Non telecomando a dire

Macchianera TV on early 60'sLa premessa è che non vi sarà alcuna traccia di gossip, in questo post. Nemmeno un’ombra di serie americane o reality show, promesso. La notizia, invece, è che tocca di nuovo parlare di televisione. Cioè, chiariamo: io eviterei ma, a giudicare da qualche intervento di persone che stimo, come Riccardo Orioles qui, e numerosi altri provenienti in genere da commentatori anonimi molto meno stimabili, direi che è venuto il momento di chiarire che cosa intendiamo quando diciamo “televisione”. O, per lo meno, quel che intendo io le volte in cui faccio oggetto di burla chi sostiene di “avere preso a colpi d’ascia la propria tv, e d’altra parte, vuoi mettere un bel libro?” e fungo da consapevole bersaglio per quel tipo di commenti.
Scrive, Riccardo:

Scusa Gian, ma cosi non mi piace. Non me ne importa granché di Luca Sofri, dell’Isola dei Famosi e di tutto il resto. Non per moralismo o per politica, ma perché è noioso. Perché dobbiamo per forza entrare anche noialtri, che siamo persone vere, nel mondo di cartapesta in cui vivono loro?.

Premesso che se muore il Sansone Luca Sofri, il sottoscritto resta sotto le macerie come un qualsiasi filisteo, va innanzitutto chiarito che anche il teatro è un mondo di cartapesta, forse ancora più del cinema o della tv. Eppure nessun essere senziente si sogna di affermare che per questo motivo è noioso. Che per questo motivo non ci vuole entrare. Che per questo motivo lui è una persona vera, e gli attori no. O gli spettatori no.
Il teatro, così come qualsiasi altro mezzo di comunicazione – tubo catodico compreso -, può essere di cartapesta quando intende intrattenere, reale quando ha il fine di informare, esagerato quando – è il caso della satira – l’intenzione è quella di intrattenere “e” informare. Epperò non tutto il teatro può essere papabile di un posto in cartellone tra le scemenze proposte dal Teatro Manzoni, così come non tutto può essere Marco Paolini. Oppure prendiamo atto che non ci siamo mossi di un passo dall’idea che gli intellettuali abbiano il compito di educare il popolo (anche con la forza, se è il fine è giusto e il bene collettivo), e imponiamo Paolini a quelli che acquistano il carnet annuale dei musical della Cuccarini: non sono convinto che i risultati ottenuti faranno scuola. Sono invece dell’idea che, per quanto possa risultare arduo persino ipotizzarne l’esistenza, vada considerata la possibilità che vivano allo stato brado persino rari esemplari che vanno a vedere entrambi, ballano un giorno e s’indignano l’altro, e quando si guardano allo specchio la mattina riescono a non vedere riflessa alcuna traccia di idiozia. Improbabile, lo ammetto, ma la legge dei grandi numeri ci impone di non escludere a priori questa eventualità.

Quando io parlo di televisione, generalizzo così come ho appena fatto con il teatro, ed esattamente come potrei fare con un libro. “Vuoi mettere un bel libro?”, si dice, e certo che ce lo voglio mettere. Dipende da libro e libro. Dipende da che cosa intendo io per “bello” e cosa no. Dipende da che cosa intendi tu. Ma non è che perché vengono dati alle stampe gli inutili tomi natalizi di Bruno Vespa, allora nei miei deliri alla Farenheit 451 devo per forza desiderare di vedere inghiottito dalle fiamme anche “Il giovane Holden”. Che poi: io non ce lo farei, il falò, con i libri di Vespa. Uno può decidere di leggerlo perché gli piace (gente, che facciamo, siamo di sinistra quando pretendiamo che nessuno si metta a sindacare su ciò che si fa sotto le coperte, e diventiamo di destra quando si tratta di giudicare quel che si legge sotto l’ombrellone?), o perché – per dire – non gli piace e vuol sapere che faccia ha il nemico (nel caso di Vespa in particolare, ci riuscirete solo unendo i punti neri dall’1 al 51).
Esagero: il falò non lo farei nemmeno con quelli di Del Debbio, se ne scrivesse. Anzi: che ne scriva, se glieli pubblicano e, soprattutto, se glieli comprano. Riesco a convivere quasi serenamente con l’idea che qualcuno, sul mio stesso pianeta, possa ricavare piacere dalla lettura del più grande paraculo dai tempi di San Pietro, e persino che se ne possa discutere, se – come mi pare succeda senza particolari problemi – mi è concessa la facoltà di esimermi dal farlo quando non ne ho voglia.

