Macerazioni / 2

Non dovete leggere i libri. Ci penso io. Vi segnalo le robe belle.


Oliviero Diliberto, Vicino Oriente. Conversazione con Manuela Palermi. Italia e mondo arabo dall’11 settembre alle elezioni in Iraq, Aliberti editore, 2005, 104 pagine 104, Euro 13,50.

Pagina 11: “Piove. È una pioggia leggera ma insistente. Fittissima. Le strade non asfaltate sono piene di fango. Gli occhiali, zuppi, sono inservibili. Gli abiti ormai fradici. Un clima atmosferico in sintonia con quello morale, con la situazione complessiva, con l’umore mio e di chi mi accompagna”.

Pagina 12: “Al momento del congedo, Arafat mi fa un dono. Inaspettato, graditissimo. Un presepe”.

Pagina 59: “Per sconfiggere il terrorismo occorrerebbe risolvere i problemi aperti, limitare la disperazione, la fame, la povertà, le malattie, l’analfabetismo, l’oppressione, la violenza”.

Pagine 26-27: “Le sinistre europee hanno atteggiamenti contraddittori, deboli, inefficaci. Il Partito Socialista Europeo si impegna solo a parole- e non tutto- a favore della Palestina. Il governo laburista di Tony Blair è a fianco degli Stati Uniti d’America nella conduzione della guerra imperialista. Toccherà, dunque, ancora una volta a noi, ai comunisti, alla parte più avanzata dei partiti socialisti di sinistra, ai progressisti di tutto il Mediterraneo, operare”.

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Giorgio Bocca, Il padrone in redazione. Pubblicità, televisione, partiti, grandi gruppi economici: e la libertà d’informazione?, Sperling & Kupfer 1989, 210 pagine, Lire 19.500.

Pagina 86: “A Canale 5 mi chiesero se ero disponibile a intervistare Bettino Craxi. L’intervista era registrata. Quando la vidi in casa mia, poche ore dopo, era più la voglia di ridere che di arrabbiarsi. Il regista mi aveva praticamente occultato o subalternizzato: comparivo quasi sempre di nuca, con la mia pelata rilucente”.

Pagina 84: “Intervistai Pietro Barilla che aveva intelligenti cose da raccontare. Siccome mi parve naturale ascoltarlo con interesse senza interromperlo con dei «Barilla non ci racconti storie», la cosa parve deludente sia all’onorevole comunista Reichlin sia al critico televisivo di Repubblica Beniamino Placido, sia ai satirici di Tango”.

Pagina 82: “Le domande di Maurizio Costanzo mi parvero banali, grigie. Eppure quasi tutti i conoscenti che incontravo, dicevano: «Ti ha sfrucugliato mica male, il Costanzo, te le ha dette». Allora mi feci mandare le registrazioni e capii il mistero: mentre io parlavo per dire delle cose, lui parlava per mimarle. E quando parlavo io riusciva con smorfie, sbadigli, tocco dei baffi, sorrisi, scuotimenti della testa a darne una sua interpretazione molto più convincente delle mie affermazioni “.

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Giampaolo Pansa, La grande bugia. Le sinistre italiane e il sangue dei vinti, Sperling& Kupfer Editori 2006, 469 pagine, 18 Euro.

Pagina 66: “Oggi Giorgio Bocca è un antifascista d’acciaio, ma prima di fare il partigiano è stato un fascista scaldato e anche un razzista antisemita. Oggi è tra i più aspri nemici di Silvio Berlusconi, ma ha lavorato per la televisione del Cavaliere e con ottimi contratti: «L’ho fatto per i soldi», ha spiegato in un’intervista a Oreste Pivetta per l’Unità del 14 marzo 2006. Oggi è antileghista, ma ha tifato per la Lega di Umberto Bossi: li chiamava i nuovi partigiani. Oggi difende i post-comunisti, ma è stato un loro avversario molto polemico”.

Pagina 67: “Nel giugno 1993, quando i leghisti conquistarono il comune di Milano, Bocca spiegò a Renzo Rosati, di Panorama: «La Lega mi ricorda noi partigiani quando scendemmo dalle montagne»”.

