Il segreto sta nel sapere cosa farci, poi, col fazzoletto

SALLY: Vedevo tutte le mie amiche che hanno figli – cioè, ho una sola amica che ha dei figli, Alice – e lei si lamentava che lei e Gary non lo facevano più. …Non si lamentava nemmeno ora che ci ripenso, lo diceva così, en passant, diceva che stavano svegli tutta la notte, che erano esausti tutti e due e che i figli gli levavano ogni impulso sessuale che avessero. Io e Joe li ascoltavamo e dicevamo “quanto siamo fortunati ad avere questa meravigliosa relazione, fare l’amore in cucina, per terra, senza paura che entrino i figli, poter andare a Roma così, su due piedi”. E… Un bel giorno ero uscita con la figlia di Alice perché le avevo promesso di portarla al circo, e in macchina giocavamo a “io vedo”. “Io vedo un marciapiede”, “io vedo un lampione”. Lei guardava dal finestrino e ha visto un uomo e una donna con due figli piccoli – l’uomo ne aveva uno sulle spalle – e lei ha detto: “io vedo una famiglia”.
E io ho cominciato a piangere. Non lo so, mi ha presa così. Sono tornata a casa e ho detto: “senti Joe, tanto non ci andiamo mai a Roma così su due piedi…”
HARRY: …e in cucina, per terra, non…
SALLY: No, mai. C’erano certe mattonelle dure di ceramica messicana…

(da “Harry ti presento Sally“,
sceneggiatura di Nora Ephron)

Con questa storia che Movable Type (ovvero il software che permette l’impaginazione automatica del presente blog) da qualche tempo riesce a filtrare il 99,9% dello spam, è caduta una vecchia limitazione sull’inserimento dei commenti nei post più vecchi di quindici giorni. Quando il programma non era ancora così abile, per lasciare un proprio commento in calce ad un pezzo sul quale si era già accumulata la polvere di almeno due settimane, era necessario registrarsi, altrimenti veniva automaticamente non accettato. Oppure si perdeva nello scatolone dei commenti vecchi ancora da approvare.

Ora, non so voi (no, voi probabilmente no) ma io clicco spesso in quello spazio che appare nella colonna alla vostra sinistra sotto il titolo “On this day”. Lì sono quotidianamente riportati i link alle pagine di questo blog di un anno fa, di due anni fa, di tre anni fa. Mi diverte rileggere alcune cose: di alcune mi vergono profondamente, altre mi piacciono ancora, altre ancora non ricordo nemmeno di averle scritte.

E insomma, con questo fatto che i lettori arrivano magari da Google cercando una parola chiave, finiscono su un pezzo scritto in chissà quale remota occasione, credono sia attuale e lasciano un pensiero, ho preso l’abitudine a sbirciare anche nella zona dei singoli articoli dedicata ai commenti. Ci si trovano cose bellissime: gente che si incazza ancora oggi per elezioni andate male due anni fa; gente che partecipa a violentissimi dibattiti che proseguono imperterriti da mesi, come se il referendum sulla fecondazione assistita non fosse ormai stato perso; gente che commenta un tuo commento ad un editoriale di tizio che è lì a fare la muffa da tre anni; vip trattati male che si sono cercati e tardivamente trovati indicizzati su un motore di ricerca.
A volte fa bene, a volte sembra che il tempo non passi, che non sia mai passato.
E a volte – ma raramente – trovi qualcosa di personale. E non parlo di vecchi compagni di scuola che ti han ritrovato. Qualcosa di più personale.