Chi dice “io non guardo mai la tv” è, semplicemente, un cretino. Allo stesso modo di quando si prende per i fondelli e si fa passare per cretino uno che dichiara “io non ho mai letto un libro”.

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38 Commenti

  1. E infatti, avevo avuto l’impressione che quando dicevo di non avere mai letto un libro (non per intero intendo, ma questa è storia lunga da spiegare) che mi si guardasse malino. Naturalmente adesso mi guarderò dal dire che la TV la guardo pochissimo, pur benedicendo certe versioni “On demand” tipo RaiClick.

    PS: A rischio d’accusa di spam, swegnalo: oggi alle 9.45 su RadioNation proviamo a fare “Novequarantacinque” puntata sperimentale, se possiate, siateci. (Se non si inchioda il PC di casa).

  2. Riassumendo.
    Questo è un blog, almeno limitatamente ai post scritti da Gianluca Neri, che parla delle cose che piacciono ed interessano a Gianluca Neri.

    Insieme a tante altre cose a Neri piacciono i reality, si diverte a guardarli, a commentarli e, in senso generale mi pare che lo divertano.

    Alcuni commentatori non gradiscono questo fatto, altri lo gradiscono.

    Invece di fare il post periodo sulla difesa della Televisione e del fatto che qui se ne parli ci vorrebbe un bel disclaimer.

    Se la gente li leggesse i disclaimer, ovvio.

  3. Nella mia mente al posto di “si diverte a guardarli” e “periodo” c’erano, rispettivamente, “li guarda” e “periodico”.

    Ma ho dormito 2 ore e mezzo stanotte, sono fuori sincrono. Chiedo venia.

  4. Condivido in pieno, GN. E poi, il blog è tuo, quindi ci scrivi quello che ti pare. Se a uno non interessa la tv, liberissimo di non leggere i post che la riguardano, come quando non piace un libro e si smette di leggerlo a metà, o allo stesso modo in cui se non piace una trasmissione si può cambiare canale, senza rompere l’elettrodomestico.

  5. Tanto per capire l’aria che tira, ecco una rara perla di saggezza targata Maurizio Costanzo, sebbene siano passati molti anni, mi è rimata impressa per benino,: “Meglio un brutto libro che un bel disco”.

  6. Gianluca, sei in malafede e hai la coda di paglia questa volta. Un conto è attaccare la televisione, diverso invece è difendere quei brutti programmi chiamati “reality” che ci vogliono far credere che quello che vediamo sia uno spaccato di vita vera e vissuta e non trash confezionato ad arte. Di una pièce teatrale nessuno ci viene a raccontare la favoletta che si tratti di vita vissuta. Sta li la differnza. Attaccare la tv tout court è una idiozia.

  7. Mah, non mi ricordo tra MN e MR di aver sentito apologie dei reality come spaccato di vita vera (tantopiù che ai tempi di Clarence il Neri mise la telecamerina sul pallone aereostatico proprio per dimostrare che erano truccati); a me sembra che lui esalti il trash insito nei reality.
    Insomma, a chi piace Banfi e Er Monnezza non è detto che piaccia (o non piaccia) il cinema d’autore. Il trash è un genere in sè.

  8. Con queste tue apologie del tuo TV pensiero, sei più noiosamente snob di chi legge solo libri…

  9. facile troppo facile, direi scontato. tv bella sempre vs tv brutta sempre.
    report o lucarelli per esempio sono ottima televisione, altri programmi sono divertenti altri fanno pietà.

    ecco a me i reality fanno pietà (parere personale ovvio) e quindi non li guardo altri li guardino pure se però poi diventa una marmellata in cui si parla di reality idioti alla radio, nei blog, sui giornali,ecc.. (pensando di essere interessanti oltretutto)
    IMHO si sta esagerando.

    non è difficile!!!

  10. Un post che sottoscrivo parola per parola.
    Si dovrebbe essere capaci di fare contemporaneamete le due cose (e magari anche qualcun’altra): leggere un libro – bello o brutto non compete a nessun altro deciderlo per me – guardare la televisione, andare a vedersi un film, fare sport. Il se, il come e il quando farlo lo decido solo io. Senza che pretenda di dirmelo il solito con la puzzetta sotto il naso che, guardandomi con aria schifata, proclama solennemente di non guardare mai la TV e poi di nascosto registra tutte le puntate di Sentieri.

