Bassa o alta velocità.

Chiamatelo cinismo, chiamatelo come accidenti volete, ma non occorre essere Wernher Von Braun per sapere come sarà il futuro.
Lo sappiamo tutti che presto o tardi ci saranno i Pacs anche da noi, e presto o tardi i matrimoni omosessuali, e presto o tardi le adozioni dei figli da parte degli omosessuali e dei singoli, e presto o tardi il progetto genetico dei figli alla stregua di come si progetta una casa o si disegna un vestito, e presto o tardi l’aborto come prendere una caramella, e presto o tardi la sparizione o quasi dei crocifissi, e la secolarizzazione e tutto il resto, e la psiche e la techne e tutto il resto.
Sappiamo, insomma, che l’unica variabile che ci separa da ciò resta a seguente: il presto o il tardi.

La mia, la tua, la nostra opinione su questo e su quello contano assai poco. Il mondo è diviso tra chi rema avanti e chi indietro, ci raccontiamo che esistano opposte visioni del mondo e però sappiamo che non sono visioni, che non sono opposte: sono solo disaccordi sulle scadenze, sono solo resistenze differenti circa i tempi che l’ineluttabile techno-biologico debba impiegare a presentarsi.

Non c’è alto prelato, non c’è liberal-conservatore, non c’è vecchio barbagianni che non sappia in che direzione stiamo viaggiando da qualche secolo: la direzione è quella, punto e basta, cercatela nella letteratura, nei film, nelle riviste scientifiche, nell’attendibile delirio dei futurologi, nella rassegnazione di qualche ecclesiastico. Pensare seriamente di opporvisi è follia, si può solo cercare di rallentare o accelerare.

L’impegno di ciascuno, ieri oggi e domani, è solamente proteso al restare più tempo possibile nella dimensione che più gli aggrada.
Ci sono quelli che vogliono resistere il più possibile coi piedi ben piantati nel Novecento, che vogliono accomiatarsi con più lentezza possibile da 2500 anni di civiltà europea; e poi ci sono gli altri, coloro che idealizzano e inseguono un futuro che, in ogni caso, non vedranno.

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35 Commenti

  1. Non sono completamente d’accordo. L’ineluttabilità del segno del futuro non vale sempre e per ogni campo di applicazione della regola, secondo me.

    Per anni l’inevitabile futuro del lavoro sembrava andare nel senso del miglioramento di orari, salari, condizioni complessive.

    Mio nonno stava meglio di suo padre, mio padre stava meglio di mio nonno. Io già sconto alcuni aspetti del lavoro decisamente peggiori di quelli vissuti da mio padre (andrò in pensione molto più tardi e a condizioni meno favorevoli). Se avessi un figlio di vent’anni (ne ho 45 e l’ipotesi sarebbe plausibilissima), il lavoro per lui sarebbe ancor più degradato, povero, precario e senza futuro del mio.

  2. Ma io non ho parlato di ogni campo di applicazione. Parlavo di ciò che ho nominato.

  3. Vabbè, il futuro è anche scopare col computer. Vogliamo metterci a piangere ora?

  4. C’è una sola sicurezza: non va mai a finire (finire?) come si pensava sarebbe finita. Meglio non conservare queste profezie che si vorrebbero “terribili”: dopo qualche decennio le si rilegge per caso e alla fine se ne sorride distrattamente pensando con amarezza: “magari…”

  5. In materia di sessualità, di secolarizzazione della società e di inarrestabilità “morale” della tecnica (tutte cose da intendersi nelle accezioni più ampie) FF ha molte ragioni.

    Però (senza un però non c’è gusto) a volte fenomeni che per anni hanno seguito una certa direzione fino a far credere che quella fosse l’unica possibile, poi hanno mutato il senso della evoluzione o si sono semplicemente arrestati.

    Spesso compiamo l’errore di inerzia cognitiva di considerare una funzione come eternamente orientata in un senso e poi ci si accorge che la curva ha raggiunto un colmo e ripiega.
    Un po’ come l’utilità marginale dei panini al prosciutto, che uno ti sfama un po’, due ti sfamano abbastanza, tre moltissimo e dieci danno il voltastomaco.

    Quanto uomini, pochi decenni or sono, avrebbero indicato nella qualità del vivere un valore primario che non va sottomesso alla riuscita economica a ogni costo? Oggi più di uno rifiuta l’appiattimento economicistico che motivava i nostri padri.

