Che male vi Fo

Marcello Dell'UtriMarcello Dell’Utri ha chiesto l’immediata sospensione dello spettacolo “L’anomalo bicefalo” di Dario Fo, e un milione di euro di risarcimento per danni morali. A dire del senatore lo spettacolo teatrale sarebbe caratterizzato “da una decisa volontà di attaccare il presidente del Consiglio Berlusconi tramite una gratuita denigrazione della sua persona” e da ripetute “affermazioni gratuite”, “diffamatorie”, “ingannevoli” nei suoi confronti, in particolare accostandolo a vicende e attività mafiose.

A tirare in ballo il manager sono le dichiarazioni del pentito Tullio Cannella, che in un interrogatorio del novembre ’95 riferisce un episodio che lo porterebbe a dedurre contatti tra Dell’Utri e i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano. Il 30 ottobre, nove mesi dopo, la Procura di Palermo ne chiede il rinvio a giudizio mentre nello stesso procedimento viene archiviata la pozione di Berlusconi. Il 20 maggio ’97 il giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Palermo, Gioacchino Scaduto, dispone il rinvio a giudizio. In 57 punti la montagna di accuse che si riassumono in ruolo di «collegamento tra Cosa Nostra, il mondo economico milanese, e il sistema istituzionale, ruolo che avrebbe svolto ininterrottamente dagli Sessanta al ’95». […] “All’arrivo a Catania”, racconta Rapisarda, «Dell’Utri venne preso da una macchina che l’aspettava ed è stato per i fatti suoi tutto il giorno. Alla fine, quando siamo ripartiti, Dell’Utri mi disse che era andato ad assicurarsi il “loro” apporto di voti e anche un apporto finanziario. Mi disse anche che i soldi da dove vengono, vengono, non hanno matrice…». Sollecitato a spiegare che cosa significasse quel “loro”, Rapisarda chiarisce che «il tenore delle sue parole fu per me una chiara allusione al fatto che egli aveva avuto quelle assicurazioni da uomini di mafia». […] Il 20 luglio scorso la Dia esegue il sequestro disposto con decreto dalla procura palermitana. Un provvedimento che suscita sconcerto e stupore fra i parlamentari del Polo. Secondo i sostituti procuratori Nico Gozzo, Antonio Ingroia, Mauro Terranova e Umberto De Giglio, nelle ventidue holding del Cavaliere sarebbe finito, tramite Marcello Dell’Utri, il denaro sporco dei boss di Cosa Nostra, Stefano Bontade e Girolamo “Mimmo” Teresi.

(fonte: “La Padania“, 30 agosto 1998)

