Il giornalismo che questo Paese merita

Quello di Enzo Biagi, uno che piace solo alle vecchie e ai deficienti.

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L’annunciata resurrezione di Enzo Biagi ha indotto qualche giornale a scrivere falsità. Il Corriere della Sera ha scritto del suo passato “allontanamento” dalla Rai e addirittura della “sua cacciata”, Repubblica invece ha rimembrato “l’offerta bloccata tre anni fa” quando “la destra bloccò tutto”.
Ma andò in ben altro modo anche ora se fingono di dimenticarlo.

La storia parte dal 2001, quando nella televisione pubblica italiana c’era un anziano collaboratore di 82 anni, Enzo Biagi, che conduceva una trasmissione, “Il fatto”, che evidenziava almeno due problemi: uno di palinsesto e uno politico.
Il problema di palinsesto era che il programma andava in onda nella fondamentale fascia pre-serale e perdeva una media di quasi dieci punti rispetto alla rete concorrente; Biagi peraltro era un’istituzione, uno da quarantun anni in Rai, con un contratto da due miliardi di lire (in sei minuti guadagnava quello che in due ore guadagnava il ben pagato Bruno Vespa) e questo al lordo di un ufficio privato e di una redazione che lavorava solo per lui. Non è che si potesse spostarlo con un tratto di penna.

Poi come detto c’era un legittimo problema politico: in un periodo di elezioni nazionali, Biagi parteggiava apertamente per l’avversario di Silvio Berlusconi o più spesso avversava Silvio Berlusconi e basta.
Celebre il caso del 10 maggio 2001: a ridosso del voto Biagi si portò in trasmissione Roberto Benigni e lo show fu a senso unico: “Non voglio parlare di politica, sono qui per parlare di Berlusconi. Il contratto di Berlusconi ormai è un cult, la cassetta lì l’ho registrata, l’ho messa tra Totò e Peppino e Walter Chiari e Sarchiapone. Comunque voglio essere equidistante, Berlusconi non mi piace, Rutelli sì”. Eccetera.

Le polemiche sono immaginabili: dopo che un giornalista aveva invitato un comico, due mesi prima, un comico aveva invitato un giornalista: Daniele Luttazzi aveva chiamato Marco Travaglio alla sua trasmissione Satyricon (Marzo 2001) e quest’ultimo aveva parlato per quasi un’ora di rapporti tra Berlusconi e mafia e stragi, tutte vicende archiviate o infondate, sinchè Luttazzi aveva congedato Travaglio in questo modo: “In questo paese di merda tu sei uno che ha coraggio”.

In questo paese di Luttazzi ci sarebbe anche un terzo problema non di palinsesto nè politico, e che meramente rispecchia l’opinione dello scrivente e forse non solo la sua: il programma di Biagi, giornalisticamente parlando, valeva zero. Il programma era basato su alcune schede rudimentali (che non faceva Biagi) e poi su alcune domande che altri giornalisti con telecamera formulavano a tizio e a caio, dopodichè Biagi le riformulava davanti a un’altra telecamera sinchè il tutto veniva montato e assemblato con l’aggiunta di una moraletta biagesca finale. Nello stesso giorno, per capire quanto Il Fatto stesse sul fatto, poteva capitare che venissero montate più puntate. Per il resto, notizie: zero. Approfondimento: zero. Soprattutto: contraddittorio zero, tanto che gli intervistati Biagi neppure lo vedevano mai, non c’era consecutio tra risposta e domanda successiva. E intanto Canale 5 mandava in onda Striscia la notizia coi suoi reportage sgangherati e autentici, benchè ufficialmente non giornalistici.

Ma riprendiamo la storia. Nel tardo 2001 e all’alba del 2002, in un periodo in cui peraltro la Rai veniva accusata di fiancheggiare Mediaset, c’era quindi ed essenzialmente il problema di non perdere vagonate di incassi pubblicitari durante il programma di Biagi, dunque di ricollocarlo e di per inventarsi qualcos’altro al suo posto. Il direttore di Raiuno Fabrizio del Noce e il direttore generale Agostino Saccà proposero e trovarono infine un accordo con Biagi (lo trovarono, ripetiamo) che prevedeva questo: un programma biennale di ben dieci speciali in prima serata, e altre venti puntate storiche in seconda serata: il tutto per la modica cifra di tre miliardi di lire più le spese.
Buttali via: e infatti l’11 aprile 2002 Enzo Biagi indisse una conferenza stampa e annunciò che gli andava benissimo, non senza qualche sarcasmo solito suo: “Non ho problemi di orario, posso fare un programma anche a mezzanotte, magari mettendo una piccola nota di pornografia. Non c’e’ problema, sono un signore che fa questo mestiere da tanti anni”. Le dichiarazioni di piena soddisfazione fatte da Biagi furono rese note su agenzie di stampa e quotidiani di quei giorni.

Non fosse chiaro, il celebre “editto di Sofia” non c’era ancora stato. Infatti fu il solo il 18 aprile successivo che Silvio Berlusconi a domanda rispose: “Santoro, Biagi e Luttazzi hanno fatto un uso della televisione pubblica, pagata con i soldi di tutti, criminoso; credo sia un preciso dovere della nuova dirigenza Rai di non permettere piu’ che questo avvenga”.

Putiferio, ma sta di fatto che Biagi proseguì il suo programma sino alla prevista chiusura del 31 maggio 2002. Fu solamente dopo di allora che decise di ripensarci e di non accettare (più) una proposta che pure aveva accettato informalmente. Difatti, ricevuta la bozza del contratto, nel dicembre 2002, la rimandò indietro e indisse un’altra conferenza stampa: ”Non sono un uomo per tutte le stagioni”. Biagi. Aggiunse che che sarebbe andato in Russia a intervistare Putin, che nell’immaginazione pubblica non era ancora caduto in disgrazia.

Finita? Macchè.
A Biagi, e siamo al punto, fu fatta un’altra offerta: il direttore di Rai Tre Paolo Ruffini gli propose di rifare precisamente “Il Fatto” sulla sua rete, e questo su preciso mandato del Consiglio di amministrazione Rai. Altro che complotto della destra: il direttore generale Agostino Saccà mandò addirittura un fax al legale di Enzo Biagi per sollecitarlo a rispondere circa l’offerta. Alla fine ottenne un no, e a comunicarlo ufficialmente, per lettera, fu l’avvocato milanese Salvatore Trifirò.
Perchè disse di no? Probabilmente perchè la collocazione di palinsesto, prevista dalle 18,53 sino alle 19, ossia all’inizio del Tg3, a Biagi non andava bene: o almeno così scrissero tutti i giornali. Ma soprattutto, economicamente parlando, l’offerta fu giudicata “differente da quella relativa a il Fatto“.

Parentesi: è notizia di questi gorni che per Biagi adesso Raitre va invece benissimo. Improvvisamente, come ha detto Biagi a Fabio Fazio domenica scorsa, “Raitre è la rete che guardo con più interesse, quella che più mi assomiglia”. Raitre.

A ogni modo, agli albori del 2003, l’unica trattativa che Biagi accettò con gioia fu quella per la transazione economica che lo vide separarsi dalla Rai, operazione “effettuata con il pieno consenso dell’interessato e con di lui piena soddisfazione”: furono le parole ufficiali. Niente di strano, visto che si giunse a una buonuscita un miliardo e mezzo di lire, e che a riprova della “soddisfazione” del giornalista c’è anche una dichiarazione da lui rilasciata all’Ansa il 3 gennaio 2003: “Non sono stato buttato fuori, al contrario ho raggiunto di mia iniziativa un accordo pienamente soddisfacente che gratifica sotto tutti i profili, morali e materiali, i miei 41 anni dedicati alla Rai”.

