Chiamami Aquila

ArmaniLa storia di Luca Armani è nota: proprietario di un timbrificio, da sei anni lotta contro il proprio cognome. O, meglio, con quello che si ritiene il legittimo proprietario del suo cognome.
Luca registra il dominio www.armani.it il 24 ottobre 1997: a quei tempi Internet – nella convinzione comune, ma soprattutto per i canoni di uno stilista – era un gingillo per sfigati che non si sarebbero mai potuti permettere un capo d’alta moda. Neanche uno prèt-a-porter, forse.
Poi succede che si gonfia la bolla speculativa: gira voce che la rete è il futuro, che con Internet si fanno i soldi, che la nuova frontiera dell’economia è il commercio elettronico. E allora uno, anche se di mestriere fa lo stilista, si sveglia e pensa che ci deve essere, a tutti i costi.
Siccome è uno stilista, fa lo stilista, e ha i tempi di uno stilista, si sveglia tardi, e registra il suo dominio il 24 aprile 1998, con sei mesi di ritardo.
Lo fa utilizzando nome e cognome, che è poi la firma attraverso la quale si presenta sul mercato.
Poi, siccome è uno stilista, fa lo stilista, e ha i modi di uno stilista, pensa di essere troppo famoso, e che quelli troppo famosi abbiano il diritto di monopolizzare un cognome, di nobilitarlo, che non fa chic chiamarsi come mezzo milione di altri poveracci che magari tirano a campare fabbricando timbri.

Giorgio Armani si rivolge così al Tribunale di Bergamo, facendo appello alle “norme repressive della concorrenza sleale”. Chiede di inibire a Luca Armani l’utilizzo del proprio cognome e di condannarlo a risarcire alla Giorgio Armani s.p.a. (azienda che nel 2001 dichiarava un fatturato di un miliardo di euro) una cifra non inferiore a 300.000 euro (di cui 200.000 anticipati), più 10.000 euro per ogni ritardo nell’esecuzione del provvedimento, oltre alle spese per la pubblicazione dello stesso sul Corriere della Sera, sul Sole 24 Ore, Internet Magazine e Inter.net. Il tutto maggiorato del 10% per “diritti, onorari e spese generali”.
Motivo della richiesta, la dichiarazione di tale Brunello Bianchi: “svariati clienti da tutto il mondo mi hanno segnalato di avere avuto problemi con il reperimento del sito della Giorgio Armani s.p.a. a causa della presenza in internet del domain name “armani.it” di titolarità del Timbrificio Armani. Oggetto: la difesa di un marchio – parole loro – “universalmente riconosciuto come supernotorio e celebre”.

Triste epilogo: il giudice rigetta altre richieste, ma accoglie quella di inibire a Luca Armani l’uso del proprio cognome e condanna quest’ultimo al risarcimento di 5.000 euro per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione della sentenza in favore dello stilista (che, repetita juvant, nel 2001 di euro ne ha fatturati un miliardo), più 10.000 euro per onorari, 2.536 euro per diritti, 990 euro per spese, oltre spese generali su diritti ed onorari e quelle per la pubblicazione del provvedimento sul Corriere della Sera.

Ho letto da qualche parte che la sentenza sarebbe “inattaccabile”.
Una beata fava: leggo e virgoletto dalla sentenza: “Il marchio Armani, per la sua celebrità, è entrato nel patrimonio di tutti i consumatori”. Bene, se è anche mio, io decido di darlo a Luca e non a Giorgio. Se è di tutti, facciamo un sondaggio e vediamo chi sta più simpatico ad un elettorato composto in maggioranza da persone più avvezze (per reddito, estrazione, cultura) all’inchiostro dei timbri che al luccichio delle paillettes.
Due beate fave: il marchio utilizzato dallo stilista per il proprio logo è abbinato al nome “Giorgio“. Ovunque, sul sito ufficiale, la dicitura “Armani” non è mai utilizzata individualmente.
Tre beate fave: domani Valentino Rossi si presenta al signor Marco e si porta via il dominio. Motivazione: è più famoso (ed è indubbio), guardagna molto di più (inoppugnabile), è più giovane (molto probabilmente), più bello (forse) e ciula un sacco di più (mi auguro per il signor Marco che non sia vero, ma per la legge dei grandi numeri il Valentino in questo campo ci dà una pezza a noi messi tutti assieme). Poi iniziano a litigare Paolo (il comico) e Valentino (il motociclista) e fanno a gara a chi è più famoso, ricco eccetera eccetera. Attirati dal trambusto mediatico si aggiungono Paolo (il calciatore), Vasco (il cantante), Valeria (la cantante), Antonio (il canoista), Barbara De (l’attrice), Martini & (il cocktail).

Intanto, per quel che vale il mio supporto, lo invito ad interrompere lo sciopero della fame, arrivato al 15° giorno. Diteglielo anche voi, magari sente che siamo parecchi, che tenteremo a modo nostro di aiutarlo, e si convince.

