Vita da call center

E tu che vita vorresti fare?
Siamo fuori a fumare una sigaretta, un capannello di gente tra i venticinque e i trentacinque anni, ragazzi e ragazze di oggi perchè a trentacinque anni, oggi, sei ancora un ragazzo e non un uomo o una donna come lo erano i nostri genitori.
Cosa ti piacerebbe fare nella vita?
Operatori di call center, un call center “umano” con il team leader ma senza il motivatore, con le performances ma senza il premio aziendale per il miglior operatore, con il contratto a progetto ma con tutte le pause che vuoi purchè nella giornata tu faccia un certo numero di telefonate.
Se potessi scegliere il tuo futuro, come lo vorresti?
A rispondere per prima è Elisabetta trentatre anni, smette di ridere con le compagne e si fa seria, ci pensa un attimo e mi fa “vorrei avere un lavoro part time, quattro ore la mattina ma con un contratto a tempo indeterminato, nel pomeriggio vorrei passeggiare con il mio cane, un giorno vorrei avere dei figli e poterli andare a prendere a scuola, mi piacerebbe anche allevare cani ma non sono sicura che poi riuscirei a venderli. No, mi basterebbe avere una certa serenità economica, un lavoretto tranquillo e una famiglia a cui dedicarmi”.

Il secondo a rispondere è Duccio, trentacinque anni, team leader. “io vorrei vivere in campagna, vorrei lavorare in campagna”. Un agriturismo? “anche no, mi basterebbe anche qualcosa meno, forse un pezzo di terreno da coltivare e qualche animale”
Marta invece, trent’anni, vorrebbe avere una tabaccheria con ricevitoria del lotto. “mi è sempre piaciuta l’idea della ricevitoria che se qualcuno vince qualcosa tocca una percentuale anche a me” figli? Famiglia? “certo, vorrei avere due figli e una ricevitoria”.
Alessandro di anni ne ha ventisette, e tu cosa vorresti fare? “io vorrei soprattutto poter andare a vivere da solo, vorrei vivere da solo e poi vorrei un lavoro che mi permette di viaggiare. Non tanto però, qualche viaggetto ma non troppo lungo ne troppo lontano. Vorrei vivere qui a Firenze ma soprattutto da solo”.
Elena, l’ultima a rispondere, di anni ne ha venticinque. “io vorrei vivere al mare” e che lavoro vorresti fare? “anche quello che faccio, per me il lavoro è un mezzo e non un fine, mi basterebbe vivere in una località di mare e guadagnare qualcosa in più per potermi permettere di vivere da sola”. Famiglia? “non lo so, per adesso non mi interessa”.
Ambizioni modeste, forse ancor più modeste di quelle della generazione precedente, ambizioni che durano il tempo di una sigaretta. Poi si torna dentro. Si torna indietro.

(Visited 289 times, 1 visits today)

50 Commenti

  1. Certo che sono valori individualistici, ma si parlava di aspirazioni lavorative mica di volere cambiare il mondo.
    Trovo che, in ambito lavorativo, aspirare non alla carriera ma alla serenità sia comunque un “valore” da riscoprire.

  2. diamonddog non si parlava solo di lavoro, infatti quasi tutti hanno espresso anche il desiderio di una famiglia.
    Che vita vorresti fare era la domanda.

  3. Bhe, il mio nipotino di 7 anni ha detto che vorrebbe fare la vita del “fannullone”. Che, stringi stringi, mi senbra quello che vorrebbero i “callcenteristi”. Sì perchè lavorare 4 ore al giorno e avere una famiglia se lo può permettere forse il berlusca.
    Mi dispiace, ma più passa il tempo, più mi pare che il mi babbo avesse ragione: “se non hai un culo così, la vita non è per niente comoda”.

  4. Vedi, Facci, a mio parerel e responsabilità del povero (la sua parte di responsabilità, in un quadro nel quale il ricco ha le sue) nella perpetuazione della sofferenza sociale sono quanto di più ignorato e nascosto.

    Nella mia grafomania, ho scritto talvolta a vari quotidiani, a Galimberti, Serra e altri: che non di rado mi hanno publicato se parlo di altro. Ma sul tema”il povero che fa un figlio, fa un nuovo povero” non un “crepa” mi è mai giunto in risposta dalla diciamo pubblicistica ufficiale.

    Che sia un argomento non precisamente di buon gusto locapisco anch’io. Ma le cose stanno così.

    Io penso che se don Abbondio continua tutti i giorni a passare per un viottolo dove invariabilmente ci sono i bravi che lo attendono per angariarlo, i bravi sono degli stronzi, ma don Abbondio è cretino. E questo è il destino del povero, che ulula tutta la vita per un mondo che (è vero) è ingiusto e oppressivo verso chi nasce snza camicia. Poi, però, mete al mondo dei senza camicia lui pure. E aggrappandosi a motivazioni che non spostano la realtà nè le conseguenze delle sue scelte di un millimetro.

    Come ho detto anche nell’intervento sopra, credo che alla base ci sia la sottovalutazione, se non il disprezzo, che il povero ha di sè, introiettato dalla nascita e alimentato dalla sua condizione servile.

  5. Non voglio discutere, Piti, non ti contrappongo niente. E non ho figli. Osservo però esiste una mobilità sociale (poca, in Italia pochissima, è pieno di figli di, ma ce n’è comunque più di quanta ce ne sia mai stata) e che vedere i figli solo come eredi della condizione di ricattati (neoproletariato) è interessante pur essendo un’evoluzione di teorie marziane.
    A colpirmi di più è il concetto poveri=no figli, perchè il problema di non fare figli in questo mondo di merda eccetera è un problema che in genere, paraqdossalmente, si pongono i benestanti. Per il resto, più c’è povertà e più si fanno figli. Ma qui si sconfina in un discorso antropologico.