Pagina 68: “Durante la fase di espansione del terrorismo di sinistra, lui sosteneva che le Brigate Rosse erano nere, figlie del neofascismo”. […] “Alla fine degli anni Ottanta, poi, quando Berlusconi diede inizio alla cosidetta guerra di Segrate per mangiarsi La Repubblica e L’Espresso, Bocca si schierò con lui. Diceva ai colleghi: abbandoniamo al suo destino l’ingegner De Benedetti e passiamo con il Cavaliere, così la smetteremo di fare un giornale al servizio dei comunisti”.

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Norman G. Finkelstein, L’industria dell’Olocausto. Lo sfruttamento della sofferenza degli ebrei, Rizzoli 2002, 302 pagine, 16 euro.

Dal risvolto di copertina: “Norman G. Finkelstein, ebreo americano e figlio di sopravvissuti allo sterminio”.

Ancora dal risvolto: “L’anomalia dell’Olocausto nazista non deriva dall’evento in sè ma dallo sfruttamento industriale che è cresciuto attorno ad esso. La campagna in corso dell’industria dell’Olocausto per estorcere denaro all’Europa in nome delle vittime bisognose dell’Olocausto ha ridotto la statura morale del loro martirio a quella di un casinò di montecarlo”.

Pagina 9: “L’Olocausto ha dimostrato di essere un’arma ideologica indispensabile grazie alla quale una delle più formidabili potenze militari del mondo, con una fedina terrificante quanto a rispetto dei diritti umani, ha acquisito lo status di vittima, e lo stesso ha fatto il gruppo etnico di maggior successo negli Stati Uniti. Da questo specioso status di vittima derivano dividendi considerevoli, in particolare l’immunità alle critiche, per quanto fondate esse siano. Aggiungerei che coloro che godono di questa immunità non sono sfuggiti alla corruttela morale che di norma l’accompagna. Elie Wiesel non è arrivato alla posizione che occupa grazie al suo talento letterario, ma perchè si limita a ripetere i dogmi dell’Olocausto”.

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Bruno Vespa, Dieci anni che hanno sconvolto l’Italia – 1989-2000, Mondadori 1999, 575 pagine, lire 33mila.

Pagine 54 e 55: “Anche chi scrive era convinto che la Lega fosse frutto di una momentanea irritazione lombarda e sarebbe presto scomparsa. Si sbagliava di grosso. E pochi dettero peso all’allarme lanciato di Vittorio Moioli nel suo libro Il tarlo delle Leghe (ComEdir, 1991): per lui il successo di Bossi era «l’inquietante segnale del profondo distacco che si è determinato tra chi governa e chi è governato, tra la sfera degli interessi e delle sensibilità dei politici e le istanze che emergono dalla società civile»”.

Pagina 84: “L’intera classe politica e quasi tutti noi giornalisti sottovalutammo il profetico messaggio di Cossiga alle Camere del 26 giugno ’91: furono le ottantadue cartelle più dirompenti dell’Italia repubblicana. Firmò il certificato politico di morte della Prima Repubblica. Ma i capi della Dc lo presero ancora una volta per matto. Andreotti, presidente del Consiglio, con una lettera drammatica scritta nella notte, gli disse che si rifiutava di controfirmare il documento e delegò l’incombenza al ministro Guardasigilli Martelli: «Era un messagio molto profondo, pieno di idee» riconosce oggi Andreotti, «ma suonò come una critica a tutto il sistema che naturalmente i partiti non accettavano»”.

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Mario Calabresi, Spingendo la notte più in là. Storia della mia famiglia e di altre vittime e del terrorismo, Mondadori 2007, 131 pagine, euro 14, 50.

Estratto: “Una lapide per Calabresi? Bisogna pareggiarla con una scuola intitolata a Pinelli. Se nella sede della Provincia a Bologna si pensa di dedicare un’aula a Marco Biagi, c’è chi risponde che allora deve essere associato a D’Antona, ci devono essere tutti e due i nomi, quasi in un manuale Cencelli della memoria. Si finisce per suggerire che Biagi e D’Antona stavano su fronti diversi. Rinnovando divisioni, preconcetti e veleni.

