Io amo la Scienza / 1 – Il consenso tra scienziati

Comincia oggi una serie di post pallosi, pensati per affrontare alcuni problemi e incomprensioni che ci sono nella comunicazione degli argomenti scientifici; si parlerà di cos’è e cosa non è la scienza, del modo di fare scienza, del consenso fra scienziati, delle grandi toppe; e poi si parlerà di colui che la scienza moderna l’ha fondata, Galileo. Per chi è un “iniziato”, vi pregherei di considerare che a volte ci saranno alcune semplificazioni.
Stay Tuned.

Quante volte l’avete letto o sentito? Frasi del tipo “non c’è ancora consenso nella comunità scientifica”; oppure la variante “ci sono molti scienziati che dissentono su queste teorie”. In questi periodi si leggono spesso commenti di questo genere; ecco, quando leggete una siffatta frase, alzate le antenne perchè chi la sta scrivendo o non capisce una mazza o sta barando.
Per farvi capire il punto ci vuole un piccolo panegirico su cosa sia la scienza e il suo processo; la scienza galileiana è basato su un costrutto molto semplice:
1. Si osserva e si misura un fenomeno (esempio classico, un oggetto che cade).
2. Si prova a scrivere una relazione aritmetica (l’oggetto ha un’accelerazione costante nel tempo).
3. Si mette la relazione aritmetica in uno scritto a disposizione della comunità scientifica per provarne la validità.
4. Si ritorna al punto 1 per affinare la relazione aritmetica.


Fatte le dovute proporzioni, con questo semplice costrutto l’essere umano ha raggiunto in meno di 400 anni un livello di comprensione del mondo esterno enorme. Niente a confronto con i precedenti metodi (i.e. il metodo Aristotelico) che avevano bloccato il progresso scientifico in un circolo vizioso.
Provate a rileggere i 4 passi di cui sopra e non troverete da nessuna parte la parola “consenso tra scienziati” ovvero “dissenso” ovvero “mainstream”. Non esiste proprio. Esiste che altri scienziati fanno contro-prove sulle relazioni aritmetiche provvedute dall’autore del modello aritmetico. Ma non esiste che una relazione del tipo “tanti più scienziati credono che una data teoria sia vera, tanto più è vera”.
Da questo equivoco nascono anche leggende popolari del tipo “ah, gli scienziati in quella occasione si sbagliarono, quindi non sono affidabili”. Bullshit. La storia della scienza galileiana è piena di esempi di cantonate poi rettificate. Ad esempio per decenni tutti gli scienziati hanno creduto che le onde elettromagnetiche si propagassero in un mezzo (detto etere) che permeava l’intero universo. Perchè nessuno poteva mentalmente accettare il fatto che delle onde di energia si potessero propagare senza avere un supporto, ovvero che le onde si “supportassero” da sole. Bastò un esperimento per mandare all’aria l’etere, anche se oggi viene ancora usata come parola.
Un altro esempio che non distrusse una teoria, ma la raffinò, furono gli errori orbitali di Mercurio: per secoli la teoria del moto dei pianeti scritta da Newton prevedeva in modo sopraffino il moto dei pianeti, addirittura permettendo la scoperta “indiretta” di Nettuno. Senonchè per un pianeta, Mercurio appunto, presentava un piccolo errore. Ci volle un cambio completo di paradigma, ovvero la teoria einsteniana della relatività, per rimettere a posto quel piccolo errore.
Insomma, in questi due casi, ma di esempi potrei portarne centinaia, il “mainstream” degli scienziati sbagliò alla grande. Ma non sbagliò il metodo scientifico. Semplicemente perchè il metodo non prevede che una teoria scientifica sia ritenuta valida in base ad un principio democratico.
La scienza insomma, non è democratica. Può esserlo, ma è un caso. Può capitare che uno-scienziato-uno faccia una misura e stravolga le idee ritenute valide. Alcuni faranno ovviamente baronaggio per provare a discreditarlo, ma se ha i numeri delle misure dalla sua, non c’è barone che tenga. Ma questo ha a che fare col baronaggio, con il conservatorismo di certe persone, non con la scienza.
La conclusione è piuttosto semplice: se c’è una discussione su un fenomeno scientifico, non vi fidate di chi usa il consenso o il dissenso degli scienziati per argomentare sul fenomeno in sè. Non vuol dire niente e vi sta prendendo in giro. Ovviamente mi sto riferendo ad un caso attuale ben specifico, e cioè al tentativo reiterato di discreditare il lavoro dei climatologi sulla base della presenza di dissenso tra di loro. C’è pure chi ci ha romanzato sopra un libro sullo “Stato di Paura”. Ma il problema non è la scienza, per la quale ci si può solo augurare la disposizione di fondi sempre maggiori. Il problema è la traslazione in politica democratica di un processo che purtroppo democratico non è.

