Fumo negli occhi /1

Filippo Facci diciannovenne, à la James DeanQuello che segue, stavolta, è un modesto capitolo di un altro libro che Filippo Facci sta per pubblicare (il 23 novembre) e che è titolato “Fumo negli occhi. Le crociate contro il tabacco e altri piaceri della vita“, Biblioteca di via Senato Edizioni, ben 14 euro, un libro bellissimo a parere dello scrivente (lo scrivente sono io, Filippo Facci, ciao) e insomma una roba da avere e da comprare, anche perché la questione delle sigarette è un solo argomento tra quelli che vengono trattati. Nelle varie alette di copertina c’è scritto: “L’incredibile crociata contro il fumo è solo l’anticamera di altre campagne che ci spiegheranno che cosa è bene o male per noi. S’avanza una sanità pubblica che ingloba anche le dimensioni comportamentali della vita, un grande Stato-madre che nel libero arbitrio scorge una minaccia da ridurre a malattia, una scienza manipolatoria che viene strumentalizzata da chi ha già deciso a tavolino il prossimo nemico della nostra salute, e si prepara a terrorizzare l’opinione pubblica con nuove regolamentazioni che finiranno per imbrigliarci come le cordicelle che bloccavano Gulliver.
Un autentico cartello sanitario sta distorcendo la percezione del rischio e trasformando in cause di morte anche le cause di vita: dopo le etichette terrorizzanti per le sigarette ne prepara altrettante per cibi e vini, e vieta i profumi, bandisce l’incenso nelle chiese, colpevolizza la pigrizia e le vecchiaia. L’uomo moderno sta rinunciando alla possibilità di essere felice in cambio di un po’ di sicurezza, ma rischia di dimenticare che si muore perché si vive”
.
Ci sono diversi capitoli. Uno, piuttosto incredibile, si chiama Vietato puzzare. Eccolo qui di seguito. Ah, dal testo sono state espunte le fonti e note e gli approfondimenti che è roba che diventava pesante, qui.
Cap. 1Vietato Puzzare
Cap. 3Vietato Fumare (parte I)
Cap. 4Vietato
Append.Ottoemezzo sul fumo (puntata trascritta)
Cap. 2Vietato Mangiare
Cap. 3Vietato Fumare (parte II)
Cap. 5Requisitoria

VIETATO PUZZARE
Al tempo di cui parliamo, a Parigi regnava un puzzo a stento immaginabile per noi moderni. Le strade puzzavano di letame, i cortili interni di orina, le trombe delle scale di legno marcio e di sterco di ratti, le cucine di cavolo andato a male e di grasso di montone, le stanze non aerate puzzavano di polvere stantia, le camere da letto di lenzuola bisunte, dell’umido dei piumini e dell’odore pungente e dolciastro di vasi da notte. Dai camini veniva puzzo di zolfo, dalle concerie veniva il puzzo di solventi, dai macelli puzzo di sangue rappreso. La gente puzzava di sudore e di vestiti non lavati, dalle bocche veniva un puzzo di denti guasti, dagli stomaci un puzzo di cipolla e dai corpi, quando non erano più tanto giovani, veniva un puzzo di formaggio vecchio e latte acido e malattie tumorali. Puzzavano i fumi, puzzavano le piazze, puzzavano 1e chiese, c’era puzzo sotto i ponti e nei palazzi. Il contadino puzzava come il prete, l’apprendista come la moglie del maestro, puzzava tutta la nobiltà, perfino il re puzzava, puzzava come un animale feroce, e la regina come una vecchia capra”.