Dopodichè la nenia la conosciamo. Tre mesi dopo si parlò di Paolo Mieli presidente della Rai e Biagi si disse pronto a incassare ancora: “Devo ringraziare Paolo Mieli, mi dirà quello che devo fare, a che ora, in che modo”. Andò come andò.
In Rai ci arriverà piuttosto un personaggio aduso a un linguaggio ancor più semplificato di quello di Biagi, se possibile: Adriano Celentano, anzi “RockPolitik”, il molleggiato che si mise a dire che “tutto è cominciato il 18 aprile 2002” (l’editto di Sofia) anche se come visto era cominciato molto prima. E’ il giorno in cui Michele Santoro si materializza come dall’oltretomba: viva la fratellanza, viva la libertà, viva la tredicesima.

La nenia, sì. Un libro di Biagi titolato “Quello che non si doveva dire” dove si scopre che era stato detto tutto, e poi scarne apparizioni televisive con le meste tonalità del pievano di paese che ha fatto la sua carriera molto italiana senza una laurea e senza conoscere l’inglese. Ora, in quel brodino che Biagi ha da sempre propinato al Paese poco scolarizzatato, dovrebbe sguazzare il presunto Paese scolarizzato di Raitre. Ma non è ancora detto. Bisogna vedere il contratto. Enzo Biagi è persona che al rispetto bada assai.

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REPETITA BIAGIS
(a proposito di uan discussione fatta col blogger Leonardo: Enzo Biagi non ha evidentemente mai fumato in vita sua)

Il Fatto, Rizzoli 1995, pagina 207: “A proposito del decreto che considera i reati di concussione e corruzione crimini minori. La giustificazione del ministro della Giustizia, Alfredo Biondi, ricorda un po’ quel fidanzato che cercava attenuanti: ‘E’ incinta’, doveva pur riconoscerlo, ‘ma appena appena’ “.

Il Risveglio, Raidue, 9 marzo 1998: “Bill Clinton… Interrogato per cinque ore di fila, ha dovuto riconoscere, alla fine, che qualcosa c’era stata, ma appena appena: come quel ragazzo che aveva reso la fidanzata appena appena incinta”.

L’Espresso del 2 ottobre 1997: “Un famoso ortopedico è accusato di violenza sessuale… Allo stupore della signorina, che non capiva la necessità immediata di quella terapia, il professore offrì una spiegazione convincente: ‘Non mi guardi così, lo faccio solo per vedere come reagisce’. Ricorda quel moroso che cercava di giustificare la gravidanza della sua ragazza: ‘E’ incinta, ma appena appena’ (che cosa c’entra?, ndr)”.

Il Risveglio, Raidue, 5 febbraio 1998: Biagi, a proposito di Bossi che aveva dapprima parlato di “mitra”, e poi minimizzato, ricorda quel fidanzato che aveva la ragazza appena appena incinta.

Il Fatto, Rizzoli 1995, pagina 183: “Sembra che Thomas Jefferson, uno dei padri della patria, se la intendesse addirittura con una giovinetta negra”.

L’Espresso del 5 febbraio 1998: “Perfino un padre della patria, Abramo Lincoln, combinò alcuni figli con una seducente negretta” (prima era Thomas Jefferson, ndr).

L’Espresso del 2 ottobre 1997: “Bill Clinton… Nessuna sorpresa se una certa aneddotica erotica circola alla casa bianca: si è scoperto che il virtuoso Abramo Lincoln se la spassava con una vispa negretta’ (Lincoln conferma il suo primato sulla negretta: rispettivamente giovinetta, seducente e vispa, ndr).

Il Fatto, Rizzoli 1995, pagina 183: “Truman Capote riferisce il giudizio di una mondanissima ereditiera americana sui giovani Kennedy: ‘Sono tutto così, sono come i cani, debbono pisciare su tutti gli idranti”.

L’Espresso del 5 febbraio 1998: “Non parliamo dei Kennedy: Truman Capote ha scritto che gli facevano venire in mente, per le eccessive prestazioni erotiche, quei cani che orinano sugli idranti antincendio” (prima non era direttamente Capote, ma un’ereditiera citata dallo scrittore, ndr).

L’Espresso del 2 ottobre 1997: “I Kennedy, ha scritto Truman Capote, ‘sono come i cani, pisciano su tutti gli idranti’ “.

Il Fatto, Rizzoli 1995, pagina 183: “Eisenhover, il mitico generale, se la spassava, tra una battaglia e l’altra, con il conducente della sua jeep, che per fortuna era una graziosa utilitaria”.

L’Espresso del 5 febbraio 1998: “Eisenhover, che dal fronte scriveva ogni giorno all’amata sposa Mamie, si consolava della lontananza con l’ausiliaria inglese che gli avevano assegnato come autista”.

L’Espresso del 26 febbraio 1998: “Eisenhover… attese i risultati leggendo un romanzo giallo, o forse chiacchierando con la bella ausiliaria inglese che gli faceva da autista, e che si adoperò perché sentisse meno pesante la lontananza di Mamie”.

L’Espresso del 12 novembre 1998: il Biagi informa che il figlio di Eisenhover (anch’egli) avrebbe goduto dei favori dell’ausiliaria-autista.

L’Espresso del 12 giugno 1997: “In famiglia, quando si trattava di soldi, navigatori lo sono un po’ tutti: la vedova Jaqueline fece un contratto con l’armatore Onassis, il nuovo coniuge, nel quale era contemplato anche il numero e la cadenza delle prestazioni amatorie”.

L’Espresso del 26 febbraio 1998: “Così c’è chi sorprende Jaqueline Kennedy nuda sull’isola di Skorpios, in attesa di firmare un contratto nuziale con l’armatore Aristotele Onassis. Con la clausola notarile che l’ex padrona della Casa Bianca non andrà oltre un paio di amplessi alla settimana”.

L’Espresso del 24 aprile 1997: “Ci fu una contadina nel dopoguerra che durante uno scontro tra dimostranti e polizia, su una piazza di Modena, venne colpita, per fortuna di striscio, da una pallottola. Durante il processo per il fattaccio, il presidente del tribunale le chiese: ‘Lei fu ferita nel tafferuglio?’. ‘No – fu la risposta – più su’.

L’Espresso del 21 maggio 1998: medesimo episodio del tafferuglio.

L’Espresso del 21 maggio 1998: “A Bologna, per esortare alla rassegnazione nella cattiva sorte, si dice: ‘Quando uno deve prenderlo nel culo, il vento gli tira su la camicia’.

L’Espresso del 21 maggio 1998: “Ogni essere umano mangia, durante la vita, per tre anni e mezzo, produce 40 mila litri di pipi, si bacia per due settimane e fa sesso 2.580 volte. L’arsenale di quelle che un tempo venivano chiamate cartucce da sparare”.

Diciamoci tutto, Mondadori 1984: “Ci sono ad esempio, località dell’agro romano che si chiamano Pisciatello e Smerdarolo”.

L’Espresso del 6 marzo 1997: “E’ memorabile la battuta di Mike: ‘Signora Longari, lei mi è caduta sull’uccello’ “.

L’Espresso del 2 ottobre 1997: “Smentita la famosa battuta… Pare che la versione esatta sia: “Quale uccello preferisce?’.

L’Espresso del 24 aprile 1997: “Purtroppo ci abbandoniamo tutti al linguaggio corrente, che è piuttosto scurrile, finì in un niente una campagna dei parroci bresciani per la pulizia verbale. Effettivamente è un fiorir di culi (da cui, frequentissimo, il consiglio di origine meridionale, vaffan…), coglioni e via dicendo. E casino, che sta per rumore e confusione. Cesare Zavattini pensò di sbalordire gli ascoltatori, e alla radio osò dire: ‘Cazzo’.

L’Espresso del 19 novembre 1998: “Cesare Zavattini, tanti anni fa, sbalordì gli ascoltatori della radio pronunciando la parola ‘cazzo’ “.

L’Espresso del 24 aprile 1997: “Adesso e spero di non essere frainteso, il cazzo entra dappertutto. Piace molto al comico Paolo Rossi, ad esempio, perché ‘cazzeggia’. C’è poi un modo di dire molto diffuso: “Che cazzo vuoi?’, che fa supporre un campionario assai più vasto ma inesistente. Ancora: ‘Non me ne importa un cazzo’, che ritengo una dichiarazione eccessiva. ‘Scassacazzo’ è chi importuna, lo scocciatore, mentre lo sfortunato è ‘sfigato’ e la bellona ‘strafiga’.

