La Galleria degli Uffizi.

Non è un pollivendolo specializzato in galline di sesso maschile, questo va premesso altrimenti si rischia di fuorviare. Recita invece il sito ufficiale che “il Palazzo degli Uffizi fu costruito alla metà del Cinquecento dall’architetto Giorgio Vasari, (1511-1574) nel periodo in cui Cosimo de’ Medici, primo granduca di Toscana, andava consolidando anche burocraticamente il suo recente dominio“. Insomma il granduca – come il nome mi aveva indotto a sospettare prima che Google confermasse – aveva bisogno di un posto dove piazzare i propri impiegati. Diciamolo: trattandosi della metà del XVI secolo questi ultimi non si potevano proprio lamentare: ambienti ampi ed ariosi, illuminazione ottimale, splendida vista, niente sale di tortura. Non so se avessero Fastweb, ma è probabile: Cosimo non era certo tipo da risparmiare sui dettagli (non casualmente passò alla storia come Cosimo il Grande, non come Cosimo il Parco). E’ interessante notare come lo spirito del fondatore sia stato interpretato e conservato nei secoli, a testmonianza dell’impronta indelebile che la sua figura ha impresso sulla cultura – anche amministrativa – di Firenze. Benché gli Uffizi abbiano nel frattempo mutato di destinazione e siano ora la più importante pinacoteca del mondo ci sono infatti almeno due particolari che mi hanno colpito come sofisticati tributi intellettuali ai Medici ed al Vasari. Il primo è la totale assenza di cartellini esplicativi delle opere esposte, di talché nella stessa sala capita di soffermarsi venti minuti su un artista minore del cinquecento e poi tre – al momento di andar via – sul Tondo Doni di Michelangelo che era lì di fianco (ignorantia artis non excusat, deve aver pensato il sopraintendente con aristocratica – cosimiana direi – superiorità). Il secondo particolare notevole – evidentemente frutto di uno studio approfondito degli usi e costumi cinquecenteschi – è rilevabile nei bagni, dove l’assenza di sapone, coperchi dei water e salviette per asciugarsi le mani, catapulta l’utente indietro ai tempi di Cosimo, in cui – si sa – l’igiene non era tenuta in grande considerazione. Insomma la visita agli Uffizi è un’esperienza davvero emozionante e tutto, non scherzo, la prossima volta però vado alla Tate Gallery, che lì almeno non ho l’impressione di essere considerato un fastidioso ed inopportuno produttore di escrementi. Poi è ovvio che Luc Tuymans non vale Leonardo da Vinci, ce ne faremo una ragione.

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9 Commenti

  1. Sulla necessità delle targhette sono d’accordo con chi non le mette: se sei ignorante stai a casa a guardare Vespa in tv, se hai la memoria corta ti compri la guida, se invece sai quello che vai a vedere non ti servono.
    Per quanto riguarda i cessi… bè, esistono ottimi pannoloni in commercio.

  2. Sono piuttosto d’accordo sull’assenza di accessori igienici all’interno degli Uffizi.
    Con quello che costa mangiarsi un panino di gomma e mortadella in uno dei centomila schifosissimi localini che sorgono nelle vicinanze, mi pare anche giusto che uno vada a farla lì.
    E’ così deprimente vivere a Firenze in questo periodo……

  3. Viavamiao, un’informazione: dov’è la sede per iscriversi alla Gioventù Nazista?
    Avresti anche un numero di telefono?

  4. considerato che Urbani non dovrebbe far parte del berlusconi bis (se ci sarà), è probabile che la discussione sui Grandi Uffizi, ricominci da capo. Quindi si può sperare che Isozaki o chi per lui affronti anche questo problema.
    Vivamiao, agevolare chi non ha una laurea in storia dell’arte non credo sia una cattiva idea. Magari qualcuno si appassiona e smette di seguire Vespa.

  5. Sono a firenze da quasi due anni e non mi é ancora venuta la voglia di vedere alcunché. Lo so, é grave. Ma ogni volta che andando a Lettere passo per il Duomo mi passa tutta la voglia di fare turismo: troppo occupato a schivare giapponesi che fanno foto (ma poi cazzo, tutti la stessa inquadratura! a volte si mettono persino stile plotone di esecuzione, tutti uno accanto all’altro così da portare a casa la stessa identica fotografia)

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