Il nostro giornalismo e il loro

Tanto per abbaiareBaldoni era un giornalista? Sì, forse ora che è morto magari sì. E Feltri è un giornalista? Non c’è dubbio: ha il tesserino dell’Ordine. Ma se Feltri è giornalista, evidentemente Baldoni non lo è. E viceversa.

Enzo Baldoni, Vittorio Feltri, Renato FarinaGiornalismo. Che differenza c’è fra il giornalismo – per esempio – di Feltri e quello – per esempio – di Baldoni? Non parlo di differenze “politiche”. Da un punto di vista tecnico, voglio dire.

La differenza è che Feltri grida, mentre Baldoni parla a bassa voce. Non è una novità: anche Appelius gridava (“Il generale Badoglio è entrato ieri ad Addis Abeba”) e anche Hemingway (“Vecchio al ponte”) parlava a bassa voce. Destra e sinistra dunque, attraverso le generazioni? Non solo. C’è qualcosa di più, che attiene proprio alle radici profonde del mestiere.

Il giornalismo di Feltri nasce in un mondo sostanzialmente povero di notizie. Un mondo in cui ciò che succede accade lontano, arriva tardi, e incide relativamente poco sulla vita quotidiana. Quest’ultima, a sua volta, è una vita “normale”. Di una normalità che nessuno mette in discussione. “Il generale è entrato ad Addis Abeba”? E che ce ne frega. Non ha importanza, poi, sapere che cosa ne pensa il barbiere di Addis Abeba. Tanto non lo incontreremo mai – il mondo in cui viviamo non ha nulla a che vedere col suo.

Da questo discendono subito due cose. La prima è che la notizia coincide con lo scoop, deve avere un “effetto” traumatico immediato e dev’essere gridata. La seconda è che il gestore di questa notizia, essendo uno dei pochissimi autorizzati a gestirla, è una persona importante. Poiché non mette assolutamente in discussione (e perché dovrebbe?) la “normalità” del sistema, e poiché questo sistema è basato su una gerarchia – ristretta e distinguibile – di piccole e grandi Autorità locali, di notabili insomma, ecco che il giornalista diventa un notabile anche lui. Feltri, e Appelius, in fondo non sono dei giornalisti “fascisti”. Sono semplicemente dei gerarchi, dei notabili, esattamente come il sottosegretario dei trasporti o il podestà di Ravanusa. In più, hanno il bisogno fisiologico di “alzare” emotivamente le “notizie” che danno (“il Negus è semianalfabeta”, Baldoni è d’accordo coi terroristi”) perché il valore delle loro notizie dipende principalmente dall’emotività che veicolano qui e ora.


Nel caso di Baldoni – del giornalismo di Baldoni – il background è ben diverso. Non siamo più in un mondo in cui si aggirano pochi e stenti segnali. Siamo in un mondo pieno di informazioni, piccole e grandi, per lo più immediatamente visibili nella nostra vita quotidiana. Il somalo, per me, non è un oggetto esotico che trovo sul giornale: è semplicemente il tizio che sta sull’autobus accanto a me. Siamo nello stesso mondo. Da lui, e dal suo mondo, mi giungono continuamente delle informazioni. Il mondo non è nemmeno più un mondo notabilare, retto da pochi. E’ un mondo ramificato e complesso, in cui il potere è dato dal consenso. Se al mio nipotino non piacciono le patatine McDonald, e questo finisce nei sondaggi, il presidente Mc Donald – un uomo potente – è nei guai. Questa è una novità, una novità che pesa.

Così lo scoop, l’effetto, perdono di valore. Gridare è quasi inutile, perché qua parlano tutti. Una vociata occasionale può turbare il lettore d’oggi, ma non persuaderlo. Bisogna convincerlo a poco a poco, sommessamente. Ragionare. Parlare. Portare le cose “piccole”, ma fondamentali, su cui la nostra vita si basa, dappertutto. Perciò, se il giornalismo vecchio era quello dell’“effetto”, il giornalismo moderno è quello della “storia di vita”.

