La fissa della croce

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Questa è un’opinione di minoranza, ma rimango convinto che a dover fornire delle spiegazioni sia chi vuole mantenere l’obbligo dei crocifissi, non viceversa. Vista con raziocinio, infatti, la versione di chi vorrebbe trasformare il crocifisso in una tradizione facoltativa è di una linearità annichilente.

Questa, più o meno: il crocifisso fu reso obbligatorio quando il fascismo dispose che quella cattolica era la religione dello Stato, quando cioè dei regi decreti diedero una base giuridica a quest’abitudine; dopodiché la Costituzione del 1948 sancì l’eguaglianza delle religioni di fronte alla legge sinché la revisione del Concordato del 1984 perfezionò il tutto: l’Italia da allora è uno stato perfettamente laico – dovrebbe esserlo – e quindi ogni simbolo religioso dovrebbe avere i diritti di ogni altro.  Ne consegue che in linea di massima l’obbligo del crocefisso presto o tardi sparirà, come pure sparirà l’ora di religione configurata come è oggi, e sparirà il diritto delle chiese cattoliche di scampanare come altre non possono fare, e sparirà insomma ogni uso & consuetudine che non sia armonizzato con la lettera del diritto positivo.

L’unica incognita è quando succederà: resta il fatto che succederà – piaccia o non piaccia – come è destino di ogni «tradizione» che la legge non preveda espressamente. Il Tar e il Consiglio di Stato, quel giorno, smetteranno di attaccarsi alla mancata esplicita abrogazione di un decreto fascista del 1924. La Corte di Cassazione, da par suo, l’ha già detto il 15 dicembre 2004: nessuna legge impone la presenza dei crocifissi nei luoghi pubblici.

Ciò posto, la decisione della Corte di Strasburgo non fa una piega: anche se – sappiamo – non verrà rispettata. La Corte ha stabilito che la presenza dei crocifissi nelle aule scolastiche «è una violazione del diritto dei genitori a educare i figli secondo le loro convinzioni»; una persona di religione non cattolica, allo stesso modo, potrebbe sentirsi a disagio nel sentirsi giudicata da un tribunale che dica «la legge è uguale per tutti» e intanto esponga un simbolo che privilegia un’identità precisa: qualcosa che è davvero arduo liquidare come «tradizione» o «cultura» in senso stretto. E’ una religione. Eccome se lo è.
Resta il fatto che alla classe politica italiana, di questo problema, importa meno di zero: si limita perciò a opinare annusando l’aria. La sentenza della Corte di Strasburgo non l’hanno neanche letta,  non conta che possa avere sostanzialmente ragione: conta che nessuno è ancora disposto a dargliela. A complicare le cose restano gli strascichi dell’11 settembre 2001: le guerre, il confronto tra civiltà, le discussioni sulla Costituzione europea e sulle nostre radici, l’afflato spirituale seguito alla morte di Giovanni Paolo II: nelle more di tutto questo resta intatta la tentazione di riappropriarsi di un pensiero forte che divenga fortilizio d’Occidente.

Da qui, dunque, alcune pretese fuori dal tempo – a opinione di chi scrive – che in questo Paese sono riuscite a bipolarizzare anche il crocifisso. Tra queste la proposta di legge di un deputato leghista, nel 2002, che puntava a che il crocifisso tornasse a troneggiare in Parlamento: quello italiano, non quello – inesistente – della monarchia assoluta d’Oltretevere.

(Libero, 4 novembre 2009)

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9 Commenti

  1. @mazzetta
    Ci sono tuttora circolari e regolamenti vari che prevedono l’esposizione di un crocifisso in ogni classe, e non a caso proprio in questi giorni diversi comuni hanno emesso ordinanze in tal senso, proprio in risposta alla sentenza della corte. Non ci sarà un articolo di legge che lo prevede ma c’è in mille regolamenti e regolamentini della nostra pletorica PA.

    Fosse il contrario, come affermi tu, mi chiedo come mai allora l’Avvocatura di Stato non l’abbia fatto notare a tempo debito a Strasburgo invece di attaccarsi alla tenue difesa dei valori laici che il crocifisso rappresenterebbe. O debbo pensare che quello dell’Avvocatura di stato siano dei polli perché sennò avrebbero di fatto smontato sul nascere il cado davanti alla Corte, oppure questi obblighi da qualche parte, comunque, ci sono.