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40 Commenti

  1. Giusto un’annotazione, secondo me molto spesso (anzi sempre) il punto due arriva prima del punto uno: si ipotizza una relazione tra grandezze e poi si valuta con l’esperimento se tale legame e’ corretto. O, dicendo in un altro modo, un esperimento si fa per convalidare una teoria che esiste gia’, altrimenti e’ impossibile sapere quali grandezze debbono essere misurate e quali sono ininfluenti…
    D.

  2. Il dissenso è parte integrante della “discussione scientifica”.
    Il caso che sollevi tu, riguardo il continuo attaccare quelli che sono i fondamenti stessi dell’ecologia, tramite lo screditamento sistematico degli studiosi che se ne occupano, è assolutamente preoccupante.
    Sembra che qualche “potente” abbia deciso che in giro ci si stesse preoccupando troppo per le sorti della terra ed abbia deciso che fosse ora di bloccare questa situazione che, di fatto, danneggia chi fa delle vecchie fonti di energia una fonte di guadagno iperbolica.
    Di questo passo ci verranno a dire che il buco dell’ozono è colpa dei pannelli solari, o giù di lì, e non delle raffinerie o degli stabilimenti industriali inquinanti.

  3. “Come succede in ogni cambiamento di moto, anche nei cambiamenti della scienza c’è un attrito.
    Purtroppo la scienza non è fatta di persone votate solo alla conoscenza ma è fatta anche di persone che hanno interessi pratici. La posizione di scienziato, come tante altre, è connessa con l’accesso a privilegi pratici, che vengono concessi a coloro che hanno la qualifica di “esperto”.
    Esperto in un campo si è quando si sa un certo insieme di cose, che si sono imparate per la maggior parte quando si era giovani e freschi, e che si sfruttano quando si è anziani e tardi nei riflessi, proprio quando è maggiore il bisogno di avere privilegi pratici, in particolare la moneta.
    A questo punto, che succede se per un cambiamento delle conoscenze, le informazioni che permettevano a quella persona di avere la qualifica di esperto, devono essere cambiate, rinnovate?
    Ebbene, lui non sarà più un esperto e quindi addio moneta, addio top model e addio a tanti privilegi.

    Ma c’è un meccanismo che rallenta questi cambiamenti. Nella scienza moderna è stato istituita la procedura della Peer review, ovvero ogni cosa nuova deve essere sottoposta al giudizio degli esperti. Questi possono dire che la cosa è del tutto inconsistente così che il nuovo non può emergere e loro mantengono i privilegi.

    Quindi tenendo conto dell’intreccio tra l’interesse astratto della conoscenza e l’interesse concreto ai privilegi si genera un attrito continuo che rallenta i moti e l’avanzare del nuovo.”

    Cit. Emilio Del Giudice
    Rficercatore all’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare di Milano (INFN).

  4. Sull’istituto del peer review volevo fare una puntata intera nei prossimi giorni. In realtà io lo vedo come un modo per ottimizzare il punto tre, una scrematura.
    Teoricamente ogni risultato potrebbe essere messo a disposizione della comunità, ma si preferisce fare un scrematura per evitare l’infazione dei lavori e la consequente impossibiltà di rivederli. Ovviamente questo genera una dipendenza verso il baronaggio.
    Anche sullo scambio tra uno e due (induzione-deduzione) ci sarà un panegirico…

  5. Non dimentichiamo che, come ci dice Popper, oltre che per il metodo di indagine, la scienza si distingue dagli altri tipi di attività intellettuale per la ragione che ogni fatto scientifico è sottoposto al criterio di “falsificabilità”. Infatti, per quanto numerose possano essere, le osservazioni sperimentali a favore di una teoria non possono mai provarla definitivamente ma basta un solo controesempio per confutarla. La falsificabilità è anche il criterio di demarcazione tra scienza e non scienza: una teoria è scientifica se e solo se essa è falsificabile.

  6. Ahi ahi, mi spiace Darwin ma non sei molto aggiornato e sei troppo generico. Scienza vuol dire tante cose.

    Il metodo scientifico nel campo della fisica era quello galieiano ma è stato rettificato nella fisica moderna (si veda ad esempio la dualità onda-corpuscolo delle particelle, etc…). L’osservazione influenza direttamente l’esperimeto e quindi i 4 passi non sono più sufficienti.

    In biologia e medicina la massima parte delle leggi è di tipo probabilistico e non può essere espressa con una formula matematica. Quindi per riconoscere scientificità di un discorso medico, si ricorre ad un controllo empirico basato sulla ripetibilità, statisticamente significativa, delle osservazioni da parte di altri ricercatori. (Da Wiki) E qui entra in campo l’opinabilità sulle modalità in cui sono state effettuate tali osservazioni.