Grazie a quel riquadro “On this day” mi ricordo che un anno fa, in questi giorni, ero di ritorno da un viaggio di lavoro/piacere a Roma. Più piacere che lavoro, a dire la verità, dacché mi preparavo mentalmente all’idea di tornare a frequentare quotidianamente un ufficio. Lo stesso in cui mi trovo oggi, per la cronaca.
Prenotai uno dei pochi alberghi romani con il Wi-Fi e finii col non utilizzare mai internet se non per affittare uno scooter e girare indisturbato da una parte all’altra di una città nella quale a bordo delle macchine gli studiosi iniziano a trovare i primi fossili dell’era moderna, tutti colti nell’atto di cercare di tornare a casa, o andare al lavoro. Non che Milano sia poi così tanto meglio, da questo punto di vista, però da queste parti avere le gomme ha ancora un senso, seppur vago. A Roma le automobili potrebbero essere tranquillamente poggiate su quattro pile di mattoni, che fa lo stesso.
Ricordo anche che incontrai parecchie persone a cui tenevo e tengo, e che il giorno prima di partire il pub all’ultimo piano dell’hotel fu invaso da una folla di blogger che depredò quanto di alcoolico fosse rimasto al bancone, e risultò una delle serate più piacevoli degli ultimi tempi. Ecco, lì, proprio quella sera, ho conosciuto persone a cui non tenevo e a cui oggi invece tengo, semplicemente perché non avevo mai avuto occasione di incontrarle in precedenza.

(Lo so, lo so: ho abbondato con il verbo “tenere” e tutte le sue declinazioni. E’ perché amo il concetto che esprime pur non prestandosi perfettamente alla lingua italiana. Volete mettere con l’inglese “to care”? Non ce n’è proprio. “I care of you” e “Ci tengo a te” significano la stessa cosa, ma fanno parte di due mondi differenti. E qui finisce la divagazione, giuro).


A proposito di commenti vecchi che è piacevole scoprire e persone a cui si tiene, torno al punto: lo stesso oggi di un anno fa pubblicai qui sul blog una foto panoramica della veduta dalla finestra dell’albergo romano (il panorama a dire il vero non era poi questo granché: la foto, piuttosto, poteva definirsi panoramica in quanto composta da sei immagini in seguenza poi fatte combaciare). E insomma, spulcio i commenti e mi ti viene fuori a tradimento il ricordo di una bambina che viveva sotto il mio stesso tetto; di un giorno in cui la sua mamma me la affidò perché doveva sbrigare delle commissioni per un’intera giornata, e io le feci scegliere i vestiti preferiti e non trovai di meglio da fare che portarmela al lavoro, in taxi. Poi, sul taxi, mi chiese “Hai un fazzoletto di carta?”. Io glielo porsi, lei si soffiò il naso con veemenza, lo appallottolò con delicatezza, e in un primo momento proprio non mi accorsi che mi aveva rimesso in mano il fazzoletto, usato e sporco di moccio, come se fosse un atto dovuto, riprenderselo, perché i bambini i fazzoletti col moccio li consegnano a chi hanno al proprio fianco. Avevo l’espressione basita di uno che va nel panico perché – al cospetto di una cosa inaspettata e semplice – non sa che cosa fare.
Guardavo lei, poi il fazzoletto nella mia mano, poi ancora lei, poi di nuovo il fazzoletto. Attendevo istruzioni, invano.
Davanti all’ufficio di Clarence, in piena via Torino, esaltata all’idea che sarebbe stata una giornata diversa dal solito trascorsa in compagnia del vice, aveva già iniziato ad allacciarsi i pattini. Al che no, le dissi, non possiamo andare in ufficio con i pattini: ci sono le scale, e poi lì dentro si fa rumore e si scivola.
Così, mentre io pagavo il taxi, lei si fece un giro sui pattini rosa. Ma uno solo.

Una volta in ufficio, feci quel che fanno i grandi dotati di poca fantasia quando pensano di dover occupare i bambini con un’attività che stimoli la fantasia: le procurai un bloc-notes colorato e qualche pennarello perché potesse disegnare.
E lei disegnò, compresa nel compito, seduta dalla parte opposta della mia scrivania. Prima una giraffa (era la giraffa di Spray, il marchio di fabbrica della baracca, che appariva sul blocchetto). Poi una zebra. Poi un leone. Poi si ruppe le palle, com’è giusto che sia. E allora si assegnò un compito: quelli che volevano, tra i dipendenti dislocati su due piani, potevano darle in consegna le monetine che avevano: lei le avrebbe messe sotto l’acqua del lavandino, insaponate, strofinate e asciugate e riportate splendenti al mittente.
Poco dopo chiamò Roberto, da Bologna, per questioni di lavoro, e io dovetti interruppere la chiamata: “Scusa Roberto, ti richiamo io: la bambina ha intasato di monete lo scarico del lavandino”. E lui disse: “Non ti preoccupare: è bello e curioso vederti avere a che fare con questo tipo di problemi”.