Il sovrastante è l’incipit del romanzo Il profumo di Patrick Süskind, e non si può negare che la scrittura sia penetrante.
Pare difficile a credersi, ma nel Settecento non esistevano cestini della spazzatura né pulizia delle strade. Nelle vie cittadine si accumulava una quantità spaventosa di letame ed escrementi non solo animali. Girare in carrozza era soprattutto un modo per tenersi lontani dalla schifezza delle strade, e non a caso si usavano stivali alti: servivano appunto a guadare gli strati di sporcizia e i rigagnoli di acqua lurida. In città tedesche come Ulm, nel Medioevo, si usavano persino i trampoli. Questa era Parigi secondo un anonimo visitatore italiano del Cinquecento: “Scorre per le strade della città un rivoletto d’acqua fetida in cui confluisce l’acqua sporca di tutte le case e che appesta l’aria: così si è costretti a portare dei fiori con un po’ di profumo per scacciare quell’odore”.
Nelle città c’erano pulizie straordinarie solo in occasione di eventi pubblici: a Roma, per esempio, venivano tenute pulite solamente le vie percorse dai pellegrini che andavano dal Papa. La pulizia dei rifiuti lasciati dal mercato ogni tanto veniva appaltata ad allevatori di maiali, perché le bestie almeno tragugiavano tutto. In campagna bastava una fossa, ma in città, per i rifiuti fisiologici, era normale appartarsi dove capitava: in un angolo, all’aperto, in androni, vie, cortili. Sino agli anni Venti, i macellai uccidevano le bestie nelle strade. Ad avere i primi sistemi fognari, paradossalmente, fu Roma antica – sinchè durarono – che era più pulita di quanto lo erano Parigi o Londra nel Seicento. Per come le intendiamo noi, le abitudini igieniche moderne arrivarono in Europa solo nel diciannovesimo secolo.
Perché tutto questo schifo? Per molte ragioni. Anche religiose: “La purità del corpo e le sue vesti – diceva Santa Paolasignificano l’impurità dell’anima”. Sant’Abramo per cinquant’anni rifiutò recisamente di lavarsi viso e piedi. Sant’Eufrasia entrò in un convento di centotrenta monache che orripilavano al pensiero di un bagno, Santa Maria Egiziaca per tutta la vita non si lavò altro che le dita. Ma la cattiva fama dell’acqua si diffuse soprattutto durante le pestilenze; era opinione comune che aprisse i pori della pelle e che permettesse l’ingresso di aria appestata. Su un libro seicentesco sull’educazione dei bambini possiamo leggere questo: “Lavarsi con l’acqua fa male alla vista, fa venire il mal di denti e il catarro”. In un trattato di medicina di fine Quattrocento, poi, avvertono che “I bagni d’acqua riscaldano il corpo e i suoi umori, ne indeboliscono la natura e ne dilatano i pori, sono causa di morte e di malattia”.


Il bagno si faceva al massimo come cura. Luigi XIV, il famoso Re Sole, in vita sua fece due bagni in tutto e solo per consiglio dei medici. I nobili del Cinquecento si lavavano mediamente una volta ogni quattro mesi mentre quelli del Settecento praticamente mai: le dame al massimo due o tre in vita loro. La gente normale mediamente ne faceva uno, e aveva una sola camicia raramentre lavata. Per coprire gli odori si usavano essenze: un profumo di rosa era consigliato per coprire l’afrore delle ascelle, tra camicia e panciotti si portavano sacchetti di aromi, e i capelli erano sgrassati con polvere e crusca prima di essere incipriati. Fu a quel tempo che facero comparsa colli e polsini che uscivano dagli abiti, simbolo di pulizia e ricchezza per chi li indossava. Per dire: il barone di Schoemberg, nel 1767, cambiava camicia e colletto tutti i giorni ma le mutande solo ogni quattro settimane.
Tutto molto interessante: dove vogliamo arrivare?
Forse in America: a Shutesbury, nel Massachusetts, il 5 febbraio 2003, si rendeva noto il nuovo regolamento del consiglio comunale: “Le persone che parteciperanno al consiglio saranno divise secondo l’odore per non disturbare gli ipersensibili agli odori e agli agenti chimici. Una sezione sarà riservata a chi non usa profumi o deodoranti, detergenti o altri prodotti; un’altra sarà per coloro che talvolta si profumano, ma non nel giorno dell’assemblea; nella terza sarà appeso il cartello «Riservata a coloro che si sono dimenticati che non si possono usare profumi e colonie”.

