Manualetto di coerenza e civiltà

A giudicare dai repentini cambiamenti d’opinione in merito all’omicidio di Marco Biagi si direbbe che i rappresentanti del Polo si sveglino Jekyll un mattino e Hide quello seguente. Silvio Berlusconi, a ridosso del delitto, sparlava di «inumana ideologia che muove la mano degli assassini»; ieri ha invece lanciato un invito «a riprendere il dialogo». Al contrario, il ministro Gasparri, che a “Porta a Porta” si è distinto tra gli ospiti più assennati, passata ‘a nuttata ha dichiarato: «Non è giusto assimilare l´Ulivo al terrorismo, ma abbiamo il diritto di dire che non è per caso, se sparano a noi». È invece per fatalità che ci toccano rappresentanti senza il dono del paio di palle necessarie per sostenere l’unico discorso coraggioso possibile: «Speculare sulla morte di un uomo che tanto di sé ha dedicato allo Stato equivale ad infangarne la memoria. È per questo che invitiamo chi aveva deciso di manifestare contro questo Governo a non lasciarsi sottrarre il diritto di esprimere il proprio dissenso. Allo stesso tempo preghiamo il Governo di continuare a sostenere le proprie convinzioni. Se una sola delle parti recedesse da questi intenti l’atto terroristico, paradossalmente, avrà avuto un senso. Rimanendo coerenti faremo passare il concetto che la politica si nutre di parole e non di piombo. E che la morte di Biagi non poteva essere più inutile». Niente battute, oggi: abbiamo sprecato tutto lo spazio per fingerci ghost writers del Presidente del Consiglio di un paese mediamente civile.

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