    Lo stesso riflusso catto-bigotto cui assisitiamo in questi anni, che rende cool dichiararsi credenti, in cerca, in tensione spirituale e compagnia giaculante, un tempo sarebbe stato considerato poco conveniente dal punto di vista politico-elettorale, almeno per i politici di area più marcatamente laica. Oggi un Bertinotti, teoricamente titolare di un bacino di voto ateo e laico, titilla il voto catto-comunista con pie dichiarazioni. Forse la curva di convenienza dell’ateismo era semplicemente giunta al suo apice di utilità marginale.

    Con ciò, penso anch’io che molte condotte negate dal diritto in materia di coppia, di riproduzione e di scienza, un domani saranno legali. Ma forse non tutte e non sempre.

    Molte cose sembrano andare diritto finchè non curvano.

  6. Tutti quelli che pensano di avere una sia pur vaga idea di come sarà il futuro sono degli illusi.
    2000 anni fa nella Roma degli imperatori la morale sessuale era molto piu libera e tollerante di adesso.
    10 anni fa pochi immaginavano lo sviluppo esplosivo della Cina.
    Non è cinismo quello di Facci, ma un ottimismo di fondo sull’umanità, l’illusione che la storia abbia una sua logica.
    Spero che abbia ragione, ma ci credo poco.

  7. mah, il punto è un altro. Ci sono dibattiti aperti da sempre, magari con opinioni dominanti. Poi arriva qualcuno evidentemente superiore, ed esce con cose tipo che tutti sono ciecati, e si dibattono inutilmente senza sapere che la barca va in una sola direzione. Ma lui no, lui lo sa.

    A fine Ottocento il petrolio era considerato un banale combustibile per lampade, destinato sicuramente ad avere uno scarso utilizzo in futuro. La benzina invece non era ancora conosciuta, se non come distillato ottenuto per scopi meramente scientifici, senza grosse applicazioni pratiche.

  8. Tu non dici, esplicitamente, di quale gruppo fai parte. Ma si capisce bene da quell’espressione, a mio avviso sleale poiché in qualche modo subliminale, “accomiatarsi dalla civiltà europea”: in pratica stai dicendo che consentire di sposarsi alle coppie omosessuali, consentire loro di adottare figli, così come ai single, l’aborto senza dolore fisico, la sparizione dei crocefissi e tutto il resto siano qualcosa di differente dalla “civiltà”.
    Di solito sei diretto, perché stavolta hai scelto questo modo per dire come la pensi? Mi sembra che sia un po’ poco rispettoso nei confronti dei tuoi stessi lettori, che magari la pensano come te.
    Io no, eh ;-)

  9. Pezzo molto bello Facci. In fondo sulla stessa lunghezza d’onda dell’SMS che mandai qualche giorno fa.
    Comunque, io sono uno di quelli che inseguono un futuro che, secondo te, non vedranno. Ti volevo dire che una parte di quel futuro che volevo vedere negli anni ottanta (le reti, l’informazione, e la globalizzazione) l’ho visto. Le altre due cose che mi piacerebbe vedere, l’unificazione delle forze della fisica e una macchina pensante, le vedrò se campo abbastanza.

  10. Facci, è sicuramente un limite mio, ma non ho capito dove vuoi andare a parare… E non lo dico per scherzare: anche se spesso non sono d’accordo con te, di solito ti leggo volentieri, perché sei sempre pungente, a tratti (volutamente) paradossale, ma acuto, fulminante nei giudizi e capace di pareri propositivi e provocatori.
    Ma questa volta, questa volta sembra l’invettiva del nonnetto al bar, che lamenta che non ci sono più le mezze stagioni, che quando c’era lui cara lei, e che oggidì non si capisce più niente, che tempi!

  11. Magari, magari. E se invece fra 50 anni le nostre figlie fossero costrette a portare il burka? Che ne sai del futuro, Facci? Io vedo arrivare un nuovo Medioevo. Vedo tramontare l’epoca della tolleranza e dei diritti umani, e avanzare il cinismo teocon da un lato e l’integralismo di tutti i colori dall’altro. Vedo crociate dappertutto. Vedo le donne fare un passo avanti e due indietro. Vedo la rete usata per soffocare la democrazia e diffondere l’odio. Io vedo la famiglia occidentale implodere come un fugo marcio, soppiantata dalle nuove famiglie patriarcali con un crocifisso o un Corano a dettare le regole del talamo. Io vedo nero.

  12. Ok, archiviato il pezzo sul “si stava meglio quando si stava peggio” attendiamo emozionati quello sulla fine delle mezze stagioni…

  13. Pluralità monoculturale, Fenchurch, si chiama, o pluralità di monoculture tradizionali, è un fenomeno che si contrappone al multiculturalismo, Sen che ha preso il Nobel li studia entrambi, e solo questo fatto dovrebbe rilassarti.