  7. Vittorio: “Il metodo scientifico nel campo della fisica era quello galieiano ma è stato rettificato nella fisica moderna (si veda ad esempio la dualità onda-corpuscolo delle particelle, etc…). L’osservazione influenza direttamente l’esperimeto e quindi i 4 passi non sono più sufficienti.”

    Non direi proprio!

    Hai ragione invece sulla non totale formalizzabilita’ (in termini matematici) della medicina, ma un secondo quale criterio una legge statistica non puo’ definirsi scientifica? Allora anche la “moderna” termodinamica non sarebbe scienza visto che si basa sulla definizione di insiemi statistici.

  8. Il post di Fabrizio da’ per scontate molte cose (da cui il suo tono assertivo). In realta’, l’esistenza di un metodo scientifico, di una scienza “galileiana” etc sono concetti che appartengono al passato, nel senso che un grande dibattito le ha sottoposte a critica fino a demolirle. Diciamo che 100 anni fa forse il post aveva un senso. Ma ora e’ scientista o mistificatorio. Perche’ spiega la scienza attraverso regole interne alla comunita’, relegando qualsiasi interazione societa’-scienza al “baronaggio che rallenta”. In realta’ la storia, i valori, i costumi, i poteri e gli interessi della societa’ penetrano nella discussione scientifica anche senza i baroni. Per cui il progresso non si puo’ spiegare solo come “selezione naturale” della teoria migliore. Ci sono salti, censure, deviazioni, biforcazioni che spesso hanno proprio a che fare con l’intersezione tra svolte scientifiche e svolte sociali. Un esempio: la teoria copernicana non era piu’ esatta della teoria di tolomeo.
    Al contrario, la teoria tolemaica basata sugli epicicli fu a lungo molto piu’ precisa di quella copernicana. Eppure prevalse quella copernicana, spinta da fattori che non erano solo la rispondenza tra un’equazione e un’osservazione: c’era anche la semplicita’ di una teoria, la sua generalita’, la fine del medioevo e l’imporsi dell’umanesimo razionale, laico e commerciale. Insomma, la favoletta di carletto darwin e’ un po’ sorpassata e semplicistica. Non pensate che le cose stiano davvero cosi’. Io sono un fisico teorico, quindi dalla parte della scienza perche’ se non altro ci campo. Ma non e’ obbligatorio essere scientisti.

  9. @Vittorio, forse non mi sono spiegato. Se non semplifico, non arriva il messaggio.
    Se mi metto a parlare di gaussiane, poissoniane e di chi-quadro, non ne usciamo. Ci capiamo in cinque. E se è per questo allora il problema ce l’aveva anche la gravitazione, per la quale molte equazioni non sono risolubili in modo diretto (problema dei tre corpi).
    @scienziato non scientista, discorso simile. Guarda che qui non stiamo parlando del perchè una teoria resiste e una no (ci sarà anche un post sulla parola teoria, ma non affonderò il coltello); stiamo parlando del fatto che le teorie vengono messe in discussione perchè non c’è consenso fra scienziati. E, tu mi insegni, il consenso/dissenso fra scienziati non è scienza. Questo era il mio messaggio. Period.
    Mi sembra che il titolo del post era chiaro; il discorso sul metodo era solo incidentale.
    PS: ti assicuro che non sono scientista.

  10. Lo “scienziato non scientista” equipara Tolomeo a Copernico. In altre parole, dire che il sole gira intorno alla terra o viceversa è più o meno la stessa cosa. In altre parole ancora, il progresso è un’illusione superficiale. E nelle crepe create da questa opera di demolizione del concetto di progresso indovinate un po’ chi si infila? Indovinato. Il cardinale Ruini con tutti i paramenti ed i libri sacri.

  11. Sottoscrivo “lo scienziato non scientista”. Consiglio leggere un po’ di filosofia della scienza, in particolare: Ian Hacking “representing and intervening”,Ronald Giere “Explaining Science”, Nancy Carthwright “where the laws of physics lie”, e forse ti farebbe bene leggere anche Baas van Fraasen “the scientific image”. Se il metodo scientifico fosse davvero quello Galileiano (con tutti i suoi meriti per carità) noi vivremmo ancora in un universo tolemaico, non esisterebbe la tettonica a zolle e la meccanica quantistica sarebbe differente da quello che è.