L’Espresso del 19 novembre 1998: “Uno che fa discorsi a vanvera ‘cazzeggia’, mentre uno sfortunato è ‘sfigato’, una bellona invece è ‘strafica’, e ‘scassacazzi’ è uno scocciatore”.

Il Fatto, Rizzoli 1995, pagina 259: “Come è noto gli intrattenitori di sinistra citano invece con ossessiva frequenza il cazzo: ‘Che cazzo vuoi?’ come se poi il campionario fosse vastissimo, o ‘che cazzo dici’ , lasciando ancora supporre una inesistente varietà dell’oggetto”.

L’Espresso del 24 aprile 1997: “Ma ‘testa di cazzo’ non dovrebbe essere considerato giudizio offensivo: perché l’aggeggio è intelligentissimo, sa quello che vuole, si impegna quando gli pare e, tutto sommato, se la spassa”.

L’Espresso del 12 giugno 1997: “Pare che c., basta accennare, sia invece intelligente. Infatti si muove sempre nella direzione giusta e sa quello che vuole”.
L’Espresso del 19 novembre 1998: “Un commentatore politico… era stato paragonato a ‘una bella faccia di cazzo’. Ma non è un confronto molto offensivo. Questo accessorio è sensibile, intelligente; e, a differenza di certi politici e di certi politologi, sa quello che vuole”.

L’Espresso del 24 aprile 1997: “Addio, vecchio candore, quando il rigore puritano imponeva ai gentiluomini inglesi di offrire alle signorine soltanto il petto di pollo, perché la coscia poteva assumere significati allusivi, e il toro, nei discorsi, era ‘il marito della mucca’.

L’Espresso del 10 agosto 1997: “Ne è passato di tempo da quando il rigore puritano imponeva di offrire alle signore il petto di pollo, perché la coscia poteva assumere significati allusivi; il toro era, nei discorsi, ‘il marito della mucca’.

Il Risveglio, Raidue, 9 marzo 1998: Biagi accenna ai puritani che a tavola non osavano offrire la coscia di pollo alle signore, e che indicavano il bue – stavolta non più il toro – come il marito della mucca.

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BIAGI, IL MASTINO DELLE INTERVISTE

La sossostante intervista, rilasciata da Silvio Berlusconi a Enzo Biagi, ironico ma in ginocchio, è stata trasmessa da RaiUno il 4 febbraio 1986. Rai Sat Album l’ha rimandata in onda il 7 maggio 2003 alle ore 22 e 40.

BIAGI – Silvio Berlusconi, milanese, 49 anni, classico esempio di uomo che si è fatto
da solo. Comincia con l’edilizia negli anni del boom, ma diventa un nome soprattutto
con le televisioni private e con l’editoria. Dice di dormire non più di quattro
ore per notte, qualche volta parla di sé anche in terza persona. Ha detto ad esempio:
“Il 92 per cento degli italiani adorano Berlusconi”. E’ inutile accusarlo di aver creato
un monopolio, risponde che le sue sono le dimensioni giuste per una sana economia.
Alcuni esperti guardano con diffidenza al moltiplicarsi delle sue iniziative, ma
lui annuncia nuovi progetti. I critici hanno qualche obiezione sulla consistenza dei
suoi programmi televisivi, ma lui risponde convinto che sta facendo cultura e che la
esporterà per far felici anche i francesi, gli spagnoli e possibilmente i tedeschi. Per il
momento però ha importato. Berlusconi pensa, credo, a una Europa di Berlusconi,
e stiano attenti gli americani. E’ la prima volta che appare in televisione e la sua
condizione è stata andare a riprenderlo nei suoi studi. Perché no. Qualcuno ha
scritto che siamo andati a Canossa. Va rettificato, credo, siamo stati a Milano 2.