  14. Fenchurch, io vedo una rete di comunicazione mondiale, le persone lavorare insieme in diversi continenti, i pressi degli spostamenti in macchina e in aereo ridursi, il numero di persone che lavora con altre culture aumentare, …

  15. Facci, ti ho scoperto per caso sul Il Giornale che è il giornale che sta nel mio bar di fiducia; niente, apprezzo questo articolo e apprezzo te e come sai arrivare al succo delle cose, come sai scuotere il lettore, cosa sempre più difficile, regalando una visione diversa del mondo. Te lo dovevo, fine.

  16. guarda, non è solo questione di scontro frontale tra civiltà, laici-cattolici occidente-islam badabim badabam.

    E’ capire che il mondo va avanti.

    Perchè devo farmi mettere una pompa nell’utero se esiste la Ru486?

    Se ho una relazione stabile con una persona del mio stesso sesso con cui vivo da tanti anni possibile che la legge non mi fornisca nessuno strumento giuridico per regolare questo rapporto? E se siamo di sesso diverso devo per forza sposarmi? O tutto o niente? O finchè morte non vi separi o perfetti sconosciuti?

    Io, sono orfano di padre, e sono stato cresciuto da mia madre e mia nonna, due donne anch’esse. Ho avuto la migliore famiglia del mondo. Credo che chiunque abbia amore dentro di se debba poter crescere un figlio in tranquillità, non importa con chi vada a letto. Quelli a cui non farei mai tenere un figlio sono ben altri, e spesso sono decisamente eterosessuali.

    Vorrei sapere perchè cazzo stiamo tanto a preoccuparci dei figli delle omosessuali o se i single adottano e nessuno si preoccupa dei figli mandati a mendicare nella metropolitana. Per quei bambini mi si spezza il cuore, e vorrei sapere perchè non interveniamo a favore di quelle povere creature cresciute per strada.

    La conservazione è necessaria alla stabilità del sistema, ma è sempre velleitaria.

    P.S. E cagami stavolta Facci, che ho il mito di te e sei l’unico uomo che scuote la mia solida e rodata eterosessualità :)

  17. io vedo la cultura che facci descrive scomparire per la teoria dell’evoluzione, secondo cui non vince chi è “migliore” (se esiste un “migliore”) ma chi lascia più discendenti, e i dati mostrano che l’attuale cultura occidentale non ha il potere dell’autoconservazione

    divertitevi, che fra poco farete la fine dei dinosauri, i mammiferi sono più adatti

  18. “E cagami stavolta Facci, che ho il mito di te e sei l’unico uomo che scuote la mia solida e rodata eterosessualità :)”

    Intanto ti è già venuto l’utero:

    “Perchè devo farmi mettere una pompa nell’utero se esiste la Ru486?”

    :-D

  19. Riccardo, hai ragione, ma sei generico: in termini di società, la generazione non è soltanto biologica.

  20. 7Mod: è proprio la trasmissione della cultura il bello, l’unico modo per mantenere una cultura che porta denatalità è impegnarsi a propagarne una diversa… istituzionalizzare l’ipocrisia

  21. E’ singolare parlare di culture come fossero virus, ma credo che in effetti sia il punto, Riccardo. Il postcolonialismo: l’immunità dopo il contagio.
    Tuttavia, in effetti, Sen è del Bangladesh e lavora in Inghilterra. L’India è la più grande nursery scientifica del pianeta: una scienza giovane, avanzatissima. Appunto quello, stavo dicendo: la cultura occidentale è anche una acuta baby sitter, con tutta l’ipocrisia che può ficcare nella parola baby e nella parola sitter…

  22. Il paragone cultura/virus è tutt’altro che azzardato. Anche perché: non siamo noi stessi costruiti dal e intorno al DNA? Certo, poi accumuliamo esperienze che plasmano e mutano la carne grezza, ma tutto il progetto del nostro corpo, oltre ad una serie di istinti primoridiali, era già presente in una singola cellula.
    Ed è sulla base di quegli istinti primordiali, la sopravvivenza e quindi la pulsione sessuale, che tutto si è fondato. Insomma, siamo una sorta di gigantesco esoscheletro del DNA e la cultura, a sua volta, un esoscheletro tra noi condiviso.
    Si parla di “conservazione/propagazione” della specie, ma più corretto sarebbe “conservazione/propagazione” del nostro codice genetico: l’esempio più banale è la contesa sessuale. Se volessimo semplicemente propagare la specie vivremmo in una comune. Invece la figa la vogliamo per noi, a scapito degli altri. Mio codice genetico contro il tuo.
    Se vale la competizione vale l’evoluzione: chi riesce a dotarsi dei migliori strumenti, strumenti in senso esteso, ottiene la prestazione migliore.
    Si innesca quindi lo scontro tra chi li detiene adesso e quindi frena per non perdere il predominio e chi invece tira per poter affermarne di nuovi e propri.
    Chi frena potrà anche vincere a lungo, ma non vincerà per sempre: ogni assedio, prima o poi, viene infranto. Forse la soluzione più intelligente sarebbe di partecipare all’evoluzione per poterla, in qualche modo, controllare: lasciar affermare nuovi strumenti, ma contribuendo a forgiarli in modo da influire sulla loro foggia.
    Forse l’ho presa vagamente alla larga.