  12. Grazie Stalker. Me ne manca solo uno. Ho anche il Newton-Smith se ti interessa. E ti assicuro che li ho letti.
    Senza offesa, io stavo provando a descrivere un altro problema (il consenso fra scienziati). Ho provato anche a mettere una premessa per gli “iniziati”. Non è servita; mi dispiace. La prossima volta la scrivo in rosso lampeggiante… :-)

  13. per Fabrizio:

    Che le discussioni portino altrove non e’ cosi’ male; non mi paiono completamente OT ;-)

    Spiego allora perche’ ho citato lo scientismo a proposito del tuo post.
    Nel post scrivi che basta uno scienziato con una teoria solida per battere la maggioranza che sbaglia. Cio’ implica un’ipotesi scientista: presuppone che il dibattito scientifico si faccia a colpi di misure e di confronto su quanto un’equazione sia oggettivamente piu’ accurata di un’altra. Non voglio fare il complottista: molto spesso le cose vanno proprio cosi’. Il problema e’ che proprio nei momenti di svolta, nei “cambi di paradigma” spessp le cose non vanno cosi’, e fattori extra-scientifici (economia, religione, cultura, caso etc) intervengono piu’ o meno implicitamente.

    Proprio per questo non bisogna fidarsi di chi usa il supporto della maggioranza degli scienziati per acquisire un consenso o un potere. Perche’ c’e’ il rischio che proprio quel potere abbia poi un feedback sulle scelte degli scienziati, rafforzandole: proprio perche’ la direzione della scienza non e’ solo determinata da oggettivi confronti tra curve.

    Arriva il principe e dice: “chi da’ ragione a copernico faccia un passo avanti”. Avanzano in tanti: il principe si avvicina ad uno a caso e gli taglia la testa. Poi ripete “Chi da’ ragione a copernico faccia un passo avanti”, e stavolta non avanza nessuno. Il sole continuera’ a girare intorno alla Terra. Ma di quegli scienziati, numerosi ma impauriti, non c’e’ da fidarsi, come dici tu. E non e’ detto che prima o poi la versione di Copernico ha la meglio: magari ci sara’ qualcuno che trovera’ un compromesso, o un’altra teoria ancora, e non e’ detto che alla fine emerga la teoria di Copernico. Secondo me e’ scientista non tenere a mente tutto questo scenario complesso.

    Cmq si’, riconosco che lo scientismo e un’ideologia che va anche al di la’ di cio’ che scrivi tu, e forse e’ una citazione eccessiva qui.

    x Davide:

    Credo che tu non abbia afferrato proprio bene bene il discorso che ho fatto. Non ho equiparato niente. Ho detto solo che una teoria puo’ affermarsi anche se il suo valore predittivo e’ (momentaneamente) inferiore. Il tuo ragionamento mi pare un po’ mattacchione, ma macchianera da’ spazio a tutti. Pero’ ti consiglio di rileggere il commento mio, e poi provare a riscrivere da capo il tuo.

  14. @PawnHeart e Fabrizio:
    Se parliamo di scienziati nel campo medico o biologico il risultato di una ricerca/esperimento spesso non fornisce un risultato assoluto ed incofutabile. Anzi, la forza del risultato dipende in gran parte dall’autorevolezza di chi sostiene tale affermazione.

    La fisica teorica invece:
    “La Fisica teorica è una branca della fisica che fa uso di modelli matematici piuttosto che di esperimenti reali. La fisica teorica cerca di descrivere il mondo attraverso una modellizzazione della realtà[..] È possibile classificare le teorie fisiche in tre categorie: le teorie condivise, le teorie alternative e le teorie estreme.”
    C’è spazio per opinioni discordanti tra scienziati eccome. Quando si parla di meccanica quantistica ad esempio si parala delle sue diverse “interpretazioni”, la più diffusa delle quali, quella di Copenaghen, è in pieno conflitto con le teorie di Einstein.
    Bohr era pure giunto ad affermare (per assurdo) che la realtà esiste o si manifesta solo nel momento in cui viene osservata.

  15. Vittorio hai ragione il problema dell’interpretazione della MQ e’ complesso, la scuola di Copenhagen sembra aver avuto la meglio, perche’ e’ quella che al momento riesce a dare la migliore spiegazione dei dati sperimentali. Einstein non e’ riuscito a fornire una teoria alternativa alla MQ, ed e’ noto che a lui la MQ non piaceva. Neanche von Neumann non e’ riuscito a fornire una teoria solida delle variabili nascoste per spigare l’indeterminismo della MQ. Chi e’ che sosteneva che le teorie scientifiche sono soggette a seklezione di tipo darwiniano? forse Bellone ne “La stella nova”?

  16. Mi ha colpito quest’affermazione:
    “In biologia e medicina la massima parte delle leggi è di tipo probabilistico e non può essere espressa con una formula matematica”
    Obiezione: teoria della probabilità (apparecchio matematico teorico sui fenomeni casuali) e statistica (studio dei fenomeni casuali) non sono più branche della matematica? Da quando? ;-)

    E’ che esitono classi di fenomeni che senza le due discipline citate, e che senza le discipline di frontiera (caos, teoria della retroazione) sono intrattabili. Meteorologia, epidemiologia, biologia, ecologia… E il metodo scientifico impone di usare gli strumenti più adatti. Ma non illudiamoci: se non si misurano sistemi e fenomeni non si fa scienza, si fa qualcos’altro.