Il relatore del regolamento, alla stampa, specificava che “Profumarsi in pubblico è proprio come fumare”.
Che significa? Intanto a Maplewood, in Minnesota, una chiesa cattolica annunciava che avrebbe servito servizi incense-free, ossia delle messe senza incenso. La richiesta sarebbe stata di alcuni fedeli. Follia? La stessa, evidentemente, che il 22 agosto 2003 spingeva il ministro dei trasporti irlandese Jim McDaid a a dire pubblicamente: “Si avvertono i fedeli della Romana Chiesa irlandese di non respirare in chiesa. Inalare incenso è come fumare tabacco, e contiene cancerogeni. In breve, andare in chiesa provoca il cancro”.
Intere messe in apnea: anche perché l’Environmental Protection Agency, intanto, ammoniva che “il fumo delle candele eccede gli standard di inquinamento”, e confermava che il problema riguardava anche l’incenso.

“I profumi sono come il fumo passivo” faceva eco dalla Nuova Scozia lo specialista di malattie respiratorie Matt van Olm: in Canada era appena stata approvata una norma che vieta l’uso del profumo a bordo degli aerei. Non solo. A Ottawa l’avevano proibito già su tutti i mezzi pubblici, questo mentre un liceo della periferia di Toronto si definiva fragrance-free e sull’Isola Prince Edward, sulla costa orientale, circolava una petizione per vietare i profumi e i dopobarba da tutti gli uffici pubblici.
Ma gli anti-puzza professionisti sono fioriti soprattutto in Nuova Scozia, ad Halifax. In questa cittadina affacciata sull’oceano la maggior parte degli uffici e delle industrie ha vietato ogni fragranza.
Che ne dice la stampa? Il Cronacal-Herald, il giornale locale, ha proibito ai suoi trecentocinquanta impiegati dopobarba, deodoranti, shampoo e collutori – profumati, ovviamente. Lo stesso vale per i millecinquecento che lavorano al centro di servizio telefonico. E non si scherza: i divieti compaiono sugli schermi dei computer e in cartelli appesi nei bagni.
Sono tutti impazziti? La ricercatrice canadese Virginia Solares l’ha messa così: “Se osserviamo il fumo dagli anni Cinquanta e Sessanta, possiamo immaginare che cosa accadrà ai profumi”. I quali profumi sono “fumo invisibile, sono intrusi indesiderati, sostanze inquinanti generate da chi le indossa”.
In sintesi, è una sindrome. O meglio: è la sindrome di avere una sindrome che nei paesi anglosassoni hanno ribattezzato “sensibilità chimica multipla” (MCS) o “malattia ambientale” (Environmental Illness). Nessuna seria autorità medica o scientifica ne ha riconbosciuto l’esistenza, in compenso al parlamento canadese hanno già presentato un progetto di legge che obblighi il Ministero della Salute a riconoscerla – non a scoprire se esista: a riconoscerla – e la convinzione della sua presenza ha già portato ad autentici isterismi di massa – secondo la definizione del New England Journal of Medicine – e questo soprattutto in scuole e ospedali e fabbriche via via evacuati per “odori” mai identificati, eccezion fatta, nel bar del Senato di Dirksen, a Washington DC, per una sporta di cipolle caduta da una cesta di vimini e identificata come colpevole del malessere di nove persone.
Gli è che ad Halifax l’80 per cento delle scuole e degli ospedali hanno proibito ogni genere di profumo. Le industrie cosmetiche sono disperate. Naturalmente – è l’America – furoreggiano associazioni di vittime delle puzze le quali hanno soprannominato i profumi “succo di puzzola”. Nei loro bollettini – autentici capolavori di mitomania – si spiega che la sindrome, cioè il profumo, cioè la puzza, è causa praticamente di ogni malanno umano: compresi la sclerosi multipla, il Parkinson, l’Alzheimer, la sindrome della morte infantile improvvisa – quella che pagine adietro veniva addebitata al fumo passivo – e in più in generale l’intero “collasso del sistema neurologico”.
Un’attivista ha detto: “Mentre i pericoli del fumo passivo sono stati studiati estesamente e sono stati ampiamente pubblicizzati, sia la comunità scientifica sia la stampa hanno largamente ignorato i pericoli dell’esposizione ai profumi… Entrambi hanno le stesse implicazioni politiche e sociali”.
Non c’è uno straccio di dato scientifico che avvalori niente, si diceva: ma questo – è replica media – è ciò che dicevano anche le compagnie del tabacco. E il discorso è chiuso. Dal momento in cui una persona – milioni di persone – si convinca che ogni odore sia iun campanello d’allarme che ti avverte della presenza di una sostanza chimica nell’aria, non c’è più discussione.