  11. Ma qui non si parla di tv vs resto del mondo, diciamoci la verità! Qui si parla di Reality vs resto del mondo! E io, che teledipendente lo sono, e certo non sono ascrivibile ad una posizione anti-tv, mi limito a constatare che troppo spesso la posizione di voi oltranzisti del reality è “o con noi o contro di noi”. Siete più lealisti del Re(ality), sostanzialmente :)
    Poi ognuno scrive di quello che vuole, ma non sentirti offeso dalle critiche che ricevi qui. Sono il segno che c’è gente che apprezza quello che scrivi e ti vorrebbe maggiormente impegnato con questioni più importanti :)

  12. Giorni fa, scioccamente, ho provato ad abbozzare un’analisi sui reality con un regista che sta lavorando per Endemol, lui giustamente entusiasta del suo lavoro e del successo che sta avendo, alla mia osservazione che i reality stanno andando verso una qualità sempre più scadente, banalmente ha risposto che possono non piacere ma basta vedere lo share per capire che funzionano ancora bene; lui non è un sociologo, tuttavia ho dovuto ammettere di aver contribuito io stessa ad aumentare lo share dell’ isola dei famosi.

  13. “Il teatro, così come qualsiasi altro mezzo di comunicazione – tubo catodico compreso -” cosa cosa? Il tubo catodico un mezzo di comunicazione? non scherziamo, la tv è un canale di vendita. Di un materasso o di una tessera di partito, ma è solo un canale di vendita. Di massa.

  14. Neri, se ti piace guardare vecchie carampane che fanno finta di litigare in TV, fai pure. Ma non stare a giustificarti, per favore. Altrimenti fai pensare che, sotto sotto, ti vergogni. Hai bisogno di chiamarla cultura per sentirti a posto? Se è per quello, anche scaccolarsi potrebbe rientrare alla voce: “benessere”, ed potrebbero farci un corso in qualche beauty farm. Ma sempre caccole sono. Perciò, parlane pure, ma risparmiaci i distinguo e le giustificazioni: già le foto scosciate su questo blog, frammiste ai dotti interventi di questo e quello, la dicono lunga. Non hai bisogno di spiegare altro.

  15. Ho un debito con la televisione, non potrei mai parlarne male. Vorrei solo averne una nuova, più grande e con una qualità dell’immagine migliore. Detto questo, per quel pizzico di teatro che ho respirato, ecco, il paragone però non lo farei.

  16. non so se Orioles abbia ragione, sta di fatto che questo articolo e’ di una noia mortale. Neri. perche’ lo fai?

  17. Scusate il ritardo di questa risposta ma ho appena finito di bruciare i libri brutti in giardino e non riuscivo a lavare via la cenere.
    Pazzesco eh quanti libri brutti ci sono in giro? Pensavo di istituire una commissione internazionale permanente di valutazione dei libri, presieduta da me, che inserisca in una graduatoria i libri e poi una volta all’anno, che so, il giorno di San Giovanni, facciamo un bel falò in piazza. Magari pubblicando tutto su una cosa come http://www.facciamounbelfaloinsiemeinpiazza.it

  18. Oddio, GN, non è che l’anno prossimo comprerai una catena di pescherie, e su Macchianera ci deluciderai sul potere antirughe del polpo bollito? :)

    Ho apprezzato il post, nient’afafto noioso né borioso. Ma io sulla questione invoco Ciprì, Maresco, Gezzi e Giusti: siamo sicuri che si possa parlare di teatro cinema letteratura televisione, parteggiando per l’uno o per l’altro in percentuali calcolabili?
    C64 o Spectrum? Goldrake o Mazinga? Nutella o Nutella?