Credo infatti che questa sia una splendida occasione per dimostrare che i tanti, la massa, sono più forti di un unico prepotente. E che iniziative in fondo innocue e divertenti possano in questo caso assumere un significato che vada oltre la burla. La cosa cui tengono maggiormente è essere trovati dai propri potenziali clienti? Beh, googlebombiamoli. Linkate il nome Armani ad una brutta parola del dizionario, oppure al sito del maggior concorrente, così: Armani. Copiate e incollate questo codice sul vostro sito:

Armani

Create sul vostro blog un post dal titolo “Armani” e poi reindirizzatelo su una pagina alla cazzo. O facciamo tutti come ai bei tempi di Luther Blisset: fino al momento in cui questa faccenda non si chiuderà positivamente con la rinuncia al dominio da parte dello stilista e la cessazione di qualsiasi ostilità, ci cambiamo tutti il cognome. Se il marchio “Armani” è di tutti, allora siamo tutti Armani. Inizio io: da oggi, su questo sito, mi chiamo Gianluca Armani, sperando che proliferino i Massimo Armani, i Maurizio Armani, i Paolo Armani, le Selvagge Armani, gli Armani C°nfu§i.

Inutile dire che spero Luca vinca.
Che poi si dia alla pazza gioia, festeggi facendo un figlio e decida di chiamarlo “Emporio“.

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50 Commenti

  1. grande idea, seguo da un bel po’ la povera storia del signor Luca. mi piace l’idea che da oggi mi posso chiamare anche io Armani dato che Armani è un nome della collettività….e…aggiorno il mio web con una nuova googlebomb.

  2. Perche’ quello che tu stai provando adesso nessun altro lo debba provare mai.
    Un grosso abbraccio.

  3. Ma non vesto Versace

    By Gianluca Armani. Replicato qui da Roberto Armani. La storia di Luca Armani è nota: proprietario di un timbrificio, da sei anni lotta contro il proprio cognome. O, meglio, con quello che si ritiene il legittimo proprietario del suo…

  4. Ma non vesto Versace

    By Gianluca Armani. Replicato qui da Roberto Armani. La storia di Luca Armani è nota: proprietario di un timbrificio, da sei anni lotta contro il proprio cognome. O, meglio, con quello che si ritiene il legittimo proprietario del suo…

  5. Ma non vesto Versace

    By Gianluca Armani. Replicato qui da Roberto Armani. La storia di Luca Armani è nota: proprietario di un timbrificio, da sei anni lotta contro il proprio cognome. O, meglio, con quello che si ritiene il legittimo proprietario del suo…

  6. un marchio conta più del tuo nome

    Se siete delle persone comuni e avete la sfortuna di essere gli omonimi di qualche importante griffe o marchio commerciale

  7. Armani

    Di sicuro conoscete lo scherzetto che molti blogger hanno fatto a Berlusconi collegando la sua biografia al termine miserabile

  8. Una piccola correzione: sul sito ufficiale la dicitura ‘Armani’ viene utilizzata abbastanza spesso. Per il resto ha ragione Luca.

  9. Gianluca, se ti riferivi a me io posso solo dire che ho riferito quanto mi ha detto chi su queste cose ci lavora come legale (e in effetti non è che ci siano stati tantissimi avvocati che si siano lanciati a difendere Luca).
    Mi hanno anche spiegato che il problema di fondo è che i “marchi notori” hanno questa forza anche contro chi avrebbe normalmente un diritto. Il “bello” è che non è che ci sia un bell’elenco dei marchi notori, per cui sarebbe semplice dire “prima guarda lì: se c’è il nome come il tuo, sei fregato”. Quindi la schifezza non è di Internet in sé ma di tutta la legge sui marchi.

  10. E perché non aprire blogs a nome armani? io l’ho aperto su Splinder (preferivo Blogger, ma esiste già un armani.blogspot.com…). Per ora c’è solo un link a questo post, uno al sito di Luca Armani e uno ad Armani anch’io… Naturalmente il blog esisterà fino a che non si chiude questa storia, poi verrà inesorabilmente cancellato! Solidarietà totale con Luca Armani! http://armani.splinder.it

  11. Ma non vesto Versace

    By Gianluca Armani. Replicato qui da Roberto Armani. La storia di Luca Armani è nota: proprietario di un timbrificio, da sei anni lotta contro il proprio cognome. O, meglio, con quello che si ritiene il legittimo proprietario del suo…

