina e l’alcol in virtù del dovere di mantenersi saniGesundheitsplifcht – furono i burocrati del Terzo Reich. Il primo Istituto per la Lotta al tabacco della storia – si chiamava proprio così – fu istituito in Germania nel 1942, e Adolf Hitler vi fece una donazione personale di centomila marchi.
Nel 1939 il medico nazista Fritz Lickint pubblicò Tabak und Organismus, un volume di oltre mille pagine edito in collaborazione col Comitato per la lotta alle droghe e la Lega Tedesca Antitabacco: si concludeva, dopo aver esaminato ottomila pubblicazioni scientifiche provenienti da tutto il mondo, che il fumo era responsabile di una quantità impressionante di malanni. Il termine fumo passivo – passiverauchen – fu coniato allora .
Che cosa vogliamo dire, con questo? Che cosa vogliamo insinuare? Niente. Sono sciocchezze. Non è un’argomentare serio, lo riconosciamo. Ma certi anti-fumo dovrebbero avere il pudore di riconoscere altrettanto per quanto riguarda certe loro crociate.
Se le sigarette sono divenute solo un pretesto per litigare, almeno, facciamolo bene. Da questo scritto potete trarre una prima morale: la nostra ce la siamo appena accesa.

(Visited 211 times, 1 visits today)

50 Commenti

  1. Vecchio proverbio (saggezza dei popoli): la regola serve per chi non si sa regolare. Fuma un po’ più in là, per favore. E bestemmia, anche, un po’ più più in là. Non mi piaci, non mi devi piacere per forza, ma non devi per forza imporre te stesso. E’ colpa tua se qualche dittatore ci porta a ivello di Singapore, “dove tutto è prescritto, controllato, sanzionato” ed è colpa anche di chi, insicuro di se stesso, o intimorito dalla tua prepotenza, non ti manda a quel paese. E magari ti denuncia anche, se insisti.

  2. Caro spirito libero,la disponibilità da parte nostra c’era, ma se la maggioranza diventa prepotente, arrivando a toglierci anche i nostri ghetti (come le carrozze fumatori sui treni) perchè vuole preoccuparsi a tutti i costi della nostra salute, temo che a quel paese cominciate ad andarci voi.

  3. Caro giordanobruno, hai maledettamente ragione. Solo che devi un po’ spostare il tiro: capita troppo spesso che nelle carrozze per non fumatori, tanto per rimanere in esempio, se chiedi di smettere di fumare, tu possa essere da semplicemente ignorato finanche ad aggredito dal fumatore di turno. Non è che ci siano esclusivamente anime candide in entrambi gli schieramenti, ecco perchè il proverbio di prima ha valore. Queli che chiami, ritengo impropriamente, ghetti, sono da mantenere, altrochè!
    Per FF: ti rileggerò più attentamente, ma la tua risposta a Massimo Moruzzi, che non avevo ancora letto, ti squalifica anzicheno’. Oh, yeah.

  4. Io il libro l’ho:
    a) comprato
    b) letto
    c) consigliato
    d) girato via mail ai miei amici.

    Ora, caro Facci, non è che cortesemente mi daresti gli estremi della sentenza della corte americana anti-fumo che citi nel libro? il link da te riportato a in nota 47 non si apre.
    Ti ho scritto via mail ma ho il sospetto che la mail non sia esatta.

    Grazie

  5. Spirito Libero, ammettrai che essere aggrediti da un fumatore a cui è stato chiesto di non fumare nella carrozza non fumatori di un treno, non è un’evenienza che capita “troppo spesso”.
    Sfido chiunque dimostrare il contrario.
    Tu per primo, quante volte ti è capitato?

  6. Ancora? Ma buon dio: un fumatore cretino non è un fumatore, è un cretino. E viceversa.

  7. Come la maestra che fuma in classe, esemplare citato nell’altro thread. Se un cretino fuma è un cretino che (tra le altre cose) fuma, non un “fumatore”. Mi sembra che l’articolo parli (soprattutto) di un sacco di altre cose e questo girare intorno al fumononfumo fa solo fumare le palle.