Ebbene, per qualche motivo che non so dire, quel commento fuori contesto che appare in un post di un anno fa mi ha ricordato quella particolare giornata. Nuova tanto per me quanto per lei. Dice (ed è il padre biologico che parla):

“Gattino Sacro Birmano cercasi. Causa separazione è stato smarrito un grazioso e affettuoso gattino che rispondeva al nome di WILL. C’è una bambina al quale manca molto e che piange per riaverlo ogni volta che guarda il suo telefonino, ma le condizioni “politiche” della separazione non pare lo permettano. E’ stato visto numerose volte sulle photogallery del presente sito. Quindi forse è ancora in vita”.

Sì che è vivo, Will. Delle nove vite che si dice abbiano i gatti ne ha sprecate tre cadendo dal balcone, ma si è sempre ripreso. Si è fatto grande, è cambiato (perché si cambia: è inutile far finta di no) e si comporta meno da teppista rispetto che un tempo.
E anche lui ti ricorda, con un po’ di malinconia, Erika.

Will, appena accolto a casa, e oggi
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32 Commenti

  1. Io in fondo sono uno sfigato, ma con tre fazzoletti da mettere in ordine per volta so che non cambierei questa sfiga con nessun’altra.
    Questa – ma non lo ammetterai mai – è voglia di famiglia. Auguri a te.

  2. scrivere cose carine come i “nuovi americani”
    vivere come nei film carini americani
    oh come è carino tutto questo
    beati voi

  3. … Ci credi che io ho ancora gli animaletti col pongo (grande risorsa…) che mi fecero i miei figliocci? E quanto ai fazzoletti di carta moccicosi…
    … uh. Avrei conservato anche quelli!:o))))

    Gian, che tu possa guardare con soave dolcezza a ciò che è stato, e con radiosa allegria a ciò che sarà. Perché è ancora tutto da scrivere, credimi.
    Un abbraccio e un sorriso.

    P.S. Kabul (14 anni di gloriosa vita felina, persiano rinato e splendente – tranne il pelo annodato, vabbe’:o((((- dopo due ictus, una caduta dal balcone e gravissima malattia, nome datogli ovviamente da Bonvi) saluta con simpatia Will.

  4. Te lo dico con un misto di allarme, commozione e felicità, sei pronto ad innamorarti perso. Se non è già successo.

  5. Ti asciughi gli occhi…

    Sì, certo, siamo carogne, siamo anticlericali comunisti, o clericofascisti, per la pena di morte o per l’aborto, con Bush o contro Putin, col Berlusca o con Prodi, leggiamo il Foglio o il Riformista, odiamo Gates e amiamo Google ma in…

  6. perché le persone non tornano insieme, non stanno insieme né si mettono insieme per nessun progetto divino, non per un bambino, né per altro. ma solo perché lo si vuole, in due. e perché non ci sarebbe altro modo per vivere una vita felice. alle volte non capita, o non capita più dopo un po’ che capitava.

  7. Sasa’, ma tui hai dei figli (tuoi o non tuoi)?
    Hai voglia che si può tornare insieme per un bambino! Così come si può rimanere insieme per un bimbo!
    La vita felice quando c’è un piezz’e’core non è solo la tua e quella di lei. Ma anche quella del bimbo.

  8. Fabrizio… a volte ci sono dei pezzi tondi e dei pezzi quadrati. E non sono fatti per combaciare. E alla fine, qualche volta, e senza che sia colpa di nessuno, è persino una fortuna che non ci riescano.