    E comunque, bel thread. continuiamo così.

  17. Non appartengo alla comunità degli “iniziati”, seguirò il discorso che mi appare molto interessante.
    Ora, al di là della validità attuale del metodo galileiano così come esposto dall’autore, se permettete, mi permetto di gettare un sassolino nello stagno.
    Sappiamo tutti che, in linea teorica e di principio, molte cose funzionano in modo che rasenta la perfezione. E così, io, profano, mi immagino debba funzionare anche la ricerca scientifica.
    Però poi io, uomo curioso, vengo a sapere tante cose che mettono un po’ in crisi questa mia convinzione. E cioè che, ad esempio, i risultati di un esperimento non sono sempre di tipo (diciamo) “binario”, e cioè “si” o “no”; e che vengono letti alla luce dei presupposti teorici di chi lo effettua, per cui che il bicchiere sia mezzo pieno o mezzo vuoto è dimostrato “scientificamente” dall’ottimismo dello sperimentatore; da questo difettuccio di principio deriva poi la piaga della “democratizzazione” della verità scientifica, quella della “maggioranza” degli scienziati.
    Tralascio, poi, di approfondire altre considerazioni sulla “onestà” di certi esperimenti: la vita è dura e i soldi sono pochi, ma a leggere quanto dichiarano ricercatori anche di fama vengono i brividi: praticamente, si conterebbero sulla punta delle dita le ricerche i cui risultati non siano un po’ “aggiustati” al fine di dimostrarne la validità e la potenzialità, e assicurare così curiosità mediatica (altro punctum dolens, il rapporto tra la scoperta scientifica, il suo significato reale, la maniera in cui viene “venduta” al pubblico e la percezione che quest’ultimo ne ha) che porta preziosi finanziamenti.
    Chiarisco che non intendo criticare nessuno, e che le mie sono solo curiosità di un “non addetto ai lavori” che segue con interesse e curiosità l’attività degli scienziati; spero che la lettura dei post successivi, e dei relativi commenti (contrariamente a quanto accade di solito qui su MN, mi pare che siamo a un livello piuttosto alto, per competenza e civiltà. OK, escluso lo scrivente). possa chiarire almeno qualcuno di questi che, per me, sono punti oscuri.

  18. Mah Showland, è un punto interessante. Io l’ho liquidato nel post con un accenno al baronaggio, perchè volevo focalizzarmi su un’altra questione.
    Insomma, è la faccenda che in fondo a fare gli esperimenti e le teorie sono degli esseri umani, con una famiglia, il ragazzino che non ha dormito tutta la notte, le rate della macchina o della casa, le incazzature con il marito ovvero con la moglie, gli scazzi con direttore dell’istituto, …
    Siamo d’accordo e non era mia intenzione mettere lo scienziato su un piedistallo. Io volevo solo dire che il consenso/dissenso tra scienziati non è scienza e che i politici/giornalisti/scrittori che ci giocano, o sono ignoranti o sono scorretti.

  19. Fabrizio, fesso, quando si parla di dissenso tra scienziati, lo si fa in relazione alle teorie non dimostrate, non certo rispetto a quelle gia’ dimostrate.
    Per esempio c’e’ dissenso tra gli scienziati in merito al fenomeno del surriscaldamento terrestre: alcuni sostengono che sia solo a causa delle attivita’ umane, altri propendono per una concausa tra attivita’ umane e la naturale variazione del ciclo climatico.
    Altro esempio di dissenso tra scienziati: taluni scienziati pensavano che i focolai di influenza aviaria asiatica sarebbero sfociati in una pandemia semimondiale, altri invece ritenevano che fosse una bufala.
    Ovviamente invece non c’e’ dissenso sul fatto che due piu’ due su una scala lineare in base dieci fa quattro.

  20. Slowhand: questo fatto che taroccare i dati sia la norma non mi va giu’. Io ho pubblicato diversi articoli, in collaborazione con gente ben piu’ importante di me, e mai ci saremmo sognati di cambiare un numero o di scartare risultati che non si conformavano a quello che volevamo. Certo se ho registrato dieci spettri scelgo quello piu’ bello (magari quello col migliore rapporto segnale/rumore) ma questo non significa che gli altri fossero in contraddizione coi primi. Non credo che il gruppo in cui lavoravo fosse un’eccezione, ho appena cambiato sia gruppo che campo di ricerca ma l’atteggiamneto rimane lo stesso. I dati li puoi anche falsare ma alle fine qualcuno i tuoi esperimenti, se sono rilevanti, li ripetera’ e se hai mentito i nodi verranno al pettine.

