I know my chicken

Devo ammettere che non condivido
affatto il catastrofismo con il quale si fa informazione nel nostro
paese, soprattutto in un momento delicato come questo nel quale basta
davvero un niente per accendere la scintilla della polemica. Inutile
rammentare a tal proposito a quali gravissime conseguenze ci ha
condotto la notizia dell’arresto della Presidente del Consiglio della Regione
Campania la cui unica colpevolezza accertata è quella di
essere cattolica, reato, per altro, depenalizzato bilateralmente da
tutte le forze politiche.

Ma la notizia di oggi e la
strumentalizzazione che ancora una volta se ne è fatta, se è
possibile è ancora più vergognosa. Dopo il pane, la
pasta, il manzo, le zucchine e persino il caviale Beluga e il Foie
Gras, anche il pollo quest’oggi è sceso sui banchi del
supermercato con un prezzo maggiorato rispetto a ieri. Già
protagonista della scorsa stagione per una brutta storia di influenza
importata illegalmente dalla Cina, a questa nuova presa di posizione
del pollo si è immediatamente attribuita la responsabilità
del definitivo cambiamento delle abitudini alimentari degli italiani,
circostanza che, così fosse, porterebbe con se tutte le
gravissime conseguenze legate alla politica comunitaria della
Puttanesca Docg portata avanti dal nostro paese in questi anni. E
non solo, basti pensare a cosa ne sarebbe di personaggi dello
spessore di Antonella Clerici costretta ad accontentarsi di condurre
trasmissioni come La prova del Cuoco, con robuste massaie ungheresi
alla prese con la preparazione del Gulasch o ancora di un David
Mengaggi errabondo per i Sabati del Villaggio in amene località
del Kazakistan invitato ad assaggiare la tipica zuppa del luogo
preparata con montone selvatico e tuberi di montagna.

Fortunatamente però noi non
viviamo in un paese del terzo mondo che non può permettersi di
mantenere più di due politici per volta, nella nostra bella
Italia, ed è doveroso sottolinearlo, possiamo contare un
sistema assistenzialistico in grado di garantire una capillare
copertura istituzionale in qualsiasi momento, tanto che anche in
condizioni come quelle attuali è già pronta la
convocazione per gli allevatori dei polli da parte del Garante dei
Prezzi il quale, seguendo un iter ormai ben consolidato, chiederà
agli allevatori perchè hanno aumentato il prezzo del pollame.

Loro risponderanno perchè sono
aumentati i prezzi delle materie prime, lui cercherà di
convincerli ad abbassarlo, loro risponderanno “ma che siamo sempre
i più polli degli altri? Aumentano tutti e noi?” alla quale
obiezione il nostro Garante dei Prezzi non potrà che
rispondere “vabbè però dai non esagerate e magari, se
si può fare, tanto per far contenti i bambini che ci piacciono
tanto agli italiani, non  potreste andare incontro alle famiglie
offrendo il pollo a prezzo politico magari un giorno alla settimana
dalle sette alle otto?”

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13 Commenti

  1. “David Mengaggi errabondo per i Sabati del Villaggio in amene località”
    Anagrammare il predicato verbale sostituendo la “e” con una “s” …

  2. La moglie di Mastella non é la presidente della Regione Campania ma la (ex) presidente del Consiglio Regionale della Regione medesima.
    A Bassolino non é stato (ancora?) notificato nessun mandato d’arresto.

  3. Io invece considero l’italia un paese del terzo mondo, la naturale estensione dell’africa.

  4. …questa scusa degli aumenti delle materie prime ormai ha fatto il suo corso…e poi se si continua ad abusarne non ci crederanno più nemmeno i “polli”.

    Domanda: ma chi vende le materie prime, che scusa utilizza ???

  5. Hinoki84 non è importante risolvere un problema, l’importante è nominare qualcuno che si occupi di osservare il problema per dare la sensazione che qualcuno se ne occupi.

  6. secondo me, tutta la faccenda del calo del potere d’acquisto è stata presa dal lato sbagliato. Non da Viss, intendo, ma dall’opinione pubblica. La quale è stata capziosamente ammaestrata dalla solita comunicazione cialtrona. Il punto non è l’aumento dei prezzi: fenomeno verificatosi più o meno sempre, e non di rado con intensità molto maggiore di quella recente. Fra i ’70 e gli ’80 si viaggiava fissi intorno al 20% di inflazione annua, per dire: eppure, una contrazione del potere d’acquisto così evidente come quella attuale non si verificò. La stessa introduzione dell’euro ha pesato, sì, ma nemmeno tanto quanto viene accusata solitamente.

    Il punto è che il livello dei nostri prezzi è sostanzialmente europeo, con alcune particolarità (economici i nostri treni, cara l’autostrada), ma insomma siamo circa lì.

    E’ il livello dei salari (perdona, Viss, l’iterazione!) che è scandalosamente basso, come media geberale in confronto agli altri Paesi del nostro continente.

    Si è partiti da un assunto folle e disonesto: che si potessero controllare i prezzi.