  9. Quali sarebbero le condizioni politiche della separazione per cui non puoi dare il gatto alla bimba? Sarà mica un gatto comunista e hai paura che se la magni? :-)

  10. che bello vedere che esistono argomenti non legati a berlusconi, prodi, fassino, unipol, previti eccetera eccetera eccetera eccetera eccetera ecchepalle!

    anche i bloggisti mangiano fagioli

    che bello vedere discutere su argomenti “malinconici” ma comunque appassionanti

    nei blog in fondo trovi sempre qualcosa di interessante

    vado ad ingrandire penelope cruz

  11. Certo che ci sono i pezzi tondi e i pezzi quadrati. Ma, per rimanere in tema di falegnameria, ci sono anche le lime.
    E bisogna volerci andare dal falegname a comprare la lima. O magari farcisi accompagnare da un bambino.

  12. Scusa, Fabrizio… io ignoro del tutto i retroscena, ma penso che Gian abbia le sue ottime ragioni. E non so neanche quanto ne voglia parlare in questa sede… Spezzo quindi una lancia a suo favore.

    Ti posso solo dire, per esperienza diretta (il mio compagno, nonostante tutte le sue migliori e più ragionevoli intenzioni, subì una separazione degna della “Guerra dei roses”…), che il bene dei figli NON sempre consiste nel cercare di rimettere assieme i cocci, una volta che i genitori hanno dolorosamente preso atto della loro incompatibilità.

    E francamente, non so se sia più egoistico continuare a stare assieme a qualcuno con cui ormai non hai più nulla a che
    spartire, paludandoti del senso di responsabilità verso i figli (che un domani, però, potrai sempre ricattare emotivamente sputtanando l’altro genitore. Oppure rinfacciando loro il fatto che ti sei sacrificato “per il loro amore”…) o piuttosto, darci un realistico taglio.

    A volte, è assai meglio risparmiare ai figli quella sottile guerra di nervi che sottende una ritrovata ma fittizia concordia, se in realtà rappresentano il solo motivo (o, peggio, dovere etico) per il quale i due ex continuano a stare assieme, in realtà detestandosi. E, cosa ancor peggiore, ho notato che se ciò avviene si finisce pure col colpevolizzare più o meno inconsciamente la prole, per l’infelicità in cui si versa. Ognuno ha diritto ha una seconda chance, ma non è detto che sia con la stessa persona.

    Finora, posso citare una sola separazione civilissima, fra le tante e tremende cui ho assistito: e non a caso, i due non avevano figli…

    A volte, non solo è proprio impossibile recuperare alcunché, eccetto un mutuo e vendicativo rancore (la fine di una storia, o di un matrimonio, può scatenare il mr. Hyde che esiste anche nel più mite degli individui. Ne converrai) ma è auspicabile rendere partecipi i figli della realtà – con tatto, sensibilità e dolcezza. E possibilmente, l’appoggio di amici e parenti stretti: “cuscinetti” indispensabili – piuttosto che farli assistere al compendio di crudeltà mentali pre-separazione cui ho assistito io, e che vorrei caldamente fosse risparmiato a qualsiasi altro bimbo…

    Certo, si tratta di dover bilanciare le sofferenze fra tutte le parti in causa: c’è chi preferisce risparmiare il trauma di una separazione ai figli proteggendoli e vivendo da separato in casa, ma non risparmando loro, poi, ben più sottili tensioni psicologiche non meno dannose (ho fatto parte di gruppi di supporto, quindi parlo con cognizione di causa). E chi, invece, li prepara ad affrontarla, ben sapendo che comunque non sarà affatto indolore. Ma non sta né a te, né a me, sindacare sulla bontà delle scelte operate da Gianluca, non credi?;o)

    Con ciò, volevo solo ribadire che non è possibile generalizzare o fare pronostici ottimistici, perché ogni storia fa caso a sé. E spesso, quando non funziona più, non c’è proprio più nulla da fare…

    un caro saluto, Fabbrì. E un augurio di cuore a Gian: guarda avanti, ché l’amore può essere dietro l’angolo e magari la prossima volta ci cozzi contro quando meno te l’aspetti… (dopotutto, prima che incontrasse noi, la Persona Giusta, chi era, mai, eh?);o))))