(…) In un Paese che non riesce a trovare modelli, esempi, che occasione sprecata non ricordare, avere rimosso. Il rigore e lo scrupolo di Vittorio Occorsio, l’onestà intellettuale e il coraggio di Guido Rossa sono lì. Un patrimonio di tutti. (…) dei terroristi che parlano non vengono quasi mai ricordati i delitti e le responsabilità, e questo non è accettabile soprattutto se sono interpellati per discutere proprio sugli Anni di piombo. Sergio Segio, per fare un esempio, viene presentato come esponente del Gruppo Abele, quasi mai come il killer di Galli e Alessandrini; di Anna Laura Braghetti, la brigatista che uccise con sette colpi Vittorio Bachelet alla Sapienza di Roma e partecipò al sequestro di Aldo Moro, si dice che «coordina un servizio sociale rivolto ai detenuti»”.

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Sergio Zavoli, Il dolore inutile, Garzanti Editore 2002, 464 pagine, 25,50 euro

Pagina 7: “Mio padre, mutilato, vivrà fino a 73 anni con un aneurisma traumatico dell’aorta di proporzioni vistose e senza possibilità, allora, d’intervenire chirurgicamente. […] attraversava ciclicamente delle crisi accompagnate da forti, a volte insopportabili, dolori. Solo, la somministrazione di un farmaco che conteneva morfina – il cui nome, cardiostenol, risuona ancora sinistramente ai nostri orecchi – lo traeva dalla sofferenza. (…) «Si guardi bene dagli abusi», le aveva intimato il medico, aggiungendo che al ripetersi di ogni crisi sarebbe più prudente fingere di praticare l’iniezione di morfina e vedere se un po’ d’acqua distillata non desse qualche benefico seppur effimero risultato. Che in realtà era quello, ogni volta, di prolungare i dolori”.

Pagina 8: “Non eravamo i soli a subire l’influenza di un malinteso rigore morale e di una sommaria e timida conoscenza. Ricordo l’atteggiamento che assumeva, negli ospedali, il personale paramedico, specie religioso. Ne ebbi una prova quando […] fummo alle prese con le suore del nosocomio note per la probità e il rigore dei comportamenti; i quali comprendevano una gestione dei farmaci così rigida, da risultare una rete presoché impenetrabile.

Pagina 9: “Adesso, quando incontro dei medici – vissuti, come me, nei tanti anni del pregiudizio- mi capita di interrogarli”.

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Peter Gomez e Marco Travaglio, Regime. Biagi, Santoro, Massimo Fini, Freccero, Luttazzi, Sabina Guzzanti, Paolo Rossi, tg, gr e giornali: storie di censure e bugie nell’Italia di Berlusconi. Postfazione di Beppe Grillo. Rizzoli 2004, 9, 50 euro, 409 pagine.

Pagina 47, Luttazzi: “Bonolis a Striscia la notizia mi aveva rubato una battuta: «Come si fa a capire quando una mosca scoreggia? Improvvisamente vola dritta». (…) Furti analoghi si ripeteranno. «La mia battuta “Brutte notizie per i sosia di Saddam Hussein: Saddam avrebbe perso un braccio” me la ritrovai alle Iene, su Italia 1, in bocca a Enrico Bertolino. Un brano sul rapinatore che dice al cassiere “Prendi tutti i soldi che ci sono in cassaforte. E adesso versali sul mio libretto” me lo rubò un comico napoletano di Bulldozer (Rai 2). Nello spettacolo Sesso con Luttazzi dico: «Perché non vengono eseguiti trapianti di pene? Pochi donatori” e vengo plagiato da un duo comico a Colorado Cafè (Italia1). Lo stesso Bonolis ci ricasca nel 2004, in una delle ultime puntate in Domenica In. Battuta mia: “Secondo Clinton il sesso orale non è sesso. Beh, se il sesso orale non è sesso, c’è una nigeriana sui viali che mi deve un sacco di soldi”. «Se non mi copiano, non sono divertenti».

Pagina 61: “Vista la ferocia e la bellezza delle battute, qualcuno dovrebbe scusarsi con Luttazzi”.

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Alexandra Penney, Come far l’amore a un uomo, Euroclub 1986, 148 pagine.

Pagina 67: “Anche se correte verso il letto disseminando gli indumenti lungo il tragitto a mano a mano che ve li strappate di dosso, soffermatevi ad accendere due o tre candele per creare un’atmosfera consona alla seduzione”.

Pagina 61: “Mettete qualche goccia della vostra essenza personale sulle lampadine: quando le accenderete il calore diffonderà il profumo nella stanza”.