La storia si può raccontare con molti trucchi tecnici, per lo più molto antichi (presente Erodoto?). Ma i suoi strumenti fondamentali appartengono all’intellettuale umanistico, alla persona; non al “giornalista” nel senso – specialistico – feltriano. Io per esempio sono un giornalista perché so usare XPress, calcolare un battutaggio, passare un pezzo, mettere in piedi un cartaceo e così via. Non sono un giornalista per quel che scrivo. Questo può farlo “chiunque”, con una determinata formazione, e lo farà tanto meglio quanto più sarà vivo. Lo strumento culturale di base non è più cioè l’appartenenza a un notabilato specialistico, ma la partecipazione colta e cosciente alla vita quotidiana delle persone. Questo significa subito che, se faccio il giornalista, non sono necessariamente un notabile: sono semplicemente un tecnico specializzato (in XPress). Per il resto, valgo quanto vale la mia sensibilità e la mia cultura: come tutti.

Il giornalismo antico aveva dei mezzi di distribuzione assai limitati. Marco Polo è riuscito a raccontare quel che aveva visto solo grazie a una serie di colpi di culo (finire in cella con un intellettuale) del tutto imprevedibili. Kipling aveva bisogno di un editore. E tutti abbiamo avuto bisogno di rotative, di distributori, di macchine, in ultima analisi (salvo eccezioni: I Siciliani, Avvenimenti e altri pochi) di un padrone. Il giornalismo antico è, per sua tecnologia, coartabile e centralizzato.

Il giornale di Baldoni invece si chiama Bloghdad.splinder.com. Se vai su Splinder, puoi farti il tuo giornale – non dico i contenuti – nel giro d’un paio di ore. Difatti, ce ne sono migliaia. Puoi farlo benissimo anche tu. O puoi fare una mail, un sito, una e-zine come questa. Puoi *comunicare*.

Il giornalismo moderno ha dei mezzi di distribuzione illimitati. Non è centralizzato, e non è coartabile da nessuno. L’unica cosa che gli manca è l’antico status notabilare. Questo è un guaio per il giornalista. Ma non per il lettore.

Questa trasformazione è avvenuta ormai da diversi anni, il suo strumento tecnico è l’internet, la sua ideologia l’umanesimo e il suo backgound storico la globalizzazione. Baldoni c’era dentro fino al collo. Adesso, naturalmente, è un “giornalista” anche lui, ora che è morto. Come la Cutuli (promossa inviata dopo), come Ciriello, come Beppe Alfano ucciso dai mafiosi in Sicilia e pagato tremila lire a pezzo, come quel collega di Catania che in questo momento, per sopravvivere, sta scaricando casse e imballaggi all’aeroporto. “Giornalisti” tutti. Ma forse è arrivato il momento di separare le razze. Se Feltri è giornalista, evidentemente Baldoni non lo è. E viceversa. Non è un discorso moralistico, come si dice. E’ semplicemente un fatto tecnico, di mestiere. Fra vent’anni, vedremo chi dei due sarà considerato storicamente un giornalista e chi no.

Sarebbe bene che anche coloro che – notabilarmente – tengono i registri del “giornalismo” comincino a riflettere un po’ su queste cose. Mi riferisco all’Ordine dei giornalisti e alla Federazione della stampa. Sono dei club simpatici, che hanno avuto una loro funzione ai tempi del giornalismo antico. Adesso però debbono decidere se vogliono continuare a occuparsi di giornalismo o no.

Che fine fanno – tanto per dirne una – tutte le polemiche di salotto su Farina? Renato Farina braccio destro di Feltri, è quello che ha affermato che Enzo Baldoni era amico dei terroristi iracheni. L’ha scritto nero su bianco, avendone dunque (visto che è un giornalista) le prove. Non l’ha scritto perché ce l’avesse in particolare con Baldoni – che gliene frega – ma così tanto per fare lo scoop, per l’“effetto”. Bene: questo Farina è un “giornalista” o no? In questo momento, nel sistema dei notabili, c’è un’autorità precisa che può stabilirlo, ed è l’Ordine dei giornalisti. Mi aspetto che esso risponda a questa domanda, visto che tocca a lui rispondere. Se no, bisognerà pur trarne qualche conseguenza.

Non è solo l’Ordine, il notabilato, ad essere stato povero in questa vicenda. Io temo che anche la categoria nel suo complesso abbia capito poco di quel che è successo con Baldoni.
Il sito non ufficiale più autorevole del giornalismo italiano è, secondo me, il Barbiere della Sera. E’ nato come “giornale” spontaneo dei giornalisti, col preciso intento di mettere in piazza ciò che succedeva dietro le quinte dell’informazione. Povero, scattante, appassionato, ha avuto un suo ruolo preciso in quegli anni. Poi, come a tanti succede, s’è ingrassato e s’è ingrandito, e ora è un bel portale di quelli che appena li clicchi ti sparano subito i flash di pubblicità. Non lo leggevo da qualche tempo, l’ho fatto adesso per vedere il dibattito su Baldoni. Ho trovato quanto segue:

