14 cose che un italiano impara a New York andandoci per la prima volta e tornando cambiato per sempre

  • I telegiornali di una qualsiasi soleggiata domenica mattina autunnale invitano i telespettatori a uscire, godersi la giornata, fare una passeggiata nel parco. Nessun “Restate con noi: seguirà Questa Domenica, condotto da Paola Perego.
  • Non credete a quelli che vi dicono che Manhattan la si può fare tutta a piedi: sono dei pazzi scriteriati. Dall’inizio di Central Park (quindi escludendo Harlem, il Bronx e tutto quello che viene dopo) al Battery Park (l’estremità più a sud; il posto privilegiato per vedere a occhio nudo la Statua della Libertà) sono 12 chilometri. La larghezza media è invece di circa 3 chilometri e mezzo. Volete sapere quanto misura Milano? 8 chilometri in media, sia in altezza che in larghezza. Considerando che almeno 15 avenues attraversano New York in verticale, ciascuna per 12 chilometri e 100 street in orizzontale, ognuna per 3 chilometri e mezzo, fate i vostri conti e poi ripetete con me: pazzi scriteriati.
  • Credete invece senza problemi a quelli (molto spesso sono gli stessi) che vi dicono che a New York, per spostarsi, non usare il taxi è un peccato condannato dai maggiori testi religiosi. E’ vero: su dieci macchine che vedete in giro, almeno otto sono taxi. Costano poco e si può usare la carta di credito sempre, anche per piccole somme. L’importante è prenderli per il verso giusto: se chiedi di andare a nord a taxi che sono diretti verso sud i giudatori potrebbero rifiutare la corsa. Se, invece, gli domandi di compiere un tragitto breve non ti mandano a quel paese. Loro, invece – i tassisti – vengono da un sacco di paesi: per lo più dal Bangladesh o dal Pakistan. Americani: zero. Quando pensi ai tassisti italiani che protestano per qualche centinaio di licenze in più e scrivono sui cartelloni “Vorreste un Mohammed come tassista?”, la risposta viene naturale: sì. Mille, diecimila, centomila Mohammed. Voi, invece, a quel paese. Non uno qualsiasi. Non il loro. Puntate i navigatori satellitari per uno che finisca con ‘fanculo.
  • A proposito di GPS: a New York non funziona, o funziona male. L’accuratezza è approssimativa, e non serve un iPhone per accorgersene: basta la mappa che viene visualizzata sulla tv che nei taxi è accesa a beneficio dei sedili posteriori (già, perché, dimenticavo: da fine 2007 su tutti i taxi c’è anche la tv, che trasmette promo – per la maggior parte di NBC e ABC -, trasmissioni del tempo e notiziari). Il problema è che ci sono troppi grattacieli, troppi edifici che bloccano la visuale dei satelliti.
  • Uno guarda Oprah e pensa: in Italia non potrebbe esserci nulla del genere. Poi ci pensa bene e cambia idea: potrebbe benissimo andare in onda e si chiamerebbe “Maria“.
  • Tutte le televisioni, anche quelle nazionali, in realtà sono locali. Il sistema è quello delle syndication: il palinsesto è composto da programmi locali. Poi, per trasmettere i più importanti, tutte le emittenti locali degli USA si collegano al segnale nazionale. Tutte hanno quindi per nome acronimi imponunciabili: la CBS è WCBS 2; la ABC si chiama WABC 7; la NBC è conosciuta WNBC 4 e FOX si fa chiamare WNYW 5. I telegiornali seguono lo stesso criterio: esclusi i servizi più importanti (che comunque molto spesso sono in coda), tutto il resto è prodotto localmente e presentato dagli anchorman del posto. In sostanza: prima i cazzi tuoi, poi quelli degli altri. L’effetto non è male: finisce, forse, che tendi a tenere di più al posto in cui vivi.