Hanno indagato, hanno studiato, ma questa malattia ambientali non è mai stata giudicata scientificamente valida da un organismo serio. La casistica per ora ha evidenziato solo che molti dei presunti malati, in precedenza, avevano avuto delle malattie mentali: resta che, dopo la campagna anti-fumo e quella antigrasso, si profila la prossima.
La guerra all’odore passivo e al fumo invisibile ha già fatto proseliti negli Stati Uniti – vi sarò capitato di leggere su un prodotto che è “non profumato” – e l’Ufficio dell’Ecologia di San Francisco si è già regolato vietando fra altre cose: 1) profumo, acqua di colonia o dopobarba; 2) spray per capelli, mousse, shampoo profumato, o balsamo; 3) deodorante, lozione, rossetto; 4) qualsiasi prodotto cosmetico profumato per la cura personale; 5) vestiti recentemente lavati a secco; 6) detersivi profumati per il bucato; 7) ammorbidenti o salviette detergenti (anche quelle identificate come inodore o non profumate); 8) lucido per scarpe; 9) gomma da masticare.
Quello che sta succedendo pare chiaro.
Un cattedratico dell’Università di Washington si è limitato a dire che i sintomi sono più frequenti fra le donne bianche di classe borghese e l’ha messa così: “Stanno bene abbastanza, in genere, da potersi permettere di essere allergiche all’intero ambiente in cui vivono. Se si è poveri, semplicemente, non ci si può permettere di avere la sindrome da Sensibilità Chimica Multipla”.
Ci piacerebbe che queste donne bianche di classe borghese fossero trapiantate per cinque minuti nel Settecento descritto da Patrick Süskind: così, anche solo per vedere con che pettinatura ne uscirebbero, forse per mediare certo delirio occidentale che ha fatto scordare che deriviamo dalle scimmie ma che nessuna emancipazione culturale ci ha ancora donato l’immortalità.
Perché quello che sta succedendo, appunto, pare chiaro.
Sempre negli Usa, a New York, la solita Environmental Protection Agency – quella dello studio-patacca sul fumo passivo – ha chiesto la chiusura di un negozio di tostatura di caffè aperto da 163 anni: “Abbiamo già fatto multare per odori molesti – parole loro – centinaia di negozi, incluse pizzerie, ristoranti indiani e bar che vendono brioches”.
La rivista inglese New Scientist, in una ricerca, ha scritto che il fumo da cucina uccide più del morbillo e della malaria e dell’Aids: ogni anno – si apprende – un milione e mezzo di persone, soprattutto donne e bambini, muoiono per queste esalazioni; si consideri che circa due miliardi e mezzo di persone in genere cucina su stufe che bruciano legna, resti di piante o sterco. Chi utilizza le stufe – spiega il New Scientist – inala ogni giorno l’equivalente delle sostanze chimiche contenute in due pacchetti di sigarette.
Sì, pare chiaro quello che succede.
A Stuart, sempre negli Usa, un giudice distrettuale ordinato la chiusura di un’attività ritenuta troppo puzzolente: gli allevatori di maiali Thomas Rossano e Paul Thompson erano stati denunciati dai proprietari dell’adiacente Golf Club secondo i quali la clientela non gradiva la puzza.
Non è ancora chiaro, quello che succede?
Il quotidiano Sunday Star-Times, il 20 maggio 2002, ha titolato così: “Tassa sulle flatulenze preoccupa i contadini”. Il governo neozelandese stava considerando di imporre un balzello sui peti di ovini e bovini (60 dollari a capo) perchè le flatulenze emettono metano che danneggia la salute e rovina l’ambiente.
Non fosse ancora chiaro quello che succede, un’ultimo indizio.
Secondo uno studio pubblicato dal China Youth Daily, e attribuito a uno scienziato francese, i dinosauri si sarebbero estinti per la pesantezza dei loro peti. Si teorizza che il gas intestinale dei bestioni contenesse un’altissima percentuale di metano che avrebbe bucato lo strato di ozono e quindi causato inevitabili cambiamenti climatici, quindi esaurito il cibo. I dinosauri pesavano dalle ottanta alle cento tonnellate, mangiavano in media tra i centotrenta e i duecentosessanta chilogrammi di cibo il giorno – spiega lo studio – e la loro attività intestinale era pressochè incessante.
E’ chiaro quello che succede.
Ci stiamo estinguendo.