  6. non mi pare un gran rimedio quello che propone Piti, anche perchè non è evitando la riproduzione dei poveri che si cancella la povertà, prova ne sia che anche quando il mondo era enorme e le risorse sovrabbondanti per gli umani, i poveri esistevanoi l

    o stesso

    …e poi se i poveri si estinguessero, che gusto ci sarebbe ad essere ricchi?
    e le incombenze di merda, chi se le accollerebbe?
    chi andrebbe a fare la guerra?
    a chi si accollerebbero le colpe di tutti i mali del mondo?

    anche la residua possibilità dell’aumento dell’autostima nei poveri provocherebbe enormi sconquassi, non so se vi ricordate cosa è successo in Russia quando i poveri si sono montati la testa e hanno pensato di poter comandare loro ;)

    no, credo che la soluzione, se c’è, vada ricercata altrove, prima che qualcuno proponga di nuovo di sopprimere i ricchi per vedere l’effetto che fa

    :D

  7. Comunque.
    Il corriere domenica ha dato ampio spazio all’hostess Maruska Piredda, ragazza madre di 32 anni oggi assunta a tempo indeterminato all’Alitalia dopo quasi un decennio di precariato. Dopo essere stata immortalata da tutti i giornali a festeggiare l’uscita di scena di Cai, racconta come è stata dura la strada del posto:

    «Lavorando 90, a volte 94 ore mensili, guadagnavo 2.500 euro. Secondo il nuovo contratto, invece, non solo sarei dovuta arrivare a 100 ore ma pure guadagnare di meno».

    Poverina.
    Ma provate a tradurre. 90-94 ore mensili sono 3, a volte 3,1 ore al giorno: per 2.500 euro.
    Poco?
    Oltretutto secondo il nuovo contratto sarebbe arrivata a 3,3, pur guadagnando un po’ meno.

    Si dice tanto dei giornalisti, ma un redattore di prima nomina di euro ne guadagna meno di 1.600 al mese e di ore ne lavora oltre 140.
    Traducendo: 7,12 ore al giorno.

  8. Giusto viscontessa, chiedo venia.
    La sua domanda da call center era un pò più allargata.
    Converrà con me che però la vita ruota attorno al concetto di lavoro anche se ne vorremmo tutti più che volentieri fare a meno andandoci a stravaccare sulle spiagge di bora bora più o meno circondati da donnine (o omini, a seconda).

  9. lo so, FF, che non ti contrapponevi e devo dire che marziane era un refuso niente male. Per il resto, capisco tuttele ragioni che…mi danno torto.

    Però cen’è una di ordine superiore: un povero che fa un figlio, fa un figlio povero.

    E la mobilità sociale, ammesso cheesista, è di poche epoche, di poche persone a costi umani molti pesanti. il fatto è questo. Siete -siamo- poveri? Ok. volete un figlio, due tre, quelliche desiderate oche capitano. Padronissimi. Ma se date certe premesse e date certe risposte alle premesse, le conseguenze sono inevitabilmente quelle che dico io.

    Magari è meglio essere poveri con prole che ceto un meno fregato senza figli. E’ soggettivo.

    Ma che rendere raro il povero valorizzi la sua presenza nel mondo è un fatto. Al mondo c’è un’inflazione peggio di weimar, quella degli umani. La forza della Cina è la possibilità di applivìcare su scala inaudita il ricatto tra minestra e finestra ai suoi poveri, che diventano inconsapevoli kamikaze scagliati contro ilavoratori del resto del mondo. Vivono male e fanno vivere male. Un successone. E tutto a partire da.
    E non mi dite del figlio unico: quando si è oltre un mld il disastro è già accaduto.

  10. Certo Diamond che la nostra vita ruota intorno al lavoro soprattutto quando il lavoro è poco e mal pagato tanto da non lasciare molte altre risorse emotive per pensare a qualcos’altro. La mancanza di ambizioni carrieristiche che tu consideri un valore da riscoprire, non nasce dalla libera scelta di prediligere un tipo di vita più serena ma dalle angosce di un futuro incerto. Una necessità insomma e non una virtù.
    D’altra parte nel nostro paese stiamo assistendo ad un fenomeno davvero interessante, da una parte ci sono i poveri sempre meno interessanti a lottare per vivere in una società più giusta, dall’altra c’è una nuova generazione di imprenditori filantropi. Berlusconi che lavora per noi, la cordata per salvare l’onore italiano dell’Alitalia o Della Valle che a noi a Firenze ci vuol costruire un mega stadio con centro commerciale e museo di arte moderna. Io a volte a pensare a quanto son buoni e generosi questi imprenditori quasi mi commuovo. Quasi.

    Filippo, se mi parli di Maruska dallo studio di Barbarella e Brachino, posso anche capire le tue ragioni ma qui francamente no.
    Una donna con un figlio a carico e nessun altro aiuto,con 2.500 euro al mese non ci campa. Se Maruska dovesse pagarsi un affitto, una baby sitter e un asilo, non gli basterebbero i soldi per arrivare a fine mese. Certo Maruska è una lavoratrice privilegiata rispetto ai lavoratori di un call center che però a loro volta sono privilegiati rispetti a quelli che lavorano al nero che a loro volta lo sono rispetto a coloro che un lavoro manco ce l’hanno, ma ciò non toglie che il mercato del lavoro nel nostro paese è sottopagato rispetto al costo della vita o in alternativa il costo della vita è troppo alto per consentire a chi non può godere di altri aiuti, di crearsi una propria indipendenza economica.

  11. Sono arrivata a Roma un 23 giugno e il 1 di luglio ho iniziato a lavorare in un call center. Accanto a me avevo ragazzi come me per il quale il call center era solo uno stipendio a fine mese, la maggior parte erano madri che lavoravano poche ore e guadagnavano qualcosina in più da portare a casa, persone con altri interessi ( la musica, la scrittura l’impegno). Poi mi sono stufata, è vero è un lavoro altamente stressante, 350 telefonate di media al giorno. E ho cercato un altro lavoro e l’ho trovato. La mia ditta è fallita, ho cercato un altro lavoro e ne ho trovato di nuovo un altro. Un Customer care non più un call center, alta professionalità ma le persone accanto a me erano comunque, ragazzi di 35 anni che vivevano a casa coi genitori e che i 1000 euro guadagnati li spendevano in cose pressoché futili, e madri che portavano qualcosa a casa di più. Io, lontana da casa, coi 1000 euro ne pagavo 450 di affitto+ spese+ etc etc… allora mi sono di nuovo stufata e ho cambiato di nuovo lavoro e città. Sono andata via da Roma per Padova, guadagno di più, abito a 10 minuti dal lavoro (impagabile) certo ho meno cose da fare…ma è tutta salute.
    Se avessi voluto avrei potuto fare che so la cameriera o la barista a Milano o anche a Roma me l’hanno proposto e guadagnare molto di più solo che no, cazzo ho una laurea in filosofia, posso fare un lavoro del genere?? Cazzo sì avrei potuto. Così potevo comprarmi la casa al mare etc…

    So che questo è un discorso probabilmente impopolare, ma è solo la mia esperienza in neanche 10 anni di lavoro.