    Quanto all’argomentazione dello “stato concordatario” (che anch’io trovo ridicola) è stata la stessa Ministra Gelmini a dire che si farà ricorso proprio facendolo notare

  2. @ Ubikindred: “l’esposizione nei luoghi pubblici e tanto più nella scuola pubblica sottolinea semplicemente un concetto evidente: qui noi siamo cattolici, al limite vi tolleriamo… “.

    Scusa, ma “noi” chi? Mica tutti gli insegnanti diventano cattolici nel momento in cui entrano in una classe nella quale è appeso un crocifisso, né – più in generale – tutti gli insegnanti, medici o magistrati sono cattolici. Mi spiace ti obbligassero a recitare le preghierine, ma mi sembra che anche in tal caso si tenda a voler abbattere una mosca a colpi di bazooka: non mi pare tu sia diventato cattolico, a seguito di quel sopruso. E immaginare che, invece, tutti lo possano diventare o lo debbano essere a causa di un crocifisso è, questo sì, assai ridicolo: la scuola è fatta di persone; e sono loro che (eventualmente) discriminano, non il crocifisso.

    “non si può verosimilmente sostenere che il crocefisso possa essere esposto in effigie di un vago “spirito cristiano”, almeno non senza sprezzo del ridicolo, soprattutto perché l’esposizione è palesemente vestigiale di una struttura giuridica risalente a quando il cattolicesimo (e non un non meglio precisato cristianesimo) era religione di stato”.

    E allora? Non è che il fatto che il crocifisso si riferisca al cattolicesimo religione di Stato contraddica l’osservazione secondo la quale lo stesso simbolo sia al contempo riconducibile anche al Cristianesimo, di cui il cattolicesimo costituisce una specificazione teologica.

    “E allora perché non esponiamo, chessò, l’effigie di Socrate o di Voltaire, altrettanto fondamentali di Cristo nel formarsi dei nostri valori e dei concetti fondanti della nostra cultura e società?”

    e chi ha mai detto che è vietato esporre l’effige di Socrate? Non esiste, come per il crocifisso, alcuna legge proibitiva, al proposito. Al liceo, nella mia classe, era appesa ad una parete (quella adiacente ad un’altra dove c’era un crocifisso…) una raffigurazione di Platone. Com’è che nessuno è (ed è mai stato) disposto a fare battaglie campali per togliere l’immagine dell’illustre filosofo? Invero, la ragione per cui un busto di Socrate è meno diffuso di un crocifisso è che il secondo è stato obbligatorio, il primo no. Venuto meno l’obbligo, non è però da ciò scaturito alcun esplicito divieto, quindi il simbolo è rimasto, per consuetudine. Intendiamoci: qualora se ne perdesse l’uso per desuetudine (come nei fatti sta già avvenendo), non sarebbe per nulla un dramma; un po’ più fastidiosa, invece, questa smania di regolazione (per via legislativa o giurisdizionale, è lo stesso) di tutto il fenomenico, che esprime una sciocca bramosia di inquadrare sempre ogni cosa entro il perimetro del diritto positivo, per paura che qualche “pezzettino di realtà” possa altrimenti sfuggirvi (cosa che, in ogni caso, avviene: Codici e Costituzioni non conterranno mai l’universo mondo).

    @ mazzetta: nel commento 31, a mio avviso confondi il contenuto di una dottrina con l’interpretazione, spesso fuorviante, che gli uomini hanno dato a quella medesima dottrina. Il Cristianesimo non è il Vaticano e non è colpa mia se la Chiesa s’è auto-proclamata quale unico soggetto deputato alla lettura autentica del pensiero di Cristo. Il crocifisso non nega le nefandezze ecclesiali, non indica che le crociate siano state cosa buona e giusta; quella roba appartiene agli uomini, non a Gesù. D’altronde lo ammetti tu stesso, quando affermi l’esistenza di un atteggiamento volto a “trasformare in leggi dello stato le invenzioni della chiesa, che con il cristianesimo spesso hanno ben poco che fare”: appunto.

    @ balthazar: “il Cristo è esistito sul serio? E, se si, era il figlio di Dio? Le prove?”

    Formidabile autogol: come fa ad essere offensivo uno che non è mai esistito o che, se anche fosse, non è comunque figlio di Dio? D’altra parte, mancano le prove….Perchè non richiedi, al riguardo, una perizia, magari mediante un incidente probatorio?