BIAGI – Come gli spettatori vedono, questo non è il solito studio di “Spot”, ma è
uno studio di “Canale 5”, di cui sono ospite per questa intervista. E, ovviamente, ringrazio.
Dottor Berlusconi, lei è il personaggio di questo “Dicono di lei”, sbaglio o
è un momento un po’ difficile, un po’ complicato per lei: col Milan situazione incerta,
non c’è ancora un decreto che stabilisca quali sono i diritti delle televisioni private.
In Francia questo “maccaronì” che è arrivato per dargli una televisione nuova non
è proprio gradito da tutti. La mia visione è un po’ particolare o risponde in qualche
modo alla realtà?
BERLUSCONI – C’è un poco di vero, ma la situazione non è così preoccupante come mi sembra…
BIAGI – Io non voglio dipingerla, così, ho l’impressione che sia…
BERLUSCONI – Non stavo dicendo come la dipinga, ma come la pensa. Ma guardi,
innanzitutto bisogna distinguere per il Milan, per un affare di cuore, e quindi lasciamolo
nella sfera dei sentimenti.
BIAGI – Qualche miliardo. Un affare di cuore di qualche miliardo…
BERLUSCONI – Costoso, ma anche le belle donne costano molto. Direi che anche
il cuore però non può spingere nessuno a entrare in una palude e oggi il Milan
è in una situazione per cui c’è bisogno veramente di fare un po’ di bucato. Stiamo ad
aspettare che qualcun altro, noi non lo possiamo fare, faccia questo bucato, e noi speriamo di poter entrare, magari …
BIAGI – Fornendo i detersivi, vista anche tanta pubblicità che si fa.
BERLUSCONI – Facciamo solo la pubblicità però non si sa mai, non si può mai
sapere cosa sarà il futuro di un gruppo che si muove in diverse direzioni, intraprendendo. Per quanto riguarda la situazione dei pretori, mi sembra che la recente sentenza del tribunale di Torino abbia confermato quello che la giurisprudenza aveva
già dato come un fatto acquisito. C’è stato un pretore che ha interpretato il diritto in
una certa maniera e a mio parere contro il diritto stesso; contro la giurisprudenza che
si è venuta ormai consolidando sull’argomento; contro il governo che aveva dichiarato
di ritenere ancora vigente il decreto dell’anno passato; contro il Parlamento che
sta lavorando a una nuova legge.
BIAGI – Da anni…
BERLUSCONI – Da un anno. E credo anche soprattutto contro il buon senso e contro la gente. Non voglio dare nessun giudizio, ma la gente sa benissimo dare lei i giudizi. Per quanto riguarda la Francia, noi stiamo facendo in Francia una cosa un po’
folle. Fare una televisione in due mesi è una cosa quasi impossibile.
BIAGI – Fare una televisione ai francesi deve essere ancora più complicato.
BERLUSCONI – I francesi certamente non possono soffrire che ci sia qualcuno
che vada in casa loro a fare qualcosa magari pretendendo di saperla fare meglio di
loro.
BIAGI – Lo sa che durante una trasmissione, il conduttore aveva sul tavolo un modellino di Tour Eiffel e stava interrogando un giapponese e ha detto: “Piuttosto che
darla a un italiano la do a lei”. Che è il massimo del disprezzo, per l’italiano naturalmente.
BERLUSCONI – Ma no non c’è il disprezzo per gli italiani. Loro effettivamente
si ritengono, è anche questo un fatto di simpatia, superiori, un popolo superiore,
cambiano anche la storia per questo. Se lei domanda ai francesi di Giulio Cesare sono
convinti che Giulio Cesare prendesse delle batoste sacrosante. Non a caso Asterix batte sempre il cattivone che è Giulio Cesare.
BIAGI – In questo caso è lei.
BERLUSCONI – Sì, in questo caso sono stato dipinto in mille modi, anche come il
diavolo italiano.
BIAGI – Ho visto qua proprio un settimanale che è uscito tre giorni fa a Parigi che
dice (nel titolo n.d.r.) “Berlusconi, il rapporto che Mitterrand ci nasconde”. Cioè
l’ambasciatore di Francia avrebbe detto cose poco favorevoli per lei e Mitterrand l’avrebbe messo da parte.
BERLUSCONI – Non è proprio così. Ha citato un rapporto dell’ambasciatore di
Francia che ha invece detto delle cose giuste per quanto riguarda il nostro gruppo e
poi alla fine ha detto che noi non avevamo un progetto culturale come la Francia si
aspetta che debba avere una televisione commerciale. Questo si è aggiunto a tante
voci che pretendevano che noi facessimo soltanto della televisione americana. Noi
abbiamo potuto spiegare che su 54 programmi il 30 per cento sono programmi
d’informazione, di moda, di cultura, che cerchiamo proprio di non fare una televisione
americana tanto è vero che il 60 per cento del nostro budget lo spendiamo in
produzioni originali e abbiamo anche cercato di far vedere la nostra televisione soprattutto agli addetti ai lavori, cioè alla stampa che all’inizio ci ha trattato malissimo,
ma che poi via via si è modificata…
BIAGI – E’ migliorata…
BERLUSCONI – E ci hanno fatto il regalo di una campagna straordinaria. Nessuna
iniziativa e nessun personaggio neppure in Francia ha avuto una campagna così insistente, continuata, per due mesi, siamo stati veramente tutti i giorni sui giornali,
quando io ho presentato al mondo della pubblicità una volta, la seconda volta al
mondo degli industriali e poi nella stessa giornata ai giornalisti il palinsesto de “La
Cinq” e una immagine di tutto il lavoro che noi stiamo svolgendo in Italia. Siamo stati
addirittura ad occupare tutta la prima pagina su un numero incredibile di giornali,
hanno dedicato tre pagine, siamo passati in diretta in tutti i telegiornali delle reti
di Stato, abbiamo occupato tutte le radio, che in Francia sono una cosa seria.
BIAGI – E’ contento di tutto questo?
BERLUSCONI – Diciamo che stiamo lavorando per arrivare a partire il 20 di febbraio, non è una cosa semplice è una grande sfida, speriamo di non perderla.
BIAGI – Bene. Senta dottor Berlusconi lei è un simpatizzante di Craxi, dei socialisti
o è un generico lib lab? E’ meno compromettente essere lib lab?
BERLUSCONI – Lib lab, liberal laburista.
BIAGI – Liberal labile, anche.
BERLUSCONI – Io di liberal laburisti, o di lib lab veri e propri ne conosco uno solo:
il mio amico Enzo Bettiza, soprattutto nei giorni di pioggia, perché ha uno splendido
impermeabile inglese, che lo fa molto lab. Io faccio l’imprenditore. Credo nell’Occidente, credo nel libero mercato, credo nella libera iniziativa, credo nel progresso sociale. E simpatizzo, nel senso etimologico del termine, con chi ha le stesse mie idee.
BIAGI – Ma lei vede più spesso Craxi o De Mita per fare un caso?
BERLUSCONI – Io sono amico di Craxi da lunga data, anche in tempi non sospetti.
Lo stimo, lo apprezzo, e andando in giro per l’Europa rilevo che è tra gli uomini politici
che hanno maggiore statura internazionale, e questo mi fa molto piacere. Abbiamo un
carattere diversissimo. Sono anche amico di moltissimi altri uomini politici, coi quali,
facendo io l’editore sia di televisione che di carta stampata, ho spesso dei contatti.
BIAGI – Con De Mita ha dei contatti o no?
BERLUSCONI – Ho avuto anche dei contatti con De Mita.
BIAGI – Cordiali?
BERLUSCONI – Diciamo che sono stati dei contatti che non sono sfociati in un
amore particolarissimo, ma che non sono stati nemmeno dei contatti sgradevoli.
BIAGI – Lei crede che senza un governo Craxi ci sarebbero stati tanti decreti pro
Berlusconi, almeno un paio?
BERLUSCONI – Io credo che assolutamente ci sarebbero stati dei decreti per rimediare a una situazione che non era una situazione che la gente condivideva. Anzi il
fatto che Craxi fosse il presidente del consiglio era una remora essendo nota la sua
amicizia per me e la mia per lui. Invece con un atto che ritengo coraggioso, Craxi e con
lui tutto il governo, perché poi è stato un decreto che è stato votato all’unanimità dai
membri del Parlamento, un decreto che poi anche tutte le indagini che sono seguite
hanno dimostrato essere giusto: il 92 per cento degli italiani ha giudicato giusto l’operato del governo in quella occasione.
BIAGI – Come fa ad avere tante attività che vanno tutte bene?
BERLUSCONI – Cosa vuole che le risponda, che siamo bravi.
BIAGI – Mah, questo pare anche dimostrato.
BERLUSCONI – Direi che ho la fortuna di lavorare in un gruppo particolarissimo
con dei collaboratori formidabili legati insieme non soltanto dall’entusiasmo per i
traguardi che abbiamo, ma anche da una grande amicizia. Un gruppo, direi, in cui
spendiamo anche molte forze per formare gli uomini, e quindi si hanno dei risultati.
Lei pensi che l’anno passato per esempio per un’azienda la più giovane nostra abbiamo fatto sessanta giorni di formazione. Io ho condotto direttamente questi sessanta giorni rubati alle feste. Cioè trenta weekend rubati al lavoro.
BIAGI – Proprio questo mi sorprende. Lei, non so, in un anno, quante colazioni di lavoro ha fatto? Tra cene, colazioni.
BERLUSCONI – Mah, questo è un conto delle mie segretarie, più di centocinquanta.
BIAGI – Tutte queste mangiate funzionali: terribili, no?
BERLUSCONI – Terribili per la linea ed invece producenti per i risultati.
BIAGI – Mi scusi se mi cito. Ma una volta io ho scritto con un po’ di malizia che se
lei avesse un puntino di tette farebbe anche l’annunciatrice. Ho l’impressione che
lei faccia un po’ tutto, adesso mi sta dicendo che ha fatto centocinquanta colazioni,
che ha fatto tre mesi di corso. Non le viene mai il mal di testa?
BERLUSCONI – Mi viene, e come il mal di testa, anche l’influenza e il mal di gola,
come adesso, sente che voce che ho?
BIAGI – No, ha una voce suadente…
BERLUSCONI – No, ho una voce molto bassa.
BIAGI – Un po’ arrochita.
BERLUSCONI – Arrochita e bassa. Ma io ritengo che anche con il mal di testa e
con l’influenza si lavori benissimo. Anzi, viva l’influenza, perché si riescono a eliminare
molti incontri che magari si è costretti a fare solo per cortesia. Si sta a letto col
telefono, si ha tempo per pensare, per scrivere per parlare con tutti.
BIAGI – Anche le malattie sono un’occasione per lavorare.
BERLUSCONI – Se uno ha delle cose da fare non ha nemmeno il tempo di considerarsi malato.
BIAGI – Qual è il segreto del suo successo?
BERLUSCONI – Segreti non ce ne sono, segreti è lavorare molto. Ma poi… anche il
successo in fondo… bisogna vedere, perché vede: si danno gli esami tutti i giorni!
Io credo che guardando indietro alle cose che insieme ai miei siamo riusciti a fare
c’è il rischio di sentirsi un po’ stanchi, perché sono stati sei anni la prima realizzazione
edilizia per quattromila abitanti, dieci anni la seconda, dieci anni Milano 3 per
quindicimila abitanti, poi ancora “Il Girasole”, otto anni di costruzione più chissà
quanti anni di gestione.
BIAGI – Ma quante cose fa lei: edilizia, televisioni, editoria. Poi vorrebbe fare anche
i biscotti, se non sbaglio. Ma poi che cosa fa ancora?
BERLUSCONI – No, non ho una vocazione straordinaria per i biscotti. No, abbiamo
quattro divisioni nel gruppo che danno al gruppo la possibilità di reggere
tutti i venti, nel senso che quando un mercato va meno bene c’è l’altro mercato o gli
altri mercati che sostengono il gruppo. I risultati peraltro sono molto buoni. Quest’anno
siamo riusciti anche a fare un bel traguardo, siamo riusciti a chiudere l’esercizio
con degli utili cospicui, e finalmente nel mio sogno senza più debiti a breve, anche
con una cifra cospicua nelle nostre casse. Quindi i risultati sono buoni e ci incoraggiano
ad andare avanti nella stessa direzione.
BIAGI – Qual è il modello umano a cui lei si ispira? Lei ha fatto un saggio su San
Tommaso D’Aquino, se non sbaglio…
BERLUSCONI – No, su Tommaso Moro.
BIAGI – Siamo sempre fra i santi. Ma c’è qualcun altro che le piace di più?
BERLUSCONI – Mah, io ho fatto questo saggio su Tommaso Moro perché all’università ho lavorato sul suo libro dell’Utopia, nell’edilizia pensavo sempre di fare un mio modello di città senza automobili, con tanto verde, senza falansterio, senza colate di cemento, che sono riuscito a fare.
BIAGI – Lei riesce a tradurre il martirio di Tommaso Moro e le sue visioni, in tante
costruzioni, no?
BERLUSCONI – No, non è il martirio. Era che lui pensava che tutti dovessero fare
il meglio per migliorare il mondo.
BIAGI – Lei è un cattolico?
BERLUSCONI – Io sono un cattolico, sì.
BIAGI – Praticante?
BERLUSCONI – Praticante.
BIAGI – Senta, dottor Berlusconi, le leggo questa frase che ha un certo interesse:
“La tv di Berlusconi ha migliorato le condizioni di vita degli italiani, ha contribuito
a ridurre l’inflazione, incentivato l’economia, promosso la democrazia politica”. Riconosce l’autore di queste parole?
BERLUSCONI – Non so se sono parole attribuite a me. I concetti sono concetti che
io ritengo corretti e che perciò sostengo. Per quanto riguarda il livello di vita, basta
accendere una televisione e c’è un’offerta di spettacolo ogni ora del giorno e della
notte notevolissima, e anche quello che fa la Rai è migliorato molto, la concorrenza ha
fatto bene anche alla televisione pubblica. Per quanto riguarda l’impulso all’economia
è innegabile che la televisione ha sospinto le vendite di molte aziende che hanno potuto
fare dei risultati importanti. Per quanto riguarda il tasso di democrazia del paese
la presenza di molte voci è certamente un aumento della democrazia stessa, basti
ricordare per esempio le ultime elezioni amministrative: noi abbiamo avuto più di
mille candidati che sono passati sulle nostre reti. Quindi credo che tutto questo veramente sia un portato positivo della televisione commerciale.
BIAGI – Senta dottor Berlusconi, per concludere, io le ho fatto delle domande,
ma c’è qualcosa che lei vuol dire e che io non le ho chiesto?
BERLUSCONI – No, io sono lieto di averla ospite qui nei miei studi. Vede che dietro
di me c’è una pianta dell’Europa che è la nostra prossima avventura. Abbiamo fatto
qualche cosa prima di oggi, adesso dobbiamo dare gli esami sulla televisione per la
Francia, sulla televisione per la Spagna, su una società di programmi europea per poter
fare dei programmi che si possono confrontare sui mercati internazionali con i
programmi americani.
BIAGI – A quando l’America? Dopo Colombo, Berlusconi?
BERLUSCONI – No. Abbiamo ancora moltissimo da fare per la televisione in
un’Europa che dice di volersi dare una unità, ma che è ancora molto lontana da
questo. Io credo che lo sforzo che stiamo facendo in Francia è veramente importantissimo. Importantissimo per l’Italia, perché è l’avvenimento più rilevante sul piano delle esportazioni delle nostre idee, della nostra cultura, della nostra esperienza, del nostro know how, e anche, credo, un sostegno importantissimo ai prodotti della nostra industria che in Francia e in Europa non trovano le televisioni commerciali come supporto per la promozione dei prodotti stessi. Ma credo che sia un fatto importantissimo nella via che porterà, si spera, all’unione dell’Europa. Credo che la televisione, come in Italia, ha fatto l’unificazione dell’Italia, l’unificazione del linguaggio, l’unificazione della cultura, così possa essere un momento importante per un’Europa in cui i paesi si possano conoscere meglio e, conoscendosi meglio, si possano anche legare da vincoli di amicizia. Ci piacerebbe, ci piace di essere tra i protagonisti di questa avventura. Speriamo di farcela.
BIAGI – Grazie.