    Ah adesso faccio un lavoro fighissimo eh, contratto a tempo indeterminato dopo solo un colloquio di lavoro.

  12. Dessisa, è così anche qui dove c’è la stessa tipologia di lavoratori da te descritta.
    Qualcuno poi resta, altri vanno via come hai fatto tu.

  13. Sì viscontessa ma perché resta??? me lo chiedo sempre…e quando chiedo agli amici che sono restati mi dicono che non c’è lavoro in giro….mmmm….

  14. Il noto saggio Amilcare chiede: “A 32 anni sarebbe una ragazza madre?”

    No, no, Amilcare: a 32 anni, se ti nasce un figlio e non hai a portata di mano il papà della creatura ti chiami ‘DONNA ZIA’. O ‘ADOLESCENTE NONNA’.

    Ma che cazzo di domande fai?

  15. dessisa, direi che è fisiologico, non tutti, anche nelle condizioni peggiori (e non parlo di call center) alcuni vanno e altri restano sempre.
    Poi volendo ci sono anche motivi oggettivi, tu hai cambiato città senza problemi per altri cambiare città potrebbe esserlo.

  16. strani i conti di Facci

    voli 90 ore, ma non è che al termine di un volo prendi la metro e vai a casa

    magari sbarchi a Brasilia e torni a Roma dopo un giorno e mezzo, fare i conti sulle ore di volo e indetificare in quello la quantità dell’impegno mi pare sullo stupido andante, i tempi di permanenza in aeroporto, i pernottamenti in giro per il mondo non dovrebbero essere in qualche maniera retribuiti?

    il fatto che tu paragoni il lavoro della hostess a quello di uno seduto al desk per mettere insieme due palle, che alla sera torna a casina e che magari arrotonda con qualche marchetta, mi pare francamente imbarazzante

    come imbarazzante mi pare questa caccia ai “privilegiati”, forse sono fuori di testa io, ma mi pare che ci sia un concerto di ispirazione padronale (vero Facci?) che suona sempre la stessa musica: se non hai un lavoro di merda pagato come quello di un cinese sei “privilegiato”

    Privilegiato un cazzo, verrebbe da dire, le retribuzioni italiani sono tra le peggiori d’Europa e il potere d’acquisto di quelle retribuzioni è in coda alla classifica continentale.

    Stranamente però i lavoratori soo “fannulloni” e privilegiati appena prendono meno di una miseria, seguendo questo metro il redattore di prima nomina a 1600 €, che prende molto di più di un addetto al supermercato che si fa più ore e un culo al cubo, sarebbe da esporre al pubblico ludibrio (let alone lo stipendio di Facci che è un altro discorso ancora)

    Ancora più stranamente quando si osserva che le tariffe e il costo della vita nel nostro paese sono tra i maggiorni in Europa, saltano fuori i faccioni che dicono che è colpa del costo del lavoro (???) e della scarsa produttività di quei cazzoni dei lavoratori italiani.

    Ma dove si raggiunge il top è nel peana continuo degli imprenditori, che vengono da 15 anni di bilanci positivi e guadagni che non hanno spartito con nessuno, ma che hanno pure il coraggio di andare a fare i conti in tasca a chi con 1500 € mantiene una famiglia, mentre allo stesso tempo pretendono tagli ai servizi, alla spesa pubblica, alle tasse (per i ricchi), all’istruzione e a tutto quanto non procuri loro un utile diretto. Anche l’acqua pubblica vogliono comprare a due lire per rivendercela a 100.

    La cartina di tornasole, anche per i più scettici e filo-padronali resta comunque il tema della corruzione. Un vero cancro, diffusa, permeante ogni ambito, ci porta molto lontani dal livello minimo di civiltà continentale.

    Vedi Facci, il fatto che NESSUNO tra media e classe dirigente spenda una sola parola contro questo cancro, dimostra oltre ogni ragionevole dubbio la loro collusione con un sistema che è senza alcun dubbio CRIMINALE.

    Il che ci porta alla conclusione per la quale è più che evidente la complicità interna alle classi dirigenti di questo paese nel lucrare guadagni illeciti alle spalle di chi classe dirigente non è.

    Complicità che si estende al sistema dei media, in particolare di quelli controllati dagli “(im)prenditori”, una realtà che è sotto gli occhi di tutti, ma che non disturba i moralisti a gettone come il povero Facci, che in effetti offre l’impressione di essere pagato per fare il picchiatore al soldo della classe dirigente.

    Vai a lavorare Facci!

    :D

  17. x Dessisa: 450 di affitto a Roma ? Sono reduce da un “soggiorno” romano durante il quale ho incontrato amici disperati che non riuscivano a trovare a meno di 8-900 (parlo di monolocale in periferia…)

  18. Mi fa impazzire che nessuno abbia parlato del fatto che sia nel caso di Alitalia che del giornalismo c’è un esercito di precari che per i famosi 1.600 euro mensili (meritati o meno, Mazzetta dai non rompere i coglioni con paragoni stupidi, mai sentito in nessun altro caso proporre anni di cassa integrazione per dio all’80% dello stipendio) farebbe carte false. Un buon 50% dei quotidiani è scritto da ragazzini inseriti sotto la modalità “collaboratori” pagati a pezzo 10 euro lordi al più. Io intanto faccio la restauratrice da 10 anni e continuo ad avere contratti a tempo determinato, a progetto e via così e arrivo a 1.100 euro mensili. Il mio compagno a 45 anni sta per essere licenziato, responsabile ufficio estero di un’azienda, dopo 15 anni di lavoro e gli hanno offerto al massimo 6 mesi di cassa integrazione. E stì cazzi.

