Di Armani, di dominî e di altre sciocchezze

ArmaniSempre sulla questione del dominio “armani.it”, ricevo e pubblico molto volentieri quel che si dice “il parere di un esperto”. Bruno Piarulli è infatti la persona che ha portato Register.it ad essere il primo registrar italiano, nonché il primo accreditato da ICANN, con milioni di domini registrati (per la legge dei grandi numeri potrebbero esserci tra di voi clienti con qualche lamentela; beh, non vanno indirizzate a lui, sono abbastanza sicuro che non lavori più lì).

Come avrete modo di appurare, il suo è un punto di vista diverso, quasi terzista, direi.

Prima di lasciargli la parola, vi dico cosa avrei fatto io, se fossi stato il giudice del Tribunale di Bergamo, in assenza di una soluzione che potesse accontentare tutti: a) il dominio “armani.it” non è di nessuno, me lo prendo io, lo intesto al tribunale di Bergamo, e ci faccio mettere un link allo stilista e un link al timbrificio. Punto. b) Lo stilista si accontenta di “giorgioarmani.com”, l’altro di “timbrificioarmani.it”; c) quello che ha dato inizio ad una causa così idiota paga gli avvocati di tutti e due, e le spese del tribunale; d) e se tra un anno siamo ancora qui e non l’avete piantata, su “armani.it” ci metto un sito porno con i dialer.

La parola a Bruno che, su un piatto d’argento, pone un ottimo spunto per il dibattito.


DI ARMANI, DI DOMINÎ E DI ALTRE SCIOCCHEZZE…
di Bruno Piarulli

La legge e il buon senso

Quando si gioca con la palla, è più giusto colpirla con le mani o con i piedi? Risposta facile: dipende se stai giocando a calcio o a pallamano. O a pallacanestro, o a pallavolo. Uno si sceglie un gioco, uno sport, e ne segue le regole. Certo, le regole ogni tanto possono cambiare, nel gioco ci sono anche alcune eccezioni (pensate alle rimesse laterali nel calcio) ma in sostanza se uno sceglie un certo gioco ne deve seguire le regole. Mica è obbligato a giocarlo, quel gioco, è una sua scelta.

Se decido di avviare un’attività commerciale ho ovviamente una certa quantità di regole da seguire, la partita Iva, le licenze, l’iscrizione alla camera di commercio, e così via. Così come c’è anche un bel mucchietto di leggi o disposizioni di legge da rispettare (vi risparmio l’elenco), altrimenti non si può avviare l’attività commerciale. Anche in questo caso è una libera scelta personale. Alcune leggi possono anche sembrare o essere ingiuste e sbagliate, ma sono leggi e finché non si cambiano vanno rispettate. Uno lo sa prima di partire, e decide liberamente.

Luca Armani ha avviato la sua attività commerciale ed ha implicitamente accettato queste regole. Quando leggo nei molti commenti alla sua vicenda che è stato usurpato del dominio corrispondente al suo cognome, penso che nessuno dei commentatori si sia preso la briga di verificare “per che cosa” veniva utilizzato il dominio con il suo cognome. Conoscete di sicuro tutti www.archive.org, basta farci un giretto per scoprire che il dominio armani.it è sempre stato usato per promuovere un’attività commerciale, quella del Timbrificio Armani. Non è mai stato un sito “della famiglia Armani, dove Luca poteva pubblicare tutto quello che gli pareva, ma senza alcun fine commerciale. Non è mai stato un sito “personale”. Non è nemmeno mai stato un dominio “parcheggiato”, usato solo per indirizzi email, ma sempre un sito per promuovere la sua lecita e legittimissima attività commerciale. Che, in quanto tale, deve stare alla regole delle attività commerciali. Tra le quali, volenti o nolenti, esiste anche la legge marchi.


Ora, se qualcuno vuole fare crociate per difendere una piccola attività commerciale contro una grossa attività commerciale, se vuole farne questioni di principio (per un dominio? mah…), o farci sopra un bello sciopero della fame (per un dominio? mah…) si accomodi pure, ma non venitemi a dire che “è stato derubato del suo cognome”. Se avesse usato il domino armani.it per parlare del suo cognome e della sua famiglia, invece che del suo business, credo che il dominio lo avrebbe ancora.