    @ Ariel: non preoccuparti del fatto che la Corte “non sia in grado di comprendere”; ci sono qua io, apposta per illuminare i togati di Strasburgo. Per esempio invitandoli a riflettere sul fatto che il crocifisso non è un cacciavite: non “serve”. Nemmeno al politicamente correttissimo “pluralismo”. Rispetto al quale sarebbe piuttosto d’uopo chiedersi se il crocifisso ne sia di ostacolo. Ecco: lo è? A mio modesto parere no. Se non altro perché il pluralismo si propone di includere, non di escludere; e quello che incuriosisce, in merito a ciò, è che le scritture religiose sembrano più aperte al dialogo di quanto non appaia, invece, la Corte: il tanto vituperato Islam considera Gesù un profeta. Quale migliore esempio di inclusione, all’insegna del pluralismo? Del resto, quello del pluralismo è un trucchetto dialettico alquanto capzioso, perché induce – prendendo il concetto alla lettera, come di certo qualche sempliciotto farà – ad un’insaziabile pretesa di onniscienza; già immagino le obiezioni: allora perché non studiamo anche il Corano? Ed è solo una seccatura, in questo caso, ricordare che, se quello è il punto, non studiamo nemmeno letteratura giapponese…

    @ tutti (compreso FF, se gli fa piacere fornire una precisazione): rimane l’obiezione più importante, vale a dire: qual è l’argine (ammesso secondo voi abbia un senso porlo) di fronte a cui è opportuno si arresti la cancellazione di ogni elemento che nella nostra società abbia un riferimento religioso, nell’ipotesi in cui quell’elemento non sia espressamente disciplinato dalla legge (né obbligo, né divieto) o, peggio ancora, magari lo sia anche, ma detta disciplina cozzi contro una vaga idea di “pluralismo” o “sensibilità” a sua volta giuridicamente tutelata, pur in modo assai generico? La Domenica, etimologicamente, è il giorno del Signore; le date che scriviamo hanno quale parametro la nascita di Cristo, e via discorrendo: nessuna offesa, in questi casi?

  3. Alessandra, il tuo è un evidente paralogismo e mi viene da credere che tu lo sappia benissimo: nessuno ha parlato di insegnanti o di singoli che “diventino” cattolici all’entrare in una classe che abbia esposto un crocefisso. Ho parlato di simboli ed i simboli non sono persone. Obiettivamente non esiste un modo sensato per sostenere che all’interno di una scuola statale, l’affissione del crocefisso, possa essere interpretata in modo differente dall’evidenziazione di una maggiore vicinanza dello stato alla religione che di quel crocefisso fa il suo segno fondante, rispetto alle altre. E questo è il contrario di ciò che dovrebbe fare uno stato laico. Punto.
    Io non ho mai detto che il crocefisso avrebbe potuto farmi diventare cattolico (ma certo, al mio agnosticismo, ha certamente contribuito la controprogrammazione che mio padre ha dovuto mettere in atto vedendomi tornare a casa intriso di insegnamenti cattolici, preghierine e concetti inculcatimi a forza di “maggioranza”, che sai bene che potere abbia su di un bambino e già questo di per sè sarebbe a dir poco disdicevole), ho detto che si trattava di una violenza. E di una violenza si tratta. Quel simbolo innocuo, è tutto tranne che innocuo, è un simbolo di tracotanza, di prevaricazione di una immaginaria maggioranza silenziosa. E se dà o meno fastidio a qualcuno, non sei certo tu, alla quale palesemente fastidio non dà, a doverlo decidere, ma semmai chi questo fastidio e questa oppressione lieve ma persistente, la sente sulla propria pelle.

    Vorrei proprio sentire cosa direbbe un prelato cattolico all’affermazione che il Cattolicesimo altro non sarebbe che una specificazione teologica di un più ampio Cristianesimo. Ti ricordo che la Chiesa Cattolica si ritiene unica ed universale interprete del Verbo e della Verità Divine e che è proprio questa la radice della sostanziale diversità da qualunque altra setta protestante. Detto ciò, se in un paese ex comunista, alla proposta di togliere dalle classi la falce ed il martello, qualcuno avesse obiettato: ma rappresentano anche i lavoratori dei campi e delle fabbriche, in sincerità, tu cosa avresti risposto? Un, bel “ma mi faccia il piacere!” è la risposta più verosimile, io credo.