  21. L’invidioso mette in luce il problema della previsione e della complessità degli eventi. L’incapacità di preconizzare gli sviluppi di un processo origina dall’incompleta conoscenza di un fenomeno. Ed allora che ci si affida al consenso del consesso degli scienziati. E non è una questione del cazzo, perché proprio in quel momento che diventa una questione democratica. Ad esempio, in Europa, la scelta è stata risolta con il principio di precauzione. L’applicazione del principio di precauzione è direttamente proporzionale al rischio di effetti nocivi. Stante l’incertezza si sceglie il male minore. Gli americani, ad esempio, tendenzialmente ragionano con un principio opposto, che è quello del valore del rischio.
    http://europa.eu/scadplus/glossary/precautionary_principle_it.htm

  22. Invidioso: “quando si parla di dissenso tra scienziati, lo si fa in relazione alle teorie non dimostrate, non certo rispetto a quelle gia’ dimostrate.”

    Peccato che a leggere certi articoli sull’omeopatia parrebbe che il Numero di Avogadro sia ancora in discussione.

    (Per carità: è vero che non c’è sempre Il Consenso. Ma in alcuni casi i dati non sono contestabili in buona fede.)

  23. Bel post, bella discussione. Proporrei di inviarla anche al Barbiere della Sera (www.ilbarbieredellasera.com), per il semplice motivo che quel sito e’ letto/gestito da giornalisti e qui si parla di come comunicare la scienza. Il difetto della discussione e’, a mio avviso, una certa vaghezza: non si fanno esempi. Si parla di un’uso fuorviante del concetto di “consenso della comunita’ scientifica”, ma il virgolettato e’ polisenso: consenso rispetto alla veridicita’ di dati sperimentali pubblicati? rispetto all’interpretazione di una teoria? rispetto alla validita’ di una certa modellizzazione di un fenomeno naturale? La mia opinione e’ che il consenso della comunita’ e’ un dato fondamentale, anche se in certi casi giunge tardivamente (ad esempio, nel caso di alcune intuizioni di Ramanujan sui numeri primi, vedi finzione “tau”).

    Vorrei contestare pero’ certe versioni naif del popperismo del kuhnismo che corrono in liberta’. La falisifcabilita’ e’ certamente importante, altrimenti sarebbe scienza anche il marxismo. Tuttavia non e’ un criterio cosi’ trasparente: la teoria delle stringhe non e’ falisificabile ne’ forse potra’ mai esserlo, essendo il range di energie necessario per verificarla molto al di la’ di quello disponibile oggi e, probabilmente, per diversi decenni: ne’ e’ chiaro se, una volta tecnicamente disponibile, qualcuno avra’ voglia di investirci. Vogliamo dire che la teoria delle stringhe non e’ scienza?

    Secondo, il cambiamento di paradigma. E’ espressione usurata, e anche nella versione originale non tiene conto di un”principio di corrsipondenza esteso” alla Bohr. Ad esempio, la massa inerziale newtoniana e la massa relativistica non sono due entita’ del tutto estranee (so benissimo che la massa relativistica non la usa nessuno).

    Poi, non definirei Galileo l’inventore del metodo scientifico, sia perche’ molti suoi Gedankenexperiment non venivano fatti -e avrebbero dato risultati diversi da quelli da lui attesi- sia perche’, per dirne uno, Archimede da Siracusa conosceva e utilizzava il metodo scientifico molto prima e a un livello molto piu’ avanzato di Gaileo.

    Infine, la questione del clima. Non sono un esperto, ma chi e’ in grado di provare che le oscillazioni climatiche degli ultimi vent’anni siano da mettere in relazione con l’attivita’ umana e non si possano descrivere a partire da equazione tipo Lorenz?

  24. Non so come funzioni nelle scienze dure, ma qualche idea da giovane medico e biologo sulle scienze della vita ce l’ho.
    Mi sembra che in questo campo si segua un metodo democratico (con la “d” minuscola”). Mi piacerebbe conoscere la Signora Scienza che mi dice una volta per tutte cosa s’intende per Coscienza oppure per Linguaggio, ci farei subito un esperimento incontrovertibile e poi me ne vado a Stoccolma (siete invitati). Purtroppo non è così ed allora basta farsi un giro ai congressi annuali ( Neurosciences etc.) per vedere gente che arriva persino alle mani, altro che dissenso.
    Ho parlato di due argomenti di frontiera perchè immagino che ci riferiamo alla scienza che va su Nature, Science e nei libri di storia.

