Waltraud Meier

Diciamo la verità: i teatri sono pieni di racchie.
Un concerto di musica classica è l’ultimo luogo della Terra in cui andare a beccar femmine. Possono fare eccezione certe serate scaligere o che siano comunque inquadrate in grandi teatri che siano cartolina di se stessi, e dunque abbondino di turiste esuberanti e di fanciulle mediamente decerebrate a cui la musica interessi poco. Stiamo parlando della regola e non dell’eccezione, e il discorso vale ovviamente anche per gli uomini.
I teatri sono pieni di racchie per molte ragioni.


Alcune ragioni sono ovvie: sono luoghi spesso di tradizione, tappa periodica di famiglie medio o alto
borghesi che abitano palazzi con scale ben spazzolate e piante profumate fuori dalla porta e perbenismi da scuola privata con le suore cattive, ci si veste in maniera incolore e triste e sformata e vetusta, da zia americana, intravedi ragazzine che hanno sempre scarpette e fiocchi e occhialetti terribili e che sono strette tra i genitori come ladre tra i gendarmi.

Le mogli hanno capigliature vaporose e gioielli che sembrano quelli delle televendite. I mariti hanno l’appeal di certi vecchi professori di matematica. Molti anziani hanno da prodigarsi per celare il rumore delle dentiere durante gli Adagio.
E non è cattiveria: è così.
Non aiutano certe atmosfere illuminate al neon (non la Scala, ma la sala Verdi del Conservatorio in questo è il peggio) e tantomeno aiuta l’età media degli spettatori. E’ così.

Tutto questo vale anche per musiciste e musicisti. Nel loro vestire convivono sobrietà e pacchianeria. Certi vestiti neri e sbracciati trasformano le ventenni in signorotte ed esaltano i rotolini di grasso delle più anziane. Le scarpe lucide degli uomini sembrano quelle (finte) che a Napoli indossano i morti. Sicchè la violinista che non sia mostruosa (è quasi sempre una violinista o una violista) lascia galoppare oltremodo la tua fantasia, e ogni volta sembra che lei guardi proprio te. Ti immagini che cosa possa nascondersi dietro il trucco leggero e la pettinatura da collegio.

Ad alti livelli cambia tutto. E niente. Il bizzarro violinista Nigel Kennedy veste tra il dark e il punk, ma non passerà alla storia per le sue scelte interpretative. C’era poi una violinista, Linda Brava, che veste e si trucca come una coniglietta di Playboy.
Però poi al cospetto di interpreti pur bellissime e che pure lasceranno il segno (si pensi a Victoria Mullova e soprattutto ad Anne Sophie Mutter) riecco d’incanto ritrarsi ogni belletto, ogni accento o accenno di modernità, come se l’esteriorità fosse un’offensivo sovrappiù che non vada esibito da chi detenga il dono fatale del talento, come se ogni richiamo alla seduzione stonasse con l’elevazione a cui la musica ci richiama ogni volta, severamente.
Come se nel volto e nel corpo delle donne vi fosse un qualcosa che dietro a una spiccata sensualità ti costringesse talvolta a presumere una spiritualità inversamente proporzionale. E questo è un puro pregiudizio, non ha fondamento scientifico: ma ci pigli quasi sempre. Forse è giusto così.
Cosicchè i teatri sono sempre stati pieni di racchie.

Ma ora è cambiato tutto.
La pianista Helene Grimaud è da rotocalco, la cantante Anna Netrebko posa in foto sexy. Ma nel ruolo di Isolde, questa sera alla Scala, c’è la donna che a lungo, secondo canoni ormai vetusti, ho considerato la più affascinante e inquietante del mondo. La vidi nello stesso ruolo a Bayern, anni fa: e sono anni passati anche per lei. Decisamente passati.
La bellezza ora è un requisito assoluto, e questa sera è speciale, forse, anche perché un’epoca ci saluta.

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9 Commenti

  1. Giorgia,
    il Maestromanzi(che tanto somiglia a tanto..) crede di spaventarci con l’Accademia della Crusca.
    Mi sa che ancora che non ha capito niente.
    ah ah ah

  2. Abbocco anch’io al fa del soprano.

    C’è il “fai, fa, fa’” dell’Accademia della Crusca,
    e il “fà” dell’Accademia Morosita (che si scoccia).

    Poi c’é “il” soprano dell’Accademia Giorgia (che non ammette discussione).

    Ma se il ruolo di soprano è femminile, perché premettere l’articolo maschile?
    “La” soprano, non va bene?
    E perché non “la soprana?”.
    Illuminatemi, o voi delle Accademie!

  3. Sandra,
    il cui cognome è un invito a che (tutto)scorra, sono contenta che tu abbia recepito il messaggio ossia che con certe regolette all’apparenza controverse e con certi segni diacritici si fa il che ca… vuole poiché nei blog e similia spesso si scrive di fretta, ci si “scoccia”, e nessuno deve dimostrare niente a nessuno(tranne se provocato bellamente;). Certo se uno scrive sbagliando perché ne è convinto e comincia a scrivere con i simboletti degli adolescenti ttvvbb, tv1kdb, mi manki1c e con i punti interrogativi a ” vola, vola, farfallina” o si iscrive al Forum dell’Accademia, appunto, e diventiamo tutti più contenti, oppure, in extremis, ci si rivolge alla buonanima di cui sopra, o si va dallo psichiatra per deliri paranoici e regressione alla fase orale.