    Anche su Socrate e Platone ed il crocefisso, esponi un evidente paralogismo, in primis, proprio perché come tu stessa sottolinei, l’effigie di Platone non è mai stata esposta obbligatoriamente, in secundis (e non è una cosa da nulla) l’effigie di Platone NON è un simbolo religioso e se anche lo stato mostrasse di avere una particolare vicinanza alle idee platoniche, non vedo come questo potrebbe essere discriminatorio nei confronti di alcuno (agguerrite sette di empiristi inglesi?).
    Infine, per rendere evidente come non vi sia un reale parallelismo tra le due cose, non mi risulta che vi sia uno Stato governato da Neoplatonici che intervenga un giorno sì ed uno no sulle questioni dello Stato italiano emettendo sentenze che si sostengono universali riguardo alla morale ed al comportamento dei singoli.
    Ignorare questo, così come la storia del nostro paese e del cattolicesimo, è tamente antistorico ed avulso dalla realtà dei fatti, da perdere, francamente, qualunque valore dialettico.
    Nessuno vive nella nevrosi del voler normare ogni aspetto dell’esperienza umana (a parte, forse il nostro Parlamento, che non ha ancora compreso che l’Italia, almeno teoricamente, dovrebbe essere uno Stato liberale e non uno stato Etico, ma tant’è), semplicemente si pretende il rispetto di un principio, assai semplice: la laicità dello Stato. Si chiede solo che lo Statorispetti le credenze (o la mancanza delle stesse) di ognuno, evitando di mostrare preferenza per una religione rispetto ad un’altra. Dopodiché, tutto qullo che riguarda la sfera privata dell’individuo è, o dovrebbe essere e rimanere, intangibile.

  4. @Alessandra: “D’altronde lo ammetti tu stesso, quando affermi l’esistenza di un atteggiamento volto a “trasformare in leggi dello stato le invenzioni della chiesa, che con il cristianesimo spesso hanno ben poco che fare”: appunto”

    appunto lo dico io semmai :D

    un’invenzione (pretesa) della chiesa si è trasformata in un regolamento (uno, non mille come affermato da altro sopra) che prevede l’esposizione del cristo rantolante e appeso in ogni aula.

    oggi la Corte dice che quell’esposizione non è giusta, non è lecita e ferisce i diritti di tutti, nella scuola che dovrebbe essere di tutti perché è pubblica

    è per questo che il simbolo dei cristiani non ci può stare appeso nelle scuole, come non ci può stare quello dei musulmani, degli ebrei o degli indù, i simboli religiosi ciascuno li mette sulle sue proprietà se vuole, ma non su quelle pubbliche, ancor meno in ogni stanza di quelle destinate all’istruzione, che non conosco nessun cattolico che abbia appesa una croce in ogni stanza a casa sua

    pretese patetiche, se il cattolicesimo è incapace di guardare dentro la sua crisi di vocazioni e di seguito in Italia, non sarò certo con il fanatismo sul crocifisso nelle scuole che recupererà gradimento o migliorerà la qualità del suo gregge, su questa storia della croce in classe si sono esibiti quasi esclusuvamente dei folli, un pessimo esempio e un brutto segno, quando quelli ragionevoli tacciono vuol dire che ormai è inutile discutere ;)

  5. …stavo rispondendo a FF, non a mazzetta e Ubikindred, che comunque ringrazio per la discussione. Si potrebbe continuare, ma evito perchè temo di risultare insistente.

  6. Trombonate per il loggione, le promesse del Governo di “non adempiere al diktat di Strasburgo”: quella è una Corte internazionale ancora vecchia maniera (non come Lussemburgo, per intendersi), che non entra nell’ordinamento interno se non per liquidare un indennizzo al ricorrente. Neppure ha imposto una “misura generale”, richiedendo in motivazione (e quindi in modo non vincolante) la rimozione dei crocefissi: s’è limitata ad accertare che la loro permanenza è violazione della Convenzione. L’Italia può appellare alla Gran Camera, ma se anche questa conferma l’unica conseguenza giuridica è il riconoscimento alla ricorrente di 5000 euro per equo indennizzo. I nostri pupi chiassosi la smettessero di fingere rodomontate, e si attrezzassero a pagare: anche perché, di 5000 in 5000 euro (in azioni collettive strasburghesi), credo che questa storia finirà per costare molto di più che rimuovere i crocefissi dalle aule scolastiche…

  7. non ho capito perché in alcune scuole hanno tolto l ‘ albero di natale il crocifisso, la poesia del nartale. quando c’ erano i Geova o altri attaccati alla loro forma di setta, c ‘ era lo stesso questa materia di religione. come mai? io e altri siamo particolarmente razzisti

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