E’ qui la casbah

Il bello è che ciascuno lamenta la casbah sua, ti parlano addirittura di San Siro, la parte povera del quartiere, gli sterminati casermoni attorno a Piazza Selinunte, i negozi arabi, i carcerati ai domiciliari, al Jazeera che riecheggia nei cortili, e malavita, spaccio, risse, donne islamiche che addirittura vengono alle mani davanti alla scuola via Paravia. E invece no. Sbagliato.

La casbah è quella dietro Porta Venezia, zona via Lecco-viale Tunisia, quella coi phone center e gli internet point, il Bar Eritrea e il ristorante Addis Abeba: se elimini il Lazzaretto e il Multisala pare davvero periferia africana.

O forse sono panzane, la vera casbah è in quell’intrico di viuzze dietro Corso Genova, o forse no, è nella zona Maciachini-Imbonati-Pellegrino Rossi, e poi certo, in zona Stazione Centrale: ma allora il Corvetto? In quel quartiere lo spartiacque è in fondo a via Oglio, dopodichè comincia il suk: insegne solo in arabo e per strada più arabi che italiani.
Poi c’è la zona di piazza Arcole, dietro i Navigli, vicino alla piscina Argelati: puoi incrociare donnoni in burka. E poi sì, certo, viale Padova, tre chilometri e mezzo di via, oltre 400 numeri civici: a percorrerla tutta, martedì notte, si potevano contare 85 probabili islamici, divisi in gruppetti, più una prostituta filippina. Nessun autoctono. C’era una macelleria islamica che a mezzanotte e 18 era ancora aperta, c’erano insegne di parrucchieri arabi, trionfo di kebab: in tutto 96 attività commerciali straniere aperte solo negli ultimi tre anni, compresi 40 phone center e 43 minimarket.
E’ qui la casbah.

La casbah è Milano.
Perchè a Milano, negli ultimi diec’anni, i giovani italiani tra i 18 e i 29 anni sono calati del 30 per cento, e a lasciare la metropoli sono tutt’ora 30mila l’anno, mentre i ragazzi 25-29enni extracomunitari (in maggioranza islamici) sono aumentati del 54 per cento in dieci anni. Milano resta la provincia italiana con il maggior numero di abitanti provenienti da paesi mediterranei non europei, e le imprese e ditte rette da extracomunitari, in maggioranza egiziani e marocchini sovente islamici, a Milano sono il 60 per cento di tutte quelle straniere: crescono di circa il 25 per cento l’anno e, da sole, sono il 10 per cento di tutte quelle italiane: circa 12mila imprese nel 2003.

La casbah è qui. Perchè Milano è la provincia italiana con più alunni stranieri in assoluto: circa 45mila, pari al 40 per cento della popolazione scolastica straniera di tutta la Regione (in maggioranza islamica) e al 25 per cento di quella straniera di tutto il Paese.
A Milano, appunto, il 25 per cento degli iscritti agli asili nidi è straniero.
Gli alunni italiani, a Milano, stanno fuggendo dalle scuole pubbliche e si rifugiano in quelle private che peraltro crescono del 10 per cento l’anno con lunghe liste d’attesa e aule che scoppiano: “Le famiglie scappano quando vedono classi con oltre la metà di alunni extracomunitari”, racconta una preside; “Alcune classi hanno fino al 70 per cento di alunni non italiani, mi chiedo se si debba parlare di integrazione o di scuole ghetto”.

Forse si riferiva a Via Paravia, scuola con otto scolari stranieri su dieci a dispetto della norma che vieterebbe di superare il 50 per cento. Ma ci sono anche scuole come la Besozzi e la Vidari, che hanno situazioni più o meno analoghe, mentre nella maggioranza delle scuole la percentuale resta al 30 per cento. Eppure gli extracomunitari che si iscrivono a una scuola superiore, dopo le medie, sono solamente il 2,3 per cento: gli altri vanno a lavorare, fanno altro. Ecco, che cosa fanno?

Qualcuno, magari, va nelle scuole islamiche o arabe che siano. Di via Quaranta si sa ormai tutto: la scuola, laddove i ragazzi cantavano il jihad nell’inno mattutino, ufficialmente fu chiusa perchè i locali non erano a norma. Via Quaranta è in quel di Corvetto che resta il quartiere di Milano col più alto tasso di immigrazione, la Casbah ad honorem, zone dove la presenza dell´integralismo musulmano è palpabile a tutt’ora: la moschea di via Quaranta resta inopinamentente la più estremista dell´Islam milanese (l’Imam era il famigerato Abu Omar) e la rete di macellerie coraniche sono state oggetto di indagini per presunti contatti con organizzazioni clandestine.