  19. A me Neri sta sulle balle, ma quando ha ragione, ha ragione. Torniamo alle basi: il dizionario Garzanti.

    COMUNICAZIONE
    Sillabazione/Fonetica [co-mu-ni-ca-zió-ne]
    Etimologia Dal lat. communicatio¯ne(m)
    Definizione s. f.
    1 il comunicare, ciò che si comunica: comunicazione di notizie, di idee; comunicazione telegrafica, radiofonica; la comunicazione del moto; mezzi di comunicazione di massa, mass media; comunicazione d’impresa, attività di un’impresa volta a stabilire e a mantenere il contatto col pubblico (attraverso la pubblicità, le sponsorizzazioni ecc.), in modo da tenere viva l’attenzione sul suo marchio | avviso con cui si comunica qualcosa: inviare una comunicazione a tutto il personale | relazione, in genere piuttosto breve, su un argomento scientifico presentata in un congresso
    2 (estens.) contatto che permette di comunicare: essere, mettersi in comunicazione; interrompere una comunicazione telefonica
    3 spec. pl. insieme di strutture, impianti, mezzi che stabiliscono un collegamento: comunicazioni terrestri, marittime, aeree ‘ vie di comunicazione, strade, ferrovie | mezzi di comunicazione, mezzi di trasporto
    4 (ling.) trasmissione di informazioni mediante messaggi da un emittente a un ricevente | comunicazione non verbale, ottenuta mediante gesti e azioni, senza far ricorso alle parole, o in concomitanza e in aggiunta a queste
    5 comunicazione giudiziaria, (dir.) termine con cui si chiamava un tempo l’informazione di garanzia
    6 (ant.) comunione eucaristica.

  20. Quanto sopra per sottolineare che la televisione costituisce a tutti gli effetti un canale di comunicazione. Il medium, a dispetto di cio’ che dicono alcuni, non e’ il messaggio. Non vi piacciono la RAI e mediaset? Cambiate canale, compratevi la parabola e il decoder (free, non quello sky), guardatevi la franco-tedesca ARTE, oppure RAI DOC, oppure RAI EDU 1 e pure 2, o la BBC, diavolo siate creativi ed interagite con quello scatolo che avete la davanti, non vi limitate a criticare i reality. Mi fanno cagare (non sono d’accordo con Neri), e non li guardo! Semplice. Guardo altro, l’offerta e’ molteplice e variegata, al punto che trovo difficolta’ a seguire tutti gli ottimi programmi ben fatti (anche sulle reti Rai, da Report a Mediterraneo). C’e’ anche il teatro per chi – come me – non se lo puo’ godere dal vivo.

  21. Se dico “io non guardo mai la tv” in realtà voglio dire “io non guardo mai la tv fatta a cazzo di cane”, che è tanta, tantissima. Quasi tutta. Ma gli illuminati come te, Gianluca, del contemporaneo, che si reputano intelligenti in quanto televisivamente aggiornati e insiders, non lo vogliono nemmeno sentir dire.

  22. Gianluca, le fiction e l’intrattenimento sono di cartapesta, l’informazione e’ realta’ (o realistica, o qualche volta nemmeno), la satira esagerazione.
    Ma i reality?
    Secondo me sono una categoria a parte – nella quale includerei i programmi della De Filippi e spin-off vari -, quella cioe’ che fa share sfruttando e avvallando il lato peggiore delle persone: il voyeurismo, il pettegolezzo, l’autostima costruita sul vedere altre persone (possibilmente famose e “stimate”) fare cose indegne, delle quali ci vergogneremmo in qualunque altra circostanza.
    Sinceramente, io non ho ancora capito perche’ tu guardi e difenda i reality. Come fenomeno sociologico, posso capire il guardarne una, due puntate (se ne hai la forza, io spinto da uno dei tuoi primi post sul GF ci ho provato, ma non ho retto), ma poi? Una volta appurato che hanno un cast di cretini (altrimenti non farebbero audience) e sono presentati da paraculi (ci vuole una bella dose di faccia di palta per occupare quel ruolo), non e’ imbarazzante stare a guardarli e ironizzare su ogni stupidaggine?
    Il problema e’ che ogni volta svicoli a questa domanda, grazie a qualcuno (fesso) che ti offre la facile scappatoia di ironizzare sulle frasi massimaliste alla “meglio un libro della tv”.
    Lo so che non devi nessuna giustificazione a nessuno, che il blog e’ tuo e ci scrivi quello che vuoi, etc. Se pero’ un giorno su wittgenstein cominciasse ad apparire regolarmente la cronaca delle attivita’ del club dei lettori di Del Debbio, qualche domanda non glie la porresti?

  23. e chi la tv non la ha e va a scroccarla da amici, può dirlo?.. (del resto è un elettrodomestico, non ho neanche la lavastoviglie..)