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50 Commenti

  1. Semplicemente si stanno rintracciando altri soggetti da ricattare, dopo le major del tabacco.

    Niente di nuovo sotto il sole. Non ci stiamo estinguendo, almeno non i paraculi.

  2. Dddai mitico Facci sandalato. Stiamo aspettando il capitolo sulle probabilità composte e sugli studi epidemiologici. Appena arrivi lì, ti stronco.

  3. Dopo aver letto tutto azzarderei non abbastanza in fretta….

    Approfitto comunque di questo spazio promozionale gentilmente offerto da MN, per promuove la mia campagna di sensibilizzazione all’acaro, non so se tu hai avuto modo di affrontare questo delicato argomento sul tuo libro, ma l’accanimento che si perpetua nei suoi confronti ormai da anni, rischia di condurre questo apatico essere della polvere ad una prematura estinzione.

    Sabato e domenica in tutte le piazze d’italia verrà offerto un simbolico sacchettino di nettezza d’autore, in cambio di una piccola donazione in favore dell’acaro.

    Fumare un acaro danneggia gravemente te e chi ti sta intorno.

  4. Luigi XIV fece solo un bagno in vita sua, non 2.

    Il barone di Schoemberg nel 1767, anno del suo matrimonio, cominciò a cambiare le mutande una volta alla settimana. Prima, è vero, le cambiava ogni 4.

    Almeno secondo Vita di Casa di Raffaella Sarti, che poi credo sia uno dei libri consultati anche da F.F..

    Quanto al deodorante, per gli americani è una religione. Dividono l’umanità in 2 gruppi: quelli che usano il deodorante e quelli che non lo usano. Evidentemente hanno una particolare sensibilità agli odori. E qualche problema.

  5. Inquietante.
    Per non farci estinguere, forse ci faranno passare la nostra esistenza in un’asettica teca di vetro (non plexiglas, che ancora non si sa ma magari è cancerogeno).
    Intanto che ci rifletto, accendo.

  6. Ma che senso ha affrontare il tema del divieto di fumare parlando di questi schizzati che vietano i profumi e i dopobarba? I profumi al massimo fanno venire la nausea a chi li subisce. Conseguenze ben diverse sono quelle del fumo passivo.
    E poi, se volessimo essere pignoli, potremmo cominciare a non pagare con i soldi pubblici (quindi anche dei non fumatori) le chemio per i fumatori…

  7. Harry, il Facci la prende da lontano e vuol arrivare a parlare degli studi statistici-epidemiologici. Quelli che dicono che l’uso del colluttorio aumenta la probabilità di cancro alla bocca, i cavi della tensione la leucemia ai bimbi.
    L’ho già scritto nel commento sopra. Appena lo scrive, e gia’ una volta l’ha fatto per gli incidenti stradali, lo mazzuolo.

  8. Cinquantadue giorni che non fumo. Che indelicata, dico che oltre al cancro c’è anche l’asma. Io ce l’ho e sono incazzata due volte: perché ce l’ho e perché mi piaceva fumare, ma adesso, per invidia e per salute, “se mi fumi vicino ti strappo le carni a morsi” (usatelo come titolo di film).

  9. Il sovrastante non è un commento. E’ letteratura. E’ semplicemente meraviglioso e annichilente.

  10. Non capisco le ragioni dell’uso del turpiloquio di fronte alla volontà di discutere. Pazienza. Evidentemente essere gentili non paga. Comunque, considerando il livello dei libri recensiti da F.F. nella sua rubrica del sabato, non so quanto convenga seguire il suo suggerimento di comprare il libro qui recensito…

  11. Turpiloquio? Ignoranza a parte – c’è ancora qualcuno che crede alla balla del fumo passivo – io a quelli che per esempio vorrebbero sospendere le cure ai fumatori malati di tumore spaccherei proprio la faccia. Deficiente.

  12. Certo che il fumo passivo fa male, sopratutto quello emesso da quel coglione col jeeppone che va in macchina a comprare il Napisan che ammazza tutti i germi del bucato.
    Chi è?
    Chiunque.