“Poi però al fine settimana, il nostro si mette la tutina da Superman e va a giocare all’inviato di guerra”.
“Lo spirito da avventuriero con cui affronta le sue imprese”.
“E non è un caso che anche ai dirigenti della nostra categoria non sia piaciuto questo finto inviato di guerra”.
“Deaglio, snob della sinistra, vergognati!”.
“Non conosco personalmente Enzo Baldoni, ma che sia un personaggio un po’ egocentrico, e forse anche leggero ma non per questo buono…”.
“Baldoni è simpatico, ma, ripeto, NON lo considero un giornalista”.
“Una persona così è un danno per la categoria”.

Questa, naturalmente, non era l’opinione di tutti. La maggior parte degli interventi erano complessivamente civili. Ma c’erano anche questi – una consistente minoranza – e facevano opinione.

Anche le giornaliste Rai, se vi ricordate, erano “amiche dei terroristi”. Quelle inviate in Iraq, durante e dopo la guerra: sono state insultate esattamente come Baldoni, perché “non erano professionali”, erano “simpatizzanti di Saddam e compagnia bella. Va bene: in questo momento, purtroppo, la cultura di destra in Italia è ridotta a un livello molto basso, e ne escono cose come queste. Potremmo “buttarla in politica”, e finirla qui. Purtroppo, il problema è più profondo e riguarda la complessiva concezione del giornalismo in Italia, l’uscita – per chi vuole e può – dal notabilato e il ruolo, nel giornalismo moderno, dei “giornalisti”.

Linux. Presentata in trentaquattro nazioni l’agenzia istituita dall’Onu a favore della diffusione di software libero in tutto il mondo, e particolarmente nelle aree più povere del pianeta. Si chiama Iosn (International Open Source Network) e fa parte dei progetti del Programma di Sviluppo dell’Onu. L’Iosn comincerà la sua attività dai paesi dell’Estremo Oriente, dove l’open source è già presente da diversi anni. In Cina opera già un Laboratorio di Sviluppo che sta sviluppando un sistema operativo in lingue orientali basato su Linux). A partire da quest’anno, il 28 verrà celebrato dalle Nazioni Unite come “Software Freedom Day”.

dhmipa@tin.it wrote:

E’ stato ucciso due volte: la seconda dai terroristi iracheni, la prima da certi giornali e giornalisti italiani che lo hanno accusato di essere un amico dei terroristie hanno insinuato che per questo sarebbe stato liberato. Hanno interpretato male i fatti, o hanno blaterato inutili e false ciarlerie apposta, per fare del male? E’ stato definito da Feltri un «giornalista della domenica» che andava in Iraq per farsi vedere e per fare politica. Ciò che scrive Feltri mi fa schifo, ma non posso e non voglio impedire che continui a scriverlo, anzi è meglio che lo faccia, così che tutti capiscano che razza di persona è e quanto ci si possa fidare di lui e di ciò che dice.
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15 Commenti

  1. Interessante, ma credo che tu abbia fatto un pò di confusione.

    Quello che Feltri (per esempio) fa non è giornalismo “vecchia maniera” è semplicemente “propaganda”. E’ un modo di usare i mezzi di comunicazione di massa e controllare l’informazione noto e condificato fin dagli anni 20. Guarda caso dalla nascita dei totalitarsmi in Europa.
    Nella propaganda il controllo sociale si realizza con il controllo dei mezzi di informazione. Ogni fatto, anche quello apparentemnte opposto, viene usato al fine di rafforzare il consenso verso una precisa idea. Esemplare come si sono risolte (cioè nel nulla) sia la vicenda delle false notizie sulle armi di distruzione di massa, che quella delle torture di Abu Grahib.

    Da questo punto di vista è piuttosto interessante notare che da quando sono nati gli strumenti di comunicazione di massa, come la stampa, già nel tardo settecento sono stati costruiti dei bavagli, dei sistemi per controllare la libera e incontrollata circolazione delle idee. Uno di questi è il copyright. Ancora oggi in Italia se qualcuno cerca di far circolare un gironale non registrato al Tribunale rischia una denuncia per “stampa sovevrvisa”. A prescindere dai contenuti. Purtroppola vera libertà di stampa fa paura. Perché come insegna il caso Internet una circolazione di informazioni troppo libera e incontrollata espone, per paradosso, anche alla falsificazione dei fatti, al rischio della manipolazione della realtà, senza prove e fondamenti oggettivi.