Ecco il programma politico di Cosa Nostra. Semplice, elementare, addirittura banale: «amnistia di cinque anni. Indulto di tre. Erano commissione giustizia. Ora dovrebbe farla il nuovo governo.». Nel febbraio 1994 un boss di primissimo piano lo confida punto per punto a un colonnello della Dia, che al termine di ogni colloquio lo annota via via sul suo taccuino di appunti. […] A pagina 32, si legge: «Quelli di Forza Italia hanno promesso che in caso di vittoria entro 6 mesi regoleranno ogni cosa a loro favore. Palermitani dietro le stragi. siciliani dietro gli attentati in Italia». Pagina 36: «La Fininvest ha pagato un miliardo di tangenti a Santapaola (boss della mafia catanese, ndr) dopo l’attentato incendiario che ha subito lo stabilimento Standa a Catania. RapisardaMarcello Dell’Utri». Pagina 42: «Prov. (Provenzano, ndr) molto cambiato, parla di pace sintomo di debolezza. Spera in Forza Italia fra sette/5 anni tutto dovrebbe ritornare un po’ come prima». Pagina 49: «Andranno contro il partito o i partiti dei magistrati, la gente non ne può più, mancano i lavori delle grandi aziende c’è solo repressione lotta alla mafia e nient’altro in alternativa protesta operaia e manifestazioni destinate a crescere, aspettano nuovo partito o schieramento». […] Il boss “gola profonda” si chiama Luigi Ilardo, è nato a Catania nel 1951 ed è il cugino nonché il braccio destro di Giuseppe “Piddu” Madonia, il capomafia di Caltanissetta vicinissimo a Bernardo Provenzano. Lui stesso, Ilardo, si vede e comunica spesso con Provenzano. L’ufficiale che raccoglie le sue rivelazioni è il colonnello dei carabinieri Michele Riccio. […] «I vertici avevano stabilito un contatto con un esponente insospettabile di alto livello nell’entourage di Berlusconi. Questi, in cambio del loro appoggio, aveva garantito normative di legge a favore degli inquisiti appartenenti alle varie ‘famiglie’ mafiose, nonché future coperture per lo sviluppo dei loro interessi economici quali appalti, finanziamenti statali…». Chi è l’ uomo «dell’entourage di Berlusconi»? La risposta è in un verbale firmato da Riccio il 21 dicembre 1998 davanti ai pm di Firenze che indagano sui mandanti occulti delle stragi: «Nel marzo-aprile 1994 ho detto a Ilardo: per caso l’uomo dell’entourage è Dell’Utri? Lui mi ha fatto la battuta, guardandomi: “Lei le cose le capisce! Poi ne riparleremo. Vedrà quanti ne passeremo”.». Le stragi dovevano servire «per mettere sotto i politici», che «facevano promesse su promesse» a Bagarella. […] Ilardo viene assassinato da due killer davanti a casa sua. […] Solo Riccio può ridargli la voce. Cosa che fa attraverso i suoi appunti tutti scritti con inchiostro verde e le testimonianze. Senonchè, nel marzo 2001, viene convocato nello studio del suo avvocato, Carlo Taormina, per una riunione con Dell’Utri e il tenente Carmelo Canale, entrambi imputati per concorso esterno in mafia. Riccio denuncia subito il fatto alla Procura di Palermo: «Si è parlato di dare una mano a Dell’Utri. Io avrei dovuto dire che l’Ilardo non mi ha mai parlato di Dell’Utri come uomo di mafia, vicino a Cosa Nostra». In più Riccio deve dimenticarsi la mancata cattura di Provenzano. In cambio gli viene promesso un aiuto per rientrare nell’Arma e per ottenere “la rimessione del mio processo”. «In quell’occasione, come in altre, presso lo studio dell’avv. Taormina era presente anche l’onorevole Previti». Taormina ammette il colloquio ma nega quelle pressanti richieste al cliente. In ogni caso, Riccio cambia avvocato.

(Marco Travaglio, “Patto scellerato tra mafia e Forza Italia”, 3 ottobre 2002)
«Tutti questi mafiosi che in quegli anni – siamo probabilmente alla fine degli anni ’60 e agli inizi degli anni ’70 – appaiono a Milano, e fra questi non dimentichiamo c’è pure Luciano Liggio, cercarono di procurarsi quei capitali, che poi investirono negli stupefacenti, anche con il sequestro di persona». (A questo punto Paolo Borsellino consegna dopo qualche esitazione ai giornalisti 12 fogli, le carte che ha consultato durante l’intervista) «Alcuni sono sicuramente ostensibili perché fanno parte del maxiprocesso, ormai è conosciuto, è pubblico, alcuni non lo so…». Non sono documenti processuali segreti ma la stampa dei rapporti contenuti dalla memoria del computer del pool antimafia di Palermo, in cui compaiono i nomi delle persone citate nell’intervista: Mangano, Dell’Utri, Rapisarda, Berlusconi, Alamia.

(Paolo Borsellino, 21 maggio 1992)
(Visited 73 times, 1 visits today)

3 Commenti

  1. Oibò, nel 2002 una sentenza del tribunale di Caltanisetta(o Gela, per me pari son) sul processo a Berlusconi e Dell’Utri come mandanti occulti delle stragi mafiose del ’93, disse, pur assolvendo i due, che i rapporti tra fininvest e big family erano cristallizzati…

  2. Oibò, nel 2002 una sentenza del tribunale di Caltanisetta(o Gela, per me pari son) sul processo a Berlusconi e Dell’Utri come mandanti occulti delle stragi mafiose del ’93, disse, pur assolvendo i due, che i rapporti tra fininvest e big family erano cristallizzati…

I commenti sono bloccati.