Il muezzin della moschea, per capire il genere, due anni fa fu denunciato dalla figlia 17enne per botte e maltrattamenti che poi toccarono anche al resto della famiglia: oggetto del contendere, oltre a posture ritenute troppo occidentali, la richiesta di cittadinanza italiana finalmente possibile dopo 10 anni: ma “siamo marocchini e resteremo marocchini” era stata l’emblematica risposta del muezzin. E come lui la pensano migliaia.

La chiusura della scuola di via Quaranta originò una diaspora: parte degli alunni è andata nella solita scuola di via Ventura (in realtà già dall’anno scorso, nel doposcuola) mentre un’altra parte è andata nella scuola pubblica e mentre un’altra parte pare scomparsa: forse ha lasciato il Paese, più probabilmente ha lasciato la scuola.
Anche di Via Ventura ormai si sa tutto: aperta senza autorizzazione, qualche ora di Corano e religione la settimana, libri di testo in lingua italiana ma scritti in Egitto. Per chi è rimasto escluso da via Ventura ci sono comunque scuole di complemento: per esempio quella di Viale Jenner, già oggetto di indagini della Digos che presunti contatti con al Qaeda. La struttura ha circa 210 bambini che ovviamente studiano il Corano, ma questo è notorio.

E’ meno noto che ad avere la sua scuoletta sia pure Ali Abu Shwaima, l’imam della moschea di Segrate già assurto agli onori delle cronache per un recente scontro televisivo con Daniela Santanchè: una scuola curiosamente mai pubblicizzata e di cui i due siti internet del centro islamico non fanno cenno.
Un volantino appeso a una porta secondaria della Moschea recita tuttavia così: “Si comunica che sono aperte le iscrizioni per l’anno scolastico 2006-2007. Inizio scuola: domenica 8 ottobre 2006, ore 14.30. E’ rivolta a tutti i bambini musulmani che frequentano le scuole italiane (da 4 a 14 anni) che pertanto hanno bisogno di frequentare una scuola domenicale che integri la loro educazione e le loro esperienze nell’ambito religioso. Il nostro intento è quello di aiutare i bambini affinchè diventino Inshallah, dei bravi ambasciatori dell’Islam, onorati della loro identità. Materie d’insegnamento: Corano, religione, lingua araba. Iscrizioni: sono aperte sino a domenica 29 ottobre”. C’è ancora tempo.
Del resto l’Imam l’ha anche detto di recente in un’intervista: “L’Islam trionferà, è solo questione di tempo”.
E in effetti che Milano sia “il laboratorio dell’Islam italiano” non l’ha detto lui, ma il Centro Ambrosiano di Documentazione per le Religioni, strumento dell’Arcidiocesi.

Sicchè a Milano c’è appunto il Centro Islamico di Segrate di via Cassanese 3; c’è la Casa della Cultura Islamica di via Padova 38 col suo corso di arabo per bambini; c’è l’Istituto Islamico di Viale Padova 144; c’è l’ordine sufico dei Jerrahi-Halveti di via Ascoli Piceno 24; c’è il centro Dahira Touba di via Carnevali 26; c’è la Co.Re.Is di Abd al Wahid Pallavicini, interamente composta da musulmani italiani; c’è il centro turco di viale Monza 160; ci sono gli sciiti iraniani in via Tolstoj 18, c’è molto altro che probabilmente non conosciamo.

Compresi dei dati precisi. Uno studio dell’Ismu, ex fondazione Cariplo, fa sapere che a Milano gli immigrati di religione musulmana sarebbero il 28,7 del totale, quindi 52.000 circa. Il 37 per cento di essi, poi, frequenterebbe almeno occasionalmente dei luoghi di culto o altri centri di aggregazione. Ma forse mancano all’appello i clandestini: e infatti, pur ufficiosamente, dalla Questura mormorano che a Milano i musulmani potrebbero essere da 70mila a 100mila, a occhio e croce.
E scusino la croce.