Se invece le crociate sono per cambiare la legge marchi perché la si ritiene una legge ingiusta… allora, per favore, rettifichiamo il tiro. Continuare con questa tiritera del cognome usurpato non porta da nessuna parte.

P.S. chi vuole approfondire l’argomento dominopersonale/dominiocommerciale trova interessanti spunti su Interlex a questa pagina .

First come, first served

Che, tradotto liberamente, suona più o meno come “Chi primo arriva, meglio alloggia!”. La storia stessa dell’uomo e della sua evoluzione si basano su questa regola, no? E in perfetta legalità intendiamoci! Erano perfettamente in regola i francesi, gli inglesi, gli spagnoli, ecc. che nei secoli scorsi hanno conquistato isole sperdute o territori enormi dichiarandoli di loro proprietà solo perché erano arrivati per primi.

La stessa cosa si è ripetuta durante la corsa all’ovest americana: a chi arrivava primo venivano dati appezzamenti di terreno da coltivare o sui cui allevare bestiame, e ancora oggi esistono proprietà terriere grandi più o meno come la lombardia eredità di quella politica “first come first served”. Idem con qualche variante per le conquiste territoriali in america del sud. Anche in Antartide c’è già da tempo chi avanza pretese territoriali, sono certo che sia un fatto noto.

Nel nostro piccolissimo microcosmo italiano ricordo con un sorriso la corsa all’acquisto dei titoli Tiscali ai tempi della sua quotazione in borsa durante il periodo d’oro del nuovo mercato, e ricordo la frustrazione e la rabbia di chi era arrivato tardi ed era rimasto escluso dalla sua fetta “di fortuna”. Già: “era arrivato tardi…”. Perché è di questo che si tratta, no? I più veloci, i più attenti, i più pronti a reagire ottengono quello che vogliono, gli altri… ciccia! E lo ottengono legalmente, niente di scorretto in questo, e neanche di socialmente riprovevole. Se non ci fossero quelli più attenti, più veloci, più pronti a cogliere le opportunità, forse saremmo ancora all’età della pietra.

Perché i nomi a dominio dovrebbero seguire una regola diversa? Se io sono più attento al settore informatico, se conosco meglio l’argomento, se vengo prima degli altri a conoscenza di qualcosa “di nuovo”, perché non devo poterne lecitamente approfittare? Appena mi accorgo che posso avere “ilmiocognome.it”, perché non registrarlo per farci il mio sito o gli indirizzi e-mail miei e della mia famiglia? E gli altri che hanno il mio stesso cognome? Ciccia! Si arrangino, la prossima volta stanno più attenti! D’altronde, mica l’ho inventato io il “first come first served”, io sono solo stato il più veloce.

Tutto giusto. Tutto molto giusto. Così va il mondo, e sappiamo che tentare di cambiarlo è una perdita di tempo. Se oggi non ci sono più isole o territori da conquistare, pazienza, non ci possiamo fare niente.

Eh no. Proprio no. Internet non è così. Non è stato pensato perché sia nelle mani “di pochi”. Internet vive di un mondo che, tecnicamente parlando, è stato costruito da noi, e che segue regole “tecniche” inventate e progettate da noi. Perché cavolo il Sig. Rossi, che si è legittimamente (con le regole di oggi) registrato il suo dominio “rossi.it” deve impedirne l’utilizzo ai milioni (credo) di altri Rossi che esistono in Italia? Solo perché è stato più attento ed è arrivato prima? Bella cosa! E alla prossima generazione, quella che nel 1996 non esisteva neanche, cosa diciamo? Ciccia, sorry, arrangiati!

Però su Internet **è possibile** cambiare le regole, almeno qui. Ci sono al mondo migliaia di ottimi “tecnici”, che trovino loro un sistema che ci restituisca la nostra identità. Un incrocio tra i domini e il P2P. Un numero illimitato di estensioni per i domini. Un codice a un triliardo di cifre nascosto in qualche bit che permetta alla rete di distinguere il Mario Rossi di Centocelle dal Mario Rossi di Casalecchio. Che facciano loro, se ci stanno riuscendo in Antartide a condividersi le risorse, non vedo proprio perché non possiamo farlo anche noi su Internet.