Pagina 136: “Se una professionista si propone di eccitare sul serio un cliente, ne intensifica il piacere titillandogli l’ano”

Pagina 87: “Per molti uomini l’ascella è una zona segreta di grande sensibilità erotica. Baciatelo piano sotto le braccia e in corrispondenza del muscolo che dal bordo esterno dell’ascella scende lungo il fianco”.

Pagina 137: “Un’altra squillo di New York ha appreso il trucco descritto qui di seguito dalla tenutaria di un bordello di New Orleans. Prima di fare l’amore si passa un po’ di secrezione vaginale dietro le orecchie, sulle reni, sul seno e nell’incavo delle braccia. L’uso del proprio odore naturale come esca sessuale trova conferma nelle ricerche scientifiche dei nostri giorni. Si è constatata la presenza di feromoni, vale a dire di sostanze che sollecitano una risposta sessuale, nelle secrezioni degli esseri umani, degli esseri umani, degli animali e degli insetti”.

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Giulio Tremonti, Rischi fatali, Mondadori 2005, 15 Euro, 111 pagine.

Pagina 33: “Un tipo umano che non solo consuma per esistere, ma che esiste per consumare. Un soggetto che pensa come consuma e consuma come pensa, per cui i vecchi simboli civili e morali sono sostituiti dalle icone e dalle immagini commerciali. Per cui i jeans e le scarpe sono una divisa e la divisa un sostituto dell’anima, per cui il turismo sublima l’avventura umana, la musica metallica spiritualizza l’esistente, i concerti sostituiscono provvisoriamente la comunità. E via e via e via. L’«uomo a taglia unica» non è solo la forma ideale del consumismo. È così che consumismo e comunismo si sono infine trionfalmente fusi in un nuovo materialismo.
La modernità è nel mercato e dunque il difensore dei consumatori è il nuovo tribuno della plebe, il supermarket è la nuova «agorà», le banche sono il sinedrio della democrazia, le élites identificano e sostituiscono «rappresentandola» la volontà dei popoli. Il territorio è dominato dai nuovi totem del mercato. La realtà è sempre più nell’economia e l’economia è sempre più dominata da un pensiero unico che tende a travolgere, demonizzare, cancellare le vecchie diversità. Perché solo così il consumismo di massa funziona, efficienza creascente e su scala globale. Il comunismo non è dunque finito del tutto. Si è solo trasformato. Si è alleato con il capitalismo”.

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10 Commenti

  1. La battuta di Luttazzi sui Saddam Hussein’s body doubles ai quali Tariq Aziz dice “I have some good news and some bad news” io l’ho letta per la prima volta in inglese nonricordodove. Sicuramente qualche autore americano che guarda Bertolino.

  2. Cioè:
    dovrebbero stare tra il “chissenefrega”, “mai più senza”, “vergogna equa e solidale” ???
    però non li trovo così eclatanti, anzi qualcuno pure significativo… forse ho abbassato troppo i miei standard.

    Rilancio, volo basso e vado sul sicuro:
    l’inviato Caprarica: due libri su francesi e inglesi
    Ilona Staller l’autobiografia
    la ballata di Pulsatilla

    Non li leggerò mai, ma sono sicuro che potrebbero dare delle belle soddisfazioni.

  3. Per me qui entro c’è anche roba molto ma molto interessante. Quale è affar mio.

  4. roba interessante “qui entro” … “qui” dove? tra quelli che hai citato tu? sono d’accordo, l’ho già scritto nel commento precedente.
    ma allora perchè li metti sotto “macerazioni”?

    tra quelli che ho citato io? la staller, che ha rappresentato un cambiamento forte nel costume. ma dipende dal livello a cui è stato scritto il libro, che, appunto, non ho letto.

  5. “Mettete qualche goccia della vostra essenza personale sulle lampadine: quando le accenderete il calore diffonderà il profumo nella stanza”.

    Non.
    Lo.
    Fate.

    A meno che non abbiate come compagno un elettricista o pompiere.

    Seriamente scrivendo: il libro di Zavoli è molto interessante nella sua interezza.

  6. L’Euroclub editore!!! Un mito!!!
    … lo stesso che ti propone suor germana e le ricette di magro, la tamaro, moccia, dan brown, uccelli di rovo, rosamunde pilcher, dizionario dei sinonimi e contrari, kamasutra per famiglie e come farlo impazzire a letto…

    … come faremmo senza? Vai Filì!
    Ciao e buona giornata a tutti voi

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