  23. Uomini quadrupedi in un villaggio turco

    Un’anomalia genetica li spinge a camminare solo su mani e piedi
    Tre dei camminatori su mani e piedi.

    Se chiediamo a bruciapelo, alla prima persona che passa, in che cosa gli esseri umani sono diversi dalle scimmie, è assai probabile che la risposta elenchi il linguaggio, il ragionamento, la piena coscienza di sé, la stazione eretta e il camminare su due gambe. Da Darwin in poi, l’emergenza di ciascuno di questi tratti ha stimolato distinte, plausibili spiegazioni evolutive.
    La «discesa» dei nostri antenati dalla foresta nelle pianure ha favorito arti inferiori capaci di sostenere da soli il nostro peso e di consentire la marcia e la corsa, il linguaggio ha consentito una comunicazione raffinata, il ragionamento, una intelligente previsione di ciò che può accadere e una pianificazione delle azioni individuali e collettive. Mi fermo qui, perché una storia assai diversa ci viene ora suggerita da un fisiologo turco, il professor Uner Tan dell’Università Cukurova ad Adana. Detto in modo molto sommario, ma non fuorviante, Tan sostiene che tutti questi tratti tipicamente umani possano essere il risultato di un singolo processo evolutivo.
    Si sarebbe trattato, secondo Tan, di un evento evolutivo «puntuale», uno di quelli messi a suo tempo in evidenza da Stephen Jay Gould e Richard Lewontin, e non di un’evoluzione graduale, come tradizionalmente contemplata nella teoria darwiniana classica. Su che base può affermarlo? Sulla base della scoperta di una sindrome molto insolita, che già porta il suo nome.

    Clinicamente definita come un caso molto particolare di atassia cerebellare, la sindrome di Uner Tan si manifesta con il quadrupedalismo (questi soggetti camminano solo e sempre sulle mani e sui piedi e spesso procedendo in linea obliqua), un linguaggio assai ridotto, un grave ritardo mentale, una ridotta coscienza di sé, una postura normale ricurva e a testa china, anche quando sono seduti. In una parola, questi sventurati, a causa di un deficit congenito, incarnano nella realtà quello che si potrebbe definire, secondo una lunga tradizione e più di un pizzico di leggenda, il famoso anello mancante. L’ultimo numero dello «International Journal of Neuroscience» descrive minuziosamente questa sindrome e racconta come, in uno sperduto villaggio turco, vicino al confine con la Siria, nella provincia di Iskenderun, città di Alessandro Magno, e sede di mosaici che rivaleggiano con quelli di Ravenna, il medico Osman Demirhan abbia scoperto questo caso e abbia chiamato Uner Tan, con un’équipe di fisiologi, neurologi, e psicologi, per esaminarlo a fondo. In questo villaggio, una coppia di lontani consanguinei ha avuto ben 19 figli, cinque dei quali sono affetti da questa sindrome (quattro femmine e un maschio). Gli altri dodici erano tutti normali, ma due sono morti precocemente. L’età varia dai 14 ai 36 anni. L’analisi genetica dettagliata è in corso, ma si tratta senza dubbio di un carattere genetico recessivo portato da un cromosoma non sessuale. L’analisi a risonanza magnetica mostra un rimpicciolimento della regione del cervelletto chiamata vermis e una riduzione del corpo calloso.
    Un collega di Uner Tan, Tayfun Ozcelik, professore di genetica umana all’Università Bilkent di Ankara e che ha una lista molto nutrita di pubblicazioni scientifiche internazionali, mi dice: «Conosco e stimo il professor Tan da 25 anni. Quando, lo scorso dicembre, su suo invito, mi sono recato in quel villaggio e ho osservato quei soggetti, ho avuto la più straordinaria esperienza dei miei oltre venti anni di genetista». Aggiunge che questa scoperta può grandemente contribuire a risolvere l’enigma dell’evoluzione umana. Dello stesso parere, ma con interpretazioni assai diverse, sono i biologi evoluzionisti inglesi Nicholas Humphrey e John R. Skoyles, della London School of Economics, e l’anatomista Roger Keynes dell’Università di Cambridge, i quali hanno ben esaminato i soggetti studiati da Uner Tan, su suo specifico invito, nel giugno del 2005, e hanno adesso pubblicato su Internet un dettagliato resoconto. Vi si dichiara che non è stato possibile apporre su questo documento sia la loro firma che quella di Uner Tan e Osman Demirhan (http://eprints.lse.ac.uk/archive/00000463).
    Suppongo sia a causa della natura divergente delle rispettive tesi evoluzionistiche. Intanto un gruppo turco-tedesco ha localizzato la mutazione sul cromosoma «17p».