  • A New York, malgrado quel che sostiene Matteo Bordone, si mangia bene. Direi generalmente molto bene. Se siete appassionati di carne (cotta, molto cotta, al sangue o come caspita la preferite), avete raggiunto il Nirvana. Detto questo, tenetevi alla larga dai McDonald’s e dalle catene in genere: sono più brutti e sporchi dei nostri. Non so se i panini siano più buoni, ma ti passa la voglia di verificarlo. Il titolo di “miglior hamburger di New York” se lo contendono Burger Bistro (331 W sulla 4a strada) e Burger Joint (118 W sulla 57a), all’interno dell’Hotel Le Meridien (attenzione: per raggiungerlo dovrete attraversare – magari vestiti casual – una monumentale hall infestata di fighetti in mood aperitivesco; non vi preoccupate, non siete i soli a cercarlo: il Joint si trova in un angolo della hall, nascosto da una tenda come se l’albergo se ne vergognasse). Provato quest’ultimo, parola di lupetto, ne vale la pena: non potrete mai dire di aver mangiato un avero hamburger se non avete mai ordinato il “The Job” (nome della variante-panino “mettici dentro tutto quello che hai”).
  • Quelli tra voi affetti dalla sindrome da braccino corto non ci vadano, a New York. Sì, è vero: la crisi. Sì è vero: il cambio dollaro-euro è favorevole. Ma è anche vero che il pagamento di qualsiasi tipo di servizio prevede l’aggiunta di una mancia. E non è che uno può dire, che so: non ho spicci; non se la meritano; ho solo tagli grossi; o lascio qualche centesimo tanto per non sembrare un pidocchio. No: ci sono percentuali predefinite che con il tempo sono diventate sostanzialmente un dovere acquisito. Che cosa succeda di preciso se non la lasciate non so dirlo perché non mi è nemmeno passato per la testa di provare.
  • Ah, altra cosa sui tassisti: guidano come dei pazzi. E’ tutto un gioco acceleratore a manetta – freno – acceleratore a manetta – freno – acceleratore a manetta eccetera eccetera. E’ un grosso tetris in cui ci si incastra alla perfezione nel minimo spazio della prima corsia libera. Se siete soliti stare male in macchina quando guida qualcun altro, è certo che vomiterete tutti i vostri 21 grammi di anima.
  • Sì, ci hanno girato la scena d’amore di “Sleepless in Seattle” e pure “King Kong” ma, credetemi, le file per arrivare in cima all’Empire State Building sono sfiancanti quanto quelle all’arrivo in aeroporto. Manca solo il controllo dell’immigrazione, ma credo si stiano attrezzando. E al termine di ogni coda l’incubo si ripete: ne inizia un’altra. Ce ne sono una all’ingresso; una per il metal detector; una per i biglietti; una per il primo ascensore e una per il secondo ascensore. Alcuni voucher come il New York CityPass vi permettono di saltarne alcune (altri, come il New York Pass millantano di riuscire a farvelo fare: in realtà sono una sòla) ma costano un botto per chiunque non abbia voglia di visitare tutte le attrazioni che sono previste (e, diciamocelo, nessuno ne ha il tempo). Arrivati all’89° piano sono gomiti in bocca e tra le costole per farsi breccia tra la folla e guadagnarsi il proprio pezzo di cielo. Che poi risulta essere coperto da un’orrenda grata, che sembrerà ancora più brutta nelle foto che farete. Se volete un consiglio, la migliore vista su New York si ha dal Top of The Rock, il grattacielo più alto del Rockefeller Center, quello del famoso albero di Natale: code quasi inesistenti, controlli veloci e, soprattutto, una volta in cima – se non vi fermate al primo dei tre piani panoramici, ovvero l’unico ricoperto da vetrate – avrete la città che non dorme tutta per voi, senza grate o vetrate che poi vi facciano fare brutta figura su Flickr. Vantaggio supplettivo che non in molti considerano: nelle foto che avrete scattato dal Top of The Rock apparirà l’Empire State Building in tutto il suo splendore.
  • E’ abbastanza comune, passeggiando per New York, imbattersi in un set di un film o di una serie televisiva. Succede perché il sindaco Bloomberg (ma – mi hanno detto – anche Giuliani si era dato da fare in proposito) ha incentivato le produzioni a girare gli esterni nella vera New York piuttosto che in quelle ricreate in studio a Hollywood. Molto semplicemente, attraverso il Mayor’s Office of Film, Theatre and Broadcasting ha avviato una politica che prevede location a costo zero per chiunque le richieda, con l’aggiunta di poliziotti gratis per gestire traffico e curiosi. Impazzano Gossip Girl, Ugly Betty (che per l’appunto è la prima produzione che si è trasferita armi e bagagli da Los Angeles), il sequel di Sex & the City e Law & Order in tutte le sue versioni, che a New