Il Grande Troiaio /2

Ti ho conosciuta durante una cena, di quelle coi giornalisti che parlano di giornalisti. Ho pensato: è una giornalista. E poi in quattro o cinque siamo finiti a casa mia. E poi tutti gli altri si sono sfilati ma tu no, tu sei rimasta lì, sul divano, hai detto che saresti rimasta cinque minuti così ti raccontavo del libro che stavo scrivendo. Intanto sulla porta c’era Saverio e gli altri che salutavano e intanto ridacchiavano, facevano dei gesti.
Poi eccoci, le solite cose, noi che parliamo, io che sopporto le tue idiozie e penso resistere resistere resistere mentre tu parli di astrologia e tarocchi e cabale e tutte le scemenze che il mondo ti perdona perché tanto la tua missione è un’altra, la tua missione è di là, nella mia camera da letto. E allora ecco, la parole vanno a zero e vai con la natura.


Baci, risolini, silenzi che si dilatano e corpi che si avvicinano, queste cose. Musica che è sbagliata ma fa niente, baci e mani e respiri, la rituale anticamera della mia camera.
Poi in genere c’è un momento terribile in cui occorre alzarsi e andare di là, appunto in camera: e allora percorriamo metri che sono chilometri – ma tu non volevi, tu non avresti mai detto, è la prima volta che ti capita una cosa così, giusto? – e poi però sei nuda in tre secondi. Ecco, è lì che mi succede. Ci penso in quel preciso momento. Penso alla botola.
La botola.
L’invenzione definitiva. La soluzione finale. Il peggior fantasma tecnologico che l’egoismo maschilista possa concepire.
La botola.
Ti spiego. Noi siamo lì, la natura e tutto il resto. Si fa all’amore. Io salgo gradini rapidi e ripidi con fretta scomposta e tutta maschile, pochi colpi di piccozza e già intravedo la vetta: e allora accelero e non t’aspetto, me ne frego, esplodo e però ecco: già ci penso (la botola) e non ho neanche finito e insomma ci penso (la botola) e sì insomma non ho ancora finito e già decisamente ci penso (la botola) e diciamo insomma che quando sono circa ai quattro quinti dell’orgasmo (la botola) penso che zak! mi vorrei spostare e zak! tirare la leva e zak! e aprire la botola così tu finisci in strada.
Penso a questo, ma non è mica una cosa medievale. La botola è fatta bene. Ha il placet dell’Istituto superiore della sanità. L’hanno controllata i pompieri. Il cunicolo che ti sbatte in strada è fatto a scivolo, non ti fai niente, precedi di pochi secondi i tuoi vestiti (a trovarli) e mentre precipiti neppure lo sai, ma hai sfiorato una leva che ha chiamato automaticamente l’85-85 (35-70 se sei a Roma) e tranquilla, il tassista c’è abituato. E neppure lo sai, ma hai sfiorato un’altra leva che automaticamente ha fatto aprire uno sportellino proprio accanto al mio letto: ci sono dentro una sigaretta e un accendino e un portacenere. E poi non lo sai, ma hai sfiorato un’altra leva che automaticamente ha fatto aprire un altro sportellino: ci sono dentro una bottiglia di Perrier e chessò, un panino col salame. A scelta. Ci sono dei modelli che fanno partire anche la musica.
Capito? E’ lì che mi succede, che ci penso: nei chilometri che ci sono tra il salotto e la camera. Penso alla botola.
Ci penso: perché è il momento in cui già vedo e immagino come sarai dopo, penso al prezzo che mi farai pagare, gli interi quarti d’ora di sdolcinamenti forzosi e improbabili, i cicci-picci, i tuoi sensi di colpa religiosi o culturali o atavici che siano, le vicinanze e gli abbracci da strangolamento che non ti facciano sentire biotta di fronte al peccato, il tuo occhio che mi sorveglia affinchè io non pensi già ad altro: per esempio a una sigaretta, a un bicchiere di Perrier, chessò, a un panino col salame, alla mia musica, alle bozze del libro che dovrei leggere anziché magari dover bissare la prestazione a puro scopo dimostrativo – cosa che non ho nessunissima voglia di fare – così alla fine sarai contenta, potrai esser certa che è stato speciale, una cosa diversa: mica eravamo due corpi che meramente si bramavano, macché, mica volevamo scopare e basta: c’era anche, come si dice: la testa, del resto tu sei diversa, tu non volevi, è la prima volta che ti capita così, ovviamente potevi anche non farlo, mi hai quasi fatto un favore, mica eravamo in due, da parte tua è stato un pegno, una concessione, un’eccezione, una confessione.
La botola.
Stai per dirmi che si è fatto tardi.
La botola.
Stai per dirmi che si è fatto molto tardi.
La botola.
Stai per dirmi che si è fatto troppo tardi.
La botola.
Stai per dirmi che non ti dispiacerebbe dormire da me.
La botola.

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