17 Commenti

  1. Non ci sono molte riflessioni da fare. È morta una ragazza che teneva un blog. È molto triste, ma succede.

  2. Mi ha messo una gran tristezza il suo post del 26 luglio. Sembra che sapesse che doveva morire dopo pochi giorni. Ciao Elena.

  3. Livefast, sono andata a leggere anche negli archivi e ora sto meditando se chiederti i danni morali o no. :-) Insomma, ho fatto il pieno d’angoscia e ora ho abbondanti scorte da qui ai prossimi sei mesi come minimo. Non so fino a che punto tu abbia letto il blog: se l’hai fatto o lo farai, scoprirai una vicenda esistenziale a tal punto tragica che l’epilogo di questi giorni figura come il meno triste degli episodi. Una riflessione in merito a questa tua segnalazione l’ho fatta e travalica, con ogni probabilità, le tue intenzioni (ma anche il blog stesso, che rimane solo uno spunto). E’ una riflessione sul senso del dolore nudo e crudo, che ti arriva sul muso a secchiate, non inscritto in una cornice di senso e tramandato da una sorta di scrittura automatica, innocentemente naif, che senza volerlo traduce la complessità della vita in un bollettino di sciagure. Drammatico, ma molto moderno. Molto simile, insomma, al pulp fiction quotidiano che manda in stampa, in onda oppure online quantità industriali di fegati variamente spappolati, con l’avvertenza sottotitolata che questa è solo la punta dell’iceberg e che ancora ne avresti da digerire di orrore per stare in pari col mondo. Risultato: orfani di una capacità rappresentativa che sappia esprimere grandezza tragica e incapaci di metabolizzare veramente il dolore, oscilliamo – come i bambini impiccati di Cattelan – tra sentimentalismo e cinismo.

  4. è esattamente il tipo di riflessione a cui mi riferivo. thanks for sharing.

  5. direi che l’unico post che non merita un commento è quello di Giulia….

    Un fiore per Elena che non conoscevamo e che non potremo conoscere più

  6. E ti pareva che non arrivava il buonista da quattro soldi.
    E un fiore per i morti del Bangladesh?
    E un fiore per il carabiniere ammazzato da Liboni?
    E un fiore per i morti in Iraq nell’ultima settimana, visto che dopo un po’ cadono in prescrizione?
    Quanto si riesce ad essere pelosi, santiddio.
    È ovvio che dispiace, ma un po’ di prospettiva, no?

  7. Unisco al fiore di Arcangelo il mio fiore.

    Tutto è ovvio. Anche il cinismo. Quel cinismo che è meglio tenersi per sé in simili occasioni.
    Se non si ha nulla da dire, meglio tacere.

    Ho letto tante pagine del blog di Elena. Alcune, dopo la sua morte, appaiono particolarmente toccanti. Lei scriveva:

    “Vorrei possedere una buona dose di cinismo, avere tanto pelo nello stomaco e pensare esclusivamente a me stessa, come fanno il 99% delle persone che mi circondano e che vivono serene e tranquille la loro vita, fregandosene altamente di chi li circonda”.

    Grazie a Livefast per questo post.

  8. Mi piacerebbe sapere dove, esattamente, ci sia cinismo. Il fatto è che non vi vedo piangere o strapparvi i capelli o postare link per ognuna delle anoressiche che si lasciano morire dettagliando ogni panino rigettato. O per le vittime di cui sopra.
    Ripeto: è triste.
    Però succede. Riflessioni? Nessuna.
    Se non che sì, la gente muore.
    E a volte la comunità dei blogger viene a saperlo e depone omaggi.
    Il più delle volte, no.

  9. Quando qualcuno muore, qualcuno prega, qualcuno depone un fiore, qualcuno riflette in silenzio, però non occore che qualcuno arrivi solo per per dire a che serve quel fiore, a che serve quella preghiera, a che serve quel pensiero.

  10. Quanta falsa commozione. Quanti luoghi comuni. Quanti fiori e pensieri e silenzi e preghiere per una persona che dimenticherete assieme agli echi di questa polemica. La gente muore e più delle volte non ve ne frega niente. Perchè Elena è diversa? Perchè teneva un blog e quindi era “una dei nostri”? Perchè leggere quello che scriveva ve la fa conoscere un po’? Mi chiedo perchè dovete conoscerle le persone per piangerne la morte? Perchè di quelli che non conoscete non ve ne frega un bel niente? Quanto fiato sprecato, Giulia.