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23 Commenti

  1. PS Antonio sei un grande, credo di aver tanato chi sei, altra categoria proprio…

  2. IL MANIFESTO 27/10/2006 (Alessandro Robecchi)

    “Forse vi sarà sfuggito l’esilarante Filippo Facci di ieri su Il giornale. Roba fina. Per dimostrare che Milano è una casbah si è fatto un giro dei posti di Milano dove abitano gli arabi, un’ideona per cui serve un innato fiuto giornalistico. Non dice se il giro lo ha fatto a piedi o con la sua lussuosa Jaguar, pazienza, faremo a meno di questo dettaglio. Poi, arrivato in viale Padova, Facci passa dal giornalismo al censimento e si imbizzarrisce: «si potevano contare 85 probabili islamici.» Probabili islamici, una nuova categoria che Facci trova particolarmente seccante, fino a ieri il mondo era più chiaro: o sei islamico o non sei islamico. Quelli sembravano islamici. Forse una mezza luna gialla cucita sui vestiti dei probabili islamici potrebbe chiarire il dubbio?
    Non sappiamo se Facci voglia spingersi così avanti, sia in viale Padova che nel mondo. Ma tant’è, evitate viale Padova, Milano, Casbah. L’altra sera, per esempio, si potevano contare 85 probabili islamici. E un probabile pirla.”

    eh eh :))

  3. A parte qualche (parentesi)religiosa,mi ricorda i racconti di mio padre,di come veniva trattato,insultato,perchè era meridionale.Più veniva isultato,più si attaccava alle sue origini ed alla sua terra.

  4. è vero, Facci è uno skifo, però è in buona compagnia: IL TEMPO 3 ottobre 2006 (giuro, non 1938)
    Un’etnia sempre in «cronaca nera»
    Hanno il monopolio criminale di clonazioni e prostituzione
    di AUGUSTO PARBONI
    È CONSIDERATA la razza più violenta, pericolosa, prepotente, capace di uccidere per una manciata di spiccioli. È capace di compiere truffe milionarie grazie all’alta conoscenza delle tecnologie. Non ha paura di nulla, disprezza anche la vita di donne e bambini che non raggiungono i dieci anni d’età. E si appresta addirittura a entrare nell’Unione europea. Sono i rumeni, sono i cittadini della Romania che da anni terrorizzano il nostro Paese. Persone che vendono sogni che poi si trasformano in schiavitù. Agiscono sempre in gruppi per riuscire a portare a termine le loro innumerevoli attività criminali: dalla prostituzione, alle rapine in villa, dalla clonazione di carte di credito all’immigrazione clandestina. E la loro capacità di compiere traffici illegali in Italia tanto redditizi ha fatto accendere le antenne ai «nostri» criminali, facendo nascere sul territorio nazionale veri e propri sodalizi italo-rumeni. La maggior parte dei rumeni che sono arrivati in Italia in maniera clandestina sono capaci di compiere sequestri di persona, rapine in villa, di vivere nell’ombra per gestire le prostitute connazionali fatte arrivare nelle più grandi metropoli con la promessa spesso e volentieri di fare la badante. È chiamato la «peste», e si pronuncia «pesce», il malvivente che sfrutta le ragazze dell’Est, le picchia, le violenta e le riduce in schiavitù. I rumeni sono anche degli ottimi acrobati, riescono a entrare nelle abitazioni arrampicandosi sulle pareti più difficili da scalare, con indosso spesso armi bianche: solo nei primi sette mesi di ques’anno sono stati infatti arrestati dalle forze dell’ordine 38 rumeni responsabili di rapine in villa. La mente criminale di questi banditi è però anche in grado di inventarsi sistemi tecnologici capaci di succhiare denaro dai conti correnti degli italiani. In diversi casi infatti, mediante una memoria installata nelle apparecchiature Pos di distributori di benzina e supermercati, servendosi della tecnologia Bluetooth, riescono a carpire i codici segreti di migliaia di carte di credito e bancomat che poi utilizzano per ritirare denaro in contanti, compiere acquisti oppure per realizzare false carte da distribuire in seguito ai connazionali clandestini nei diversi paesi europei. La donna rumena, quando invece riesce a non finire nelle mani dei «padroni», con la sua bellezza dell’Est riesce a incantare anziani ricchi e farsi sposare per ottenere la cittadinanza, e perché no, il conto in banca.
    martedì 3 ottobre 2006

  5. Domenica 22 ottobre il sito dell’Ordine dei Giornalisti, è stato “bloccato per alcune ore, a causa della comparsa di un messaggio di un’organizzazione straniera. Sull’homepage del sito è comparsa abusivamente una scritta in inglese, lanciata nella rete Internet da parte di una “Guard of Turkey and Islam”, diretta alla Francia”, come riferisce una nota dell’Ordine.

    http://www.odg.it/primo_piano/show_news.asp?id=637

    “Scritta inglese”… uhm… Probabilmente non parlano il francese.
    Servirebbe un altro giro perlustrativo nella casbah per scoprirlo. Chi si offre?