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50 Commenti

  1. mi si perdoni: ma le accuse di Travaglio al nostro caro ex premier così infondate non mi sembra che fossero: sbaglio o monsieur Dell’Utri è stato, per lo meno in primo grado, condannato? e poi non è che facciamo sempre un pò di confusione tra archiviazione, assoluzione e prescrizione? no, perché sono cose diverse: di un bel pò di cose il nostro caro angelo è stato ritenuto colpevole,solo che era passato troppo tempo o il brav’uomo aveva pensato bene di depenalizzare il depenalizzabile. no, così, giusto per dire, magari mi sbaglio e l’uomo dei trapianti è limpido come un cielo di luglio, ma l’impressione che ho è diversa.
    grazie a chi mi illuminerà!

  2. Ma chi è questo che scrive queste fesserie chilometriche faziose?
    A me Il Fatto di Biagi piaceva!
    Comunque lo informo che Biagi faceva quotidianamente la media di 8 milioni, che Minum con i suoi 5 minuti si sognava!

  3. Non sono un grande fan di biagi , ma lo rispetto , anche se credo che ormai sia troppo vecchio per tornare in tv e con i soldi che prende si potrebbero far emergere giornalisti giovani e nuovi …
    Detto questo , devo dire che mi pare di aver appena letto un pezzo degno di sub-giornali come libero , soprattutto nel tono e nelle intenzioni “de denuncia de sta sinistra bona solo a mette le tasse e a pagà sti giornalisti comunisti rompicojoni” . Il tono è da saputello che la sa piu’ lunga ed pure un tono volgarotto . In piu’ c’è della malafede quando si parla dell’ intervento di travaglio da luttazzi , per le ragioni che daniele espone nel suo commento qui sopra ( che sia proprio daniele luttazzi ?boh ); Trovo un aggravante il fatto che luttazzi è stato colui che più pesantemente ha pagato le conseguenze del cosiddetto editto bulgaro.Mi scandalizza di più un personaggio politico dagli ampi poteri che in serena tranquillità bolla come criminoso il lavoro e la libera espressione di alcuni giornalisti che mettono in luce la sua torbida posizione giuridica . L’ italia avrà anche i giornalisti che si merita , ma a quanto pare talvolta certi opinionisti sanno fare di peggio .

  4. Dimenticavo che l’ autore del post nutre un ben noto odio per Luttazzi ,come si può evincere dai suoi articoli pubblicati da un ben noto sub-Giornale.
    E cmq bella roba sentirsi dare dei deficenti da uno che scrive su un “quotidiano ???” diretto da belpietro. Un mucchio di stupide sentenze sputate da un illustre esemplare di giornalista-narcisista. Ma ci Facci il piacere.

  5. Filippo, sono affascinato..letteralmente affascinato!
    Ora gioca a carte scoperte e confessa che i post li metti giu’ a tavolino in modo che arrivino ad avere almeno 200 commenti.
    Devi essere in possesso di una qualche equazione nella quale tu imposti gli argomenti, il tono, a volte gli epiteti…ed ecco fatto che esce un post da 200-250 commenti.
    Beninteso, questo non ha nulla a che fare con la validita’ in se del post in questione, è solo un dato di fatto.

    Ricordo lo show di Benigni da Biagi, parliamoci chiaro una volta pero’:
    Democrazia o non democrazia, quando un buffone si candida trovo sia lecito contrastarlo con metodi altrettanto buffoneschi.

