La lumaca

È grazie ad un frequentatore del sito di Claudio Sabelli Fioretti se i posteri avranno a disposizione la trascrizione della dura seduta a cui il Presidente del Consiglio si è sottoposto nel corso di un talk show in onda su una delle sue reti. Pochi passi dalla lettera dell’officiante agli adepti del costanzosciò: «Je devo dì à verità, signor presidente… quando vedo morì de fame un bambino der Ruanda o de la Niggeria, io me sento triste… so’ fatto così, è più forte di me… sarò fatto pure male… E dei pensionati a 700.000 lire al mese, che mme dici? E volemo dì quarcosa ai ggiovani alla ricerca der primo ‘mpiego? Presidente, se dovemo ritrovà più spesso, je devi spiegà all’italiani…». Che la parlata di borgata avvicini alle masse sono ormai rimasti a crederlo soltanto Costanzo e la Ferilli ma, in cerca di una risposta a tono, il pensiero è corso ad un libro di poesie ingiallito: Trilussa, Edizioni A. Mondadori, 1930, lire dieci. Parla un Grillo; mancano anni alla nascita della P2, e una Lumaca è decisa in ogni caso a far carriera, strisciando:
– Indove passi tu ce lassi er segno,
– je fece er Grillo – e questo è ‘no svantaggio,
perché ogni tanto capita un passaggio
commodo, forse, ma nun troppo degno,
e nun sta bene che la gente scopra
su quante puzzonate passi sopra.
Io, invece, che m’aregolo ar contrario
arrivo a zompi, ma nessuno vede
in quale pistarecci metto er piede
quanno trovo un appoggio necessario:
volo su tutto, sarto allegramente
e passo per un grillo indipendente.

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