  8. In effetti l’esempio non è calzante. Nella mia esperienza devo dire però che i fumatori cui chiedi il favore di evitarti l’esposizione passiva, molto spesso sbuffano o rispondono male, considerandoti un rompiscatole di prima categoria.
    Vi faccio l’esempio dei concerti : possibile che io debba vivere in una cappa di fumo vomitevole che mi impregna i vestiti, e tutto questo è ammesso perché, si sa, nei concerti rock la sigaretta è d’obbligo e non la si può impedire?
    Vi immaginate cosa significherebbe chiedere alla maggioranza del pubblico presente di “non fumare” all’interno dello spazio concerto?
    Questo è inammissibile, a mio avviso. Perché sono d’accordo che si deve tutelare il fumatore e la sua libertà, ma in queste circostanze gli uni intervengono nocivamente sugli altri.
    Una mia compagna di università non può frequentare luoghi chiusi dove si fuma perché asmatica. Non è un problema così isolato. Eppure viene penalizzata.
    Ad ognuno i suoi spazi, ma in quelli che per forza di cose devono essere condivisi dalle due categorie bisognerebbe privilegiare i NON fumatori, che quanto meno, in questo modo, non arrecano danno a nessuno (anzi!).

  9. Ciao Vis
    Federico ti ha risposto perfettamente. Io ti dico che l’aggressione è, fortunatamente, un caso limite, neanche tanto isolato e che, sì, mi è capitato (in 4 anni di pendolarismo può capitare, e spesso, per evitare, si evita anche di chiedere). Inoltre non ho parlato esclusivamente di aggressione: devo anche specificare che comunque considero aggressivo anche solo un insulto, piuttosto che una minaccia fisica?

  10. federico, lo sai che leggo solo i tuoi commenti, te l’ho già scritto, però, hai rotto ricosiddetti. Comincia a fumare e piantala. Così dopo c’avrai un problema (in più): dovrai smettere.
    Intendo : per favore, abbiam capito, lo sappiamo tutti che hai dannatamente ragione. Vuoi un trenta col bacio accademico? Ormai passo di qui sempre meno spesso. Ti aspettavo, speravo che tu tirassi fuori qualcosa di nuovo, una frattura, un rombo di motore e invece niente. Ancora i concerti e i luoghi pubblici…Aspetto il guizzo! ciao federico

  11. federì, all’aperto i salutisti non dovrebbero rompere i coglioni e lo dovresti sapere.
    se facci dice cose giuste e sacrosante perdendosi poi in un bicchier d’acqua (cazzate) tu non fare lo stesso.
    dopo un concerto puzzare è ammesso ed a puzzare solo di fumo si è fortunati.

  12. Facci, cara ed adorabile checca isterica e poco ironica, Ti Facci-o una solenne promessa ….

    1 – Giuro che compero il tuo libro;
    2 – Giuro che anche se non lo leggo (come non lo leggerò) lo pubblicizzerò a tutti gli amici e colleghi spacciandolo per un autentico ed interessantissimo capolavoro (son sicuro che lo è, ma io sono pigro ….);
    3 – Giuro che lo regalerò a Natale a molte persone che conosco ………
    4 – Giuro che lo promuoverò in ogni conversazione in cui si parli di libri …..

    ora, però, Caro e Simpaticissimo, affatto Ironico di un Facci …… avrei io una cortesia da chiederTi …. la Fa(cc)i finita di pubblicare post su ‘sto cazzo di libro???(!!!) Pliiiiiiiis…………

  13. Caro Silvestro, sei la conferma di quello che dicevo, ahimè.
    Io ho il diritto di vedere un concerto senza sentirmi la gola secca, gli occhi rossi e la puzza di fumo addosso. Quando faranno date separate per fumatori e non fumatori il problema non si porrà (anche se così non ci incontreremo mai). Per ora siate civili. Rispettate gli spazi comuni e noi (non salutisti, bensì non fumatori) rispetteremo gli spazi a voi riservati.

  14. Paoletto, facciamo così. Per Natale sono io a farti un regalo: un PDF di Macchianera epurato dei post pro-fumo. Così puoi evitare di leggerlo e di passarci.
    Magari te lo stampo, così potrai leggerlo comodamente sdraiato sul tuo (pao)letto.
    Ahahaha… le grasse risate… i giochi di parole con i cognomi… Amo lo humor Neri.