York è ormai quasi un’istituzione. I locali passano oltre e non favellano; i turisti e i curiosi, invece, si organizzano, al punto che alcuni blog riportano avvistamenti di set aggiornati di ora in ora. A noi è capitato di incrociare il set di Gossip Girl in un negozio di frullati, quello di 30 Rock in una chiesa e quello di Law & Order: Criminal Intent davanti allo store presso il quale stavamo acquistando una valigia in cui riporre tutti i souvenir da riportare a casa. Sui set, quelli delle crew sono sempre immensamente disponibili e gentili con i fan, al punto di fornire informazioni su quel che stanno facendo, quali sono gli attori che si presenteranno e quand’è il momento migliore per placcarli. Sono molto meno cordiali – dicono – con i paparazzi, e dev’essere vero se quando a Salma Hayek ho chiesto di fare una foto assieme, lei ha risposto di no perché era in compagnia della figlia di 13 mesi, io le ho risposto che non c’era problema e lei ci ha richiamati per ripetere due volte “I really appreciate you asked”.
  • A questo proposito devo fare una confessione che minerà la mia credibilità di uomo, di eterosessuale e di portatore sano di testosterone: io Salma Hayek non l’ho riconosciuta. Non subito, almeno. L’ha fatto la mia ragazza quando si è aperta la porta di uno dei caravan sul set di 30 Rock (sarà la guest di alcune delle prossime puntate). Lo so, lo so: è un’onta difficilmente giustificabile. A mia discolpa posso dire che è successo tutto molto in fretta: mentre passeggiavamo si è aperta la porta del camper, ho dato una fugace occhiata all’interno alla ricerca di Tina Fey, ho visto solo due nane – una bruna e una bionda – e sono passato oltre con noncuranza. Solo a quel punto la mia metà (che è dolce proprio perché mi avverte in questi casi) mi dice: “Ma hai visto chi era?”. “No”. “Guarda che quella era Salma Hayek. “Ma che cacchio dici? Non c’è nemmeno in 30 Rock; Salma Hayek produce Ugly Betty. “Ti dico che quella è Salma Hayek. Il finale lo sapete: era Salma Hayek.
  • Su questa cosa delle foto con le attrici c’è da riportare integralmente il discorso intrattenuto con la succitata metà. Parte lei: “Ma perché, dimmi, tu faresti una foto con un’attrice?”. “Beh, dipende”. “Dipende da cosa?”. “Se mi chiedi se voglio fare una foto con Alessia Fabiani o, checazzonesò, Margerita Buy, ti rispondo chissenefrega; se è Jessica Alba è un’altra questione”. “Ho capito, ma qui non c’è Jessica Alba. “Però c’è Tina Fey. “E un chissenefrega per Tina Fey no?”. “Cazzo, Tina Fey! Hai presente quanti Emmy ha vinto quest’anno? E in più credo di essere uno dei tre al mondo che pensa sia gnocca”. “Quindi tu saresti anche uno che chiede gli autografi?”. “Col cazzo: gli autografi manco se mi ammazzano. Credo di avere smesso a otto anni”. “E la foto non è lo stesso?”. “No, la foto con Jessica Alba, no”. “E con Tina Fey?”. “Pure con Tina Fey. “Senti, io sto congelando, chiedo a quel tizio dello staff che attori ci sono”. “Vai, ti aspetto qui”. […] “Allora? Che ha detto?”. “Mi ha detto: Tina was here. Alec was here. Maybe they’ll come back later, I don’t know when”. “Alec chi? – faccio io – Alec Baldwin?”. “Sì, – risponde lei – tira fuori quella cavolo di macchina fotografica”.
  • Ultima cosa sui tassisti: voglio sottoscrivere la loro tariffa telefonica. Ora. Subito. Cash. Perché com’è e come non è, qualsiasi tassista a New York in qualsiasi momento della giornata, sta parlando a qualcuno sussurrando nel suo auricolare bluetooth. E non è – sia chiaro – che fanno tante chiamate: la telefonata è già in corso quando salite e continua quando scendete, senza interruzioni. Il dubbio è: cosa può continuare a raccontare senza ripetersi uno che fa 16 ore di turno? Ma, soprattutto, chi c’è dall’altra parte a farsi due palle così sostenendo una coversazione che procede a colpi di “ora è verde”, “ora è rosso”, “ora freno”, “ho frenato”, “ho svoltato a destra”? L’unica risposta plausibile a cui sono giunto è: un parente tassista pure lui.
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45 Commenti