  24. Il Neri parte sempre molto bene. Poi si perde un po’ in un nulla di fatto. Ha l’intuito giusto e ha il coraggio di dargli voce, e del resto è assodato che, per metà, l’intelligenza è un fatto di coraggio, il coraggio di dire quel che si pensa anche se non si è mai sentito nessuno dire quella cosa lì. Con ciò lungi da me dire che il Neri è l’unico a difendere la tv e i reality. Io, anche, li difendo, per esempio, e non da oggi. Sono sublimi. Sono un concentrato di attualità, del nostro tempo. Se a questo mondo si vuole capire qualcosa, bisogna porsi in sintonia (ossia amare, se amare significa comprendere senza pregiudizio) con il presente che si vive e che si è. E la televisione è ciò che più di tutto sforna i frutti più prelibati dell’attuale. Quindi non si tratta di dividersi equamente tra serio e faceto, tra libri e tv. Si tratta che ci sono un modo intelligente e un modo manicheo di difendere le cose. Confido, ma ne sono abbastanza sicura anche se non so perché (cioè, lo so: non ci vuole molto per capire che razza di intuito del presente il Neri abbia), che il suo modo di amare la tv sia tanto appassionato quanto attivo. (chiedo scusa per ciò che ho scritto, che in qualche modo avverto come invadente anche se non credo di avere detto nulla di male)

  25. non ho capito bene: prima dici che è improbabile che esista chi va vedere Paolini e pure la Cuccarini, e poi difendi la tv nel senso generale del termine?

    e dove starebbe la differenza? in tutti e due i casi si tratta di spaziare tra i generi nel senso più ampio del termine …

  26. Hmmmhhh… concordo in linea di massima con Qwerty, che ha molto acutamente colto nel segno, a mio parere. (Qwerty: pace sulle pellicce!;o) Anche se i reality da soli non li reggo proprio, confesso. Ci ho provato, preferisco guardarmeli solo con il commento della Gialappa’s: ieri hanno sputtanato Greco alla grande. Non va comunque dimenticato che Mr. GN è autore di tv: quindi, la guarda con occhio anche clinico… non solo appassionato. E molto, molto divertito, penso.

    Pinte, non sarei così categorica nella tua distinzione: spesso l’informazione è di cartapesta, la fiction realtà e il reality esagerazione… perché imbarazzarsi e giustificarsi se li si guarda? E vvìa! Bisogna ogni volta trovarvi l’alibi del fenomeno sociologico, quand’è il puro piacere del gossip pettegolo?

    Forse il peggio delle persone è dato semplicemente dai loro gusti medi: fare le cose che si vedono sui reality è astutamente consolatorio… si vede lontano un miglio che sono taroccati. Ma molti, i più, li guardano PROPRIO per quello. Il meccanismo è quello del: “se lo fa/lo ha un vip, allora puoi farlo/averlo anche tu”. Se Enzo Paolo Turchi ha le emorroidi come te, allora cosa ti rende diverso, mai, da un vip? Oh, gaudio!!! Allora, è sputtanabile… Scoreggia e rutta pure lui come te! Almeno, limitatamente a QUEL frangente… (Chissà com’è a casa sua…) Vogliamo togliere anche quest’ultima pia illusione allo spettatore torzolo e spione, quello che ai reality ci crede e ci gode a vedere i miti in mutande? (E sono tanti… a sentire dai commenti in autobus e fra le amiche di mia madre) Geniale, direi. Un capolavoro di trash.

    Se invece c’è (come la maggioranza qui) chi li guarda con lucida ironia, per svago, sadismo o diletto, che male fa? Non credo che l’intelligenza di nessuno ci perda, qui, a differenza di quanti guardano solo il tg4…
    (E poi, dove Gianluca troverebbe tanto pane per i suoi denti?)

    Spad, credo che dal punto di vista sociale tu abbia una gran fortuna. Forse scrivi delle cose così geniali sul tuo blog per quello. Ci hai mai pensato?;o)))))

    E poi, comunque, ci sono tanti usi socialmente utili di un brutto libro: pareggiare un mobile zoppo, darlo per il mercatino delle pulci ai nipotini… mi rendo conto che forse è un po’ più difficile per una televisione. Non ho mai provato a incendiarne una tv, Miki… ma un mio amico l’ha riciclata trasformandola in un magnifico acquario… :o))))

  27. Ehi, ma a me la televisione piace. Vorrei poter tornare a guardarla. Invece, al posto della televisione, mi impongono l’isola dei famosi. Come se qualcuno, al tempo dei libri, qualcuno mi avesse ordinato: basta Tre libri Moschettieri, da oggi si legge solo I Pensieri di Papa Pio (avrebbe potuto farlo, se fosse stato il solo a poter stampare e a decidere chi pubblicare e chi no).