    P.S.
    Prima di mandarmi a cagare, fatti un giro di Ciaccona che ti calma i nervi.

    Ciao.

  6. capito su questo sito, e leggo un lungo e interessante pezzo su biagi e berlusconi… essendo giornalista però mi sento un po’ male nel setir parlare dei vaneggiamenti di biagi. è vero, enzo biagi non è necessariamente un maestro, ma nel settore delle inchieste non ha mai mostrato riverenza per alcuno, è questo quello che conta in questa professione, e per questo meritano rispetto le persone che non hanno paura di andare contro i poteri forti, si chiamino essi berlusconi prodi o chiunque altro: bill clinton

    grazie Samot

  7. @Daniele :
    io adoro Travaglio,disprezzo Berlusconi e soci, sono pero’ costretto a riconoscere che si puo’ essere faziosi anche dicendo solo ed esclusivamente verita’.

  8. Vecchi e deficenti sono quelli che prendono per oro colato tutto quello che passa la tv senza un minimo di senso critico. Le parole di Biagi escono dalla bocca di Biagi, ha la sue opinioni come tu hai le tue, solo che almeno lui le argomenta.
    Non sappiamo chi o cosa ti abbia convinto di quelle “vicende archiviate o infondate”, però tu le prendi per oro colato.

    P.S.: Così in ginocchio, quell’intervista, non mi pare.

  9. Filippo, due cose:
    1. La questione degli ascolti (“e perdeva una media di quasi dieci punti rispetto alla rete concorrente”). Per quello che vale l’Auditel, Biagi stava decisamente sopra alla concorrenza, e i 10 punti li perse la RAI col programma successivo (M&T).
    2. La questione in sè dell”editto bulgaro”. Adesso no, sinceramente, ammesso e non concesso che facesse un programma che a te non piaceva, che era montato male e che politicamente era schierato, ma tu sei d’accordo con una cosa del genere? Come giornalista?
    ciao,
    F.

  10. Però Travaglio, nel suo libro “Regime”, racconta l’affaire Biagi-Rai in un altro modo…
    In che modo un lettore può stabilire cosa sia più o meno aderente alla realtà?

  11. Varie.

    – Biagi in ascolti perdeva di brutto con Striscia; si può discutere di quanto, ma perdeva. Dopo di lui hanno fatto Max & Tux, una roba da sparare col fucile a canne mozze, non si discute; una disgraziata fase interlocutoria.

    – Le cose di cui parlò Travaglio da Luttazzi (che sono su youtube) relativamente a mafia & mangano & stragi sono tutte, ripeto, archiviate e/o infondate per quanto riguarda Berlusconi; non fate confusione col primo grado di Dell’Utri per appoggio esterno, dove comunque la posizione di Berlusconi è stata archiviata direttamente dal pm.

    – Travaglio in effetti la racconta in altro modo, ha scritto pagine su pagine ma ha scritto il libro prima che saltassero fuori aspetti fondamentali: tipo la proposta a Biagi appunto precedente all’editto ma soprattutto il carteggio dove Biagi dichiara che di non essere stato per niente buttato fuori dalla Rai. Altre cose Travaglio non le ha messe proprio, e basta.

    – Non capisco la domanda di Fabrizio circa “l’essere d’accordo” sull’editto bulgaro. Lo chiamano editto bulgaro, ma è una delle milioni di volte che un politico (benchè premier) ha espresso opinioni forti su chi gli pareva.
    Poi vi dirò di più: secondo me un premier ha diritto di esprimere (come accade sempre) un cda della Rai che si confaccia agli orientamenti di chi appunto l’ha espresso, sinchè la Rai è questa merda pubblica pagata coi nostri soldi. La differenza tra allora e adesso è solo che la sinistra non ha fatto editti, capirai.

    – Samot, Biagi non ha mai avuto riverenze per nessuno? Ma che stiamo scherzando? Le ha avute per tutti. Ma poi di che “giornalismo d’inchiesta” stiamo parlando? Biagi? Il primo della serie B del giornalismo? L’espressione dell’italietta democristiana? Oh, ma lo sapete chi è stato Biagi?

    – Bleek, se il punto è ottenere tanti commenti scoprirai che ho fatto post senza commenti oppure col record assoluto di commenti (mi pare 350) parlando di figa. Ma ti assicuro che vale di più, come recentissimamente, ottenerne 50 parlando di musica classica.

    – Non odio Luttazzi, lo giudico un mediocre capitato nel trio dei martiri assolutamente per caso e poi rimasto intrappolato in un maledettismo grillesco voluto ma indegno di ben altri miti. Se fosse così bravo non avrebbe problemi a lavorare, state tranquilli. Semmai è lui che odia me.

    – Alle vecchie, ai deficienti e ai vecchi deficienti non rispondo. Forse alle vecchie deficienti.

  12. Quello che incanta è come quelli di sinistra si bevano qualsiasi cosa.
    dall’alto gli si dice: “quello è cattivo”, e giù tutti a considerarlo un mostro,
    “quello è buono”, e via a con il processo di canonizzazione.
    così per montanelli e poi per biagi,
    con quest’ultimo che è stato per decenni il campione del perbenismo paternalista
    e che quando intervistava pasolini gli si contrapponeva come campione della morale davanti ad un agente del caos.
    SVEGLIA!!! (che dopodomani vi diranno che Casini è una costola della sinistra).

  13. Dunque:
    @Bleek: lo so che dire la verità non significa essere imparziali, ma in un paese normale si appura prima un fatto (tipo: Dell’Utri ha assunto Mangano perché non sapeva che era mafioso? Lo sapeva ma pensava si fosse ravveduto? Lo sapeva e lo ha assunto per questo? oppure: Previti ha corrotto i giudici di Roma? e per conto di chi? Il capo tribù lo sapeva o partono bonifici da mezzo miliardo dai suoi conti senza che lui ne sappia niente?), dopodiché si commenta, come vorrebbe il giornalismo anglosassone buonanima, si chiedono le opinioni ai politici, etc. In italia c’è la simpatica abitudine di bypassare la prima di queste due fasi, o di spostare il problema: Un presidente del consiglio caccia via un giornalista a lui avverso? Beh, innanzitutto non era mica così bravo. E un comico che faceva battute contro di lui? Beh, non faceva mica così ridere.
    Se i simpatici figuranti del centro destra mi fornissero fatti li starei ben volentieri ad ascoltare, ma lo stesso Guzzanti (che dovrebbe essere un giornalista) parla di complotti e non produce documenti (o dice che sono da qualche parte, secretati, o non indica quelli secondo lui decisivi, tant’è che non lo seguono mica in molti, neanche dei suoi); oppure, come hanno fatto i suoi compari, si cerca di produrne di falsi, senza neanche avere il talento per farlo (si ricorda nessuno del “faccendiere Igor Marini”?). Se è così scandaloso che uno vada in tv e dica delle cose vere è perché nessuno è più abituato a discutere di esse, ma soltanto di fumo. La critica a Travaglio ideale sarebbe stata dimostrare che le sue affermazioni erano false, o incomplete (Facci, ti prometto di studiarmi le carte, ma dopo 5 anni non è facile fare i ganzetti e dire: “tanto l’hanno archiviato”? e per cosa, insufficienza di prove, infondatezza dell’accusa o che? ma ripeto: devo studiarmi la faccenda, magari ho torto. Vado a riguardarmi il buon Travaglio e vediamo cos’è che ha detto illo tempore): gridare alla lesa maestà è solo un modo per spostare l’attenzione.
    @Camillo Miller: no, non sono Luttazzi, figuriamoci, ma il fatto di essere accomunato al traduttore italiano di woody allen mi ha riempito di gioia. Grazie.

  14. E fu proprio un successo di ascolti il programma che sostituì il fatto: l’ottimo “Max e Tux”. Ricordate? Erano le comiche mute di Solenghi e Lopez.

    Un disastro che fece perdere alla Rai qualche miliardo di spettatori e che probabilmente piaceva solo a Filippo Facci, che non mi pare sia vecchio e che se è deficiente lo sa solo lui ed i suoi lettori. Per fortuna, per lo meno, non è direttore di una rete televisiva.

