Renzo Tram Aglino

Milano. L’azienda del dottor Albertini ha un nome strano, obsoleto e secondo me anche un po’ communista: “Comune” di Milano. Il termine è nato parecchi anni fa, quando gli abitanti – non i consumatori, non gl’imprenditori – di alcune case vicine decisero di mettersi d’accordo per provvedere ad alcuni servizi essenziali – non per fare soldi, non per quotarsi in borsa – che secondo loro avrebbero funzionato meglio in comune: le piazze, le strade, le chiese, le mura cittadine. L’idea, per quanto semplice, non era affatto scontata. Difatti in un primo momento il governo la vietò tassativamente e mandò anzi catapulte e marines per imporre l’ordine e la pace. Grazie al compagno Alberto (da Giussano) e anche a qualche aiuto da Roma il governo fu messo in minoranza e il comune potè andare avanti in santa pace. Ogni tanto, ovviamente, c’erano degl’intoppi: non è mai stato facile persuadere i governi a rispettare i comuni. Scoppiavano “tumulti di estremisti” (come titolavano i giornali), ma i vari Tramaglino, Cattaneo e Turati riuscivano sempre, alla fine, a difendere il buongoverno comune contro il governo.
Renzo Tramaglino, attualmente, fa il tranviere avventizio, prende ottocento euri al mese e con questi deve mangiare, vestire sè e i familiari, mandare i bambini a scuola, pagare l’affitto di casa (nella città più cara d’Europa) e infine pagare le tasse comunali. È due anni che promettono di rifargli il contratto, ma ogni volta lo rimandano indietro con un bel “Vidit Ferrer”. Alla fine il Tramaglino s’è stufato e ha bloccato tutto. Apriti cielo! Nemico della città e dei cittadini, estremista furioso, untore, sovversivo e chi più ne ha più ne metta. Eppure il povero Renzo voleva solo il denaro suo; nè il vicerè poteva dire che non ce ne fosse, poichè avendo appena venduto l’azienda elettrica cittadina le casse vicereali erano piene di ducati; impiegati però in speculazioni di borsa e non nella banale gestione dei tram e dei tranvieri. Avendo dimenticato il senso della parola “Comune”, l’Albertini credeva infatti d’essere là per commerciare e non per assicurare i servizi ai cittadini. Così, la prima azienda italiana ad aprire la via all’inflazione è stata, tre anni fa, proprio l’azienda trasporti di Albertini, aumentando il biglietto a un euro (occasione presa al volo!) senza nè migliorare il servizio nè pagare i tranvieri. A Renzo che ha scioperato, bisognerebbe mettere una lapide in Galleria; al sindaco che ha speculato, bisognerebbe chiedere i danni civili per malamministrazione. Ma naturalmente non sarà così.

“Renzo, che strepitava, aveva tutta l’apparenza d’un oppressore; eppure, alla fin de’ fatti, era l’oppresso. Don Abbondio, sorpreso mentre attendeva tranquillamente a’ fatti suoi, pareva la vittima; eppure, in realtà, era lui che faceva un sopruso. Così va spesso il mondo… voglio dire, così andava nel secolo decimo settimo”.

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1 Commento

  1. A me è toccato l’onore di essere uno dei citati sul “Giornale” per aver ricordato il filo nero che collega tutte le vicende della storia moderna. Quel filo nero per il quale i potenti sono dei maledetti, e gli altri dei poveri tapini. Questo è vero su vasta scala così come per le vicende diciamo minori .Tipo quella dei tramvieri milanesi. E che avessi qualche ragione nello scrivere quello che ho scritto lo dimostrano le sempiterne parole di Don Lisander.

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