    E qui arriviamo al tipo giornalismo che secondo la tua ricostruzione faceva Baldoni. Qui secondo me le cose sono diverse. Concordo sull’analisi della “storia di vita”, la ricerca dell’informazione più “situata”. Ma questo non dipende dai mezzi che usi, ma dal taglio giornalistico e dalla sensibilità della persona.
    Quando scrivi per il “Diario” di Deaglio, fai il giornalista. Quando scrivi per il tuo blog stai facendo un’altra cosa. Quando scrivi testi per una compagna pubblicitaria fai un’altra cosa ancora.
    E’ la dura legge dei generi comunicativi che molte volte impongono schemi comunicativi e narrativi differenti. O se preferisci lasciano diversi gradi di libertà.
    Può darsi che i blog siano la frontiera del giornalismo. Ma leggere un blog e capire il valore delle informazioni che riporta richiede un grado di consapevolezza, una capacità critica e di ri-costruzione del contesto della “notizia” dai frammenti dei post molto elevata e sofistica. E per il momento certamente non alla portata di tutti. Da questo punto di vista il “giornale” fornsice un contesto, un quadro più chiaro. Certamente forse semplifica, ma richiede al lettore meno sforzo di ricostruzione e quindi di comprensione.

    Mi è capitato più volte di parlare con un giornalista che mi ha raccontato fatti e confidenze che possono perfettamente esistere in un colloquio privato e personale, ma non potranno mai finire sulle pagine di un giornale. E’ normale. Non sono fatti provati e dimostrati, oppure non attengono alla dimensione pubblica del fatto o del personaggio di cui si discute. Ci vuole attenzione e condivido questo prudenza.

    Il discorso sui giornalisti è molto complicato. Generalmente si comportano come una casta, e le reazioni sul “giornalista” Baldoni (nota che il “Corriere” l’ha sempre definito un “pubblicitario”) non mi sorprendono affatto.

    Sul fatto che molto probabilmente si sia mosso in modo un pò leggero e incosciente, dal mio punto di vista, non ci piove. E’ vero che Baldoni era in IRAQ più spinto da motivazioni personali, che possono comprendere e approvare. E’ altrettanto vero che forse ha sottovalutato alcuni rischi. E soprattutto il fatto di trovarsi nella mani non di essere umani ma bestie cieche, che vivono secondo un sistema di valori diverso dal nostro e non fanno alcuna differenza tra chi spara e chi aiuta. La sua tragica vicenda, soprattutto se confrontata con l’attuale dramma dei giornalisti francesi, ci ha aiuta a capire molte cose su di noi, sui nostri valori, la nostra civiltà e sulla politica internazionale del nostro governo.
    Forse questa è l’ultima e la più estrema delle sue testimonianze, dei suoi reportage. Forse la più importante notizia che ci ha inviato dall’Iraq.
    Grazie Enzo.

  2. Sì, sì, siamo dei mollaccioni pacifisti senza spina dorsale, va bene, ok.
    Ci metteremo d’impegno e massacreremo un pò di lavavetri ai semafori, così ti dai pace.
    Rimetteremo anche la Santa Inquisizione, che già i fanatici irakeni se la fanno sotto.
    Adesso però dacci un taglio.

  3. Va bene: trasformiamo il Medio Oriente islamico in un deserto radioattivo. e non se parli più. Così eliminiamo i problemi alla radice.
    E il petrolio lo estrarremo con le tute antiradiazioni. Poi tra trent’anni circa trasformeremo il tutto in un bellissimo villaggio vancanze.

    Rimane solo qualche dubbio di natura organizzativa: dove fermarsi? La Turchia storico alleato di ferro degli USA? L’Egitto cosa facciamo? E Israele e la Palestina già che ci siamo? Afganistan e Pakistan li ranziamo anche loro?
    Come ci dividiamo i missili? Facciamo quote per Americani, Russi e Inglesi. E noi che non abbiamo missili che facciamo? Gli mandiamo qualche rambo leghista?

    Merda: questi sono un problema anche per come annientarli con le armi atomiche… :-/

  4. Signor Metamondo vorrebbe dirci che le piacerebbe che in Italia ci si comportasse come in un paese in cui c’è la guerra civile qual’è il Nepal?