  1. Te lo dico io cosa succede se non paghi una mancia adeguata: una volta ho lasciato “solo” il 10% del conto e il cameriere mi ha inseguito per strada!

  2. le mance le *devi* lasciare per il fatto che i camerieri etc. sono normalmente assunti a meno del minimum wage, quindi con la mancia gli stai pagando di fatto una buona parte dello stipendio.

  3. Pur non avendo assolutamente nulla contro i camerieri etc. la piccola akwardness che mi suscita il fenomeno mancia , con tutta la sua ambiguità , e il non essere univoca appena cambi posto , ecc. ecc. , è una (solo una) delle motivazioni che mi fa, sovente (poi in certi casi dipende) ,preferire distributori o fai_da_te . E comunque sono il tipo di consumatore che preferisce di gran lunga avere direttamente la tariffa totale ; non capisco perchè essa non abbia avuto il sopravvento in certi paesi.
    Ma forse mi manca qualche tessera del puzzle , se qualcuno avesse eventualmente tempo e voglia mi illumini pure .

    p.s. mi ha fatto rimembrare di :
    http://www.youtube.com/watch?v=enJwYaeolXc
    ___________________

    Chiedo umilmente venia per il non avervi accolto con un apposito sfottò per l’ occasione, ma necessito di ancora troppo caffè . Ad ogni modo , GN & OA , bentornati al Milan (Italy).

  4. Vabbè , a quanto pare “Hyena” mi ha bruciato , netto .
    Ovviamente non prendo la cosa sportivamente ed esigo il riconteggio dei commenti . Che poi quelli alle 05:40 di notte secondo me non valgono, anche perchè quell’ ora vengono notoriamente messi in atto i più biechi complotti comunisti.

    p.s. @ hyena : ma non c’era anche una parte in cui diceva che avrebbe dato la mancia al suo cardiochirurgo ?

  5. Io AMO newyork. Non sono una patita degli americani, ma i newyorkesi sono ben differenti.
    La cosa della mancia poi, è vero che all’inizio ti sorprende sempre un pò, ma secondo me è giustificata. Non ho MAI beccato un cameriere antipatico, sbrigativo o che ti fa aspettare mezz’ora per avere il conto.
    Appena ti siedi ti versano TAP WATER con ghiaccio per dissetarti (fondamentale dopo le scarpinate in giro per la città, almeno d’estate), ti fanno presonalizzare la tua ordinazione in qualsiasi modo tu voglia senza battere ciglio, ti chiedono se tutto va bene e sono sempre sorridenti e gentili. Io la mancia gliela lascio eccome!

    La cosa che mi spiazza molto di più sono le maledette tasse quando vai a fare shopping. Prendi mille cose dicendo “costa solo 15 dollari” e poi quando vai a pagare vedi che il tuo conto sale sempre.

    In ogni caso io a NYC ci andrei a vivere domani, almeno per un annetto.

  6. PS: e poi a new york ho incontrato tim robbis (uno dei miei idoli!) che passeggiava talmente indisturbato a soho che non ho osato disturbare la sua quiete. E’ una figata di città, non c’è nienta da fare.

  7. “un provinciale a NY” :
    i tassisti pakistani, l’empire, il mcdonald (!), la tele, manca solo la coda da Abercrombie e l’anellino da tiffany. e la metro e ground zero.
    e quanto sono grandi le porzioni e quanto sono grassi gli americani e l’apple store e … cheppalle.

    (my last time in nyc: august 08; my first: july 1985).

  8. Come si fa a stampare, incorniciare e appendere questo post e votarlo direttamente ai prossimi BA come miglior post dell’anno?