  19. @matilde, non rompevo i coglioni, sono paragoni che non mi appartengono, era solo per far capire a Facci che ha imboccato una strada per la quale si rompe il collo
    Tanto che avevo sorvolato sul cottimo dei giornalisti proprio per non infierire

    Aggiungo che molti commentatori sorvolano sul fatto che il limite delle 900 ore di volo è un limite imposto da considerazioni sanitarie, visto che a lavorare in quota si assorbe una bella quantità di radiazioni ionizzanti, volarne di più significherebbe gravi danni alla salute. L’ambiente di lavoro in questo caso è anche presurizzato e con un microclima pessimo. I giornalisti non sono sottoposti a visite obbligatorie per contollare che non si siano presi un tumore davanti al PC.

    Quello che bisogna assolutamente evitare è di abboccare agli inviti alla guerra tra poveri, non bisogna guardare come “privilegiato” chi non è ancora sotopagato, ma battersi perchè tutti siano pagati a sufficienza per vivere dignitosamente.

    Il fronte (im)prenditoriale è monolotico, dividersi tra salariati è puro autolesionismo, mettersi a invidiare chi prende 500 euro in più e godere se gli tagliano lo stipendio è oltre il tafazzismo

    p.s.
    Tra le righe l’operazione Alitalia-CAI ha un profilo da approfondire nel patrimonio immobiliare (aree e terreni) e nella sua destinazione una volta inglobato nella newco, il rischio di uno scalping come in occasione della cessione di Telecom a Tronchetti è qualcosa di più di un sospetto

  20. Non è una guerra tra poveri, abbi pietà non volevo dire questo nè tantomeno incitarla. La signorina in questione un anno fa aveva firmato un contratto a tempo INdeterminato, roba che in nessun ambiente (per mia esperienza personale) fanno più, manco in banca. Un mio amico è arrivato alla 4° banca non esagero, perchè per legge dopo due contratti a tempo determinato sono costretti a fartene uno indeterminato, beh arrivederci e grazie ovviamente. In altre parole qua non si tratta di mozzicare il pezzente come a me -coi mancherebbe altro- ma di riportare gente stra-fortunata un po’ con i piedi per terra, mi sembra ecco che si sia perso il senso della misura nel caso dei piloti e hostess.

  21. Mazzetta ha fatto due interventi da standing ovation.

    Nè più nè meno.

    Scalda il cuore trovare qualcuno che ancora vede, quando tutti sono impazziti, le cose per come stanno.

    Vibro.
    Non sono solo nell’universo.

  22. matilde, non è lei a essere stra-fortunata, sono gli altri ad essere ultra-sfigati
    che poi andrebbe messa nei termini: lei che ha un contratto normal vs gli altri che hanno contratti da sfruttati senza diritti se non quello di ringraziare per il “posto di lavoro”
    il problema del precariato ho cercato di portarlo all’attenzione (con altri) fin da quando fu chiaro cosa si stava preparando per i lavoratori nel nostro paese, sono anni che battiamo su questo tasto (www.sanprecario.org e siti collegati), che sfiliamo a decine di migliaia per le città europee il I maggio (www.euromayday.org) e che cerchiamo di sostenere le vertenze dei precari, a partire proprio da quelle dei call center

    Chissà com’è pare che esista una conventio ad escludendum per la quale i sindacati si arroccano a difendere i contratti a tempo indeterminato (che sono sempre meno e infatti ormai il nerbo sindacale è nel tesseramento dei pensionati) e -nessun- media va oltre il trafiletto, nemmeno quando più di 100.000 ersone invedono Milano umiliando la robina istituzionale dei sindacati

    Flexicurity, continuità di reddito, reddito sociale, sono temi promossi da anni nell’assoluta indifferenza, salvo trovarci ora con un esercito di precari che guardano -con invidia- a gente che scambiano per privilegiati
    la stessa gente che guardando ai precari teme di fare la stessa fine e manda giù qualsiasi cosa di fronte alla minaccia

    Non è nemmeno questione di destra e di sinistra, perchè se la parte più attiva della sinistra si ferma a chiedere “lavoro”, non importa a quali condizioni, è ovvio che ci si consegna legati mani e piedi a chi vuole comprare il lavoro a prezzi sempre minori, anche a prezzo di grandi e gravi sconvolgimenti sociali

  23. Il punto è proprio il precariato.
    I lavoratori dei call-center sono assurti a simbolo della precarietà. Economica, sociale e privata. Se non hai uno stipendio sicuro, è difficile aspirare ad una casa e fare figli in tranquillità.
    E’ una realtà dovuta che invece ristagna nei sogni, e che dagli stessi viene posticipata ad ipotetici tempi e lavori migliori.
    Questo è solo uno dei lati oscuri della legge Biagi.
    Abbinato alle incertezze sul futuro che incrementano, alla sovrapproduzione di bamboccioni padoaschioppani e alla nascita di nuove tensioni interne alle coppie giovani, a causa di quel senso di progettualità che dovrebbe essere uno dei fuochi che alimenta il rapporto e che invece è ridotto ai minimi termini.
    E allora ci si riduce all’elementare pensierino, al piccolo desideriuccio assimilabile al motorino agognato dal quattordicenne.
    L’altro lato della medaglia-Biagi è che i valori della disoccupazione sono molto vicini ai minimi storici.
    Vabbè, ma che ce ne facciamo di un paese che campa alla giornata?
    Ho 47 anni e un posto “sicuro” da 1400 euro al mese, conquistato vent’anni orsono quand’erano novecentomilalire. Pensate che felicità. Alternando periodi di formichina a quelli di cicala, sono riuscito a comprarmi casa (tasso fisso, cazzo!) e costruirmi quant’altro occorre per un esistenza dignitosa.
    Ma mia figlia, più che essere possibilista sul suo futuro da centenaria, non può fare.
    Non può progettare.

  24. Mio cuggino mio cuggino (per una volta non è una metafora) ha finito la scuola a giugno scorso.
    Mai particolarmente appassionato di studi e impegno, l’intera famiglia già lo vedeva a spasso a manifestare contro le istituzioni fino a 45 anni.