  15. Ahahahha ….. il Pao-letto ahahaha ….. anche Tu sei simpatico ed hai sense of humor Neri… ahahaha …. pensa te se ci mettiamo assieme a far battute coi cognomi …….. li facciamo tutti NERI ahahahaha!!!!

  16. Che divertente, che divertente!!! Adesso anche Facci fa le battute con i cognomi ….. ahahahahaha!!!

    FACCI, facci (o fai?) ridere anche tu!!!

  17. Non c’è una, dico una, dico una persona che abbia voluto o sia stata in grado commentare per davvero questo post. E credo che fosse folle attendermi qualcosa di diverso, da parte mia. Che mi serva di lezione.

  18. F.F. ha scritto: “Non c’è una, dico una, dico una persona che abbia voluto o sia stata in grado commentare per davvero questo post. E credo che fosse folle attendermi qualcosa di diverso, da parte mia. Che mi serva di lezione.”

    Mi sento in colpa, anche se sono stanco per il lavoro. ‘Sto libro lo ho letto e in parte lo ho condiviso e dovrei pure avere le competenze per dire qualcosa di serio. Ci sto riflettendo sopra questa campagna del fumo, ma le idee mi si confondono. Un unico dubbio: ma sui Blog si dicono anche cose serie? non prometto nulla, ma magari domani o dopo ci provo. Altrimenti ci pensa Federico che ci farà il culo a tutti, fumatori e filofumatori!

  19. Sarò serio e tronfio, Facci, al par tuo che nel tuo fastidioso snobbismo e nella tua onniscente rigidezza non sei in grado di comprendere neppure un ironico suggerimento che ti è stato dato.
    Quello, cioè, di non insistere con monotematiche uscite sul tuo libro poichè il mondo virtuale ha delle dinamiche proprie che non ruotano certamente attorno alla tua persona ed al frutto del tuo sforzo intellettuale.
    Incaponirsi è da stolti, prendersela perchè l’argomento ha perso di interesse è da stupidi e presuntuosi.
    O forse c’è necessità di dirti che la sesta uscita sul tuo libro rischia di diventare più trash del Grande Fratello?
    Chi uscirà adesso dalla casa, o Facci?
    Avrei piacere che nella tua mente obnubilata dal fumo e dalla ricerca di uno scorrevole e gradevole costrutto grammaticale del periodo, si ponesse il vaghissimo dubbio che forse l’argomento, alla sesta uscita, non è più interessante (almeno virtualmente) e forse – ripeto, forse – ha anche un po’ rotto i coglioni.
    Altro banale suggerimento.
    Non essere così superbo da ritenere che non ci sia stato nessuno “in grado” di commentare per davvero il tuo post.
    Le dinamiche virtuali sono ben altre.
    Il tedio, la memoria corta, l’ironia ed il sarcasmo sono i principi ispiratori.
    Con certi toni rischi di non avvederti che le quattro gocce che ti cadono in testa in una giornata di sole altro non sono che l’inopportuno sgrullone di colui che è sul muretto sopra la tua testa.

  20. Paoletto, non ho avuto voglia di leggere nemmeno un commento. Sono troppi e troppo lunghi, ma il tuo, forse perchè è l’ultimo, l’ho letto. Cioè, ho letto solo l’ultima frase : “…che le quattro gocce che ti cadono in testa in una giornata di sole altro non sono che l’inopportuno sgrullone di colui che è sul muretto sopra la tua testa.” Questa è musica.

  21. federico caro.
    ai concerti mi infastidisce chi poga
    ai concerti mi infastidisce chi puzza eccessivamente
    ai concerti mi infastidisce chi è troppo alto
    ai concerti mi infastidisce chi tiene la propria donzella sulle spalle
    cosa faccio quando è così?
    mi sposto senza perdere il sorriso e godendomi il concerto in pace con tutti.
    se si è all’aperto non può darti fastidio il fumo
    non essere intollerante, scendi anche tu a compromessi che non pretendono chissà quali sacrifici.
    vivi rilassato

  22. Ho scritto “Non c’è una, dico una, dico una persona che abbia voluto o sia stata in grado commentare per davvero questo post” e questo rimane un fatto inconfutabile. Per il resto, che a margine ci fossero state svariatissime persone che avevano voluto ed erano state in grado di rivelarsi degli anonimi coglioni – per via della dinamica virtuale, certo – è pure un fatto che tuttavia già conoscevamo. Io cercavo smentite, non conferme.