  15. Filippo, sull’Auditel ho altri dati (per quel che vale l’Auditel); Striscia cominciò a vincere l’anno dopo, com M&T. Ma tant’è. Diciamo che come ascolti non era affatto male, e leviamo di mezzo il problema numero uno (quello del palinsesto); è un finto problema tecnico. Il problema di Biagi era squisitamente e unicamente politico.
    Per la domanda sull’editto bulgaro devo capire che tu sei del parere che, nel momento in cui uno accetta una proposta di lavoro di un ente pubblico, deve mettere in conto cose di questo genere. È un po’ forte come affermazione: in qualche modo mi descrivi un sistema democratico come una dittatura di 5 anni realizzata come emanazione diretta e perfettissima del volere della maggioranza. Io non vedo un sistema democratico come diretta emanazione del potere politico, ma come un bilanciamento di forze (forse ho letto la costituzione sbagliata). E questa è anche l’accusa di fondo fatta ai 5 anni di governo berlusconiano: governare un paese come se fosse un’azienda.
    Rispetto la tua opinione, ma ti vorrei far notare che non funziona. Un paese moderno ha una dinamica e una complessità che non si può governare senza compromessi.

  16. Il problema con Biagi è che si giudica un uomo di 70 e passa anni che faceva giornalismo.
    Al di là dei giudizi sul valore professionale di quel che faceva in quegli anni, voglio vedere te, Filippo, a quell’età.
    Poi ne riparliamo con altrettanto equilibrio.

  17. Il giornalismo che questo Paese merita è il tuo, Facci, o quello di Belpietro, che prima di sbattere un ministro in prima pagina non si cura neanche di controllare la veridicità della notizia.
    Fai pena.

  18. PS per tutti quelli che ce l’hanno con Facci (e Belpietro): lungi da me comprare o supportare il Giornale o Libero, però la discussione dovrebbe rimanere pacata. Specialmente se noi si pensa di avere ragione e Facci torto.
    Una tesi si può dimostrare, ovvero uno può portare a far capire dove va a parare un discorso come quello fatto da Facci oggi. Ma va rispettato, come tutte le opinioni in democrazia.

  19. Sulle ripeticitazioni mi sono sdraiata a terra per le risate. Le avevo notate, ma non mi sono mai presa la briga di annotarle o di approfondire. Mo’ che torna mi segno tutto :D

    Finalmente leggo che Biagi è di una banalità disarmante

  20. C’è una maniera di scrivere per esporre, far comprendere, trasmettere sensazioni, per convincere di un’opinione persino.
    E c’è una maniera di scrivere per darsi ragione confondendo, intorbidendo, obbligando il lettore non troppo disimpegnato a confutazioni impossibili (impossibili per la mole di quello da confutare ed impossibili perchè ‘la mia fonte è sempre migliore della tua’).
    La maniera di scrivere di moltissimi che san scrivere e sanno farsi leggere.
    E la maniera di alcuni di quei moltissimi che a volte amano (devono ?) mascherarsi da azzeccagarbugli…

    Io dico solo che leggiamo quel che c’è scritto e siamo magari d’accordo, o contro, ma troviamo comunque accettabile che sia scritto.
    Poi, magari, da altre parti nel mondo ma anche no, c’è chi afferma che pinochet è stato un grand’uomo, magari c’è persino chi sostiene che l’olocausto fosse una messa in scena dell’ebreo cattivo…
    Certo, fatte le debite proporzioni…
    Certo, tutto è relativo…
    Certo…

  21. Vabbé ma stare a commentare le cagate di uno che scrive sul Giornale (no dico, IL GIORNALE, quello del nano!) non serve a nulla… questi scarafaggi torneranno da dove sono venuti, basta aspettare la dipartita del padrone.

  22. vecchie e deficienti… ma non sono anche i lettori tipo del Giornale?
    con invariata stima

  23. Non ho mai visto “il fatto” di Biagi.
    Non so se l’essere noioso derivi dall’età o dalla persona in sé; Montanelli, allora ultraottantenne come il Biagi attuale, era tutt’altro che palloso nella sua intervista settimanale con Elkann.
    Luttazzi, grazie alle querele di Mediaset, Berlusca e compagnia, ha trovato finalmente un argomento originale per i suoi (li ho visti) spettacoli.
    Dimenticavo, io sono un lettore de “Il Giornale”, deficiente sì ma giovane.

  24. Mah.
    I metodi del Facci sono quelli che sono, ma lo conosciamo. Voglio dire: se ti compri una Harley Davidson, poi non ti lamenti del rumore.

    Su Biagi concordo in toto con lui. Cioè, non sapevo di pensarla così su Biagi finché non ho letto questo pezzo di Facci. Ora la penso così. E dire che raramente la penso come Facci (a dire la verità la pensavo come Facci pure sulla querelle Farina/Feltri). Insomma, Biagi è improponibile.
    [Ste]

  25. Sì, ma qual è il punto ?
    Che Biagi è da tempo un ex-giornalista buono per mezzi editoriali di retorica paternalista ?
    Oppure che un giorno uno ha detto ‘via biagi perchè parla male di me’ e quel giorno biagi via ?
    Va bene negare il rapporto causa effetto per ragioni che, in ultima evidenza, paiono di convenienza.
    Va bene negare la causa nascondendola dietro una fumosa cortina di altre presumibili ragioni.
    Ma qui tra un po’ si va a negar l’effetto: tra un po’ salta fuori che in quest’ultimi anni biagi ha sempre lavorato in rai…

  26. Mettiamo pure che Biagi perdesse ascolti rispetto a Striscia (non è proprio così, ma insomma, facciamo finta che).
    Diamo per assodato che Biagi è un po’ rinco (in effetti, da almeno quindici anni indulge troppo nell’autocitazione e non dice più niente di veramente nuovo).
    Il punto, però, è che il programma “Il Fatto” di Biagi non è stato cassato dalla Rai perché Biagi è rinco. E nemmeno perché non vinceva contro Striscia. “Il fatto” è stato eliminato dal palinsesto perché Berlusconi, nel corso di una conferenza stampa, disse che Biagi (e Santoro e Luttazzi) in Rai non ci doveva stare.
    Un dirigente Rai con la schiena dritta avrebbe dovuto rispondergli per le rime (“ah sì? e io, a spregio, te lo metto al posto del TG1!”), ma non per antiberlusconismo. Semplicemente perché esiste una cosa, in Italia, che si chiama “libertà di stampa”. Che va tutelata contro le intromissioni del politico di turno, si chiami costui Berlusconi o Prodi.

  27. in primis: si vergogni chi ha scritto quel cumulo di falsità.

    questa moda di dissacrare e mancare di rispetto sempre e comunque non fa onore all’intelligenza di nessuno, soprattutto di coloro che lo fanno, ci sono argomenti e Argomenti, situazioni e Situazioni e persone e Persone, e un professionista serio cacciato in malo modo a 82 anni senza che nessuno abbia trovato il coraggio di dirgli che era stato licenziato ma ripeto, cacciato, per mezzo di una raccomandata con ricevuta di ritorno e indegno persino di un telegramma dall’azienda in cui ha lavorato per 50 anni quando sono morte sua moglie e sua figlia, merita soltanto Rispetto.

  28. C’è un errore di fondo: quando si esce dal novero del lavoro dipendente per diventare liberi professionisti che trattano il proprio compenso al di fuori dei contratti nazionali, guadagnando anche centinaia di volte di più i contratti diventano a tempo determinato e il rinnovo assolutamente discrezionale.
    Non discuto il modo esecrabile e odioso con cui il contratto è stato fatto scadere, indifendibile. Ma è anche vero che il libero professionismo è per sua natura esposto a queste regole: ragione per cui si guadagnano così tanti che una persona normale non vede neppure in tutta una vita, una sorta di indennizzo per quando succederà di non lavorare.
    PS: Anche io ho fatto una puntata di Portobello in RAI, ma per dire.. vi sembra che per quella puntata potessi pretendere di lavoraci per i successivi 20 anni?