  13. …e poi potremmo non pagare coi soldi pubblici le cure per quelli che hanno incidenti senza aver messo la cintura, per quelli che bevono, per quelli che mangiano troppo, per quelli che contraggono l’hiv per non aver messo il preservativo.
    Abbiamo capito come annullare il debito pubblico.

  14. Ma perché non scrivi un bel romanzo intriso di cinismo e disperazione e passione e quant’altro, con una tela di fondo storica, invece di queste stronzate galattiche? Potresti farlo comodamente sotto pseudonimo.

  15. Il libro per sedurre quelle come te l’ho già scritto anni fa. E funziona ancora. Chi lo vuole mi scriva.

  16. Aridaje. E’ un vizio allora quello di insultare.
    Chissà qual è la ragione. E’ evidente che la sospensione delle cure ai fumatori è un paradosso retorico che, immagino che i più avranno capito, serve ad affermare che se dipendiamo dallo stato per curarci, accettiamo anche che lo stato, sulla base di regole che la società stessa si dà (principio liberale), ci dica se è opportuno o meno, in un luogo pubblico (frequentato da tutti), esercitare comportamenti dannosi per gli altri.
    Se siete libertarian – sto rivolgendomi agli altri gentili commentatori, non certo a chi insulta -, siatelo fino in fondo: io faccio quel che mi pare, ma non chiedo nulla allo stato. L’anarcocapitalismo, appunto (e con l’ultimo avverbio non intendo alludere ad alcunché). C’è qualche professore universitario nonché illustre editorialista del Giornale che può spiegare cos’è.
    Altrimenti, in una società liberale, in cui vi è la differenziazione delle competenze e delle conoscenze, se la comunità scientifica medica mi dice che il fumo passivo fa male, io, forse sbagliando, tendo a fidarmi. Ma non vedo perché mi debba fidare di un non medico che mi dice l’opposto.
    A meno che non ci sia sotto il solito complotto demo-giudaico-antitabagista.

  17. Harry, seriamente, cosa dovremmo fare di quelli che restano vittime di incidenti?
    Perchè la perniciosa abitudine di guidare miete più vittime del fumo.
    Eppure le alternative all’auto esistono.

  18. F.F, il libro che seduce mi affascina più di una seduta dal dentista.
    Potresti inviarmene una copia?
    Se prometti di abbandonarmi dopo avermi sedotta, ci sto.

  19. Io alla balla del fumo passivo ci credo. Sarà perché ogni volta che passo le serate in locali fumosi mi sveglio il dì d’appresso con la gola ridotta una chiavica.
    Quelli che restano vittime d’incidenti perché andavano a 190 contromano senza cintura dovrebbe avere l’educazione e la sensibilità di morire sul colpo, senza ammorbarci i coglioni con le loro prognosi riservate.
    F.F. è proprio un bell’uomo, ma ancora non ho capito perché ce l’ha con Signorini. Delusione d’amore?

  20. harry e calvin, una sola legge è bene non venga infranta: non sapete chi possa leggere questo sito idiota : mia zia ( due pacchetti di marlboro al giorno) è morta di cancro ( dopo mesi di chemio) e ho perso un carissimo amico in un incidente, dopo giorni di coma ( prognosi riservata). come me, mille altri. per favore, fate ironia su altre disgrazie ( il libro di f.f., p. e.), non sulla morte.

  21. Guarda Calvin, io sono sostanzialmente d’accordo con te.
    Bisognerebbe che quando uno è in colpa, sia del tutto in colpa e non a mezzo che sennò non sai bene come regolarti, insomma se vai a 190 all’ora abbi almeno il buon gusto di farlo contrmano e senza cintura di sicurezza che altrimenti potremmo non sapere come regolarci.

    Io per esempio ultimamente sono caduta da cavallo e mi sono rotta una gamba, stramazzata al suolo urlavo “abbattetemi come un cavallo!” e invece niente, mi hanno portato in ospedale e mi hanno operato.
    Ma ti pare una cosa giusta?
    L’equitazione è uno sport pericoloso, si sa, se decidi di praticarlo è giusto che tu ne paghi le conseguenze.

    Tu Calvin, per esempio, che fai di bello nella vita oltre ad allacciarti la ciuntura di sicurezza e mantenere i 110 Km orari sulla Bologna-Padova?