  23. …forse nessuno l’ha letto. Io no l’ho fatto, ma almeno mi son ben guardata dal commentare.

  24. “Non c’è una, dico una, dico una persona che abbia voluto o sia stata in grado commentare per davvero questo post”

    Ipotesi: il tempo quello è, o si legge o si scrive. Sono un ingenuo, lo so.

    Ah si, per il post: sottoscrivo, niente da aggiungere.

  25. Di nuovo, perdonami, Facci, non vorrei sembrarti scortese, ma sui fatti inconfutabili ho una certa qual esperienza.
    Il fatto inconfutabile è che semanticamente ed oggettivamente i commenti qui ci sono stati, eccome.
    Ce ne sono stati 33.
    Poi, se vuoi, possiamo anche discutere della pertinenza o meno dei commenti, ma sul punto lasciami dire che la valutazione di pertinenza è del tutto individuale e soggettiva.
    Il tuo ego ferito, presuntuoso e col paraocchi, ovviamente, si attendeva dei commenti pertinenti e ritiene di non averne avuti.
    Io penso che se c’è qualcuno che ti suggerisce di cambiare registro perchè questo è monocorde e monotono, forse non commenta i contenuti ma esprime comunque un commento pertinente.
    Non cercare di attribuire risibile oggettività – che non c’è – al fatto che tu non gradisca i commenti.
    E’ come se al fastidio delle quattro gocce sulla spalla cercassi di replicare facendola verso l’alto, senza pensare che l’effetto è quello di bagnarsi ancora di più.
    Insomma, a dare del coglione agli “anonimi” corri il rischio di fare Tu la figura del coglione.
    Purtroppo neppure anonimo.

  26. Caro Silvestro,
    i tuoi esempi fanno sorridere e nemmeno li voglio confutare. Parlano già da soli.
    Secondo poi, mi riferisco soprattutto ai concerti al chiuso, dove il fumo forma una coltre di nebbia devastante per i polmoni e per i vestiti.
    Ai concerti all’aperto, sarebbe carino ed educato se un fumatore (che si rende conto di affumicare la persona dietro) chiedesse “posso?
    Disturbo?”. Questione di civiltà.
    Io sono tollerantissimo verso chi fuma. Non chiedo mica di vietare la vendita delle sigarette. Ho solamente il diritto di non aspirare anche solo un millimetro cubo di fumo altrui. Il compromesso sarebbe aspirarmelo senza rompere e spostarmi da un’altra parte? Mah!
    Per Facci : non ti facevo così permaloso.
    Ti avevo fatto notare delle inesattezze strettamente inerenti alla terminologia e ad alcuni aspetti trascurati e su quelli non hai minimamente argomentato. Un mah anche per te!

  27. Ancasinistra, hai una vaga, vaghissima idea di cosa sia la legge sulla privacy???
    Meno di zero, è possibile.
    Io, almeno, ne sono conscio.

  28. Ma senti questo coglione che pure minaccia. E’ ignorante persino in questo. Gente, non vi chiedo di scrivere a questa testa di cazzo: ma sappiate che straparla e che nessuna legge sulla privacy puù impedirvi di scrivergli anche settantamila mail. Io posso non piacervi, ma sono certo che tra la mia e la sua parola crederete alla mia.

  29. Facci, per quanto mi riguarda sei uno dei pochi (insieme a Neri e Brontolo) che leggo volentieri.

  30. Facci, mi piaci di più quando ti arrabbi, almeno ti muovi e rendi la cosa più piacevole.
    Dove è finito il tuo distaccato aplomb (si scrive così?)???
    Minacce dici, Facci??? A chi??? A tal ancadestra che ha una mail su un sito Kremlino.net che non esiste???
    Ma l’indirizzo e-mail è obbligatorio oppure no???
    Così, giusto per sapere ………
    La mia mail è reale e se qualcuno mi scrive io rispondo.
    Cosa volevi dire Tu esattamente Facci e poi, mi spieghi perchè te la prendi tanto se ti dico quel che penso, anche in termini critici???
    Per essere io, a detta tua, un coglione, mi sembra che tu dia un po’ troppo peso alle mie parole.
    So che non ci crederai, ma a me piace come scrivi e quel che scrivi.
    Non sempre, lo ammetto, ma ti leggo, sai.
    Altrimenti non sarei qui, non trovi?