  9. Caro Gianluca, il tuo ultimo punto è legato al quarto. Sti babbucchioni di tassisti, visto che il GPS non funziona stanno al telefono con qualcuno che li guida in remoto…si lo so tu penserai che io stia scherzando…ma è dannatamente vero!!! Questo è il motivo per cui dicono sempre quello che stanno facendo….e per cui devono avere una tariffa superflat….

  10. Sono stato a New York 5 volte in % anni ed ho visto quintuplicare il numero dei barboni (diurni, che sono di meno ma messi peggio, e notturni, tra cui tanti freschi giovani coetanei appena rigettati dalla società e dall’ultimo umiliante lavoro).

    Oh, poi mi sbaglio, comunque mi è sembrata una città arrivata al capolinea. E ci sono stato PRIMA del picco del petrolio e PRIMA della quarta ondata subprime , quindi ora dovrebbe essere pure peggio.
    Il fatto è che circa le metà sono bambini ( http://www.wsws.org/articles/2004/jan2004/nyc-j07.shtml ), difficile non vederli mai. A meno che non ci si barrichi nelle oasi per “turisti” di Manhattan.

    Peccato che il Neri non ci racconti della “dark side” della Grande Mela. Essendo abituato all’immondizia sociale di Milano , forse il Male non riesce più nemmeno a vederlo. Ed allora ne è diventato parte.

  11. Neri, bellissimo post =) !

    un solo appunto: milano non e’ certo new york, pero’ se prendi google earth e fai la misurazione in linea d’aria dal fondo di viale certosa fino alla fine di corso lodi sono poco piu’ di 12km, idem dalla fine di viale zara fino al gratosoglio, e dalla fine di forlanini a baggio sono circa 10km.
    dai, non siamo NY ma non siamo poi cosi’ pulci.
    non e’ che noi milanesi siamo un po’ complessati ? ;>

  12. bisogna sempre sempre metterci cattiveria?a me e’piaciuto leggere il post di gianluca;mi ha fatto tenerezza il suo modo cosi ‘entusiasta di descrivere le cose.io non sono mai stata a new york e mi piacerebbe andarci.purtroppo le mie finanze non me lo consentono per ora(mio marito lavora in una fonderia,bimba di 4 anni ed uno in arrivo),ma conto prima o poi di andarci.

  13. Ci sono stato in viaggio di nozze (40 giorni fa) ed è una città davvero splendida, concordo con tutte le cose che hai detto :)

    @margotmood: anche io andrei a viverci tranquillamente, anzi un pensierino ce lo stiamo facendo ;)

  14. Benvenuto nel Club! E vedrai quando ti capiterà di tornarci… io la scorsa estate ci ho portato i figli… ero a NY per la quarta volta, mi davo arie da “locale”, ma ero eccitato di loro!

  15. Ecco, sono uno dei tre che pensa che Tina Fey sia figa. Anzi, per i miei gusti si avvicina pesantemente al concetto di “donna ideale”.

    Come dite? Esteticamente è solo così così? E allora tenetevi Flavia Vento. Io prendo Tina, che almeno sa (far) ridere. E con che stile, cavoli.

  16. sarò pure un figo, chi dice di no?
    ma il mio punto è un altro: su ny ci sono migliaia di resoconti di viaggio in italiano e milioni in inglese.
    e tutti che raccontano sempre le stesse cose, i tassisti, l’empire, central park e la quinta strada, le mance, i negozi 24ore, gli americani grassi, l’aria condizionata a palla, sony&apple, le location dei film e delle serie tv, etc etc. (se volete 50 luoghi comuni faccio in fretta a scriverli).
    ma io dico: non le avete lette, le stesse cose, già scritte da tutti gli altri? cioè, non le avete lette PRIMA di partire, voi che vi reputate più colti e informati e cool di tutti gli altri?
    e allora: non le avevate capite, o cosa le riscrivete a fare?

  17. Uhm… per me Tina Fey sta alla gnocca quanto l’astrologa cartomante di Mediatel sta a Henrietta Leavitt, ma sono gusti.

    Circa poi i tassisti della Grande Mela ci si potrebbe scrivere un libro.