    A parte questo, io non voglio educare nessuno, e specialmente il sig.Popolo. Pero’ vorrei almeno non essere educato io, o anzi rieducato, perche’ qua in giro c’è un vero e proprio processo di rieducazione, proprio marxista-leninista, con l’unica diffferenza che tecnicamente Berlusconi è molto più bravo di Enver Hhoxa e ha qualche tv in piu’. Ma il concetto generale, gli intellettuali organici che “diffondono le idee giuste” (e la cultura, e la subcultura e tutto il resto) sul popolo bue è sempre quello. L’isola dei famoci (e Dallas, e Dinasty, e via via fino ad ora) è esattamente questo, i pensieri di Mao fatti con più abilità (Forza Italia è solo uno strumento collaterale, la vera politica la fanno con quella roba lì).

    Compagni! Il pensiero di Mao è una grande menata! E l’isola dei famosi è una PALLA! Arridatece Toto’, le Kessler, la televisione! Ribelliamoci! Basta con l’Egemonia Cultural… (arrivano le guardie e se lo portano via).

  28. Ma sì, Anvedi, certamente. Del resto un post in internet, così estemporaneo e svincolato dalla conoscenza della persona tutta, e così costretto a schierarsi da una parte opponendosi a qualcos’altro, è tra le cose più difficili da comprendere (paradossalmente, vista la ben nota facilità di espressione che internet ha concesso).

    Il meccanismo del reality, però, non è quello che tu dici. E’ invece quello gattamortesco del ci sta o non ci sta, ovvero è finto o non è finto. E’ questo ciò che attrae. Dopo essersi smascherata come finzione (tutti ormai sanno che cosa c’è dentro un programma, tutti parlano di palinsesti come se parlassero di rosette e francesini) e averci dato l’illusione di averla in pugno, la tv ha cominciato un nuovo gioco che si basa su quel limite e insinua il sempiterno dubbio. In questo modo la tv vince ancora sullo scetticismo di un pubblico più acculturato. Proponendogli spettacoli trash, tra l’altro. Doppia presa per il culo. Questa ambiguità scatena discussioni infinite che solo il calcio (televisivo) può vantare, perché i personaggi di un reality si presentano come persone (con il proprio nome e la propria storia personale etc etc), di conseguenza meno legate al ruolo che assume in una trama un personaggio, pur tridimensionale e vivo quanto si vuole. I personaggi dei film, o quelli letterari, non scatenano queste discussioni, e non perché non siano efficaci, ma perché sono parte di un tutto: saranno piuttosto il film o il libro ad accendere la discussione. Nel caso dei reality invece sono i personaggi, perché sono persone e perché nella vita si ha sempre bisogno di credere ma la tv ci ha insegnato che non bisogna credere. E allora lo spettatore rimane lì con la bocca a penzoloni cercando di decifrare che cosa è finto e che cosa è vero.

  29. Hmmmhhh… personaggi in cerca di una storia, insomma? La metatv, ovvero come sembrare credibili preoccupandosi di fingere credibilità attraverso un mezzo falso? Paradosso finissimo e affascinante. Che ne pensi allora, Qwerty, del meccanismo che sottende trasmissioni come le Iene?
    Hai letto “Striscia la tv” di Ricci?
    Ti occupi di meccanismi comunicativi anche nella vita? Mi piacerebbe molto continuare il discorso in altra sede: se vuoi, trovi il mio recapito nel post di Gianluca su Swatch/Guccini…:o))))

    With, le Kessler sono un’icona. Un paradigma di stile ed eleganza, oltre ad essere ottime e complete showwomen. A tutt’oggi hanno le gambe più belle della tv, e danno dei punti alle Matilde Brandi o alle Cuccarini del caso. Non avranno fatto cultura nel senso stretto del termine, ma hanno sicuramente fatto apprezzare agli italiani la loro professionalità e bellezza. Di teutonica stirpe, non a caso.
    Adesso a fare il dada-umpa ci ritroviamo le sorelle Lecciso, mi pare che forse ci abbiamo perso un pochino, e non solo d’innocenza…

    Riccardo, ma le hai viste l’anno scorso Alice ed Ellen a Superciro con la Litizzetto e Luca e Paolo? Che ne pensi? Potrebbero rifunzionare?:oP Mah… Temo che in questo caso le teoria della contestualizzazione formulata da Qwerty sia puntualmente verificata: si possono resuscitare i personaggi, ma non il contesto di riferimento (in certi casi, per fortuna, direi).