  4. Per Sandra : il soprano è un registro vocale.

    Lunga citazione: “Soprano era in origine aggettivo, disceso da un latino volgare superanus, poi contratto in supranus, da super, sopra. Alla lettera, che sta sopra, superiore. “Vídil seder sopra il grado soprano”, dice Dante dell’angelo che siede sul gradino piú alto della porta del Purgatorio. Vive ancora nell’uso letterario; per esempio, leggiamo nell’Innocente di D’Annunzio: “Attinsero le altezze soprane”, cioè le massime altezze; e s’incontra in qualche topònimo per indicare una località situata in posizione dominante rispetto ad altra località omonima: Vezzano Soprano, Petralía Soprana, in opposizione a sottano (da un latino volgare subtanus, da subtus, sotto, donde anche il femminile sottana, propriamente “veste che si mette sotto un’altra veste”). Aggiungerò che da soprano si fece la variante sovrano, cosí come da sopra si era fatto sovra, e si usò come aggettivo (“Omero, poeta sovrano”, Dante) e come sostantivo, nel significato di re, di monarca (propriamente, colui che sta sopra gli altri, che ha il piú alto potere).
    Nel Seicento si passò dall’aggettivo al sostantivo, e si chiamò maschilmente soprano (ma propriamente “canto o registro soprano”) la voce umana di piú alto registro, quella che è propria delle donne e dei fanciulli, ma che un tempo era anche degli uomini, i quali la ottenevano con i noti mezzi inumani o anche mediante il cosiddetto falsetto. In seguito questo sostantivo, ripeto solo maschile, si adattò anche alla persona dotata di tal voce, donna, uomo o ragazzo che fosse. E di qui nasce l’incertezza, che ancora sussiste, sul genere di questo sostantivo oggi che i soprani maschi non esistono piú. Non mi par dubbio, però, che l’unico uso corretto sia il soprano, al maschile, anche con riferimento a donna; nel plurale, i soprani. Un esempio del D’Annunzio: “Tilde era un primo soprano non molto giovane”; nel linguaggio dei critici musicali piú vigilati questa forma maschile è poi quella generalmente rispettata. Diremo perciò “il celebre soprano Maria Caniglia”, “Questa ragazza diverrà un ottimo soprano”. Dire, come correntemente spesso si dice, la soprano, una soprano, e nel plurale le soprano, mi pare francamente un abuso, che consiglierei di evitare. Va da sé che la stessa regola dovrà valere per il mezzosoprano, plurale i mezzosoprani, e anche per il contralto (“Il celebre contralto Marietta Alboni”), che farà nel plurale i contralti.» (Aldo Gabrielli, Si dice o non si dice, Milano, Mondadori, 1976, pp. 87-88.)”

    Al posto di “noti mezzi inumani” si legga: “castrazione”.

    Per Morosita: la mia era una citazione del Don Giovanni, dalla scena in cui Don Giovanni, seccato da Leporello che gli rinfaccia la violenza contro Donn’Anna, lo minaccia…
    Ma la mia voleva essere una minaccia bonaria e burlesca. :)

    P.S. il forum dell’Accademia della Crusca è interessante, anche se “Non è mai troppo tardi” manca di beneducazione.

  5. @ Bebop:
    OK, il soprano è un registro vocale, che prima di inumani trattamenti era maschile e femminile (ho letto “castrazione” come “taglio delle palle”, ma io sono zotica! ;-)

    Quando però dici:

    “Non mi par dubbio, però, che l’unico uso corretto sia il soprano, al maschile, anche con riferimento a donna; nel plurale, i soprani”
    tocchi un tasto su cui mi arrovello da tempo.

    Cerco di spiegarmi: se “il” soprano” è sempre femmina, come vedi l’assessore, il ministro, l’ingegnere, il prefetto?

    “L’assessore alla cultura e il sindaco avranno un figlio” (uhmmmm, chi partorirà?)

    “Il prefetto arriva in visita nella nostra città, regaliamogli una cravatta” (e magari è una gentile signora tutta cotonata)

    Dirai che: “il soprano è incinta” si capisce benissimo, ma ti confesserò che preferirei “la soprana/soprano è incinta”.

    Ma questa è un’impressione personalissima.
    Io penso che una lingua viva come la nostra, dovrebbe adeguarsi e superare desuete consuetudini; e se a ingegnere, sindaco, ministro (e soprano) è stato finora premesso l’articolo maschile, dovrebbe essere il momento di cambiare.

    Ma io sono ignorante!
    Ciao.
    PS: trovo curioso che si parli di lingua e identità di genere in coda a un post di FF sulle racchie dei teatri! :-)

  6. Per Sandra:
    il mio parere, puramente estetico, è che certe parole suonino male. “La ministra” è l’esempio che mi sembra più significativo; credo che sia semplicemente orribile. E quanto suona involontariamente comica la parola “architetta”?

    Gli esempi che fai sono divertenti, ma abbiamo veramente bisogno di creare dei “mostri sonori” per aumentare la chiarezza di una frase?

    Se volessi essere galante direi: “Il prefetto, la dottoressa XY, arriverà in visita nella nostra città. Offriamole un mazzo di fiori!”

    Ma il mio è un discorso vano: se si imporrà nell’uso il sostantivo “ministra”, non potrò far altro che oppormi, piccolo giapponese di Iwo Jima.
    E non per una retrograda e misogina Weltanschauung, ma per amore della bellezza e della musicalità dell’Italiano.

  7. Io, Facci, ti amo da quando ti incontrato negli ascensori di mediatest e tu mi chiedesti: “Cosa c’è al 6° piano?”.
    Se non sei fidanzatao, sarebbe perfetto se noi due si iniziasse una liaison dangereuse!

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