Il taxista teologo

Ieri mattina prendo il taxi. Il tassista attacca bottone subito dopo che gli ho dato la destinazione: “Permette una parola, Padre?” Acconsento anche se ho ancora sonno e preferirei appoggiare la testa al finestrino e lasciarla rincorrere il nulla. “Che pensa del Papa che ieri ce l’aveva contro i soldi?” è la domanda. Rispondo con tono pratico: “Mi stupirei se avesse detto il contrario, almeno lui…”
“Oooh! Sono contento” gongola il tassista che proprio non vuole farmi dormire: “ma lo sa invece che ieri ho caricato una signora tutta scandalizzata?” Frena di colpo e manda a quel paese o giù di lì un pedone. “Era tutta scandalizzata, dicevo, perchè proprio dal Papa che abita in Vaticano si sentono queste cose”. Risponde al cellulare dicendo alla moglie di non rompere che le paste sì, le compra lui questa sera. “E poi diceva che per fortuna ci stavano i soldi a separarli dagli zingari, che non bisognava avercela con i soldi… lei che ne dice, padre?”

Provo ad immaginare la signora in questione. Me la dipingo in testa tutta intenta a truccarsi mentre parla senza sosta (senza sosta sia la lingua che il trucco) con l’obiettivo centrale della giornata localizzato in una colazione a metà mattinata con altre amiche chic, club esclusivo distanziato dai comuni mortali. Il mio nuovo amico riattacca: “Per me invece c’ha proprio ragione il Papa. Insegui tante cose nella vita, sei stressato perchè gli altri ce le hanno e tu no. E poi? E poi ti tocca il camposanto e allora come la mettiamo? Per cosa sei vissuto.
Mi piace questo tipo. Lo incoraggio. “Permetta la domanda, che cosa la rende felice nella vita?”
“Cosa vuole – mi risponde – la famiglia, i miei figli, passare qualche serata serena in casa di amici di una vita e poi la preghiera sa? Io prego…” e tocca il rosario appeso allo specchietto centrale. “Io prego e so che lui mi ascolta. Io li porto i ricchi in giro. E sono sempre arrabbiati di brutto.

Siamo arrivati a destinazione. Scendendo gli dico che deve essere fiero di questa sua libertà. “E lo sono!” sbotta orgoglioso mentre mi indica il tassametro. “Lasci stare Padre, per stavolta: la prossima volta che carico quella signora lo addebito a lei”.

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