Il Grande Elenco Telefonico della Terra e pianeti limitrofi (Giove eslcuso) /9

(…continua /8)

–  Senta, quel che vedo è che si è fatto tardi e io non so nemmeno da quanto tempo sto parlando con lei al telefono. In più ci aggiunga che grazie a questa chiacchierata non ho ancora avuto nemmeno il tempo di mangiare qualcosa.

–  Io credo che il vero motivo per cui lei non si è ancora nutrito sia dovuto esclusivamente al fatto che non ha le idee ben chiare a proposito di quel che vuole mangiare.

–  Le assicuro che non è affatto così. E ora so che me ne pentirò, ma la curiosità mi spinge a chiederle che cos’è che glielo fa credere?

–  Non è difficile, non bisogna certo essere Parrucchetti Encefalofagi per capire che lei non ha la benché minima idea a proposito di come alimentarsi.

–  Parrucché?


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–  Parrucchetti Encefalofagi.

–  E cosa sono?

–  Oh, dei gracili, deliziosi e amabili uccellini di ogni sorta di colore, che vivono cinguettando allegramente sul nostro pianeta. Hanno una forma strana.

–  Strana come?

–  Come la chiamate voi quella cosa che la gente si mette in testa quando non ha i capelli?

–  Cappello?

–  No: sotto il cappello.

–  Ah: parrucchini, non parrucchetti. Sono capelli finti.

–  Voi dategli il nome che volete. Da noi si chiamano Parrucchetti, sono capelli veri e volano.

–  Sono come le pantofole?

–  Le pantofole non volano.

–  No, dicevo: sono vivi come le pantofole?

–  Più vivi di così non si potrebbe. Ma le dirò di più: i Parrucchetti Encefalofagi hanno quest’aria gracile, indifesa, che viene quasi voglia di raccoglierli con una mano per proteggerli dal resto del mondo. E invece no.

–  No?

–  No: si nutrono in maniera piuttosto strana.

–  In che senso?

–  Come dice il nome stesso, sono encefalofagi: vanno ghiotti per il cervello.

–  Guardi, se è per questo a me fa schifo, ma anche alcuni umani mangiano cervello animale: lo cuociono con…

–  Mi scusi se la interrompo, probabilmente non mi sono spiegato bene io: ai Parrucchetti piace il cervello fresco.

–  No, infatti, temo di non capire.

–  Mettiamola così: lei sta passeggiando per i fatti suoi; ad un certo punto un grazioso uccellino attraversa il suo spazio visivo svolazzando e cinguettando festosamente; lei dice “Oh, è quasi primavera!”, ed è lì che sbaglia, perché se il grazioso uccellino è un Parrucchetto e se lei potesse avere una testa in grado di roteare di 360 gradi… Lei non ce l’ha una testa capace di roteare di 360 gradi, vero?

–  No, direi di no.

–  Ecco, immaginavo. Ma se l’avesse, lo vedrebbe alle sue spalle mentre a tutta velocità e senza fare il benché minimo rumore si fionda sulla sua capoccia, muta abilmente il colore del piumaggio in quello dei suoi capelli in modo da mimetizzarsi perfettamente, le pianta nel cranio quel becco aguzzo che si ritrova e, infine, si mette comodo e resta lì a succhiarle il cervello come se stesse bevendo con una cannuccia dalla lattina.

–  Mio dio, ma che morte orribile!

–  Morte? No, e chi ha parlato di morti?

–  Beh, voglio dire: se un bastardissimo uccello mi pianta il becco nel cranio e inizia a succhiarmi il cervello, immagino che io per primo vorrei essere morto, come minimo.

–  Invece no: essere attaccati dai Parrucchetti può essere un privilegio.

–  Non vedo come.

–  Il fatto è questo: come le dicevo i Parrucchetti Encefalofagi sono ghiotti di cervello, e lo sono a tal punto che non sanno quando fermarsi. Anche se sono completamente sazi, la loro golosità li spinge a continuare a succhiare, con il risultato che, normalmente, fanno indigestione e rivomitano tutto lì dov’era.

–  Un bel privilegio.

–  Certo. Perché, diciamolo: ogni tanto il cervello ha bisogno di una smossa. Una bella rimescolata e si torna più intelligenti di prima, più creativi, più svegli e oserei dire pure più felici. Il Parrucchetto, in sostanza, fa questo: frulla idee, ricordi, intuizioni, nozioni e, mescolandoli, li fa incontrare, creando nuove connessioni, prima impensabili, tra le sinapsi impigrite. Per questo, da noi, quando a qualcuno viene inaspettatamente un’idea brillante, si dice tutti in coro: “Benvenuto al Parrucchetto!”.

–  Come un brindisi?