    Un paio d’anni fa conobbe una ragazza che si sta laureando in lingue orientali, una di quelle che non ti da dello scemo perché non ce n’è bisogno, ma che se la ami diventa per te uno sprono e un punto di riferimento per fare quel qualcosa in più che ti fa avere anche la sua stima oltre alle sue prestazioni sessuali.

    Nel giro di due anni, probabilmente per non sentirsi più scemo di lei o magari per altro ma che importa è il risultato che conta, s’è messo a prender sul serio la scuola e s’è portato a casa una maturità che due anni fa i suoi non si sarebbero manco sognati.

    Uscito dalla scuola, per i genitori è partita la naturale preoccupazione sul futuro certo nel call center quando non direttamente al bar.
    Nel frattempo lui mandava decine di lettere e un suo professore (scuola pubblica) mandava il suo nome direttamente alle aziende perché, pare, molto dotato.
    Ci sono scuole (pubbliche) che si occupano di cercare di piazzare quelli che si sono dimostrati capaci e disposti a impegnarsi e che lo fanno bypassando le agenzie interinali ma andando direttamente alle aziende.

    A tre mesi dalla fine della scuola è stato assunto in una azienda di design internazionale, a tempo indeterminato, due mesi di formazione a spese loro e poi via a disegnare caffettiere da 1000 euro e pezzi di aereo in carbonio carboniato.
    Stipendio più che dignitoso (per uno che come esperienza può vantare il nulla se non il fatto che un professore l’ha visto passare da uno che passava i pomeriggi sullo skate a uno che voleva essere all’altezza della sua ragazza) più alto comunque di quello dei suoi genitori che lavorano da mille anni, futuro quasi certo in una delle sedi estere dell’azienda (italiana), vincolo contrattuale a non licenziarsi (lui) per almeno due anni.

    Non ha passato (più) due anni sullo skate perché voleva essere stimato.
    Non si è fatto le vacanze perché non se le poteva(no) permettere e perché voleva dedicare tempo a trovare un lavoro.

    A 19 anni e dopo aver cercato lavoro dal giorno dopo quello della fine della scuola per un totale di non più di tre settimane, lavora a tempo indeterminato nel campo per il quale ha studiato con una discreta quantità di (cit) “interessanti prospettive per il futuro”.

    L’azienda che l’ha assunto si è complimentata con lui per la stima che il suo professore gli ha dimostrato.
    Il professore ha risposto alle urla di gioia e di gratitudine dei suoi genitori dicendo di non aver fatto nulla di speciale, ché loro hanno la possbilità di inserire un certo numero di ‘volenterosi’ negli elenchi di ricerca delle aziende più importanti le quali, quasi sempre, si rivolgono a questi professori per trovare gente sulla quale vale la pena investire e che il loro pargolo lo è.

    Così, una piccola storia italiana di giovani e impresa.

    Ora i possibili finali:

    E’ stato fortunato?
    E’ l’eccezione che conferma la regola?
    E’ un raccomandato?
    O è solo uno che un giorno s’è messo a studiare e che ha saputo essere quello che in ogni fase del percorso gli si chiedeva di essere?

  25. Ti assicuro che non è per invidia che parlo, sono contenta -e lo dico davvero col cuore in mano- per coloro che hanno un contratto a tempo ind. o altre forme di retribuzione che garantiscano un minimo di sicirezza. Però mi sono stancata di sentir dire che non dovrebbe essere così e blabla tutti noi si dovrebbe avere, e i diritti e via dicendo. Non è così che va e non è così che andrà, quindi permettetemi di scazzarmi n’anticchia quando si lamentano persone privilegiate (mi dispiace ripetermi ma nel caso specifico alitalia ritengo di tali si tratti). Non so Viscontessa tu quanto prendi, ma io mi arrabatto con figlio baby sitter e asilo anche senza i 2.500 euro. Non voglio fare la martire, solo mi fa piacere constatare che una con una busta paga così alta abbia le mie stesse esigenze e trovi difficoltà a conciliare tre/cinque ore di lavoro contro le mie otto per la metà della paga. Scusate evidentemente sono un’infame.

  26. Broono, l’hai premesso tu e ti sei risposto da solo, se il più del 50% dei nuovi contratti è a tempo determinato, aka precario, vuol dire che nel suo piccolo un po’ di culo lo ha avuto, i timori dei suoi non erano infondati, ma realistici, buon per lui che per ora sembra aver trovato sbocchi migliori di altri, ma anche se tutti fossero bravi, buoi e belli come lui, la maggior parte di loro finirebbe comunque agli stracci

    @ piti
    pls…mi imbarazzo …

  27. Broono più che altro direi che il caso singolo non interessa nessuno, parliamo di numeri, di statistiche e di probabilità. Anche io ho una zia che ha vinto al superenalotto ma quanti sono quelli che perdono?
    Siccome mia zia ha avuto la tenacia di giocare costantemente possiamo asserire che se uno gioca seriamente al superenaloto alla fine vince?

  28. @ matilde
    NON sono 3/5 ore di lavoro, quelle sono le ore -di volo-
    cioè il tempo -netto- che passano per aria, se volano, chessò, fino a Parigi e ritorno, sono 4 ore di volo, ma tra imbarco, sbarco e il tempo che passa tra l’andata e ritorno, quante ore stanno a disposizione dell’azienda e lontani da casa?
    Pensa quelli che fanno tratte intercontinentali, che si devono smazzare anche i fusi orari e giorni e giorni lontani da casa…veramente efficace la propaganda di Cai e amichetti, mi vien da dire…

    se pensi poi che il figlio lo tiene a Rovigo (dai suoi) e che fa base a Roma…direi che faccia i miracoli la poveretta

  29. Matilde sei una ragazza madre e magari non hai neanche i nonni che ti aiutano? (non so se maruska li abbia, ma era tanto per dire che se oltre al resto devi anche pagare per “intero” un affitto, una baby sitter e l’asilo, con 2.500 euro non ce la fai). E poi dai otto ore di seguito nella tua città sono una cosa, tre/cinque ore di lavoro per atterrare in un’altra città e ripartire il giorno dopo, sono un’altra.