  22. Masturbo gli animali per l’inseminazione artificale (cit.).

    Francadestra, li mortacci nostri ce li abbiamo tutti; il che non mi impedisce di dire che chi fuma due pacchetti di sigarette al giorno non brilla per intelligenza. Anche perché per smettere di fumare non è che devi andare a S. Patrignano a farti picchiare dalla famiglia Muccioli e da Letizia Moratti.

  23. no calvin, tu sei un assistente sociale e te ne stai le ore a guardare le uova per cercarne sei perfette e comporre il pacco perfetto. e tu, harry, tu non fai ridere. magari non era nemmeno nelle tue intenzioni e allora sei solo un po’ stupido e non te ne facciamo una colpa.

  24. Calvin fumo un pacchetto di sigarette al giorno e brillo in intelligenza.

    Ancadestra, l’insensibilità non risiede nello scherzare su qualsiasi argomento, ma nell’incapacità di ritenere che certe cose possano capitare anche a noi.

  25. Voi scherzate, ma saltiamo addirittura il fumo (troppo facile) endiamo direttamente sul cibo. Allora. il governo britannico si prepara a introdurre una tassa sugli alimenti che determinano un alto livello di obesità, mentre – hanno spiegato – “è stata respinta l’ipotesi di negare la mutua agli obesi”. Significa che avevano considerato di negarla, di lasciare al loro destino le persone grasse.
    La proposta comunque è piaciuta. Nella primavera 2003 un deputato democratico (3) dello Stato di New York ha fatto propria l’idea della Fat Tax che intanto trovava emuli ovunque. Il Ministero della sanità americano proponeva che su certi prodotti venissero messe delle tipo quelle dei pacchetti di sigarette – provoca il cancro eccetera – mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità chiedeva ufficialmente che i governi imponessero forti limitazioni al contenuto di zucchero, sale e grassi nei prodotti più vari, con in più delle limitazioni ad alcune pubblicità.
    La Francia intanto si metteva a vietare le merendine della ricreazione scolastica mattutina (4), abitudine consolidata dal Dopoguerra: la si è ritenuta una causa di obesità infantile. I genitori sarebbero stati scoraggiati dal preparare queste merendine – si apprendeva – e i distributori automatici sarebbero stati aboliti. Intanto, in Arkansas, il peso dei bambini diventava un voto sulla pagella: con le autorità scolastiche a dover addirittura pesare gli studenti così da indicarne l’Indice di massa corporea. ossia il rapporto tra peso e altezza. La mole fisica, dunque. come un merito o un demerito individuale socialmente giudicato. E questo non pare bello.
    Non fosse chiaro, sono scampoli di una crociata contro quella che oggi è ritenuta la seconda causa evitabile di morte dopo le sigarette. Purtroppo le tonalità sono già quelle enfatiche e allarmistiche – controproducenti, temiamo – della crociata contro il fumo. Tutto si mescola, non bastasse: è spuntata una ricerca secondo la quale il fumo da cucina uccide ogni anno un milione e mezzo di persone per esalazioni che equivarrebbero, respirate per un giorno, a due pacchetti di sigarette.

  26. Ecco, allora il suo pacchetto di sigarette vada a fumarselo al cesso, barbona.

    F.F., secondo me mettere il fumo tra le altre battaglie dell’integralismo salutista è ovvio, però bisognerebbe chiarire che si tratta di questioni diverse. Il fumatore che se le accende una dietro l’altra dà fastidio a tutti quelli che gli stanno intorno, il chiattone che si mangia due chili di fritto no, cioé sì vabbé, ma basta non guardarlo.

  27. Il guaio è quando alla categoria dei maleducati appartiene, per esempio, una maestra elementare che fuma in classe.

  28. Rina, le maestre in classe non fumano più da almeno vent’anni.

    Calvin, gli idioti hanno bisogno di avere leggi che li proteggano dagli altri.
    Essendo idioti non riescono a vedere oltre al loro naso nè a comprendere le ragioni alturi così si attaccno come zecche alle loro piccole idiozie sperando che qualcuno gliele protegga.

    Colti in castagna nella loro fulgida idiozia offendono.