  11. Non è necessario essere commossi, pregare o pensare.
    Se non si prova nulla basta tacere e non disprezzare chi si commuove.

    Adesso bisogna anche sottoporsi al siero della commozione e dimostrare se è autentica o falsa.

    Non è obbligatorio il commento a alcuni post che non si condividono.

    Io ho trovato penetranti le pagine del diario di Elena, alcune scritte con tutto l’amore di chi ama scrivere, alcune scritte come sfogo. Pagine dalle quali emerge la figura di Elena e attraverso le quali emerge anche la realtà dura in cui molti vivono. Forse tutti.
    Elena è riuscita a raccontarsi. Non tutti ci riescono.

  12. come detto evito di commentare le insulsaggini

    Il blogg è un diario dove ciascuno scrive quello che vuole, molto spesso stupidaggini, qualche volta il suo grido di dolore, e ogni tanto tutto questo diventa un po’ troppo reale per leggerlo senza reagire

    Aggiungo quindi altre due banalità di due vecchi signori che non ci sono più ma che anch’essi ci hanno lasciato qualche pensiero e qualche riflessione

    Ogni morte d’uomo mi diminuisce,
    perché io partecipo dell’umanità.
    E così non mandare mai a chiedere
    per chi suona la campana:
    essa suona per te.

    Il poeta inglese John Donne nella sua “Meditazione numero 17” (citato da Hemingway in addio alle armi)

    e quando giunsi accanto a lei/ caddero tutti i petali dal suo petto/ e si misero a volare nel vento/ e io non la rividi più/ ma i semi che si staccarono da lei quel giorno/ sono i fiori che ora fioriscono
    Erskine Caldwell

  13. Tutti quelli che hanno letto il blog di Elena hanno partecipato un po’ alla sua vita. Se ne è andata lasciando un piccolo segno di lei dentro di noi. Lasciando una storia. E’ già qualcosa. Non importa che domani ce la saremo dimenticata, innanzitutto perché questo non accadrà mai completamente: magari in un momento qualsiasi ci tornerà alla mente, ma poi perché abbiamo alzato la testa per un attimo per lei. Quello che vogliamo tutti è di avere qualcuno che ci riconosca, a cui raccontare le nostre gioie, i nostri dolori, le nostre intuizioni; qualcuno che ci risponda, che ci incoraggi nella difficoltà, che ci stimoli quando siamo svuotati, che ci sostenga quando vacilliamo, che creda in noi, che condivida o ci critichi, che si confronti con noi, che ci apprezzi, o che, almeno, sappia. Questa è la vita. Ed il blog al di là delle cazzate sulla fuffa, svolge in parte questo ruolo.

  14. e no, gomez, non è che elena fosse diversa perché teneva un blog, e leggendola la si conosce e quindi la si piange, è proprio il contrario: è diversa perché è morta e ALLORA la si legge, DUNQUE la si conosce e di conseguenza la si piange. pornografia dei sentimenti.

  15. Ogni tanto vado al cimitero a trovare i mie cari che non ci sono più. Ok, andiamo dalla nonna, mi dico, vediamo….zona E edificio M cappella 22 fila 3 loculo 5…..e dopo aver messo un fiore e pregato, sempre l’occhio mi cade sulle tombe accanto. C’è di tutto: vecchi, giovani, uomini, donne, belli, brutti, sposati, fidanzati, amati, non amati. Lo intuisci dai segni, dai fiori freschi o no, dagli oggetti lasciati lì, dalle fotografie. Ognuno con la sua storia, che non cambierà più, come quella di mia nonna. Bah. La morte è una livella.

  16. Il fatto è che, secondo me, non siamo più abituati alla morte come una conseguenza naturale della vita.
    Siamo circondati dalla morte, ma la morte dei dati statistici che ci rimbalzano dai mezzi di informazione e che ci conducono soltanto alle inevitabili riflessioni che il dato statistico ha voluto trasmetterci.
    Poi c’è la morte, la morte vera di chi abbiamo conosciuto in qualche forma (in questo caso virtuale) e all’improvviso la morte ci colpisce con tutto il suo carico di angosce, di commozione, di paure e di inutilità che essa comporta.
    Non conoscevo il blog di Elena e probabilmente non lo leggerò neanche adesso, ma sbirciando brevemente il suo regno ho pensato “ho conosciuto una ragazza che è morta” ed è come se questa morte l’avessi toccata.
    Angoscia, commozione, dispiacere sono il frutto di questa tangibilità.

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