SanRemocontro /1: Due o tre cose che ho imparato su Sanremo il primo giorno

logocubomusicaQuando arrivi a Sanremo (ed è il tuo primo Festival di Sanremo) hai un doloroso flashback: sei in prima media, ti trovi in un ambiente nuovo, potenzialmente ostile, pieno di estranei e – soprattutto – non hai un amico in seconda media che la sappia lunga e possa svelarti i segreti e le regole – scritte e non scritte – del posto. Sei un primino il giorno di San Firmino. E tutti gli altri sono dotati di minacciosissimi pennarelloni neri. Indelebili.

Dov’è la sala stampa? Ah, ce ne sono due? Dove sono tutte e due? Dove si recuperano gli accrediti? Che succede oggi? Posso sedermi qui? Posso andare in bagno? Sono tutte legittime domande che però a Sanremo attirano squali come sanguinare in acqua. Si narra che due redattori del defunto portale CiaoWeb arrivati per l’edizione condotta da Panariello siano ancora dispersi per la ridente cittadina ligure alla ricerca dell’ufficio stampa.

Prima regola non scritta di Sanremo: la carta, qui, non morirà mai. Come dicevamo, le sale stampa sono due. La prima, quella figa, è il roof, ovvero l’ultimo piano del Teatro Ariston, ed è accessibile esclusivamente a chiunque sia inviato da un periodico che sia stampato su cellulosa, papiro, inciso su cera, vergato a mano con pennino a china o scalpellato su pietra. A questo punto avrete capito che la sala stampa sfighé, quella del Palafiori, è invece dedicata agli infidi membri di quel culto pagano che prende il nome di “Internet”.

Nella prima, si trovano Mario Luzzatto Fegiz, il papà di Mario Luzzatto Fegiz, il nonno di Mario Luzzatto Fegiz, i Fratelli Gutemberg, i quattro evangelisti al completo e Luca Dondoni.

Nella seconda si trova di tutto: webradio universitarie, webradio di quartiere, redattori di portali chiusi dopo la bolla della new economy, foodblogger, mamme blogger, blogger, gente che ha ancora la propria homepage su Geocities, gente che prova a scaricare le canzoni di Sanremo da Napster, cari umani di varia natura, il Mago Otelma e quello che scrive i tweet di Luca Dondoni.

La sala stampa sfighé è collegata con un sistema audio-video che consente di assistere a tutto ciò che accade nel roof. Che è un po’ come proiettare una cena a corte di Luigi XIV alla mensa della Caritas.

All’interno della prima vigono regole che, al confronto, quelle della jungla sono tollerate da Amnesty International: se solo ti trovi controvento e hai l’odore di uno che potrebbe essere un cugino acquisito alla lontana di un vecchio compagno di scuola di Max Gazzé, vieni attorniato da un’orda di esseri microfonati che ti chiedono: A) “Posso farti due domande, una cosa veloce, sul Festival? Due cazzate,  le prime cose che ti vengono in mente.”; B) Ti spiace se ci scattiamo una foto assieme? E’ per la mia ragazza che sta a casa ed è una tua fan!”, C) “Ah, un’ultima domanda: ma tu – così per chiedere, eh? -, chicazzo sei?”.

[alert-announce]Appuntamento a domani, con la Seconda regola non scritta di Sanremo: qualsiasi sia la festa cui hai partecipato la sera prima, ce n’era una più bella dove c’erano tutti, ma proprio tutti tutti, ma come, non lo sapevi?[/alert-announce]

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1 Commento

  1. Pignoleria, in GuteNberg non ci va la “m”.
    (Ma non preoccuparti, su “Pulp” hanno avuto una rubrica con “Gutemberg” nel titolo per, tipo, dieci anni, e poi l’hanno corretto proprio quando avevo cominciato a pensare che, a quel punto, dovevano averlo fatto apposta).

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