  13. Vedi, forse abbiamo una visione diversa della famiglia. Per me non è un rapporto a due (che si può rompere) più un paio di marmocchi a rompere i minchioni.
    Io la vedo come un rapporto a n. Io ho un raporto con mia moglie e i miei figli. Mia moglie con me e i miei figli. I miei figli tra di loro e con noi.
    Se si incrina il mio con la mia lei, vedo possibile che, per mantenere quello con i bimbi, uno possa fare lo sforzo (parlavo della lima per l’appunto).
    Ovviamente se uno si manda a quel paese ogni cinque minuti e litiga ogni santa sera con urla, strilli e piatti rotti, allora è meglio prenderla la via di fuga.
    E non mi ero messo a giudicare il rapporto del gran visir con la sua ex. Volevo solo dire che magari con l’aiuto di una terza/quarta/quinta persona, un rapporto si può ricucire. Magari quella bimba bellissima vuole ancora un mondo di bene a Gianluca. In fondo potresti vederlo come un rapporto con la bimba, con appendice della madre..

  14. Se i rapporti si rompono, e rompere vuol dire scoprire di avere almeno il 51% di visione diversa della vita, si può resistere per un po’, ma poi si arriva alla rottura, rottura che vuol dire non mettere più l’altro nel proprio progetto di vita. Allora ci sono due strade: o ci si divide o si fa un compromesso con se stessi. Il compromesso il più delle volte vuol dire trovarsi un altro. Secondo me sono legittime entrambe le scelte, dipende da quella che in un calcolo costo/beneficio allargato a tutti i componenti della famiglia, risulti la più accettabile. Senonché poi si fanno i conti razionali senza l’oste istintivo, emotivo. Infatti si può arrivare ad un punto che la vicinanza con l’altro, che in una situazione di separazione ridiventa accettabile e recupera tutte le parti buone, diventa impossibile ed insopportabile, fino a farti rifutare tutto, anche la più elementare delle azioni ordinarie. E si litiga, si litiga, per un nonnulla, e si aumenta sempre più il grado di infelicità. Infelicità che una volta si sopportava stoicamnte sull’altare dell’impossibilità: economica, sociale e morale. Oggi non più.
    Quello che però si può e si deve fare è, una volta separati come coniugi, continuare ad essere dei bravi genitori. Riuscire ad ottenere una separazione con affidamento congiunto, dico io la più idonea per la parità dei diritti e dei doveri, tentare di non scaricare sui figli i rancori della separazione e cercare di essere felici. Con queste premesse, spesso, le separazioni diventano un’occasione per costruire una famiglia allargata, moderna, e più libera riedizione delle famiglie patriarcali. Una di quelle reti di solidarietà e di comprensione che possono funzionare. Tanto più che, in un ritrovato rapporto di serenità, l’ex coniuge può diventare un grande supporto: essendo una persona che ti vuol bene, che ti conosce in profondità e che condivide con te l’amore per i figli, che sono il frutto evidente della propria storia.

  15. Sottoscrivo in pieno il punto di vista di Ventomare, tranne forse per le sue troppo ottimistiche considerazioni sull’ex coniuge che ti vuol bene (ahem…). Sarebbe caldamente auspicabile fosse così, ma i fatti mi hanno spesso dimostrato il contrario!:o((((

    Ma sai, Fabrizio, io non credo che il vero problema sia quanto bene tu voglia a tuo figlio e quanto lui a te. E’indiscutibile, no? Padre non cessi di esserlo mai, con o senza separazione… è un punto di non ritorno (a meno che tu non sia incommensurabilmente stronzo, ma insomma…) marito sì… Per fortuna, a volte!;o))))

    Buona serata a tutti!:o))))

  16. scusa jedi, ma mi incuriosisce questa tua osservazione: perchè il rapporto con i figli è indiscutibile, mentre con il coniuge no? è una questione di natura, di ragione, di scelta, o di cosa? in fondo i figli capitano anche per caso, il coniuge in genere no…

  17. perché i figli sono un pezzo di te, sono te, giorgio, come un organo, una cosa ancestrale, profonda. il partner no, lui è un completamento. E siccome a volte non ci conosce bene e ci si riscopre diversi o si cambia, anche la mezza metà della mela può non coincidere più.
    E poi il partner lo puoi cambiare, un figlio no.