  25. Dietro la scienza c’è sempre la filosofia, e quella che oggi Galimberti chiama “etica del viandante”. Di fronte ai grandi problemi inesplorati, più che alla forza del metodo scientifico, si debba ricorrere all’utilità dei fini della scienza ed ancora meglio delle applicazioni delle scoperte della scienza.
    Serve comunque investire su tutto per migliorare la nostra vita? Scienza come fine in sé o come fine per il sé. Anche questo coinvolge la democrazia. Al di là del “non essere come bruti ma per servir virtute e canoscenza”, varrebbe la pena di provare un esperimento che rischierebbe la lacerazione dell’universo, mettendo, seppur per una percentuale minima, in pericolo l’esistenza stessa dell’opera della creazione e del suo godimento da parte degli uomini e delle altre creature?
    Tutti temi che riguardano, eccome, la pre-scienza e la democrazia delle scelte. Altroché.

  26. Il mio precedente intervento era teso a sgomberare il campo da quelli che, secondo me, sono solo luoghi comuni. In particolare tutte le affermazioni sulla “determinazione sociale” o “culturale” o “storica” o “economica” della scienza che, se non spiegate esaurientemente, lasciano solo quel vago sapore di relativismo umanista a’ la Galimberti, appunto. “Dietro la scienza c’e’ sempre la filosofia”. ? Che filosofia c’e’ dietro ad affermazioni scientifiche del tipo “tutti i gravi, in prossimita’ della superificie terrestre ed in assenza di attriti cadono con la stessa accelerazione” o “gli zeri della funzione zeta di Riemann sono concentrati sulla retta del piano complesso formata dai numeri la cui parte reale e’ uguale a 1/2” ?

    La seconda parte dell’intervento di Ventomare e’, in apparenza, piu’ comprensibile: sostiene che certi esperimenti non andrebbero mai fatti. Puo’ essere. Ma se non parliamo di un esperimento concreto continuiamo a friggere aria.

  27. Che la scienza si debba confrontare sempre più con l’etica non lo dico io ma l’istituzione dei comitati etici stessi. A parte l’osservazione passiva, e la speculazione matematica, qui non si parla più di caduta dei gravi. Si parla di ricerche che sono sempre più di confine: vita, livelli di energia, risorse limitate del pianeta: sperimentazione sugli embrioni, clonazione umana, energie coinvolte negli acceleratori di particelle, sperimentazioni estensive di organismi genetici modificati. Lungi da me essere contro la scienza, volevo solo sottolineare che nel processo scientifico definito da Fabrizio oltre ai 4 punti suddetti, se ne aggiunge un altro di tipo democratico: “tale verifica sperimentale contrasta con il principio di precauzione e con i principi etici?” Spesso la domanda è lancinante. Nel concetto di etico, essendo la velocità di evoluzione ormai esponenzialmente maggiore di quella del passato, e non essendoci, spesso, orientamenti di riferimento, entra in gioco il concetto di etica dinamica o del “viandante” e si decide volta per volta. Su casi concreti. Appunto.

  28. … e me ne sono dimenticato tantissimi altri: sperimentazione sugli animali, studi sul cervello, trapianti, interazione uomo-macchina, osservazione intrusiva, e potremmo aggiungerne altre. Insomma la scienza non è più una variabile indipendente e si deve confrontare con i concetti di utilità. Dopo i limiti imposti in tempi remoti dalla religione, rientra in gioco la filosofia ed il concetto di scopo. Non solo perché, ma anche per chi e contro chi.

    Comunque ci stiamo allontanando dal topos del post che si riferiva al consenso della comunità scientifica. Ma lì il consenso serve alla politica per sentirsi più tutelata nelle decisioni da prendere nei casi incerti.

  29. Grazie per aver chiarito il tuo pensiero. Quando scrivevi filosofia intendevi etica, in particolare bioetica. Benissimo. Non voglio entrare nel merito, solo limitarmi a sottolineare formule ambigue e piuttosto logore, tipo “principio di precauzione”, geniale trovata che fa si’ che l’Italia non produca energia dalla fissione nucleare, con il mirabile risultato di acquistarla all’estero. O che provoca resistenze ai cibi transgenici, probabilmente perche’, come ho letto su una rivista “specializzata”, si teme che il DNA mutante sostituisca quello di chi li mangia…

    Il punto e’ un altro: la bioetica non ha nulla a che vedere con il tema proposto da Carletto, il quale mirava, se ho ben capito, a spiegare agli indotti il metodo scientifico e a trarne conseguenze sulla comunicazione della scienza. In altre parole, a Carletto sta a cuore, nel suo pezzo, il rapporto tra scienza e realta’ (ossia, se e come la rappresentazione che della realta’ da’ la scienza sia intersoggettivamente valida) e come questo rapporto si mantenga saldo attraverso le pratiche del mondo scientifico (i quattro punti di carletto).

    Su questo la bioetica non ha nulla da dire. E’, se vuoi, un fatto tecnico.

