Post quasi d’amore

Resta da capire chi abbia ragione
ma, del resto, a questo punto che importa?
Mentre io te la mostro e tu sei già sulla porta
riluttante all’idea di un cambio di stagione
atterrita dal mondo fuori della prigione
quasi che in questa casa un po’ ci fossi morta.

A me non riesce il tono giusto per invocare aiuto
e non escono naturali le parole che vorrei,
mi chiedi cos’è cambiato, e rispondo “non saprei…”.
Poi, recitando il requiem per l’amore perduto,
lasci a questo gioco penoso, sperso, muto,
me, senza più forza di urlare. Traduci: mayday.

Non son solito accettare come viene la realtà,
sono un illusionista che il vero capovolge,
e come tutti vivo solo le mie personali bolge,
uso o forse arreso alle fatalità:
non sono uno a cui addossare responsabilità,
uno che ha un compito e lo svolge.

Ma permettimi l’ira, l’inconcludenza,
la mancanza di mezze misure,
un rifugio tra le letture,
il necessario bagaglio d’esperienza,
più un certo margine d’insofferenza
nei confronti di chi osserva soltanto le figure.

Dici “sei più normale di quanto ti piaccia raccontare”,
e hai ragione – me ne accorgo – tuttavia
liberami da questa scontata parodia,
fingi per lo meno di stare ad ascoltare,
e suggeriscimi un motivo per restare,
oltre ai cento che mi dai per andare via.

Difficile parlare con questi presupposti,
se anche solo tentare è molto più che un peso,
tra le mie e tue lagnanze su quanto si è trasceso.
Eppure rinunciare, costi quel che costi,
è come restare in piedi avendo prenotato i posti,
è scendere da un treno senza mai averlo preso.

Permettiamo ancora che il già visto ci sorprenda,
e delle cose reimpariamo ad assaporare l’odore.
Lasciami crescere con tua figlia, vivere il suo stupore
mentre assaggia la vita e diventa stupenda,
lasciamo che chi ha fretta incautamente la spenda:
noi insegniamole e torniamo a gustarne il sapore.

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16 Commenti

  1. Ho fatto una cosa simile, una volta. Mal me ne incolse: ho vissuto poi ‘attrazione fatale’. Spero che a te vada meglio: anzi, diciamo che, visti i soggetti, è certo che ti andrà meglio. Resta comunque libero un divano letto a casa mia, e io sono single, eterosessuale e abbonato fastweb.

  2. No, Afusella, il plurale corretto è “bolgie”, per quanto in questo caso si possa dire una sorta di licenza, dal momento che la rima dovrebbe essere in “…olge”.

  3. No, Gianluca, il plurale corretto è bolge. La regola generale della grammatica dice che i nomi femminili in cia e gia con la i atona, tipo valigia o bolgia, al plurale conservano la i se le consonanti c e g, sono precedute da vocale, la perdono se precedute da consonante come in questo caso. Non si può fare riferimento ai nomi come provincia o denuncia, che originano dal latino e nelle quali la i ha un valore sillabico, che accettano anche il plurale con la i. A questo proposito ho una curiosità. A Roma c’è una via chiamata viale delle provincie, le insegne di questa via erano scritte una con la i ed una senza, tanto per non fare dispetto a nessuno. Ma bolgia viene dal francese e non esiste in latino. Oggi è pari per cui sono rompipalle. :))

  4. Indipendentemente da Virgilio Parole, che è l’unica applet a cui Virgilio può guardare per attrarre l’attenzione dei cosiddetti users, ha ragione Gianluca. Saussure dice (lo dice lui!) che la lingua la fa il parlante. Però, anche senza Saussure, ha ragione ugualmente Gianluca: bolgia non viene dal francese e nemmeno dal latino, viene proprio dal volgare dantesco, come testimonia la ‘DISCESA A MALEBOLGIE’ del canto XVII dell’Inferno. E’ lì che Dante ammette che “allor fu’ io più timido allo scoscio”: e anch’io, ho scosciato troppo… :-)

  5. Lemma: bolgia Sillabazione/Fonetica:   [bòl-gia] Etimologia:   Dal fr. ant. bolge, che è dal lat. tardo bu°lga(m) ‘sacca di cuoio’, di origine celtica Vedi:   Sinonimi e contrari Definizione:   s. f. [pl. -ge] 1 (ant.) borsa o tasca molto grande; nel Settecento, anche valigia 2 ciascuna delle dieci fosse in cui è diviso l’ottavo cerchio dell’inferno dantesco | (fig.) luogo pieno di rumore e confusione: quella casa è una bolgia Questo è Garzanti on line: plurale bolge. Il Palazzi cartaceo da bolge. Anche la Società Dante Alighieri al plurale scrive bolge. Per quanto riguarda il parlante la tendenza attuale è addirittura quella di togliere la i anche dalle parole come valigie che lo richiederebbro e che tende a diventare valige. Esisterà nel volgare ma nel linguaggio corrente la pronuncia della i si sta gradualmente assorbendo nella fonetica della e. Non mi stupirei che un giorno scienza si scriverà come scevro. La licenza poetica, in questo caso, perciò, è proprio quella di scrivere “bolgie”. Questo, ovviamente, nulla toglie alla bella poesia di Gianluca.

  6. Per chiarire: a me sarebbe anche venuto tutto più facile con “bolge” come plurale. Sarebbe interessante, a questo punto, capire qual è la fonte più autorevole cui fare riferimento.

  7. In ogni caso, confortato dalla Garzanti, ho ripristinato “bolge”, ma giusto per rendere baciata la rima, ché sono ancora convinto (e mica solo io) si possa dire in entrambi i modi.

  8. Mi sono andato a rileggere prima la grammatica di Sensini e poi il vecchio Battaglia e cncordano entrambi. C’è una regola semplice che è quella che dicevo prima: a) la i si conserva se ci e gi sono precedute da vocale e no se sono precedute da consonante. Poi c’è una regola di valore scientifico su base etimologica: b) la i si conserva sulle parole latine in cui la i aveva carattere sillabico (non mi ricordo bene, ma per semplificare, ad intuito sono le parole che di derivazione latina, cioè che si trovano sul vocabolario latino, :) e che avevavo l’accento sulla i). In base a questa regola le parole come provincia, denuncia, pronuncia e rinuncia, che avevano carattere sillabico, dovevano conservarla contrariamene alla regola a); invece parole come valigia, ciliegia, cupidigia, bigia, ligia, fràdicia, sùdicia, nelle quali la i non ha carattere sillabico, la dovrebbero perdere. Perciò a parte queste parole nelle quali le due regole danno una regola diversa per le altre non ci dovrebbe essere spazio per la doppia scrittura. Per quanto riguarda Dante, io ho la Divina Commedia dei Grandi Classici Mondandori, e al XVIII canto dell’Inferno, la prima terzian dice: “Luogo è in inferno, detto Malebolge,/tutto di pietra di color ferrigno,/come la cerchia che dintorno il volge./ Anche questa descrizione del Poeta di un inferno che sembra Marte sembra confortarci. Sembra di essere tornati a scuola. Buona giornata. :))

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