  29. “Il mondo è diviso tra educati e maleducati, non tra fumatori e non fumatori.”

    (niente da aggiungere, l’ho copia&incollato solo per dire che son d’accordo.)

  30. Caro Calvin,
    è con sincero rammarico che devo informarti che sono dislessica (o preferisci disgrafica?), ma immagino che le enormi dimensioni del tuo naso (non ti illudere! ho detto naso!) non ti consentano di prendere in considerazioni ipotesi differenti dalle incazzature.
    Ti dedico la sigaretta che ho appena acceso e ti auguro un festoso week-end di attente analisi calligrafiche (hai presente la storiella dalla pagliuzza e della trave?).
    Per quanto mi riguarda mi appello alla generosità che già a suo tempo vide Brontolo promotore di una campagna in favore di un barbone.
    Ti consiglierei di aderire con entusiasmo: dovessi ricavarne una somma considerevole, mi dedicherei anima, corpo e sigarette, al recupero dei pezzenti di spirito.

  31. E’ vero, da venti anni le maestre educate non fumano in classe.

    Quelle non educate continuano a farlo.

  32. Rina ha ragione.
    Io ho venti anni ma avevo una maestra che impuzzoniva l’aula; poi apriva la finestra anche quando fuori c’era la neve e ci faceva intirizzire. Poi certi madri le hanno fatto un cazziotone e allora si è messa a fumare sulla soglia. Mio fratello che va alla stessa scuola la vede ancora adesso che fuma sulla soglia.
    Altro che se ci sono le maestre che fumano a scuola.

  33. Pinco, tutto sta a stabilire, con che cosa la tua maestra “impuzzoniva l’aula”.

  34. Rina, non è un problema di educazione, per legge la maestra non può fumare in classe, poi esistono le eccezioni, ma come tali non possono essere portate ad esempio di comportamento generale.

  35. La maestra è maleducata oppure è una dipendente. Occorre vedere se fumi come una pazza oppure magari, poveretta, una ogni paio d’ore. La dipendenza da nicotina è molto più subdola di quanto non pensino soprattutto i non-fumatori, che pensano sempre che smettere sia una mezza cazzata. IO le droghe le ho provate praicamente tutte, e giuro che la nicotina è la peggiore in assoluto. La sigaretta è una droga a tutti gli effetti. La Food and Drug Administration negli Stati Uniti ha rilevato dati impressionanti: 1) L’87 per cento dei fumatori fuma ogni giorno.
    2) Quasi due terzi dei fumatori accendono la prima sigaretta entro mezz’ora dal risveglio. 3) L’84,3 per cento di coloro che fumano 20 o più sigarette al giorno hanno tentato senza successo di ridurne il numero. 4) Un fumatore che fa un serio tentativo di smettere ha meno del 5 per cento di probabilità di esserci realmente riuscito un anno più tardi. 5) Il 70 per cento dei fumatori sostiene di voler smettere completamente di fumare. 6) L’83-87 per cento delle persone che fumano più di 26 sigarette al giorno ritiene di aver sviluppato una dipendenza.- Quasi la metà dei fumatori che si sottopongono a intervento chirurgico per cancro al polmone riprende a fumare. 6) Anche dopo l’asportazione della laringe, il 40 per cento ha tentato di riprendere a fumare. 7) Tra coloro che appaiono fortemente determinati a smettere, e ricevono un’assistenza medica ottimale, la metà è in grado di smettere solo per una settimana, mentre a lungo termine la percentuale di fallimento è pari a oltre l’80 per cento.
    La dipendenza è curiosamente riscontrabile anche da quanto accadde nel Moors Valley Country Park (sud dell’Inghilterra) laddove si registravano periodiche aggressioni di scoiattoli che giungevano a mordere i visitatori senza un apparente motivo. Il responsabile del parco notò che ciò avveniva solo nei periodi di siccità e cioè quando era proibito fumare per il pericolo di incendi: si giunse alla conclusione che gli scoiattoli, che in precedenza erano stati visti mangiare i mozziconi abbandonati a terra, diventavano aggressivi perché in crisi di astinenza da nicotina: con un conseguente nervosismo e un’aggressività mai riscontrati in precedenza.
    Poi incontri quelli che ‘vabbeh, mica devi andare a San Patrignano’.

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