Ritorno a Neanderthal

Tanto per abbaiareLa guerra contro le donne e i bambini, condotta dai maschi adulti del pianeta, fiammeggia e non se ne vede la fine. Eppure, appena pochi anni fa, il mondo sembrava avviato verso il “progresso”

Tempi. C’è stato un periodo, intorno ai primi anni Sessanta, che visto da ora si può definire una belle epoque. In America e in Russia comandavano rispettivamente Kennedy e Krusciov: il primo fu quello che mandò i soldati federali contro i razzisti del suo paese, il secondo quello che sbaraccò l’arcipelago Gulag staliniano. Entrambi erano fortemente appoggiati, in queste battaglie civili, dai loro cittadini. Gli americani (i “baby boomers”, i papà dei sessantottini) credevano nei diritti civili e si consideravano americani essenzialmente per questo. I russi, eredi di una guerra terribile e martoriati dal potere, vivevano finalmente il “disgelo” – chiaccherare, parlare, essere un po’ più liberi di prima. Entrambi erano popoli orgogliosissimi, non masse impaurite: gli americani giovani e pratici, con gli unici drive-in del pianeta; i russi, nei loro dolori, fieri della durissima guerra contro l’orrore hitleriano.

Attorno a Krusciov e a Kennedy c’era tutta una serie di capi giovani, nelle nuove nazioni che andavano ricoprendo il mappamondo. Nehru in India, Lumumba in Africa, Castro in Sudamerica, Nasser fra gli arabi, e altri ancora. Nessuno di questi era antioccidentale, nessuno fanatico religioso. Volevano semplicemente accedere ai benefici civili e tecnici dell’occidente, essere uomini liberi come i bianchi, e non essere colonizzati mai più. Serbi e croati non si scannavano fra di loro.

La fame, che ricopriva gran parte del pianeta, andava lentamente scemando; ed era comunque considerata un nemico da eliminare, col capitalismo o il socialismo, non un destino umano. Russia e America, tiranniche coi paesi vicini, facevano tuttavia a gara per allettarsi i paesi poveri regalando risorse e tecnici – pochi, ma pure servivano a qualcosa. L’America restava imperiale, la Russia autoritaria; ma imperialismo e tirannia apparivano delle zavorre del passato che a poco a poco sarebbero state obsolete.

C’era la Bomba, sì, che pendeva sinistramente su tutto quanto. Ma, col senno di poi, i primi ad averne paura erano i generali. Nessuno (con l’eccezione di Kennedy nella crisi cubana) pensò mai di usarla. Il mondo era minorenne, ma non pazzo. Dopo due guerre terribili, voleva solo crescere e stare in pace.


Tutto questo, per riempire la pagina che dovremmo altrimenti riempire di bambini. Di corpi dilaniati, di occhi grandi, di prostituiti, di bombardati, di uccisi per le più varie religioni e ideologie. Ai Kennedy e ai Krusciov dei miei tempi subentrano gli spietati guardiani dei servizi segreti delle due parti. La Cia e il Kgb, da una decina d’anni in qua, eleggono i presidenti. Ai Lumumba, ai Nasser, ai laici e civili decolonizzati che allora distruggemmo perché non ci sembravano abbastanza servili, subentrano i selvaggi fanatici di Dio. La fame aumenta, diminuisce il termine di vita (in Russia, dieci anni in meno!); l’Africa è ormai caduta fuori dalla zattera e si disfà orrendamente nel disinteresse di tutti. I kamikaze e i bombardieri si affrontano, sfidandosi a chi apre più corpi umani. La guerra contro le donne e i bambini, condotta dai maschi adulti del pianeta, fiammeggia e non se ne vede la fine. Armaggedon è qui e ora e il diavolo, come la vittima, siamo noi.

Alla democrazia, alla normalità, al senso della misura: a questo bisognerebbe tornare, qui da noi come altrove, ma sono ormai concetti superati. I baffoni del Kaiser, invece delle buffe pagliette giolittiane: come sembrava “realistico” e virile questo passaggio! Così, nei telegiornali di ora, i segni di trasformazione si sprecano. Segnali antropologici, da etologia, nei corpi, negli atteggiamenti somatici, nelle risate incoscienti. Più facilmente leggibili nei volti dei poveri, dove il fanatismo altera gli angoli facciali, meno nei visi adiposi dei “civili”.