  29. f.f.
    infatti, pur non intervenendo mi pare di averti fatto i commenti anche in privato per il post sulla classica.
    Il commento sui commenti (mi si perdoni) è dovuto al modo provocatorio con cui inposti gli interventi.
    Non era una critica in ogni caso.
    Ciao.

  30. Premessa per i pezzenti: occhio con gli insulti perchè sono tutte querele vinte. Imparate a esprimevti come la legge consente o vi faccio un culo quadro.

    ***

    Cristina, a Enzo Biagi giunse la raccomandata che dici tu solo dopo che non aveva accettato nessuna delle offerte (compresa quella per Raitre, dove ora potrebbe tornare) che gli avevano fatto e rifatto. Se non gli avessero mandato la raccomandata il contratto (che era solo biennale) si sarebbe rinnovato automaticamente e Biagi avrebbe continuato a prendere soldi per programmi che non avrebbe fatto perchè da lui rifiutati. Se mi fanno un’offerta che dapprima accetto, e poi non la accetto più, e poi me ne fanno un’altra e poi non accetto neanche quella, e se anzi accetto una mega-liquidazione-transazione mettendo per iscritto che ne ho “piena soddisfazione” e poi su l’Espresso scrivo che “Non mi hanno cacciato dalla Rai”, dimmi, significa che mi hanno cacciato?
    La verità è che recitate il vostro predicozzo senza neppure aver letto il post, peraltro documentato. Quindi, Cristina, vergognati tu e dismetti le tue sciocchezze.

  31. Già negli anni Ottanta Enzo Biagi non era più un giornalista, ma un marchio di fabbrica. Tanto che, nei casi segnalati di repetita biagis, più di rincoglionimento suo bisognerebbe porsi il problema del rincoglionimento dei suoi collaboratori.

    Il punto è un altro: perché un ottuagenario che spesso si ripete era ed è ancora competitivo sul mercato giornalistico italiano? Perché non c’è dubbio che lo sia: altrimenti un altro contratto non glielo farebbero.

    Riformulo la domanda in altri termini. Dite che Il Fatto non era un granché? Mi sapete citare una striscia giornalistica altrettanto efficace e di successo su Rai1? O anche sugli altri canali, pubblici e no? La verità è che dopo Il Fatto nessuno è riuscito più a fare nulla di altrettanto buono. Non solo Max e Tux, ma anche i giornalisti che hanno ereditato la striscia.

    Il Fatto era montato, cosa che a Facci non piace. Non so come la farebbe Facci, una striscia così, ma posso dire che funzionava. Le schede, più che “rudimentali” erano molto chiare (alle otto e mezza su Rai1 bisogna essere molto chiari); le domande precise. Gli intervistati rispondevano brevemente e Biagi si teneva l’ultima parola. La sua faccia era la garanzia davanti al pubblico di indipendenza fi giudizio, o perlomeno buon senso. (Può anche darsi che il buon senso sia caduto davanti a Benigni: ma bastava una sanzione. Chi è riuscito a trasformare un mezzo-rinco in un martire della libertà di stampa deve piangere solo sé stesso).

    Io posso capire che un tipo di giornalismo così, a Facci non potesse piacere: troppo giusto, del resto per lui a quell’ora c’è Striscia la Notizia. A me continua a sembrare un esempio di tv semplice e ben fatta, che all’estero probabilmente è all’ordine del giorno, ma che in Italia ha fatto solo Biagi. E se i più giovani (giovani?) non ne sono stati capaci, se hanno preferito la confezione salottiera con tanti ospiti e tanto contraddittorio, non è certo colpa sua.

  32. Altri esempi di strisce giornalistiche riuscite e sicuramente più pimpanti del Fatto (qualsiasi cosa si pensi dei conduttori):

    – “In breve” su La7 con Francesco Verderami
    – “Otto e Mezzo” su La7 con Ferrara e la Armeni
    – “L’antipatico” su Italia1 con Maurizio Belpietro
    – “Mezz’ora su Rai3” con Lucia Annunziata

    (Bada ganzo: mentre scrivo il commento il Facci sta da Cruciani!)

  33. Ma a parte tutto, tu sei favorevole alla censura? La trovi una nobile soluzione? Se di punto in bianco levassero te, gradiresti molto la cosa?

  34. Facci a proposito di chi vince le querele vorrei ricordarti quella intentata da Berlusconi contro Luttazzi e Travaglio proprio per quella trasmissione dove “quest’ultimo aveva parlato per quasi un’ora di rapporti tra Berlusconi e mafia e stragi, tutte vicende archiviate o infondate”…

  35. Facci…. ma non ti fanno più male i bozzi che ti ha fatto Travaglio a Annozero? la figura che hai fatto è sotto gli occhi di tutti (peccato per la “gnocca senza testa” che ha distolto l’attenzione dal figlioccio del grande Bottino… ops Bettino Craxi)…
    Resta il fatto che non so spiegarmi le tue prese di posizione… Ma parlare di rubagalline non sarebbe più dignitoso?
    con immutata stima

  36. Joe, bisogna che ci mettiamo d’accordo sul concetto di striscia.

    Il Fatto durava 10-15 minuti. Già il paragone a trasmissioni di mezz’ora (non sempre così pimpanti) mi pare fuorviante; ma Otto e mezzo da martedì a sabato dura un’ora! E con gli anni che passano, è un’ora sempre più lunga, se posso dire. Ormai c’è il tango, la tavola rotonda, manca solo il mazzo di carte.

    Quello della Verderami non l’ho presente, magari è buono. Invece non mi hai citato la striscia del tg2, che è la cosa più simile al Fatto, e non è neanche malvagio.

    Poi citi Belpietro. Guarda, probabilmente non l’ho mai visto intero. E magari è perfino pimpantissimo, chi lo sa. Ma è “L’antipatico”. Invece Biagi presentava “Il Fatto”. Già il titolo dice tutto.

    Enzo Biagi non era un giornalista: era un marchio. La sua faccia diceva: fidatevi, sono tranquillo e ho tanto buon senso, firmo la prima pagina del Corriere da millant’anni. Tranquillità, stabilità.

    Belpietro, già solo dal titolo, si presenta come l’ennesimo opinionista controcorrente che viene a destabilizzarci con le sue verità scomode (scomode chi?). E una schiatta di telegiornalisti narcisi (e un po’ prevedibili) che nasce col Ferrara grufolante e che secondo me ha un po’ fatto il suo tempo.

  37. Leo, fai un giro su Google. Tu che stai tanto attento all’ortografia.
    Verderami è un uomo. A nome Francesco. Abbilo presente: è un marchio un po’ più aggiornato. Sai, il tempo passa.
    E all’indipendenza e il buon senso di Biagi forse non credono più neppure gli ottuagenari. Su.

  38. brr! Ho letto male! Mi hai proprio preso in castagna.

    A proposito, io avrei scritto:
    “E all’indipendenza e *AL* buon senso di Biagi”.

    Per inciso, non è che ci creda molto neanch’io. Però funziona.
    Prova a dare lo stesso ruolo a Belpietro. Secondo me non funziona più.

  39. Sashasnow o come cazzo ti chiami, circa la mia figura ad Annozero ti conviene rivolgerti a Santoro, a Vauro e a Rula Jebreal che all’unisono mi dissero che “avevo vinto ai punti”. Io tra l’altro non ero neppure d’accordo: so quando vinco, so quando perdo e so quando pareggio.
    E so che tu sei un pirla.

    ***

    Comunque, se vi piace Biagi, io non ho niente da ridire. Che non abbia già scritto sotto il titolo del post.

  40. Facci scrive per Il giornale.it, un sito comico, che spesso guardo per farmi due risate.
    Cosa ci si può aspettare da uno che scrive per Il giornale???
    A certi l’invidia fa parlare, anzi scrivere!

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