Happy awakening, Mr. President

La tregua che la stampa americana ha concesso al presidente George W. Bush è durata qualche mese, giusto il tempo necessario perché la popolazione metabolizzasse la tragedia delle Twin Towers e riacquisisse la facoltà di giudizio che gli impeti patriottici avevano comprensibilmente azzerato. Un’orda di giornalisti è scesa in campo contro l’amministrazione per porre l’accento sulla superficialità con la quale la Casa Bianca ha accolto gli allarmi che provenivano da più parti. Si viene così a sapere che un istruttore di una scuola di volo di Phoenix chiese di controllare uno studente sospetto che in seguito è risultato essere uno dei possibili dirottatori; che, sempre a Phoenix, due mesi prima dell’attacco al World Trade Center, un’agente dell’FBI segnalò che alcuni uomini della rete di Bin Laden si erano infiltrati all’interno di scuole di volo americane; che il 6 agosto la CIA consegnò al presidente un rapporto riguardante il rischio di dirottamenti aerei da parte di cellule di Al Quaeda; che sempre la CIA, il 21 agosto, diramò un comunicato nel quale si faceva presente la comparsa sul suolo americano di due dei kamikaze che pochi giorni dopo si sarebbero schiantati contro il Pentagono; e, infine, che il 6 settembre un agente dell’FBI ipotizzò che alcuni terroristi volessero appropriarsi di un aereo di linea per colpire le Torri Gemelle. «Quelli della CIA e dell’FBI erano allarmi generici. – ha sostenuto il presidente Bush, rispondendo alle accuse e fugando qualsiasi dubbio riguardo all’efficienza della propria amministrazione – Non ci hanno dato dati a sufficienza: quella mattina mi sono dovuto mettere davanti alla tv per sapere quale piano delle Twin Towers sarebbe stato colpito».

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