    Su tale base chiaramente irrealistica si è instaurata una politica che, dal battage anti scala mobile (abolita con il nostro voto) agli accordi del ’93 incentrati sulla moderazione salariale “sine die”, ove addirittura passò il concetto di rinnovi basati sull’inflazione “programmata”, dagli interventi su molti contratti di lavoro che cancellavano o limitavano gli scatti di anzianità fino all’abominio del precariato come forma usuale di rapporto di lavoro, ci ha portati al punto attuale. Giorno dopo giorno, fregatura dopo fregatura, limatura salariale dopo limatura salariale. E il bello deve ancora arrivare: mi riferisco a quando cominceranno fra un po’ di anni a pensionarsi quanti hanno la pensione calcolata con il sistema contributivo.

    L’assunto di base, la stabilità assoluta dei prezzi, è una solenne cazzata, non solo osservandone l’andamento storico, ma anche tenendo conto che – apartire dal petrolio- molti prezzi si formano in modi e luoghi e per ragioni fuori dal controllo del più potente mister prezzi che si possa immaginare.

    Va aggiutno a mio parere, che questa situazione, sebbene partita non men di quindici anni fa, è stata nascosta dal particolare tessuto sociale italiano. Esso è fatto di famiglia che avevano una fortissima propensione al risparmio, e quindi potevan contare spesso su un gruzzolo accumulato, sulla solidarieta intergenerazionale per cui si tengono i figli in casa fino a 35 anni e li si aiuta in misura decisiva se escono.

    Da ultimo, la clamorosa crisi della natalità (cosa che ritengo positiva, sostanzialmente, ma per altre ragioni) ha contribuito a mascherare questo attacco ai salari, dato che sempre meno chi lavora ha più di un figlio, al massimo due da mantenere.

    Ci si è mangiati la dote, in sostanza, e qusto se da una parte ha aiutato a vivere, ha nascosto per anni ciò che in realtà stava già succedendo.

    Adesso è solo iniziato il redde rationem di quelle scelte.

    Scusate se vi ho fatto due maroni.

  7. @Piti
    parte di questo tuo lungo ragionamento lo confermerebbe qualsiasi straniero (senza appoggi famigliari) di stanza in Italia per lavorare.
    Anzi, nel bene e nel male, ci si arriva dopo una settimana.
    Il sistema famiglia ha spostato in modo abnorme i rincari sulla parte della popolazione non possedente ai fini di perpetuarsi. Esempio clamoroso gli affitti.
    Mentre Cofferati&Co facevano spallucce.

  8. Gli ho telefonato, ma c’erano solo la moglie e la figlia, donna Tariffa e miss Bolletta. E il cane Spicciolo.

    Comunque, potrei andare avanti ancora tre giorni a scavare su questa cosa, prezzi salari pensioni, ma ho pietà di voi e mi taccio ;-)

  9. Anzi no, un po’ vi tedio.

    Vado in ordine sparso.

    La situazione creatasi, che mi colpisce profondamente, perchè è un caso, credo, in Occidente, di regresso netto in termini economici delle (ehm) masse, ha dei fondamenti teorici pazzeschi.

    L’idea macoreconomica alla base è questa: per fermare l’inflazione fermiamo i salari, così quando le famiglie non avranno più soldi a sufficienza per i consumi, i prezzi dovranno per forza stopparsi.
    Queste è il punto molto teorico di partenza.

    Faccio notare due cose:
    1) non si distingue, in questa strategia, che fu pensata e poi attuata 15 anni fa circa, fra beni a domanda elastica e beni a domanda rigida. Se il mio salario si ferma è probabile che io rinunci a cose inutili, le più sensibili allla relazione fra redditi e prezzi (non calcolo per brevità gli effetti della pubblicità). ma per ciò che è indispensabile non posso arrestarmi nemmeno davanti a un blocco salariale. Se ho male ai denti e non ho i soldi per curarmi, farò un debito, ma dal dentista ci vado. E quindi il legame fra blocco dei salari e blocco dei prezzi, almeno parzialmente, salta. A danno dei salariati, ovviamente.
    2) in generale, ipotizzare una stabilità dei prezzi derivante da un blocco dei salari è lievemente mostruoso anche se per ipotessi arrivasse agli effetti voluti: perchè postula che si arrivi alla ferma dei consumi, cioè al disagio, davanti al quale chi vende deve farsene una ragione e fare un passo indietro. magari funzione, ma prima deve uscire il sangue.
    E’ come se metti due pugili l’uno contro l’altro sul ring. A uno leghi le mani, all’altro no e poi sostieni che quello mani libere prima o poi smetterà di menare perchè quello legato sarà al tappeto, sfatto e in poltiglia. Può darsi che vada così, ma intanto quello legato è andato in poltiglia.

    Anni fa, direi circa nel 1994,ebbi una rissa epistolare con quello stronzo di innocenzo cipolletta, allora segretario di confindustria. Scrisse sul sole24 ore che una riduzine del potere d’acquisto dei salari portava di fatto alla conseguenza che i lavoratori spesso diventavano più ricchi, perchè diminuivano i consumi in quantità e qualità: dall’iper al discount, dalla macchina alla bici e così via. E terminava con il chiaro tono di chi considerava un favore pagare male i lavoratori, per le ragioni sopraesposte. Con una classe dirigente del genere, la fine nella quale è precipitato il Paese era nota. Lasciamo stare l’euro e mister prezzi, per carità, che sono pietose finte di occuparsi di una cosa che altrove e da tempo è stata smaccatamente voluta così.

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