    Ma siccome la conoscenza, quella scientifica in particolare, interessa ogni uomo, nel senso che lo tocca nel vivo, ecco che si rende necessario qualcuno che traduca in linguaggio comprensibile ad ogni uomo non tanto i contenuti della scienza, quanto le regole di funzionamento della comunità scientifica: questo serve a capire cosa ci sia dietro ogni singola affermazione scientifica.

    A tale scopo Carletto individua un bersaglio retorico: la frase secondo cui “non c’e’ accordo nella comunita’ scientifica”. A mio avviso non e’ un bersaglio totalmente centrato, ma l’impostazione e soprattutto il proposito di Carletto sono encomiabili. Oltre che titanici.

  30. Tornando al centro del post. Bah, a me l’affermazione, e me ne scuso con Fabrizio, mi sembra pleonastica. Se oggi non c’è accordo, domani potrà esserci. Dov’è il problema? A parte la bella dissertazione sul metodo scientifico, come è norma di Fabri, se l’accordo non c’è non c’è, se c’è c’è. Le ipotesi ci sono anche nella scienza, no? Perché dovremmo evitare di dirlo? Questo non vuol dire che chi oggi ha torto magari domani avrà ragione e dopodomani ancora torto. Tanto più su misure pratiche da prendere di fronte ad un evento. Funziona dappertutto così. Non c’è niente di immutabile, tutto scorre. Ogni cosa può essere rimessa in discussione, come la storia. Basta trovare prove che confutano quello che è stato detto prima.

  31. …. a parte la verità di fede rivelata, intendiamoci. ma pure quella …. un po’ si muove, anche se mooooolto lentamente.

  32. E’ divertente vedere che al giorno d’oggi la Filosofia abbia bisogno della Scienza per darsi un ruolo… OK, e’ solo una provocazione lo ammetto
    ;-)

  33. @PawnHeart: una provocazione od una lucida analisi dello stato dell’arte nel campo della filosofia postmoderna all’eterna rincorsa delle innovazioni che provengono dal mondo della scienza?
    Qualche anno fa ha suscitato un certo clamore uno “scherzo”, che ha poi portato alla pubblicazione di un libro, “imposture intellettuali”, tirato da Alan Sokal, valente fisico, alla comunita’ filosofica internazionale, specie di sponda continentale (che, per grande approssimazione, si contrappone alla filone filosofico plurisecolare noto come filone analitico).
    E, senza girarci intorno, la comunita’ internazionale dei filosofi ne esce in mutande non per il pensiero che produce, ma per l’uso spregiudicato, distorto, disinformato, apertamente ignorante, che fa dei concetti che saccheggia dal sapere scientifico proprio nella rincorsa a quel vagone della conoscenza del mondo su cui ha seduto in prima classe per secoli.
    Esemplari, all’epoca, ache le reazione che si ebbero sui media. Per una rapida introduzione:
    http://lgxserver.uniba.it/lei/rassegna/sokal.htm

    Attenzione, perche’ non sto dicendo che la filosofia sia da gettare; ritengo anzi che le cose del mondo, il *come sono* le cose del mondo, debbano venire orientate in base al loro *dover essere*, che ci viene appunto dalla filsofia. Ma, da una parte, la filosofia non puo’ fare strame, appropriandosene, di concetti che ricercano una [inters]oggettivazione provenienti dalla ricerca scientifica, e dall’altra deve rassegnarsi alla perdita di quello che da sempre e’ stato uno dei due corni del proprio prodotto intellettuale, ossia la comprensione e la spiegazione del funzionamento delle cose, ossia proprio il loro *come sono*

    Vabbe’, perdonate i miei dieci centesimi lanciati alla rinfusa nell’agone telematico di uno stanco venerdi’ sera :o)

    Un saluto a tutti, e proseguite che vi seguo volentieri

  34. > non esiste che una relazione del tipo “tanti
    > più scienziati credono che una data teoria
    > sia vera, tanto più è vera”.

    verissimo. ma non mi pare ci siano dubbi che l’ argomento *viene usato*, implicitamente ed esplicitamente, per comprimere / sopprimere il dibattito scientifico ad opera o con la collusione dei media, e per motivi ascientifici.

    nel caso AGW (e pandemie e AIDS, per esempio) mi pare evidente che i media popolari usano questo argomento una riga si` e una no.

    @pawnheart e altri

    > la maniera in cui viene “venduta” al pubblico

    a questo proposito guardate in questo post le due figure sotto l’heared “Anelli o boreholes”: sono due modi di presentare i dati, che hanno fatto la differenza tra geophys. res. letters e nature. il che, per un geofisico, sicuramente una differenza di carriera la fa…

    qualcun’altro ha fatto l’esempio delle presunte pandemie come esempio di dissenso: gia’, e anche in quel caso chi dissentiva era in minoranza, e guarda caso aveva ragione.

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