    Limitiamoci qui ai fatti, prevedendo che questo caso susciterà grande interesse e accesi dibattiti nelle settimane a venire. Questi cinque soggetti si muovono speditamente appoggiando gran parte del loro peso sui polsi, con le palme rivolte in avanti. Si noti che le scimmie si appoggiano, invece, sulle nocche. Si tratta, quindi, si un tratto del tutto insolito. Inoltre, a differenza dei bimbi piccoli che vanno a «quattro zampe», essi non camminano sui ginocchi, bensì mantenendo le gambe distese.
    Con notevole sforzo, riescono a stare fermi in piedi, ma non a camminare sulle sole gambe. Capiscono sufficientemente il curdo da poter comunicare con gli estranei, e tre di loro capiscono anche un po’ di turco, ma è difficile comprendere quello che dicono, la loro sintassi è assai misera e il vocabolario limitato (circa cento vocaboli). Si capiscono solo tra di loro e con i loro genitori. Non sanno ripetere gran parte delle parole per loro nuove, non sanno rispondere nemmeno alle domande più semplici (in che Paese vivi?), e non sanno piegare in due un foglio di carta. La loro «coscienza» di dove sono, di chi sono e di cosa succede intorno a loro pare essere assai ridotta (secondo Uner Tan, ma il team inglese dice che interagiscono con cortesia e reagiscono adeguatamente alle situazioni nuove, per esempio un viaggio in autobus fino all’ospedale).
    Tan si accinge a cercare attivamente altri casi simili, mentre gli studiosi inglesi insinuano che le circostanze biologiche e sociali di questo caso sono talmente uniche che potrebbe per sempre rimanere isolato e irriproducibile.
    Mentre scrivo, il tam tam della sindrome si sta diffondendo nella comunità scientifica e le più prestigiose riviste e anche la Bbc, si accingono a parlarne. Aspettiamo un po’ prima di trarre tutte le interessanti conseguenze evoluzionistiche.

    Massimo Piattelli Palmarini
    07 marzo 2006

  24. Presto o tardi, insomma.

    E presto o tardi s’ha da schiattare, e presto o tardi magari arriva pure un birbone, e mi calcia un calcio ne’ coglioni.

    Meglio tardi, o presto, a seconda che ti garbi schiattare, o essere scoglionato.
    Basta avere un ordine d’idee, no?

  25. Facci, non so se la tua puntualizzazione si riferisse al mio commento. Ad ogni modo quando ho parlato di evoluzione e “strumenti migliori” non intendevo necessariamente l’evoluzione darwiniana in senso classico, della scimmia che gradualmente diviene uomo.
    Credo anzi che questa sia proprio proceduta a salti grazie a fortunate mutazioni genetiche che hanno permesso un miglior risultato di vita. A quest’evoluzione fisica si accompagna però anche un’evoluzione culturale/tecnica, questa certamente più graduale: magari anche qui all’origine c’è una singolarità, una scoperta casuale, ma la sua affermazione ha richiesto un lavorìo di raffinazione della riproducibilità.
    In questo senso è da leggere il classico “Armi, acciaio e malattie” di Jared Diamond.

  26. Facci, la frase “e non di un’evoluzione graduale, come tradizionalmente contemplata nella teoria darwiniana classica” è la più grossa cappellata che ho letto, da quando l’uomo ha inventato il cavallo.
    Quello dell’evoluzione graduale era Lamark, con la funzione che creava gradualmente l’organo.
    Il darwinismo prevede le modifiche (successivamente classificate come genetiche) discrete e l’ambiente come filtro.
    Sinceramente non riesco a capire l’interesse che ci possa essere intorno a questa “mutazione” delle persone che non camminano erette. Se si adattano, sopravvivono e si riproducono; else la variazione finisce lì.

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