  6. Sai Canistra, mi sento sempre peggio. Insomma, sono nera, musulmana, comunista, e mi chiamo Dacia perché mio padre è nato a Bucarest, in Romania.

    Ho l’impressione che né Facci né Parboni mi inveteranno mai ad un the danzante. Mannaggia.

    Dacia Valent

    p.s.: vorrei tanto essere Stronza.

  7. Allora, vediamo Filippo, nell’ordine – e con una scoraggiante mancanza d’originalità – mi hai augurato (un po’ sgrammaticamente, va detto) un tumore, quindi hai detto che mi odi, poi hai tirato fuori trinfalmente la mia fedina penale per darmi, successivamente, della falsificatrice e “testina di cazzo”, per concludere – ora – insinuando che io sia ‘na chiattona. Non insiuare, su, dillo, non è che ti sei intimidito, né?

    Certo che lo stipendio lo stai a rubbà guagliò…

    Dacia Valent

  8. Cosina insulsa,
    chiattona ci sarai tu e la mandria che compone il tuo albero genealogico.
    Probabilmente te ricordi da vicino un parente di Giuliano Ferrara con un eccesso di melatonina o una Platinette versiona africana.
    Io no.

  9. Azzz…. guarda che a me piace essere chiattona, ci ho messo anni a diventare così e parecchio impegno e guai a chi mi tocca anche un grammo della mia così faticata ciccia.

    Francamente rispondevo a Facci, anche perché sono costituzionalmente incapace di giocare a specchio riflesso.

    Ora, se preferivi che rispondessi: “certo, anche io sono una modella”, sorry, non lo sono, a meno di pensare ad una passerella per Marina Rinaldi.

    Se tu lo sei, e soprattutto se ti piace esserlo, buon per te.

    A me continua a piacere come scrivi. Un po’ meno come leggi. Ma mica si può avere tutto, no?

    Dacia Valent

  10. Nessun problema, Stronza cara (ecco, suona meglio di cara Stronza), credo che dipenda dal fatto che – essendo io ‘na chiattona – sono per definizione pacioccona e paciosa. Una specie di gigantesco Bacio Perugina, un po’ meno pelosa del Giuliano però.

    Respect, Dacia

  11. Non sono solito offendere riferendomi alle caratteristiche fisiche, lo trovo orribile, e non l’ho fatto.
    Per il resto, confermo l’augurio del tumore.

  12. C’è una questione che non viene mai fuori. La famosa “nostra cultura” da difendere spasmodicamente, sarebbe? La pupa e il secchione? La Gregoraci? Luxuria vs Gardini? Prodi vs Berlusconi? Materazzi vs Zidane? L’augurare carcinomi? Dare compiaciuti del pirla (Robecchi) e della testina di cazzo (Facci), autodefinirsi compiaciuti Stronza e vezzeggiare l’altra come “Cosina insulsa”? Gioire perché tutto questo è sintomo di grandi personalità a confronto e scoppiettante dibattito? Esultare perché abbiamo fatto strame del politically correct? Scusate, ho messo una quantità di punti interrogativi che nemmeno Arbasino – però se è questo quello che siamo, non è che mi meravigli più di tanto se gli inviti a difendere tutto ciò a spada tratta contro il kebabismo dilagante facciano così pochi proseliti.

  13. Dacia, al di la della cosa sul fisico – di cui onestamente non me ne può fregà de meno – sappi che, se qualche volta ti senti un po’ giù, io sono un tuo grande tifoso – sebbene signor nessuno -, anche se, vivaddio, su alcune cose la penso in modo un po’ diverso. Non c’entra un cazzo con il post, ma non mollare. Pensa a quelli come FF, e la vita ti sorride.
    PS io il tumore ce l’ho, non è così male come dicono, è molto peggio. Non lo augurerei a nessuno, ma proprio a nessuno.

  14. Canistra, lascia perdere il facci… augura così spesso il male altrui che poi gli rimbalza tutto indietro e cade dai tetti come il pirla che è :D

  15. Ho abitato in via Padova e ho conosciuto molti extracomunitari. Oltre ad essere ottimi professionisti nel loro settore se ne strafregano dell’Islam. Tra l’altro non ho mai sentito da nessuno di loro discutibili uscite tipo “tifo, tumore” o “ti auguro un tumore”. Al di là della razza e della religione, il problema sono i fomentatori d’odio. E fomentare l’odio conviene a questi figuri: “la guerra è forza!”.
    P.S. : Canistra, io il tumore invece l’ho avuto e, sì, è molto peggio ma può anche renderti migliore. Per esempio non commetterai mai lo sbaglio di augurarlo a qualcuno.