  18. Rachel Maddow tutta la vita allora, sa far ridere e anche pensare

    http://www.airamerica.com/maddow/

    sul raddoppio dei barboni visibili ha inciso molto il sabotaggio del right of shelter garantito loro

    c’è nel locale diritto cittadino che New York si obbliga a dar loro un riparo incondizionato, ma le ultime amministrazioni lo hanno buggerato stancheggiando con la burocrazia e negando il firitto al rifugio dicendo che non c’era posto, che non c’erano le autorizzazioni, i soldi etc..

    una recente sentenza ha condannato la città a pagare i danni e a procedere velocemente nell’ottemperare ai propri doveri.

  19. Io sono il terzo a favore di Tina Fey… quindi siamo al completo.

    PS: Avendo soldi abbastanza per poter vivere in una zona decente ci vivrei eccome. Ma non li ho…

  20. Certo, ce ne sono già a valanghe di libri sui tassisti newyorkesi, ma il primo l’ha scritto mariorossi, quindi tutti quelli successivi sono oggettivamente inutili.
    Peraltro io avevo anche premesso che avrei fatto il turista, come ogni first-timer, nel senso più bieco del temine. E dirò di più: la consapevolezza che qualcuno se ne sarebbe poi uscito con un “cheppalle questi che han visto New York per la prima volta” mi ha fatto godere ancor di più, mentre le facevo, di tutte le cose biecamente turistiche che non possono fare quelli che New York non riescono a godersela più.

    In ogni caso, per cortesia, fate sapere a mariorossi che le piramidi le ho già viste io, quindi lui può tranquillamente saltarle? E la sua ragazza tiene a precisare che siccome d’amore ne ha già scritto il Petrarca, tutte quelle pallosissime lettere può risparmiarsele.

  21. C’è qualcosa che non va: io sarei il quarto che pensa *MOLTO* bene di Tina Fey.
    E comunque non è vero che non si riesca a camminare da Central Park a Battery Park: ci vuole pazienza, curiosità estrema e la serata libera, ma si può fare.
    Comunque a me NY non è piaciuta particolarmente.

  22. Urca, allora rettifico: se ne potrebbe scrivere un altro, di libro, sui tassisti di New York.

  23. Bravo Gianluca, hai scritto molto bene, hai risposto altrettanto bene. N.Y. è meravigliosa e infine CHEPALLE dei Mariorossi.

  24. Andate a viverci, anche un anno solo, e poi capirete perchè tutti i newyorkesi (classi medio-basse) vorrebbero vivere in Italia. Poi, va da sè, coi soldi si sta bene anche nell’ Africa più povera..

  25. @TopoPiperno : qualche ipotesi ce l’ ho , ma andarci a vivere per un anno solo per averne conferma non mi pare la cosa più efficiente di questo mondo. Visto che ci sei potresti spiegarcelo tu .
    Ad ogni modo, personalmente , casomai , più che a NY vorrei vivere a Ginevra .

  26. Io sono a NY e vi ‘posso assicurare che i neri sono euforici e i bianchi piuttosto pallidi.
    Ma qui non si può dire, vero?

    SUPER POLL!

    ps saluti a Gianni, è un mio caro amico, l’ho sentito da poco al telefono…

  27. “Ma dici a me? Ma dici a me? … Ma dici a me? Ehi con chi stai parlando? Dici a me? Eh, Non ci sono che io qui. Di’, ma con chi credi di parlare tu?”

    Naa… Detta da un pakistano non rende…

  28. Mario rossi ti adoro:-
    una voce contro il provincialismo e chi, in altri contesti, fa pure il saputello di turno.

  29. Bentornati Gianluca ed Ilaria,

    quindi non sono l’unico nel club di quelli che sarebbero dovuti andare a New York prima dei trenta.

    Perché è proprio vero che quella città ti cambia per sempre.

    Meglio andarci subito

  30. vorrei capire bene il discorso mance, perché sono tonto e non ci arrivo.
    Dunque, ordino una coca cola. Il barista, con tutta la cortesia possibile, non ne dubito, me la serve. Poi devo pagarla: quale prezzo mi viene richiesto? Quello netto e io autonomamente devo calcolare la mancia e aggiungerla (e qual è la percentuale “giusta”?) oppure un prezzo già comprensivo della mancia?
    Grazie, ciao.

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