  30. @Mazzetta:

    Quando (e dove) avrei premesso che il 50% dei contratti sono a tempo determinato?

    Per il resto, non ho detto che quella è la ricetta per ‘rialzati italia’ (bleah) ma che quello è un percorso alla fine del quale c’è stata una soluzione.

    Un po’ di culo l’ha avuto?
    Spiace, non credo al culo.
    Per esperienza personale diretta e indiretta.

    In ciascuno dei passi del suo percorso, a parità di elementi a sua disposizione (una scuola meno sfasciata delle altre? Un professore meno idiota di altri? Una azienda guidata da uno che sa quanto ti ritorna da un investimento sul personale? Ad lib) se ci metti altre persone hai un esito diverso.

    Inserire la variante ‘culo’ significa attribuire agli elementi trovati lungo il percorso e non alla capacità di ‘capitalizzarli’ il motivo per cui ad ogni elemento è corrisposto un progresso all’elemento successivo.
    E qui le nostre strade si dividono e io smetto di attribuire al culo non tanto la possibilità di raccontare ai nipoti di un vecchio professore che credeva nel suo lavoro (elemento) quanto quella di aver fatto sua (di mio cugino) la convinzione che senza quella fiducia (nel proprio impegno) (capitalizzazione), culo o non culo tu è in un call center che finirai.

    La maggior parte firebbe comunque agli stracci?
    Mh.
    In base a quale formula?

    @Vis:

    Numeri e statistiche sono un insieme di casi singoli.
    Se non t’interessano i casi singoli, mi sfugge come tu possa attribuire valore alla loro somma.

    O forse stiamo dicendo che sviluppi percorsi passaggi conquiste sconfitte attribuibili a una categoria di persone, sono diversi da quelli attribuibili ai suoi singoli componenti?

    Il parallelo con la zia che vince al superenalotto manco lo considero.
    Io sto parlando e credevo anche voi, di un argomento nel quale la prima variabile fondamentale è la persona, non il caso e la probabilità.

    Fare questo discorso, parlare di lavoro prospettive crisi e opportunità, usando come metro di misura e lente quello del calcolo delle probabilità del superenalotto è possibile solo se lo si fa con quel fare tanto italiano di chi fa sue le vittorie e incolpa il fato, il governo, le ‘istituzioni’ per le sue sconfitte.

    Il discorso del culo là sopra, in sostanza.
    Che è poi la radice del macrodiscorso un po’ più sopra che porta a auspicarsi il fallimento di chi ha avuto più di noi, invece di cercare di arrivare anche noi un gradino più su.
    Quel concetto secondo il quale se tu hai ottenuto un successo in italia, grossa parte del merito va al culo ed essendo culo è una cosa che poteva capitare ‘anche a me’ e potendo capitare ‘anche a me’ non vedo perché non lottare per levarti da dove sei e sedermi io al tuo posto, visto che la differenza è la sedia, non chi ci sta sopra.

    Allora sì, ‘se fossi nato là’ oggi sarei anch’io pilota, perché quel pilota è pilota perché ha avuto il culo di nascere là.
    Allora sì, se avessi incontrato quel professore oggi sarei anch’io designer, perché quel designer è designer perché ha avuto il culo di incontrare quel professore.

    Sfiorati dal dubbio che anche fossi nato là, anche avessi incontrato quel professore, io fancazzista dopo un mese sarei stato scoperto e rispedito al call center?
    Mai, siamo in italia, chi ce la fa ci ha tolto la possibilità di farcela noi.

    Pelo di figa e carro di buoi è ancora più folle del parallelo del superenalotto.
    Io parlavo di stima, di voglia di arrivare a essere guardati con orgoglio, spesso identificati nella persona che si ama.
    L’ho riassunto, mi spiace aver turbato la vena sessista di questo discorso, ma io parlavo d’altro, di qualcosa di un po’ più su del pelo di figa (che pure ha la sua bella importanza), di quel motore interno di ognuno di noi che fa la differenza tra chi fa le cose PRIMA d sapere se le otterrà e di chi le fa SOLO se qualcuno gli garantisce che le avrà.

    I primi generalmente non finiscono agli stracci.
    I secondi passano la vita a piangersi addosso e quando in tv li intervistano dicono che sono agli stracci perché lo stato non c’è.

    Perché i numeri e le statistiche ti portano davanti a quella telecamera sempre quelli, mostrandoti che sono il 100% degli intervistati da quella telecamera?
    Perché gli altri sono a lavorare e non davanti a una telecamera.

    Nuemri e statistiche?
    Ok, ma posso parlare solo della mia esperienza.

    Il 95% di quelli che conosco sono assunti a tempo indeterminato.
    Il 5% che no, ne sono tutti responsabili in qualche modo, in qualche momento della loro vita.

  31. @broono
    mi ero confuso con il post sopra

    quanto al “La maggior parte firebbe comunque agli stracci?
    Mh.
    In base a quale formula?”

    in base a una realtà che è fatte ormai di oltre il 50% di gente impiegata con contratti a termine, a prescindere dalle capacità, dagli studi e dalla voglia di farsi il culo che possono avere

    questi sono dati statistici, tuo cugino,io, te, con le nostre storie personali non siamo statisticamente rilevanti e nemmeno storie esemplari

    se credi ancora alle favolette sul “merito” premiato sei fuori strada, le tendenze negli ultimi anni puntano proprio a far fuori il personale più qualificato ed esperto, semplicemente perchè costa di più e così va il mondo

    con questo non intendo dire che tuo cugino abbia avuto -solo- fortuna, ma comunque che questa sia stata determinante è un dato di fatto, tanto che ha trovato il posto grazie allo sbattimento (gratuito) di un professore come ce ne sarà uno ogni tantissimi

    quando vai contro la statistica il culo c’entra sempre, tuo cugino non fa media, come non fa media chi, come ha ricordato viscontessa, vince alla lotteria

    parlare di casi singoli e renderli esemplari, serve solo ad allontanarsi dalla realtà, che è fatta di grandi numeri, per lo più di segno negativo, che non possono certo essere messi in discussione da qualche esempio positivo

    esempio che non serve nemmeno a concludere che chi non ha avuto gli stessi esiti sia uno sfigato incapace e fannullone, se metà dei contratti sono a tempo determinato è perchè si è costruito un quadro legislativo per il quale conviene alle aziende assumere così e queste ne approfittano fin che possono e anche un po’ più in là

    insisto, dare la colpa alla forza-lavoro per le pessime condizioni contrattuali che sono imposte dalla classe dirigente è tafazzismo puro, quando non sia collateralismo con chi pensa solo, ottusamente, al proprio profitto