  16. CANISTRA, sai, credo di scontare il fatto di essere un deplorevole miscuglio di “razze” e di “culture”, cresciuto in tutti e 5 i continenti.

    Non ho mai creduto che esista un paradigma della bellezza. Io sono bella perché mi sento bella, non ho l’ansia della dieta, della minigonna ad ogni costo. Amo il tempo che mi accarezza facendo rilassare il mio petto, arrochendomi la voce, disegnando piccoli ghirigori sulla mia pelle, intorno agli occhi o sulle gambe.

    Attendo con impazienza di sapere cosa quest’artista spietatatamente sincero farà della tela che è il mio corpo e come questo cambierà la mia vita.

    La bellezza delle donne e degli uomini non è forma, è molto di più. Si tratta della somma di ciò che abbiamo vissuto, più quello che avremmo voluto vivere. Si tratta di rimorsi e rimpianti, di speranze e vittorie. Non c’entrano né il giro vita, né le dimensioni del pene, o la profondità di una vagina. Sono altri gli spessori importanti, altre le profondità da esplorare.

    Sai, a me le parole piacciono. Credo che abbiano il compito di dipingere per noi le emozioni, renderle intelligibili – soprattutto quando scriviamo in pubblico – alle persone che non ci conoscono, che non ci vedono parlare, che non vedono il piccolo sorriso che accompagna le dichiarazioni più terribili, o l’immensa rabbia che anima il nostro pestare su di una tastiera come se fosse l’uva d’ottobre.

    Facci ha fatto sua una mia frase su Fallaci. Esattamente questa: “Ma siccome il coccodrillo era lei [Oriana Fallaci], e tra i più feroci, per me che tifavo “tumore” è una gran bella giornata”.

    In effetti odiavo Oriana Fallaci. La odio ancora.

    Non di un odio personale, bada bene, ma dell’odio che prova una persona costretta ad assistere allo spreco di tanto potere ed influenza usati per costruire campi delimitati dal filo spinato, steccati tra fratelli e cugini e amici e vicini.

    Io delle parole faccio un uso iconico: devono davvero dare l’esatta misura di ciò che penso e sento, anche se questo fa male, a me, agli altri. Non si tratta del mero utilizzo dell’invettiva, o peggio della volgarità, per il mero fine di crearsi il personaggio. No, si tratta di trasmettere l’esatta carica dell’emozione che quel fatto, atto o persona procurano a me, che scrivo. E come blogger trasmetto. L’iperbole fa parte del mio modo di comunicare, sono barocca perché cresciuta leggendo Sor Juana Inés de la Cruz, pragmatica quanto Garcìa Lorca e Neruda, sboccata quanto Céline e Bukowsky, e futurista quanto Marinetti che scriveva “Avevamo vegliato tutta la notte — i miei amici ed io — sotto lampade di moschea dalle cupole di ottone traforato, stellate come le nostre anime, perché come queste irradiate dal chiuso fulgòre di un cuore elettrico…”,

    Tifare per il male che mi accompagna è una forma bizzarra di fare ponti d’oro al nemico che vorrei che fuggisse.

    Con Fallaci ho condiviso le manciate di capelli che ti restano in mano di fronte allo specchio, che ti rimanda l’immagine di una ragazza vecchia, spaventata di quello che potrebbe succedere, del respiro che si ferma, degli sguardi che vorrebbero essere solidali ma sono di pura e semplice pietà.

    Non mi piaceva condividerli con lei.

    Preferisco condividerli con te.

    Come vedi, il Facci – a volte – ci azzecca (suppongo che si stia facendo una pippa sul mio futuro cadavere, sai, anche io sono una sporca “probabile islamica” che imbratta la sua craxiana “Milano Da Bere”). Ma non lo fa consapevolmente: è una bestiolina tutta instinto e poco intelletto. E, te lo dico francamente, questa è una delle cose che non mi piace di lui.

    L’altra è la sensazione di essere di fronte al wannabe per eccellenza, il Pipino il Breve dello pseudogiornalismo italiano. E, si sente al solo leggerlo, non per motivi redazionali.

    Dacia

  17. Ti è sfuggito un particolare, sciacquapiatti.
    Non sono bestie in via di estinzione. E non sono manco dei bimbi incustoditi.