La regola del “first come first served” è una regola del piffero. Per non dire peggio.

Rossi.it, Davide contro Golia?

Dice Gianluca Neri “in Armani”, a mo’ di esempio: “…domani Valentino Rossi si presenta al signor Marco e si porta via il dominio “rossi.it”. Motivazione: è più famoso, guardagna molto di più, è più giovane, più bello e ciula un sacco di più. Poi iniziano a litigare Paolo (il comico) e Valentino (il motociclista) e fanno a gara a chi è più famoso, ricco eccetera eccetera. Attirati dal trambusto mediatico si aggiungono Paolo (il calciatore), Vasco (il cantante), Valeria (la cantante), Antonio (il canoista), Barbara De (l’attrice), Martini & (il cocktail).”
Che, secondo me, è un po’ come dire che il “piccolo” Marco Rossi che ha registrato per primo (aridaje…) il dominio rossi.it correrebbe il rischio di vederselo togliere da qualche personaggio “famoso” che si chiama Rossi che, svegliatosi in ritardo, cerchi di impadronirsi del dominio facendosi forte dei suoi soldi e della sua notorietà.

Mai esempio poteva risultare meno azzeccato. Non faccio il legale di mestiere, ne’ il giurista, me se c’e’ un dominio che mi sembra usato in malafede è proprio il dominio rossi.it. Avete provato a visitarne il sito? Non è altro che una pagina con scritto “Rossi srl” (però più sotto è indicato come Marcorossi Srl, tutto attaccato, e lo stesso dice il Whois) che serve solo ed esclusivamente per reindirizzare i navigatori verso altri due siti esclusivamente commerciali, tutti e due intestati alla Marcorossi Srl.

Ora, perché la “Marcorossi srl“, che tra l’altro usa il dominio solo per indirizzare i visitatori sul suo sito, dovrebbe avere più diritti di un qualunque sig. “Qualcosa Rossi”, compresi i nomi famosi citati qui sopra? Solo perché è arrivato prima? Ma in Italia il proprio patronimico, il proprio cognome è tutelato dal codice civile. E mentre nel caso “armani.it” abbiamo già visto, e per anni, quale è l’uso che il sig. Luca intende fare del suo dominio, nel caso dei Signori Rossi rimasti a bocca asciutta non possiamo sapere in anticipo se vorrebbero farne un sito personale, mica possiamo fare un processo alle intenzioni.

A me invece, a differenza di altri, piacerebbe proprio vedere un *qualunque* sig Rossi a caso cercare di ottenere il dominio “rossi.it”, credo che vincerebbe. L’uso attuale del dominio “rossi.it” ha già un nome: si chiama squatting.

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7 Commenti

  1. dissento su uno dei punti cardine del ragionamento di Piarulli (pur non essendo io stesso un giurista): la legge sui marchi vieta l’utilizzo del nome di persona (o cognome) come marchio *in regime di monopolio*. Questo significa che se Giorgio Armani usa il proprio cognome per la propria azienda, lo stesso Luca può farlo. Per esempio, esiste da anni uno spumante Ferrari, che non dà noia a nessuno, o anche un enorme caseificio Ferrari… e non mi risulta che Cordero di Montezemolo abbia mai tentato di inibirne l’utilizzo. Cadendo questo presupposto, cade tutto il resto.

  2. Dario: seguendo il ragionamento di Piarulli in questo caso è Luca Armani a esercitare un regime di monopolio a danno di altri possibili richiedenti, visto che il dominio è occupato interamente da lui. Nel mondo fisico invece può sempre esserci concorrenza sleale ma niente impedisce a diverse aziende di portare lo stesso nome.

  3. Davvero curioso questo Piarulli. Prima argomenta giudiziosamente la legittimazione storica della regola “first come first served”, e poi conclude che è una regola del piffero. Mah…

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