  32. Broono l’ultima sul carro di buoi era una battuta anche se non ci avevo messo la faccina sorridente. Ok te la metto adesso:-)))

    Sul resto invece c’è ben poco da riderere perchè tutto il tuo lungo intervento è riassumibile in una sola frase
    “Io sto parlando e credevo anche voi, di un argomento nel quale la prima variabile fondamentale è la persona, non il caso e la probabilità.”.
    ecco proprio no, io non parlavo proprio della singola persona ma di tutte quelle persone che esprimendo lo stesso stato d’animo, rappresentano la collettività o almeno parte di essa. Non si tratta appunto di probabilità o di caso come nell’esempio di tuo cugino, ma di norma, della normalità, di ciò che accade alla collettività.
    Concentrarsi sul caso singolo, sulla persona, sull’individuo come variabile principale del problema, non è corretto.
    Il singolo, anche l’uomo più meritevole, più intelligente e più dotato dell’umanità, ha sempre dovuto fare i conti con la realtà che lo circondava e il contesto nel quale viveva e spesso, ahimè, non è certo uscito vincitore.
    Semplificando si, dì pure che tuo cugino è l’eccezione che conferma la regola tant’è vero che ti sei sentito in dovere di raccontare il suo percorso perchè il suo percorso è eccezionale rispetto alla regola. La cosa triste è che invece dovrebbe sempre essere la regola ma posti per designer in erba (tanto per fare un esempio) c’e n’è uno tutti gli altri son nessuno.

  33. ps

    l’errore è qui:
    “Io sto parlando e credevo anche voi, di un argomento nel quale la prima variabile fondamentale è la persona, non il caso e la probabilità”

    non c’è nessuna variabile, c’è un solo punto fermo che è quello del massimo profitto per chi compra la merce-lavoro
    quelli che ti fanno un contratto a tempo determinato è perchè pensano di guadagnarci, nel caso visto che investono nella formazione del cugino e poi non vogliono perdere l’investimento

    il discorso su statistica e singoli casi non ripeterlo più, oltre ad essere banale e stracotto, si presta ad ingenerare una brutta impressione in chi abbia il caso di leggerlo, se faccio un colloquio per assumere uno che mi dice una cosa del genere, il posto se lo sogna.

  34. Plessus, sul calo della disoccupazione prendi il dato con le molle. Quando il lavoro era stabile avevi 88 occupati pieni e 12 disoccupati per cento persone. Con il turn over del precariato hai 70 persone stabili, 23 che entrano ed escono dal lavoro e 7 disoccupati. Ma la torta non è cresciuta, hanno solo reso più piccole e cattive le fettine tagliate.

    E siccome il lavoro è deputato non a comprarsi uno sfizio, ma a vivere la vita, io credo che sia meglio avere 12 disoccupati, che prima o poi trovano un posto stabile e possono fare progetti anzichè avere 5 disoccupati in meno ogni 100 persone, ma renderne 30 impotenti a ogni possibilità per la loro condizione precaria.

    La precarietà non ha le casue fisiologiche delle oscillazioni produttive. Si fonda sulla possibilità di ricatto.

    Inoltre, la condizione di disoccupato, come fissata dall’ISTAT, è una percezione personale e una espressione lessicale. Se la tizia che non lavora ma cerca lavoro e dichiara al rilevatore la sua speranza, è registrata come disoccupata. Se le stessa tizia, perse le speranze di trovare un lavoro, si dichiara casalinga, non è disoccupata. Ma in concreto non è una condizione migliore.

  35. @Mazzetta:

    Continuano a sfuggirmi un sacco di cose.
    Sarà colpa mia.
    Per esempio ora mi sfugge perché mai io, te, mio cuggino mio cuggino e Vis non siamo statisticamente rilevanti.
    Piaccia o meno il discorso singolo/statistica, quell’è.
    Non è che fa statistica solo chi va a comporre la fetta che risponde alla tua tesi.
    Se tiri fuori una statistica che tratta di occupati/disoccupati, è (anche) di me te mio cuggino e Viss che si sta parlando.
    Altrimenti sei tu che non stai facendo un discorso di statistica ma di ‘molti’ singoli, quelli della fetta della quale tratta questo post.
    E va bene, eh, basta saperlo.

    Inoltre.
    Io non credo a ‘favolette’.
    Tu parli del tuo, la Viss del suo, io del mio.
    Una idea diversa non è necessariamente una favoletta.
    Una idea uguale alla tua non è necessariamente la realtà delle statistiche.
    Pensa quant’è soggettiva la percezione: io se proprio devo pensare a una favoletta, è al mondo delle statistiche che la riferisco.

    Io ti porto la mia esperienza, non ho 12 anni e non leggo i libri di fiabe.
    Ho un discreto numero di anni di lavoro sulle spalle, anni particolari fatti di moltissime esperienze diverse in termini umani e contrattuali, che mi fa credere di aver la possibilità di farmi un’idea non certo netta e granitica, ma scuramente più vicina alla realtà che a una favoletta inventata dalla mia vocina nel cervello.

    Ho fatto pure selezione del personale e, oltre a mettermi le mani nei capelli e ad aver avuto voglia di prendere a calci in culo il 90% di quelli che si presentavano, quello fu esattamente il giorno in cui smisi di legger statistiche e cominciai a prenderli uno per uno per farmi il quadro.
    La differenza tra i due approcci è abissale, poi ciascuno avrà un percorso che gli dimostra quale dei due ti restituisce il quadro più fedele alla realtà.
    Il mio è che tra tutti quelli che si lamentano, ce ne saranno si e no 5 che ne hanno motivo.
    Ma non farò statistica nemmeno in questo caso, lo so, perché sono uno e nemmeno troppo rilevante.
    Ma qui ognuno sta raccontando la propria, non ce n’è uno che ha la visione oggettiva e io faccio esattamente quello che fai tu, che fa la Viss, che fanno gli altri intervenuti.
    O contiamo tutti e nessuno racconta favolette ma solo la propria esperienza, o non conta nessuno e si chiudano i commenti.

