Sì ma però in Norvegia

Ormai la toppa è peggiore del buco: l’intervento del Garante della privacy ha creato una discrezionalità irrimediabile nella diffusione di alcuni dati rispetto ad altri, nella reperibilità di alcuni dati rispetto ad altri. Dopo la frittata iniziale cucinata da Vincenzo Visco (indifendibile per modalità, comunque la si pensi) il paradosso è che sarebbe stato meglio lasciare le cose come stavano.
Qual è adesso la situazione, infatti? La situazione è che giornalisti e ficcanaso hanno scaricato alcuni dati e altri no, hanno pubblicato alcuni dati e altri no, hanno disponibili alcuni dati e altri no: e il dettaglio che una personalità risiedesse o meno in una grande città, per esempio, ha creato un discrimine tra reperibili e non immediatamente reperibili, tra pubblicati e non pubblicati. E’ un canaio.


C’è chi ha solamente una parte dei dati, chi un’altra parte, chi in ogni caso i dati non li sa decodificare perché non conosce la residenza di chi gl’interessa, c’è chi smercia dati, chi ne annuncia la vendita a richiesta: il mercato dei guardoni è scatenato. Senza contare che i dati diffusi in rete sono manipolabili per definizione e nondimeno incompleti, ingannatori: chi ha visto i consistenti imponibili di un Ferruccio De Bortoli o di un Bobo Vieri non sa che derivano perlopiù da liquidazioni e non da stipendi; e chi vede l’esiguo imponibile di un Nanni Moretti magari ha la tentazione di deriderlo per una determinata cifra (mentre di altri non sa nulla) dimenticando che gli elenchi galeotti in ogni caso non conteggiano altri redditi come quelli provenienti da azioni, obbligazioni, Bot, Cct, fondi e titoli per i quali c’è una tassazione diversa.

E’ una malagestione da record. Vincenzo Visco e Romano Prodi ora dicono che si erano opposti alla diffusione dei dati in vista del periodo elettorale, ma in questo modo finiscono per ammettere solamente di aver avuto una perfetta contezza delle conseguenze civili e politiche che una simile diffusione avrebbe avuto: sicchè ora, semplicemente, prima di salutare, hanno scaricano la bomba ai piedi del nuovo governo senza scontarne la responsabilità e soprattutto senza curarsi di garanti e leggi sulla privacy.

Il bello, di fronte all’immensa portineria che è diventato il Paese, è che qualcuno ha ancora il fegato di appellarsi alla trasparenza: come se apprendere via internet i redditi di un politico, o comunque di un personaggio pubblico, fosse la stessa cosa che apprenderli del mio macellaio o del mio dirimpettaio, come se il reperimento degli stessi dati da elenchi pubblici, come si faceva da anni presso i comuni o le agenzie delle entrate (lasciando però una traccia responsabile) non andasse già benissimo e non fosse già abbastanza trasparente. Divertenti anche coloro che «è così in tutto il mondo» salvo scoprire che non è vero, a parte chessò, la Norvegia.

Il dettaglio è che noi non siamo la Norvegia, e non lo diventeremo in un click di tastiera: siamo un suk latino e caciarone che attraversa un periodo economicamente delicato e che, forse, non dovrebbe accendere confronti impropri né esasperare inevitabili invidie sociali.
Non siamo la Norvegia e neppure gli Stati Uniti, dove i dati sono preservati ma dove i facoltosi scrivono il loro grasso imponibile sul biglietto da visita: preferiamo ancora raccontarci, da queste parti, che un uomo non vale per quello che guadagna.

Se così fosse, del resto, saremmo costretti ad ammettere che persino Beppe Grillo valga di conseguenza. I suoi alti imponibili in realtà erano già stati pubblicati dal Giornale e da Panorama, i quali avevano regolarmente scartabellato negli elenchi cartacei: come stra-detto, i dati erano pubblici anche prima. La loro messa online, unico spazio informativo riconosciuto da Grillo, l’ha però mandato su tutte le furie facendogli segnare un autogol imprevisto. La stessa amata rete, nonché tantissimi dei suoi adepti, non hanno gradito né l’hanno perdonato: il suo blog è andato in tilt per ore e a tutt’oggi è un po’ imbarazzato.
Secondo Grillo l’elenco «fornisce ai criminali le informazioni sul reddito dei contribuenti» e fomenta in potenza «odi familiari» e «rapine in villa». Va detto che Grillo ha entrambe: la villa e un’ex moglie. Ma a parte la fragilità dell’assunto (il reddito non dimostra l’effettiva ricchezza, e i soldi di norma vengono messi in banca e non sotto i materassi delle ville) nel regno delle libere opinioni ne circola anche una non improbabile: il comico è nudo perché la sua antipolitica si è appalesata un po’ troppo come un mero affare. I vaffanculo gli hanno raddoppiato l’imponibile, ma non solo: una delle lagnanze più reiterate da Grillo, il richiedere continuamente che i suoi adepti comprassero libri e dvd per finanziare i V-day e non mandarlo sul lastrico, delineano ora un retroscena assai meno appassionato e più mercantile, molto genovese.

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