L’antifascismo e i cavoli a merenda

Ancora oggi, dopo trent’anni, esistono “compagni che sbagliano”. Questa volta sono quelli de l’Unità, che hanno fatto appello all’antifascismo di Fiorello perché la smettesse di imitare ‘Gnazio La Russa: «Non si possono dare attestati di simpatia ad un post-fascista erede di Mussolini». Alla redazione del quotidiano diretto da Furio Colombo serve, evidentemente, un ripassino veloce di alcuni assunti. Che la simpatia non corrisponde necessariamente alla stima, innanzitutto, e che è sempre bene evitare la responsabilità di un clamoroso autogol, chiedendo ad un comico di censurare la parodia di un personaggio mal sopportato, ma rappresentato – parole dello stesso La Russa – come «un uomo delle caverne, un selvaggio di destra ossessionato dalla virilità». Dà fastidio che il deputato di Alleanza Nazionale usi il tormentone “digiamolo” a proprio vantaggio? Male fece, anni fa, Massimo D’Alema a prendersela a male quando Striscia la Notizia mise in piazza uno dei suoi tic, una debolezza, il “fut fut” che l’ha umanizzato e sdoganato nelle case di milioni di casalinghe. La Russa, al contrario, pur dipinto come un troglodita secondo il quale l’uomo, per essere uomo, non deve indossare biancheria intima di Calvin Klein ma mutande Ragno, usare il borotalco al posto del più indicato pane grattugiato o far arrivare la forchetta nel piatto prima del pizzetto, perché «il vero uomo sporca là dove la donna deve pulire», ha reagito di contropiede. La sinistra, escluse rare ma apprezzabili eccezioni, ha sempre avuto, suo malgrado, il monopolio dello sberleffo, dell’ironia, della presa per i fondelli. Ed è triste costatare che nel corso degli anni abbia disimparato a ridere, un po’ di tutto, ma soprattutto di sé.

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