    Ultimo.
    Io non do la colpa alla forza-lavoro per le pessime condizioni contrattuali.
    Io dico solo che il guadagno è tale quando c’è per entrambi.
    Lo sai tu, lo sa il tuo datore di lavoro.
    Se sei sostituibile questo discorso non glie lo puoi fare, se hai qualcosa che altri non hanno invece sì.
    Se sì, tu il discorso della reciproca convenienza non solo lo puoi fare, ma lo farai anche con una discreta possibilità di successo.

    Allora la statistica facciamola diversa:
    Quanti sono, in italia, quelli che si possono dire ‘sostituibili’ e quanti no?
    Perché anche nei call center si può diventare indispensabili.
    Certo, bisogna aver fatto qualcosa per diventarlo.
    Quando si avevano 15 anni, quando se ne hanno avuti 25, ieri, oggi.
    Oltre a questo c’è solo il sindacato (auguri) e il risultato che abbiamo sotto gli occhi tutti da 20 anni a questa parte, o il voto alla madonna per chi ci crede.

    “il discorso su statistica e singoli casi non ripeterlo più”

    Non l’ho fatto io.
    Io ho detto la mia, mi è stato detto di tornare nei binari della statistica e ho risposto.
    Ora mi si dice che se lo faccio sono banale.
    Poi?
    Un caffé?
    Vi lavo l’auto?

    “se faccio un colloquio per assumere uno che mi dice una cosa del genere, il posto se lo sogna.”

    Personalmente non mi sono mai alzato da un tavolo di trattativa con la faccia di chi non aveva ottenuto quello che voleva, quindi non lanciarti in previsioni azzardate, potresti tranquillamente essere uno di quelli che mi ha detto sì.
    Statisticamente, dico.

    @Viss:

    “ma di tutte quelle persone che esprimendo lo stesso stato d’animo, rappresentano la collettività o almeno parte di essa”

    Appunto, una parte di essa.
    La differenza la fa la dimensione che ciascuno da a quella parte e il parametro che usa per dargliela.
    Io per esempio mai userei lo stato d’animo espresso per valutare.
    Altrimenti si finisce in quella statistica là, quella dei disoccupati che si lamentano un sacco di non arrivare a fine mese e poi la GdO vende tv al plasma a 60 euro di rata al mese a camionate ogni giorno.
    Io non ce l’ho il tv al plasma, tutti quelli che conosco che si lamentano sì.
    Vai a sapere dove stia la realtà e dove lo stato d’animo.

    “Il singolo, anche l’uomo più meritevole, più intelligente e più dotato dell’umanità, ha sempre dovuto fare i conti con la realtà che lo circondava e il contesto nel quale viveva e spesso, ahimè, non è certo uscito vincitore.”

    Innegabile, ovvio.
    La differenza tra me e te (voi) è che io distinguo le persone in base a come hanno reagito a quel contesto e non in base a chi ci si è ritrovato e chi no.

    “tant’è vero che ti sei sentito in dovere di raccontare il suo percorso perchè il suo percorso è eccezionale rispetto alla regola”

    Questa è una tua interpretazione.
    Io non mi sono in sentito in dovere proprio di nulla.
    Ho raccontato quella vicenda perché per me quella vicenda fa ‘statistica’ visto che, come risposto a richiesta, il 95% delle persone che conosco sono assunte regolarmente e a tempo indeterminato.
    ne ho raccontata una perché non mi pare sia il caso di star qui a dirle tutte e trecento.
    Ma se serve lo faccio, eh.

    Che mi sia sentito in dovere e che l’abbia fatto PROPRIO perché eccezione è una tua interpretazione che devi dare al mio commento per farlo entrare tra quelli che danno ragione al tuo.
    Libera, ma definiscila tale, non dire perché io abbia detto una cosa quando sono trentaseimila righe che affermo il contrario.
    Ho persino messo i possibili fnali (tra i quali l’eccezione) proprio per indirizzare chi ha letto verso la tesi che quello che intendevo io certo non era tra quelli ma era l’ultimo.

    Dai su.

    (ok per la battuta, ci metto anch’io la faccina :) è che qui il discorso femmine/masculi è sempre dietro l’angolo e quindi uno ormai lo prende per scatenato, quando lo intravede)

  36. Quando ero all’asilo da grande avrei voluto fare il taxista!!!!Ho ancora il disegno! E poi volevo vivere in una casa fatta di monete d’oro….ora il mio sogno è essere ricco ed avere un lavoro che mi permetta di fare viaggi durante l’anno….viaggi in moto….troppo figo..

  37. Pregiudizi, Broono, nessuno di quelli che ha risposto alla mia domanda si è lamentato, mi ha solo detto quale gli piacerebbe fosse la sua vita. Vuoi che ti dica che sono contenta di sapere che le ambizioni della nuova generazione sono più modeste di quelle che l’hanno preceduta? é mai successo che i figli ambissero ad una vita più modesta di quella dei padri?
    Poi che ti devo dire, il 95% delle persone che frequento io fuori dal lavoro, sono ricchi, belli, appagati, professionalmente soddisfatti e ce l’hanno pure lungo ma temo che dipenda più dalle persone dalle quali amo circondarmi che non dall’alta percentuale dei belli, ricchi e famosi da cui è composta la nostra società.
    O forse dipende dall’età, dal fatto che frequento più facilmente i padri della nuova generazione da call center piuttosto che i figli.
    (ps. per la precisione, quella sulla lunghezza era una battuta:-)

  38. Ciao amori,
    mi stavo giusto suicidando davanti alla foto di Brunetta.
    Toh! Bang.
    Iconoclastia!!!

  39. …. o le ambizioni della mia generazione. Noi si voleva ancora il Principe Azzurro come le nostre madri ma lo si voleva anche ben dotato:-))))

I commenti sono bloccati.