    Sai, anch’io rimpiango una certa tv in b/n, quando ci sciroppavamo il delizioso Quartetto Cetra (chi se li ricorda? Mai opera culturale più meritoria e divertente fu compiuta da loro…). E la tv dei ragazzi a colpi di pane burro e zucchero, l’Isola del tesoro, Gianburrasca (Rita Pavone, il primo vero travestito della tv italiana…) e la rimpianta Gulp! Fumetti in tv. Per non dire di Carosello: credo che come palestra educativa, non fossero proprio male.

    Il problema è che, col senno di poi, la tv maoista di allora non si rivela tanto migliore: forse parrà strano a chi non ha mai vissuto il monopolio, ma la rai, complice il solerte zelo di funzionari timorosi, censurò “Uno, due, tre!” di Tognazzi e Vianello per la bella battuta sulla sedia del presidente Segni (1963, credo)… Ostracizzò Dario Fo a lungo per la sua splendida, profetica “Canzonissima” del 1964 (?). E prima ancora, impose le calze nere coprenti alla Alba Arnova, bella ballerina colpevole solo di avere due gambe interminabili e averle esibite un dì con scandalose calze color carne. Dulcis in fundo, vietò fino all’inizio degli anni Settanta l’uso della parola “membro” in ogni contesto… indovinate perché?

    A cosa si riduce oggi la cultura veicolata attraverso la tv generalista? A poco, tranne qualche esplicita eccezione informativa e divulgativa (dall’ottimo report a mediterraneo segnalati da Cannonball, a qualche speciale dei vari tg, o di cinema, o d’arte… trasmessi a ore ovviamente immonde. Qualcosa su La7. Augias, Daverio, Faletti all’1,30 su rai 2, alcuni mesi fa: programma ottimo sul Derby, Milano e il cabaret. Speciali musicali spesso dati dopo l’ultimo tg della notte. Per non dire di quelli su religione e filosofia. E poi gli ovvi Angela, Manfredi, toh…).

    Perché? C’è una bieca finalità nell’affossare quello che solo fino a qualche anno fa è stato uno degli strumenti più gettonati per la “rieducazione popolare”, per quanto veterodiccì o veterogarofano essa fosse? Sì. Visto che è gratis (canone a parte), hai quello che paghi. Vuoi la qualità? Cuccati il digitale.
    Vuoi quel che passa il convento? Cuccati la Cuccarini.

    C’è stato un tempo lontano, agli albori della tv, in cui lo scatolone catodico funse da ottimo mezzo per cementare l’identità nazionale ed estendere persino l’alfabetizzazione (v. il maestro Manzi, “Non è mai troppo tardi” o Mario Soldati alla scoperta dell’Italia rurale. O Pasolini con le “Lezioni d’amore”).

    Oggi operazioni simili sarebbero impensabili, così come lo sarebbe riproporre alla Disney, tanto per dire -e parlo da ex fumettara-“L’Inferno di Topolino”, fantastica parodia in versi dell’omonima opera dantesca fatta nel 1949. Nessuno dei ragazzini, ora, la leggerebbe più: ne discutavamo proprio fra colleghi del settore, poco tempo fa. Perché? Dante annoia a scuola, tanto più se a proportelo sono docenti poco motivati e spesso, ahinoi, altrettanto acculturati. Figurati se te lo insegna Topolino…
    i tentativi recentemente fatti dagli sceneggiatori per rinverdire gli spunti letterari sono naufragati con esito alquanto mediocre. Al più, si scomoda la fantasy, ma soprattutto si rincorre la parodia televisiva… appunto.

    Ho notato che c’è un curioso trait-d’union, invece, fra le “non storie” televisive di cui parla Qwerty e quelle fumettistiche più popolari: sempre considerando i Disney, entrambe oggi patiscono una seria carenza di storia, di trama da raccontare e un’iperdefinizione dei personaggi (nel fumetto, grafica, che si riduce spesso e solo ad una tecnica eccellente), di fatto esaperati. Sono scomparse le trame elaborate, eccezion fatta per certe roccaforti di sceneggiatori dotati (mi viene in mente la Bonelli, per l’Italia, ma non solo). Nel fumetto, abbiamo la riduzione sostanziale a gag: nella tv, a reality. Un caso? Non direi.