–  Bravo. E non è ancora finita: a volte, poi, capita che il Parrucchetto rigetti anche piccole parti di cervelli altrui, che magari non ha digerito, in quello che ha appena finito di succhiare. Così quando il Parrucchetto ha finito di vomitare ci si ritrovano in testa le idee rivoluzionarie di qualcun altro (che magari non erano così geniali prima di incontrare le nostre, ed esserne completate) o, anche, so di gente che ha preso improvvisamente a parlare lingue che non aveva mai conosciuto. Il fatto stesso che io stia parlando la sua, e che lei mi comprenda, mi fa pensare che, in qualche modo, un Parrucchetto sia riuscito a shakerare il mio cervello con quello di qualche abitante della Terra.

–  Lei dice che esistono Parrucchetti anche qui da noi?

–  Quasi sicuramente, solo che non ve ne siete accorti.

–  A me sembra impossibile. Io non ne ho mai visto uno.

–  La cosa non mi stupisce. Il Parrucchetto è ingegnoso: studia le pettinature più alla moda e impara a replicarle alla perfezione. Poi si piazza sulla nuca ed è quasi impossibile riconoscerlo ad occhio nudo.

–  Ho capito, ma quando siamo allo specchio, o ci pettiniamo…

–  Col pettine gli fate solo i grattini sulla schiena. Cosa che lui adora, per di più.

–  Continua a essermi difficile crederlo.

–  Allora le chiedo una cosa: ha mai avuto a che fare con persone che da un giorno all’altro sono cambiate completamente, o le sono sembrate più vitali, o magari hanno mollato casa, lavoro e famiglia per scappare a Betelgeuse e mettere in piedi una gelateria con vista universo con una diciassettenne del posto?

–  Ecco magari non sono finiti a Betelgeuse, ma sì, direi di sì.

–  Bene: molto probabilmente è stata opera di un Parrucchetto. Per farle un esempio, non so se succede anche dalle vostre parti, ma da noi sì: a volte le donne decidono improvvisamente di cambiare vita e fare cose come iniziare una raccolta punti, iscriversi a un corso di fotografia, o scambiare consapevolmente liquidi corporei con il loro istruttore di Capoeira. Quando lo fanno, si sentono cambiate dentro e vogliono sentirsi cambiate anche fuori: a quel punto ci dicono che sono state dal parrucchiere.

–  “Ci dicono” in che senso?

–  Nel senso che non è vero: hanno semplicemente incontrato un Parrucchetto. Il che, peraltro, spiega anche la nuova acconciatura.

–  Quindi lei sta sostenendo che le donne mentono.

–  Assolutamente no. Loro credono veramente di essere state dal parrucchiere. Lei ha presente le zanzare?

–  Certo che le ho presenti, ma non vedo cosa c’entrino in questo momento.

–  C’entrano eccome. Mentre inseriscono il pungiglione nella pelle, le zanzare (specialmente su Giove dove non sono ben viste) iniettano una sostanza che ha potere anticoagulante e anestetico, in modo che non ci si possa accorgere della puntura.

–  Questo più o meno lo sapevo.

–  Bene. Il Parrucchetto è dotato di un becco acuminato capace di fare la stessa cosa, solo che il liquido che inietta è in grado di fare molte più cose: ferma il sangue, ad esempio, o anestetizza anche lui la parte perforata. Questo quando parliamo di uomini. Nel caso la vittima sia di sesso femminile, invece, immette un ulteriore composto chimico che va a colpire una particolare parte del cervello che si occupa di far credere in tutta onestà di essere stati dal parrucchiere.

–  Questo, devo dire la verità, spiega molte cose. Tranne una.

–  Mi dica.

–  Ancora non capisco perché ha detto che non serve essere un Parruccoso per entrarmi nella testa.

–  E’ un’espressione comune, una metafora che usiamo spesso, dalle nostre parti: può significare che lei è molto prevedibile, oppure che non ha le idee chiare.

–  Nel mio caso specifico cosa vuol dire?

–  Lei sosteneva di dover mangiare qualcosa. Io le ho semplicemente ribattuto che se avesse voluto mangiare l’avrebbe fatto.

–  Sarei riuscito a farlo se non fossi rimasto qui a parlare con lei.

–  No, lei non l’ha fatto perché stava pensando di mangiare “qualcosa”, ma non aveva ancora deciso cosa.

–  Sa che le dico?

–  No che non lo so. Non sono mica un Gioviale: la mia specie non è in grado di leggere il pensiero.

–  Io non so se è lei in particolare o la sua razza in generale, ma ho l’impressione che lei mi prenda troppo alla lettera.

–  Sa cosa direbbero su Giove?

–  No.

–  “L’importante è che non sia una zeta”.

(continua… /10)


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4 Commenti

  1. bentornato gianluca neri. e leggendoti questa puntata mi viene da dire “Benvenuto al Parrucchetto!”

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