    Anvedi, l’epilogo l’ho messo in positivo, come la scelta migliore e sperabile. Anche se a volte c’è da passare sui carboni ardenti del rancore. MAaquando c’è un figlio sarebbe auspicabile che tutti, dopo una fase in cui ciò sembra impossibile: la fase dei Roses, riscoprissero questa possibilità.

  18. Sasa’, ma tui hai dei figli (tuoi o non tuoi)?
    Hai voglia che si può tornare insieme per un bambino! Così come si può rimanere insieme per un bimbo!
    La vita felice quando c’è un piezz’e’core non è solo la tua e quella di lei. Ma anche quella del bimbo.
    Inviato da: Fabrizio , 10.01.06 20:26 – [x]

    beh, non sempre è un bene: i miei genitori non si amano più, anzi, si odiano (quasi) apertamente da anni, molti anni. Io ne ho poco più di 20, sto per finire l’università, ma stare insieme così per forza mi ha fatto e mi provoca tuttora più male che benefici.
    E col passre del tempo loro invecchiano, io passo più tempo in casa a studiare (al liceo ero sempre fuori con gli amici a giocare, mi pesava un pò meno), e le cose da ingoiare sono grosse.

    Non state insieme solo per un bambino, o almeno fatelo in modo leale.

    F

  19. ah, mi sono dimenticato: infatti ho una fidanzata stupenda con cui sto da diversi anni, con lei so che posso contare su un concetto di famiglia molto diverso e migliore.
    Quando sono con lei sono in un’altro mondo

    ps: questo è il mio (secondo) commento su macchianera, nonostante lo legga quotidianamente (o quasi) da parecchio

    F

  20. Anvedi, a proposito di Bonvi. Dici che se fosse stato ancora con noi l’avrebbe fatta qualche striscia su papa Ratzinger, “Ciofane ponteficen”? ;)

  21. No, non credo proprio, Vento. Lui detestava fare satira politica, e infatti non la fece mai, tranne rarissime eccezioni.

    Una fu all’inizio della sua carriera, quando, più giovane e politicizzato, su ABC – con uno sbarbato Claudio Sabelli Fioretti – pubblicò una serie di perfide strisce pro-divorzio e anti dc, filosessantottarde. Beh, poi le prime Sturm furono pubblicate su “Paese Sera”, quindi… E poi nel 1975 o giù di lì, quando sull’Unità comparve una delle sue vignette più carine, dedicata all’8 marzo: una casalinga esausta che sfacchinava, con prole appesa al collo. Per il suo cordiale “buona festa della donna”, a corollario, allora rischiò il linciaggio da parte d’un nutrito gruppo di femministe inferocite, che assediò lo stand della festa dell’Unità dove presenziava…

    L’altra, fu una vignetta di protesta contro i mondiali di tennis in Cile, all’epoca in cui Pinochet faceva quel che sappiamo. Più di recente, nel 1993, fece una caricatura di Bossi nel “Calendario di Frate Indurino” per Comix…)

    Il punto era che – sebbene fosse un umorista geniale – Lui non amava sentirsi vincolato alla realtà italiana e politica, quanto invece creare situazioni comiche più universali e paradigmatiche. Si era sempre sentito un cittadino del mondo e tutto sommato anche le Sturm, alla fine, avevano ben poco di propriamente tedesco. I soli rimandi all’attualità li riservava a loro. Nelle prime strisce, in modo molto + graffiante. Nelle ultime, più bonario e goliardico.

    Sosteneva, non a torto, ci fossero già tanti altri autori molto + bravi di lui, a farla: stimava molto, e ghignava alquanto leggendoli, il primo Forattini, Vauro, Altan, Michele Serra (suoi amici a vario titolo), Ellekappa, Vincino, Roberto Perini, Roberto Grassilli e Lia Celi (che lo conobbe a Comix)…

    Certo, garantisco si sarebbe comunque divertito tantissimo sentendo parlare l’attuale papa… eh, eh, eh!!!;o))))

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