    Forse anche questo è un segnale d'”incultura”? Ma siamo davvero sicuri che la maggior parte del pubblico gradirebbe trasmissioni che parlino di cultura? Guarda, a me piacerebbe tantissimo vedere trasmesso qualche bello spettacolo di cabaret o teatro che non sia Colorado Café, Zelig Circus o Palcoscenico dopo mezzanotte. O una bella trasmissione che parlasse di come usare meglio la lingua italiana, fatta con ironia e competenza. Eppure…

    E’veteromaoismo propinarci a tutti i costi l’isola dei famosi o la talpa, dunque? Sì e no. Credo dipenda, molto più cinicamente, anche dalla necessità tutt’altro che trascurabile di tenere alti gli indici di ascolto. I quali, per una tv commerciale sono, sappiamo, linfa vitale. E per un’azienda elefantiaca come la rai, che si sta mediasettizzando e insegue per questo disperatamente spazi pubblicitari, ancor più.

    E’un dannato serpente che si mangia la coda: io debbo avere audience, quindi ti schiaffo il reality (che, ripeto, comunque è molto interessante da esaminare sotto il profilo, per così dire, epistemologico -argh, che parolone!) in prima serata e con un sacco di pause. Si presume che, proprio per com’è congegnato, attiri un sacco di gente. Ma un reality costa molto più di una sit-com come camera café (e Gianluca te lo confermerà di certo). Perché non s’investe in produzione migliore, più economica e autoctona, allora?

    Sarebbe opera meritoria incitare le case di produzione a osare di più, a scommettere sui creativi, a non limitarsi a riproporre solamente format o sit-com esteri già testati altrove o a distribuire a scatola chiusa serial che non è detto poi funzionino (vedi il caso DH, che pare non stia riscuotendo comunque il successo auspicato). Ma molto probabilmente ti risponderebbero invocandoti la dura legge del fatturato. Nessuno rischia: mal che vada il reality, il GF o chi per lui, ha uno zoccolo duro di spettatori che già da solo consente il rientro dei costi, evidentemente.

    Tutto sommato, produrre trash non farà cultura, ma conviene eccome. E anche fossilizzarsi su serial stereotipati di commissari e carabinieri. O produzioni agiografiche, terribili anche dal punto di vista della qualità recitativa (v. l’inguardabile “S. Pietro” di ieri). Mi chiedo chi le guardi, o per chi vengano prodotte…

    Forse il ritratto che le case di produzione hanno dello spettatore medio è poco realistico, fuorviato dai dati d’ascolto che non consentono di qualificarne meglio la tipologia (anche lo stesso meccanismo dell’auditel è farraginoso e insensato). Ci si limita a spalmare un potenziale bacino d’ascolto dato da famiglie-tipo, selezionate con arcani riti iniziatici, su un certo numero di possibili palinsesti, mentre sarebbe meglio provare a fare un’inchiesta degna di tale nome sui gusti delle varie fasce d’utenza, e non solo dei sondaggi. Ai quali è pure gustoso mentire, lo confesso…

    Mi rendo conto di non aver offerto un quadro molto confortante, e spero caldamente di venire smentita. Una sola consolazione: forse la radio meglio si presta a operazioni, chiamiamole così, di tipo culturale se non educativo, proprio perché il meccanismo dell’ascolto ti obbliga ad un’attenzione maggiore, più sollecita. Ad uno sforzo d’immaginazione maggiore. A far lavorare il pensiero. Esattamente quello che compi leggendo…:o))))

  30. “With, le Kessler sono un’icona. Un paradigma di stile ed eleganza, oltre ad essere ottime e complete showwomen. A tutt’oggi hanno le gambe più belle della tv, e danno dei punti alle Matilde Brandi o alle Cuccarini del caso. Non avranno fatto cultura nel senso stretto del termine, ma hanno sicuramente fatto apprezzare agli italiani la loro professionalità e bellezza.”
    Ok, accetto la spiegazione, ma a metà…allora anche Totti (quando gioca come sa’ giocare) è Cultura…

  31. Ci sto, (però, sono genoana! Non lasciarti fuorviare dal mio nick… ;o))) tranne che quando scaracchia, però…:o))) (Ma è colpa di Ilary, l’ha traviato…)

  32. No, non lavoro nel campo: sono solo una spettatrice.

    A proposito di comunicazione, mi spiace averla bruscamente interrotta ma in questi giorni ho problemi con il pc (un tempo il fidanzato ideale era l’idraulico. Oggi è uno che ci capisca qualcosa di questi dannatissimi aggeggi stronzi).

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