Giù le mani da Michele Serra

Due giorni fa avevo scritto su Facebook una battuta sull’ormai celebre Amaca di Michele Serra ritenuta classista – pare – dalla rete intera. È stata travisata anche quella, fortunatamente giusto un po’ meno della rubrica originale. Ho cancellato il post quando nei commenti è partita la sassaiola contro quella che io ritengo essere stata – e lì l’avevo perfino scritto – non solo una delle menti migliori della sua generazione, ma anche della mia e di almeno altre due dopo. E voglio stare stretto.

La battuta – fatta per amor di battuta – canzonava un po’ la banalità un filo Gramelliniana dell’assunto (e del resto 1500 sparute battute non sono un feuilleton in cui puoi dilungarti sulla rava e la fava), ma si fermava lì. Perché su tutto il resto, tutto, Serra ha ragione.

Ed è stato perfino di manica larga, perché se venite a chiedere la stessa cosa a me io per davvero vi rispondo che dai tempi di Don Milani la situazione è un po’ cambiata e che certi tipi di ignoranza – a discapito di tutti i mezzi oggi a disposizione per farsi una cultura minima – vengono scelti e non più imposti.

Serra – invece – parlava dell’ignoranza che ti rimane appiccicata addosso dalla nascita per una scelta non tua e che però ha a che fare con il luogo in cui cresci, l’estrazione sociale, la disponibilità economica e, soprattutto, la marca dei lucidi stivaletti che ti ricacciano dentro il recinto di tuoi simili, ignoranti come te, ogni volta che provi a mettere fuori la testa.

E se poteva essere travisato nelle 1500 battute dell’Amaca, non potete far finta di non averlo capito quando, due giorni dopo, ne ha spese dieci volte tante per rispondervi che con piacere avrebbe discusso di torto e ragione, se soltanto avesse veramente detto la cosa per cui gli davate torto.

Capisco: ve la siete presa per la questione del classico verso gli istituti tecnici, e non ci avete capito più niente: voi ci avete letto “Lazio merda”, o “Gianni è cornuto” e, in quanto laziali o in quanto Gianni, ci siete rimasti male. Però il problema è più vostro che suo, dal momento che ha scritto cose ben diverse.

Chiudo con un consiglio: quando un opinionista esordisce con la formula “Tocca dire una cosa sgradevole”, preparatevi a leggere una cosa sgradevole. Ma non per questo sbagliata. 

No, scusate, due consigli: quella cosa del contare fino a dieci prima di entrare in una polemica, rivalutiamola. Facciamo pure 20 per non sbagliare e andare sul sicuro.

Niente volevo chiudere due consigli fa e invece non ce la faccio senza aver detto prima una cosa che mi preme più di tutte le altre: l’indignazione ha francamente rotto il cazzo.


P.S.: “Feuilleton” è una parola francese che in origine definiva la parte di un giornale o un suo inserto che, verso la metà dell’Ottocento, ospitava romanzi a puntate, detti anche romanzi d’appendice. Una dovuta precisazione per quelli che han fatto lo scientifico e ragioneria. (n.d.rag. Gianluca Neri)

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