    Sono normalissimi adulti senzienti. Con l’unica caratteristica che hanno deciso di trasferirsi in una altro Paese per cercare lavoro piuttosto che mettere su famiglia.

    Non vanno DIFESI!!! Vanno semplicemente trattati da persone NORMALISSIME!

    Ma è cosi difficile da capirlo?????

    Fino a quando verrano trattati da emarginati CONTINUERANNO A COMPORTARSI DI CONSEGUENZA.

    Non vedo l’ora che arrivi il giorno in cui potrò dare del coglione a un musulmano senza sentirmi razzista.

    Nell’attesa di quel giorno, del coglione lo dò a te.

  18. Prossimamente alla sbarra l’ex poliziotta «nera», già europarlamentare «rossa», Dacia Valent. Su richiesta del pubblico ministero Erminio Amelio il Gip l’ha rinviata a giudizio per concorso in rapina. I fatti contestati risalgono al 2003 allorché la Valent, 43 anni, somala di Mogadiscio, ex agente di colore della Ps si sarebbe appropriata del portafogli e del telefono cellulare di una cittadina d’origine polacca che si era recata negli uffici di un’associazione (dove la Valent lavorava) per denunciare discriminazioni ai danni di alcuni immigrati.

    Stando all’ipotesi accusatoria l’esposto sarebbe scattato in seguito a una iniziale incomprensione e alla decisione dell’ex parlamentare di prendere i documenti alla donna polacca. Quel che è successo poi lo stabilirà il dibattimento.
    La signora Valent non è nuova a incidenti giudiziari. Nell’aprile del 1995 venne arrestata a Riano Flaminio, vicino Roma, per tentato omicidio nei confronti del convivente belga Luc Tsfmbae Mutshail al termine dell’ennesima, violentissima, lite. «Correte l’ho accoltellato» disse in lacrime al 112 dei carabinieri.

    «Voleva lasciarmi – spiegò a verbale -, io non ho capito più nulla, sono corsa in cucina e l’ho colpito al braccio». Sette giorni di prognosi per lui, Rebibbia per lei. Un anno prima toccò a Mutsahil, vice presidente dello Score (la Conferenza permanente per l’eguaglianza razziale) finire in manette per violenza e oltraggio al termine di un bisticcio con la convivente che l’aveva sbattuto fuori di casa. L’uomo aveva chiamato i pompieri e all’arrivo delle prime volanti, si ribellò a entrambi. L’immediato ritiro della denuncia da parte della Valent consentì a Mutshail di evitare il carcere.
    Figlia di un diplomatico italiano e di una principessa somala la Valent ha vestito la divisa della polizia salvo abbandonarla per la politica. Nel 1989 divenne famosa, suo malgrado, per un’aggressione a sfondo razziale subita a opera di uno sconosciuto che non venne identificato dai colleghi in divisa e che per questo finirono sott’inchiesta per omissione d’atti d’ufficio. Nel 1992 fu protagonista di un’insolita vicenda di sfratto: cacciata dai proprietari dell’appartamento dopo esser stata accusata di infastidire il vicinato «per il continuo viavai di extracomunitari ubriachi».

    Europarlamentare del Pci (76mila voti), passata poi con Rifondazione comunista, da dieci anni lotta a fianco degli immigrati con l’associazione «Islamic Anti-Defamation League»: ha denunciato Calderoli per le dichiarazioni sulla nazionale di calcio francese «formata da neri e islamici», si è contraddistinta per una frase sulla morte di Oriana Fallaci: «Ora che è al cospetto di Allah, se fossimo in lei saremmo molto ma molto preoccupati».

  19. composed by hsm 2012-06-09
    Business Casual Shoes
    Friday, at the office is considered business casual days! What does it mean exactly? Business is business and casual is casual so as to combine the a couple of styles? Friday is dress down day! then you know that business casual doesn’t mean how the country! but that doesn’t mean it’s advisable to appear nice and clean, but is really a bit ‘more relaxed at the same time!
    See what exactly is not Air Max 180 White online business casual, Add the following items for the weekend or inside closet at home: zip-front hooded sweatshirts, jackets team jackets! jeans! T-shirts with slogans, bare belly-tops! tank tops! jeans effectively worn , spandex, stirrup pants! overalls! biking shorts. sweat pants. mini skirts, see-through tops, halter tops. flip flops, sneakers and sandals. By no means forget how the very first word is business casual “business” and casual does not mean each day over a beach. shirly 2012-06-09 elitenetgroup.

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