  12. Premetto che spero nella vittoria di Luca, che ritengo Armani (quello famoso) uno strafottente convinto che la “notorietà” del suo marchio gli conferisca onnipotenza, e che spero che Luca desista dal suo sciopero della fame. Ciò detto, mi permetto di esprimere qualche dubbio: se io avessi, che so, una panetteria dall nome “Panificio Brambilla”, e volessi fare un sito, userei un dominio del tipo “www.panificiobrambilla.it”, non “www.brambilla.it” che col pane non centra niente. A meno che non ci sia un marchio Brambilla talmente famoso da dirottare sul mio sito un bel pò di visitatori… Con questo, ribadisco, non voglio dar ragione ad Armani Giorgio, ma ritengo inappropriato dipingere Luca come una vittima dei poteri forti: da esperto di Internet quale si professa, ritengo abbia individuato una zona grigia nella legislazione in merito ai “domain name” e ci si sia consapevolmente infilato. Se poi http://www.armani.it fosse stata una home page personale, o un blog, o un’associazione culturale, o un movimento anarchico, o tutto tranne che un’azienda, avrei visto nella cosa una sfida al “marchio famoso”, ma essendo a sua volta un’impresa commerciale il dubbio che lo scopo fosse quello di sfruttare la notorietà del marchio famoso mi pare lecita. Se qualcuno che conoscendolo di persona mi dice che non è così, sarò felice di ricredermi! Auguri di felice anno a tutti!

  13. Scusate, nella foga ho dimenticato di ribadire ancora una volta che a prescindere dalle sue motivazioni tifo incondizionatamente per Luca! Io sono un nostalgico di quando Internet era al 95% ftp e l’http serviva solo a scambiarsi articoli tra le università, ne ho accolto con piacere la diffusione a livello personale, godo dei benefici offerti da molti servizi on-line ma figuriamoci se mi va giù che chi lo usa per l’e-marchetting si arroghi il diritto di dettare condizioni…

  14. Ci sono anche io. Ho seguito dall’inizio la vicenda di Luca e ho sperato in un lieto fine: mi ritrovo a non poter fare altro che sbeffeggiare [tentare di sbeffaggiare] il profumiere

  15. VotaArmani, saranno i postumi del veglione ma non ho capito il tuo post. Forse non sono stato chiaro io, quindi in sintesi ecco cosa volevo dire: in una disputa tra un sito “personale” (homepage, blog, associazione, etc.) ed uno commerciale non dovrebbero rientrare logiche di “marchi registrati” (e infatti in questo caso l’analogia su cui si fonda la sentenza contro Luca verrebbe meno), ma se i due siti sono entrambi commerciali non mi pare del tutto insensato che valgano le regole del business. Però tutte quelle multe mi sembrano uno sproposito, secondo me il giudice poteva limitarsi ad ingiungere a Luca di scrivere in testa al sito “Se cercate Giorgio Armani lo stilista cliccate qui”, come ho visto in altri siti con omonimi famosi… Di nuovo buon anno a tutti! P.S.: augurarsi un deface al sito di Armani è istigazione a delinquere?

  16. Vorrei solo che si sapesse che il giudice che ha dato vita a questa aberrazione giuridica si chiama Elda Geraci, giudice del Tribunale di Bergamo. Questo magistrato ha accolto l’orientamento *minoritario* di alcune corti in base al quale il nome di persona deve cedere il passo al maggiore interesse commerciale nell’assegnazione di un nome a dominio identico ad un marchio notorio.

  17. Bellissima idea a cui aderisco volentieri e che
    sto gia’ diffondendo. Mi permetto di dare alcuni
    consigli: 1) dovremmo tutti puntare ad uno
    stesso link e fra i due proposti e’ meglio quello
    di Valentino, in quanto usare un’offesa potrebbe
    essere controproducente. 2) Bisogna inserire un alt-text
    nell’immagine (i motori analizzano anche quello): “Armani”
    e’ preferibile a “Giorgio Armani” proprio perche’
    ci battiamo per la liberta’ di usare un cognome. Chi
    cerca “Giorgio Armani” e’ giusto che trovi lo stilista
    ma chi cerca Armani e basta… puo’ trovare qualsiasi
    cosa, a meno che Giorgio Armani non si compri Google.
    3) Oltre a mettere l’iconcina scriviamo quattro parole e
    mettiamo un link a questa pagina in cui viene descritta
    molto bene la vicenda e l’iniziativa.

  18. tutto questo ci fa capire che il mondo è governato da una massa di imbecilli…

    byez
    akiro

  19. Armani

    Pandemia aderisce alla campagna di theGNUeconomy. Il logo che segue è la conseguenza. (via Il fiore del cactus)

  20. Aderisco alla campagna sia personalmente, sia col mio blog bardarossa news. E un consiglio a Giorgio, cambi il suo cognome in Armoney. E’ più internazionale e più consono alla sua filosofia.

  21. Anche il mio blog aderisce all’iniziativa.

    Comunque sono d’accordo con Gabriele, meglio puntare il logo su Valentino

  22. Stilista stile libero

    Nella moltitudine di convivi festerecci che mi hanno visto, nell’ordine cronologico, anfitrione, ripieno, alticcio e abbioccato, mi è stato spesso chiesto perchè/cos’è/perchè un blog. Negli ultimi giorni ero convinto di aver finalmente trovato una ris…

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