Ultimamente, dovendo decidere di pace o guerra – di questa pace, di questa guerra – si riunì un partito in America, fatto di cittadini-elettori, gente comune. Costoro, avendola vista al cinema, erano tutti amanti della guerra. E l’applaudivano freneticamente, tanto nella figura dei generali quanto in quella degli attori che, non essendo mai stati in guerra, l’avevano tuttavia recitata. Non distinguevano più fra personaggi e persone, fra cinema e telegiornale. Powell e Schwarzenegger, per loro, sono due militari, due capi da seguire. Chi dei due sia vero e chi un attore, non lo sanno e non gliene importa più.

La Belle Epoque è finita, siamo solo all’inizio dei mali. La Russia e Putin, col loro kitsch sanguinoso, sono la caricatura realistica di quel che noi già in parte siamo. Putin è democratico, la Russia è un paese civile, fidatevi del Comandante-in-capo, finirà tutto bene.

Cronaca. Firenze. Morto schiacciato dalla trituratrice un uomo, un marocchino di trentun anni, che dormiva in un cassonetto dei rifiuti. Non è il primo caso che si verifichi: i primi hanno meritato articoli in prima pagina e pensose analisi sull’emarginazione. Ma ormai ci abbiamo fatto il callo, e dunque dieci righe in cronaca bastano e avanzano. Così hanno ragionato tutti i giornali italiani, e così dunque ragioneremo anche noi.

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8 Commenti

  1. Troppo pessimismo generato da troppo ottimismo. Per prudenza lascerò che gli eventi mi scorrano davanti agli occhi ancora per un po’ di tempo, è troppo presto per fare riflessioni sull’andamento dei massimi sistemi.

  2. Dibattevamo la settimana scorsa con un amico che da una vita si occupa delle popolazioni indigene del Sud America, nazioni come le definisce lui, vista la loro diversità etnica. Durante i suoi racconti chiedemmo che pensava dell’Africa e la tua immagine mi ha ricordato fortemente la tua. Un continente destinato alla perdizione. Ora dare un giudizio così ampio sul futuro pare arrogante, eppure è proprio arduo trovare segnali che possano indicare una qualunque possibilità di reale sviluppo per l’Africa. Risorse, dove ce ne sono in abbondanza, ce le prendiamo noi e non è difficile immaginare cosa accadrebbe se qualcuno osasse ribellarsi e pretenderle per sè. Anche perché oltre alle bombe abbiamo un alleato potente che ben ci guardiamo dal consentire di debellare: l’Aids.

  3. …il buon Krusciov e il buon Castro che portarono il mondo sull’orlo dell’olocausto atomico,volendo installare i missili a Cuba.Il pacifista Kennedy che organizzò lo sbarco alla Baia dei Porci e diede inizio alla guerra del Vietnam.Il mite Nasser che combattè la guerra dei 6 giorni contro Israele.
    Quanto amore regnava nei ’60!

  4. concordo con Orioles e aggiungo Giovanni XXIII e Martin L. King fra le figure dei ’60.
    Noto che una buona parte dei diciamo buoni di allora è morta sparata.

    E noto che gli eponimi del cambiamento che ci ha condotti a questo punto, i nemici del dialogo, si chiamano Thatcher e Reagan

  5. Beh, non parlerei di amore ma di equilibri.
    Negli anni 60, Russi ed Americani si temevano a vicenda.
    Che poi gli uni e gli altri nei rispettivi continenti spadroneggiassero l’abbiamo dimenticato.
    Ora di superpotenza ne è rimasta solo una e gli equlibri sono belli che saltati.

  6. come se tolto di mezzo stalin ed i gulag fosse stato tutto ok. come se i missili a cuba non ce li avesse messi proprio krushov, come se l’escalation vietnamita non trovasse le proprie radici nella presidenza kennedy, come se un breznev che invade l’afghanistan fosse meno grave di un putin che non vuole mollare la cecenia. come se – per inciso – quel 70% di ceceni che vogliono restare federati con la russia potessero fottersi e tanti saluti perché putin è amico dei nostri nemici e dunque nostro nemico. come se, last but not least, i separatisti baschi e l’eta tutto sommato avessero ragione. coem se si potesse girare la storia come ci fa comodo per tirare acqua al nostro (misero) mulino.

  7. Non c’è mai stata speranza per gli oppressi, né sociologica, né politica, né filosofica, né etica, né religiosa. Non c’è mai stato un peggioramento, né un miglioramento. L’unica differenza è nell’andamento della percezione dell’ingiustizia, a volte è concentrata in un solo posto, a volte è distribuita nel mondo. L’unica speranza che rimane è nell’estinzione del genere umano o come nelle “particelle elementari” in una sua sostituzione. Io preferirei la prima.

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