  31. Paoletto, ti svelo una cosa : ad ancadestra piacciono tutti. Pure tu. Sennò non passerebbe da qui. Anzi, ritengo che se scrivo un commento su te, è perchè in qualche modo ti sei distinto. E quindi mi sei piaciuto. Rimani un invasato, ovvio.

  32. Ammetto che allo stronzo, coglione, testa di cazzo e chi più ne ha ne metta, ci sono abituato e non mi fanno nè caldo né freddo.
    Per alcuni versi possono costituire titolo di vanto.
    Invasato non me lo ha mai detto nessuno ma ammetto che come concetto mi piace.
    Invasato!
    Si, decisamente mi piace.
    Grazie ancadestra.

    P.S.: Ma tu, caracolli in questi passaggi da ancadestra ad ancasinistra??? Così, per capire …

  33. Tutto questo può anche essere molto divertente. Sono contento se la gente si diverte, e so essere un principe del demenziale. Non ho mai preteso – figurarsi – che qualcuno dovesse leggermi per forza. Ma io, in fondo, volevo dire soltanto una cosa. Fotografare un fatto: virtuale o delle minchia che sia. Volevo dire che non c’è una, dico una, dico una persona che abbia voluto o sia stata in grado commentare per davvero questo post.

  34. Un fatto? Uno solo? Ci sono secchiate di input in questo post. Dev’essere un esperimento.

  35. Magari, caro Filippo (posso chiamarti Filippo?) l’anonimo coglione che è passato lasciando un’inutile cagatina concorda con quello che hai scritto, ed allora non gli sembra il caso di scriverlo. D’altra parte, sono sicuro che a te, dell’unzione di un anonimo coglione quale il sottoscritto, poco o punto te ne cale. Qui ci va il congiuntivo, lo so, ma ignoro come si coniughi.
    Siccome però pretendi lo sforzo neuronale in cambio della tua fatica, proverò a contraddirti o quasi. E lo farò dal basso della mia posizione di ex-fumatore ed ex-grasso (in barba alla politically-correctness, come piace a te), che è contento di aver vinto due dipendenze in favore di piaceri molto più appaganti.
    Secondo me fermarsi alla serietà o meno delle ricerche sulle conseguenze del fumo – o delle patatine fritte, o del cioccoblocco – è già un buon punto, senza dover per forza invocare battaglie di libertà.
    Il tuo timore di “americanizzazione” mi pare infondato e allarmistico: potresti nominare anche l’atteggiamento verso l’alcool, o l’enorme differenza di abitudini alimentari tra Italia e USA, per mostrare, insieme ai rischi che nomini, gli anticorpi che abbiamo già.

  36. federì, certo che gli esempi che ho fatto sono ridicoli, era per farmi comprendere.
    sono con te quando si tratta di non sottovalutare i rischi del fumo, quando non ce ne sono diventa solo un fatto di educazione e del quieto vivere insieme e lì sta anche a te venire incontro al fumatore. ti ricordo che la nicotina dà una forte dipendenza e non far fumare qualcuno per tre ore non dico che è inumano, ma sicuramente un pò la serata gliela rovini,un giusto compromesso no?
    anche perchè se ci si tiene tutti su posizioni estreme non si arriva a nulla.
    poi se vuoi rispondere ancora semistizzito che non tollereresti manco aspirare un mm cubo di fumo ritenendoti pure un tollerante, a roma ti si risponderebbe in modo simpatico ma volgare, troppo volgare per il tuo senso dell’umorismo vedo.
    sempre con simpatia

  37. AB, so benissimo che ci sono cose più serie nella vita. Epperò, la battaglia di libertà secondo me c’è. Perchè se la Sanità pretende di imporre comportamenti virtuosi, perchè deve ottimizzarsi rimuovendo tutti i comportamenti “a rischio”, quindi niente fumo, niente grassi, niente alcool, e magari niente profumi, che razza di vita di merda ci attende? Se poi per farlo deve utilizzare come fossero Bibbia ricerche cialtronesche, la situazione è grave, mi pare.

I commenti sono bloccati.