  5. Sarebbe bello sedersi attorno ad un tavolo, a discutere di quale possa essere la soluzione definitiva ad un problema che ad oggi è irrisolvibile.
    Ma qualcuno si dovrebbe “piegare”… l’asse occidentale o quello terrorista (si perchè ormai o si è occidentali o si è terroristi !!)
    Ognuno ha le sue ragioni che hanno portato a questa tragica ed infinita (ahinoi) situazione.
    Non è l’atomica la soluzione ne tantomeno il porgere l’altra guancia.
    Non è la Fallaci (ne Bush) ad avere in mano la soluzione, ne tantomeno i pacifistiatuttiicosti.
    Il vortice è bello che imbroccato e l’uscita non c’è.
    Cmq aggiungo che non mi sento assolutamente più sicuro ora che la guerra in Irak è finita (?! finita??).
    salute

  6. Signor Lupo,
    io dico solo quello che dico, anzi che scrivo. Non “vorrei dire” nulla, altrimenti lo direi.
    Insomma non faccia illazioni a casaccio.
    Io dico solo che molti di noi tendono a difendere i terrosisti in nme del povero popolo invaso. Che, sempre molti di noi, accettano passivamente l’invasione che l’islam ha messo in atto nei confronti del nostro paese e dell’europa. Che, molti di noi, accettano i rapimenti e le stragi, come se i terroristi, in qualche modo, fossero autorizzati a mettere in atto quegli atti criminosi. Che, diamo la colpa a Bush e a Berlusconi di quello che sta accadendo in Irak, senza comprendere che le due B, non sono la causa della trasformazione di campanili in minareti, di crocifissi in veli e di barbari attentati.
    Questo è quello che dico, che ho detto molto chiaramente in più occasioni facilmente rintracciabili sul mio blog e su questo fourm.
    Signor Lupo, so bene che Lei la pensa diversamente da me, e so altrettando bene che molti di quelli come Lei non sentono ragioni, sino a quando il Baldoni, assassinato brutalmente dai suoi amici irakeni, sarà Suo fratello o quando Sua sorella sarà obbligata a indossare il velo. Tanto, caro signor Lupo, quei signori non si fermano e non si fermeranno sino a quando non avranno portato a termine il grande progetto di islamizzazione dell’occidente. Con o senza Bush e Berlusconi, con o senza truppe americane sul “loro” territorio, con o senza veli a scuola.

  7. io sapevo che sarebbe successo questo. io sapevo che se avessi cominciato una guerra in Iraq non ne sarei uscito più. come me, lo sapevano milioni di persone che scesero nelle piazze per dirlo. io se fossi stato Bush non avrei attaccato l’Iraq. io sono più intelligente del Presidente degli Stati Uniti d’America. anzi, mi correggo: Bush è proprio un coglione. e lo sono tutti quelli che lo appoggiarono.

  8. Feltri come Appelius,Baldoni come Hemingway.Ancora una volta,un raffinatissimo piatto di porcellana,con dentro i fagioli con le cotiche.

  9. non serve aspettare… ci siamo già arrivati…

    02 set 00:24 Francia: possibilita’ di festa per le religioni non cattoliche

    PARIGI – Il ministero francese dell’Educazione ”sta seriamente riflettendo” sulla possibilita’ di istituire un giorno di festa per le religioni non cattoliche. Lo afferma, in una intervista al quotidiano Le Parisien, Bernard Stasi, ex presidente della commissione che ha ideato la legge francese sulla laicita’, quella che fra le altre cose vieta alle donne musulmane di indossare il velo in aula. (Agr)

  10. “Giornalismo italiano” e “giornalismo” sono concetti quasi antitetici. Lo dicono le percentuali di contenuti d’agenzia che riempiono i quotidiani nostrani (sempre più vicini al 100%) e la costante, reiterata, perniciosa commistione tra opinioni e notizie. Basta leggere un qualunque grande quotidiano estero – dal Pais a FT – per cogliere la colossale differenza. Il giornalista italiano – con poche eccezioni – è un copy writer, assunto da qualcuno per scrivere contenuti finalizzati. Nulla a che fare con la ricerca e la pubblicazione di notizie. In questo senso Feltri è un maestro: nessuno è cinicamente versatile ed efficace come lui (chi ricorda la campagna contro il “cinghialone” sull’Indipendente, ai tempi di Craxi?). Potessi fare la verifica, sarei pronto a scommettere la casa che raddoppiandogli la paga sarebbe disposto a fare un quotidiano di sinnistra radicale strillato, speculare a Libero. In fondo lo ha già fatto, no?

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